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Alla Sud-Est come nel vecchio West: assalto al treno

Ecco perchè le Fse sono ridotte così

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Anche prima degli ultimi scandali venuti a galla bastava guardare quegli ammassi di ferraglia che circolano pigramente sui vecchi binari del Salento per capire che qualcosa non andava. Più che Sud Est pare quasi una sceneggiatura anni Settanta di un film ambientato nel vecchio West, con (tranne qualche rara eccezione) vecchi treni fatiscenti e rigorosamente vuoti che pure hanno un costo (salato) ma che nell’epoca dei collegamenti veloci ci impiegano quasi due ore per arrivare da Gagliano del Capo a Lecce, l’equivalente di un volo Brindisi-Londra! E, sempre per rimanere nella terra di Albione, un inglese può prendere il treno, attraversare la Manica e giungere a Bruxelles, in appena 90 minuti, insufficienti per completare il tragitto Gagliano del Capo – Lecce sul trenino della Sud Est!


Come se non bastasse questo desolante panorama le notizie venute fuori negli ultimi giorni (ma non è la prima volta), ci mettono davanti all’ennesimo disastro pubblico italiano.


Così abbiamo appreso che negli ultimi dieci anni l’azienda Sud Est ha speso 42 milioni di euro nella manutenzione di treni e autobus e 272 milioni in esternalizzazione di servizi, spese legali e consulenze. Tutti affari che si sono mangiati il 18 per cento dei ricavi, incanalato in direzione delle tasche di famiglie amiche, studi legali e consulenti.


Tutto questo senza che al Ministero delle Infrastrutture nessuno movesse un dito… E dire che lo stesso Ministero è proprio il padrone della ditta in questione che ha  sede a Bari e gestisce oltre mille chilometri di binari oltre agli autobus per i pendolari! Eppure qualcuno doveva pur capire che qualcosa di strano stava accadendo se un’azienda pubblica che incassa a malapena 150 milioni di euro l’anno ed ha 311 milioni di debiti scialacqua 132 milioni di euro in 10 anni in allegre consulenze!


Come al solito però si interviene per dirla a modo nostro “quando la barca è già sciuta a mare”! Così quando la situazione non è stata più sostenibile si è provveduto a commissariare l’azienda. Il nuovo presidente Andrea Viero, inviato dal ministro Graziano Del Rio nel tentativo di salvare il salvabile, non appena ha consultato le carte e compreso l’andazzo ha chiesto immediatamente il commissariamento.


 Quando i conti non tornano


fse ferrovie sud est trenoI dati sono inequivocabili: 1.400 cause di lavoro in un azienda di 1.393 dipendenti dovevano pur significar qualcosa! E non solo: Viero ha anche scoperto che Luigi Fiorillo, in azienda per 23 anni, tra il 2006 e il 2012 ha percepito 240mila euro solo per il suo ruolo di amministratore unico, mentre il suo compenso totale ha raggiunto la ragguardevole cifra di 13 milioni e 750mila euro (tra il 2004 e il 2005 gli sono stati corrisposti, attraverso un contratto co.co.co, oltre 7 milioni di euro; a questi vanno aggiunti i compensi come responsabile unico del procedimento (quasi 5 milioni dal 2008 al 2015) e il milione circa pagato da Trenitalia come dirigente distaccato di Ferrovie Sud Est): un milione e 145mila euro all’anno di media! Al suo confronto quanto percepito dall’amministratore delegato delle intere Ferrovie dello Stato è una barzelletta…


Telelavoro ed esternalizzazioni


Parti importanti del funzionamento aziendale erano fisicamente al di fuori dell’azienda Sud Est in quanto tale: Il direttore del personale svolgeva la propria attività in telelavoro da Roma, mentre  alcune attività fondamentali per la gestione erano in toto appaltate all’estero. Nel corso degli ultimi dieci anni esternalizzare i servizi è costato 272 milioni, 26 solo nel 2015. La spesa per la gestione contabile ammonta a 83 milioni percepiti da Centro Calcolo per le buste paga (42 milioni), Bit per i biglietti (30 milioni) ed Eltel (10).

Consulenze e spese legali


Sono stati pagati, invece, 116 milioni a società esterne per i sistemi informativi, mentre per spese legali, amministrative e di consulenza Ferrovie Sud Est ha sborsato circa 73 milioni. Fra il 2013 e il 2015 le spese legali sono passate da 1,9 fino a 8,1 milioni. Crescendo insieme ai debiti. Il caso più eclatante fa capo allo studio legale Schiano a cui la società si è affidata totalmente, tanto che si legge nella relazione degli analisti incaricati, “nonostante la gigantesca mole di contenziosi, non c’è alcuna traccia di una direzione affari legali o almeno di un ufficio che sia stato capace di rapportarsi con i legali esterni”. Lo studio Schiano (a cui sono stati liquidati onorari per 27 milioni dal 2001 a oggi) vanta crediti con l’azienda per circa 15 milioni. L’avvocato Angelo Schiano ha fatto anche parte dell’Organo di vigilanza dell’azienda.


Altro studio associato che ha fatto affari d’oro con FSE è quello che fa capo all’ex presidente della Provincia di Bari Marcello Vernola e al fratello Massimo, l’omonimo studio associato al quale dal giugno 2013 al febbraio 2015 sono stati corrisposti oltre 294mila euro. In tre anni gli sono stati affidati 12 incarichi, 6 dei quali in uno stesso giorno: il 22 gennaio 2014! Le consulenze riguardano programmi di valorizzazione con studi di fattibilità di diverse stazioni ferroviarie, ma anche una relazione sul possibile trasporto dei rifiuti degli Ato pugliesi sulla rete ferroviaria Fse. Nel giro di 24 ore, tramite affidamento diretto lo studio ha intascato circa 110mila euro…


All’esterno era affidata anche la gestione dell’archivio storico. Fiorillo ha firmato contratti per incarichi Rita Giannuzzi, Franco Cezza e Gianluca Cezza, rispettivamente madre, padre e figlio.  Per un ammontare di 5 milioni di euro, dei quali ad oggi sono stati pagati 2,9 milioni. Il primo contratto se l’è portato a casa l’archivista Rita Giannuzzi, con un compenso mensile di 8.950, oltre a spese generale forfettarie, poi salito a 9.500.  Nel 2005, il marito dell’archivista, Franco Cezza ha ottenuto un’altra consulenza per curare l’archivio storico per un compenso di 6.650 euro al mese fino al dicembre 2012 (a cui sono seguiti, di prassi, aumento e proroga). Nel frattempo, giusto per non farsi mancare nulla, si è pensato bene di affidare un’altra consulenza al figlio, Gianluca Cezza, che nel 2009 ha proposto alla Sud Est di dotarsi di un sistema informatico per semplificare e snellire il sistema di archiviazione dei dati attraverso i codici a barre.


Anche immobili romani


Nella ricostruzione delle spese sono venuti fuori anche gli immobili che l’azienda aveva nella Capitale. Anche il collegio sindacale aveva sottolineato più volte l’inopportunità di spendere tanti soldi per mantenere un ufficio a Roma, visto che l’azienda ha la sede operativa a Bari (mentre l’amministratore unico risiedeva a Roma). Altro caso discutibile, quello del direttore del personale che, pur avendo da tempo superato i termini per la pensione, continuava la sua attività ma “per motivi di salute svolgeva il proprio lavoro da Roma”, e, quindi percepiva oltre ai suoi bravi 220mila euro anche un’indennità di trasferta (per ogni volta che andava a Bari) pari a 98 euro all’ora. L’indennità di solito si paga per recarsi fuori dall’azienda, ma alla Sud Est tutto è possibile, anche pagarla per raggiungere la propria azienda!


 


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Certezze ed incertezze del presente

Lo spettro della guerra, malavita, femminicidi, violenza dilagante nel mondo adolescenziale e giovanile. E il Salento? Terra di anziani residenti o fugaci vacanzieri…

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di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

La Pasqua da poco trascorsa dovrebbe aver ricordato ai Cristiani che essa, per il tramite della passione, morte e resurrezione di Gesù, è l’invito al passaggio ad una vita migliore.

Le feste del Cristianesimo, infatti, possono essere considerate come una sollecitazione per un futuro che sia, per i singoli e per la collettività, più buono e sereno rispetto al passato.

Ma l’immagine del presente non è così.

In campo internazionale permangono almeno due conflitti e i rischi che i campi di battaglia si allarghino non sono da sottovalutare.

E non è un problema dappoco.

Poi, per quanto riguarda l’Italia (ma il fenomeno non è solo italiano) si può constatare un aumento della violenza.

E non ci si riferisce solo ai casi più eclatanti, ossia ai delitti legati al mondo della malavita e alla crisi delle relazioni sentimentali (basti ricordare i femminicidi).

Ci si riferisce particolarmente alla violenza diffusa nel mondo adolescenziale e giovanile con i tumulti nelle università volti ad impedire la libertà di parola a conferenzieri non graditi, alle dimostrazioni pacifiste che generano saccheggi e vandalismi di vario genere, alle conflittualità che serpeggiano in certe scuole in una contrapposizione tra docenti ed allievi, con la partecipazione talvolta dei genitori.

Si ha l’impressione di trovarci in un mondo in cui non si riesce più a controllare gli impulsi.

Così accade che le frustrazioni, che sicuramente la maggior parte di noi ha pure conosciuto nel corso della propria esistenza, non vengano superate rafforzando il carattere e abituando a saper affrontare le difficoltà, ma producano comportamenti aggressivi che si propagano con facilità.

Ciò significa che gli adulti, i genitori in particolar modo, devono ben essere attenti oggi più che mai alle dinamiche dell’età evolutiva dei giovani.

Per fortuna sembrerebbe un fenomeno che non riguarda in modo preoccupante il nostro Salento.

Non che manchino i fatti di cronaca nera, ma fenomeni di scontri di piazza da parte di minorenni sono assai pochi.

E qui allora emerge un’altra considerazione: quello dello spopolamento.

Le nascite sono da tempo in netto calo nella Penisola.

Secondo i dati dell’ISTAT in Italia nascono 6 bambini ogni mille abitanti.

Nel Salento al calo demografico si aggiunge poi il fatto che molti giovani compiono gli studi universitari in altre regioni d’Italia e non tornano più nel paese nativo.

Certo, vi sono anche coloro che tornano e con coraggio, come si è scritto su questo giornale, ma sono pochi.

Il Salento diventa la terra di anziani residenti o di fugaci vacanzieri.

E allora l’invito alla gioia che proviene dal suono delle campane pasquali si spegne in una triste rassegna.

Conflitti sempre più minacciosi tanto da spingere qualcuno a sostenere il ritorno alla leva obbligatoria, sviluppo della criminalità organizzata, violenze e tragedie domestiche, violenza giovanile, fragilità nell’affrontare le difficoltà connesse al quotidiano, spopolamento, stagnazione produttiva…

Occorre precisare che non si nega che esistano casi positivi, anzi di eccellenza nella imprenditoria, nei giovani, nella vita coniugale e così via, ma l’ombra del negativo è sempre più visibile e preoccupante.

LA COMUNICAZIONE DELL’EFFIMERO

Vi è poi la sensazione di una crescita dell’individua- lismo accentuato dai social, dalla facilità di esprimere pareri su tutto e su tutti.

Al tempo stesso la comunicazione digitale isola fisicamente l’utente pur avendo egli un contatto online con centinaia se non migliaia di persone.

È la comunicazione dell’effimero, mentre si continua a rimanere soli.

Come diceva l’antico filosofo, l’uomo è un animale sociale; ha bisogno di vivere concretamente, fisicamente col prossimo, non di limitarsi a parole diffuse con mezzi artificiali.

Ed è questo l’aspetto che è il lascito ideale delle recenti celebrazioni pasquali: quello di tornare ad essere una comunità.

Una comunità di persone che si incontrano e dialogano ed elaborano progetti che permettano una crescita economica e spirituale.

Tutto questo richiede buona volontà e competenza, richiede il mettere da parte l’attrazione per il proprio tornaconto, per il proprio particulare come diceva Guicciardini.

È un compito che devono tornare ad assumere quelle istituzioni ad esso preposte quali la famiglia e la scuola.

In un momento storico in cui i legami familiari diventano sempre più fluidi, bisogna che la scuola diventi davvero un centro di formazione di responsabilità oltre che di conoscenze e competenze.

Un futuro migliore è affidato da sempre ad una buona educazione e di ciò dobbiamo tornare a prendere consapevolezza.

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Il fallimento della democrazia

Astensionismo: nelle regionali del 2023 raggiunse il 60% in Lombardia e Lazio; nel 2014 in Emilia-Romagna votò solo il 37,7%. Nel 2020 l’affluenza alle regionali pugliesi è stata del 56,43%…

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di Hervé Cavallera

Il prof. Hervé Cavallera

Il 25 febbraio si è votato per la Regione in Sardegna.

I candidati alla Presidenza della Regione erano 4 e le liste presenti 25.

Ora, quello che particolarmente colpisce, a prescindere da vinti e vincitori e dalle stesse modalità di votazione (voto disgiunto, ad esempio), è l’affluenza degli elettori.

Poco al di sopra del 52%, quindi ancor meno dell’affluenza avuta nelle precedenti elezioni regionali.

Né si tratta di un fenomeno meramente sardo.

L’affluenza elettorale è effettivamente bassa e, come si suole dire, l’astensionismo è in assoluto il maggior partito in Italia (ma la situazione non è dissimile anche in altri Paesi europei).

Nelle regionali del 2023 l’astensionismo raggiunse il 60% in Lombardia e nel Lazio e nel 2014 in Emilia-Romagna per l’elezione del presidente della Regione votò solo il 37,7% degli elettori.

Nel 2020 l’affluenza alle regionali in Puglia è stata del 56,43%. Ciò non può lasciare indifferenti in quanto, se democrazia significa partecipazione, il “successo” dell’astensionismo significa fallimento della democrazia.

Esiste ormai nella realtà uno scollamento tra cittadini e politica.

È un dato inequivocabile che non può essere risolto con la diffusione del cosiddetto “civismo” ossia con la nascita di movimenti localistici.

Invero nel 1946 l’Assemblea Costituente introdusse il principio della obbligatorietà del voto che però all’art. 48 della Costituzione italiana risulta solo un dovere civico.

Nel 1957, col D. P. R. n.361, si rendeva obbligatorio il voto nelle elezioni politiche, dichiarando che occorreva fare un elenco degli astenuti.

Il tutto poi venne meno nel 1993 (D. L. 20 dicembre 1993, n . 534).

Il che è anche corretto poiché il concetto di liberta implica anche l’astensione. E tuttavia quando l’astensione raggiunge livelli elevatissimi sì da quasi superare il numero dei votanti, è chiaro che è in atto una crisi della sensibilità politica dei cittadini.

Si tratta di un processo che in Italia si può far risalire alla cosiddetta fine della prima Repubblica (1994) ossia con la fine dei partiti che esistevano nella Penisola dal 1946.

In realtà, il fenomeno rientra nel collo delle grandi ideologie e, di conseguenza, in una semplificazione della vita politica tra due schieramenti, etichettati come moderati o conservatori da una parte e progressisti dall’altra.

Non per nulla negli Stati Uniti d’America dove esistono praticamente solo due partiti, il repubblicano e il democratico, l’astensionismo tocca spesso punte del 70% a cui peraltro ci si è abituati.

Di qui un altro aspetto che va considerato: il ruolo decisivo del candidato alla presidenza.

Sostanzialmente si vota la persona più che le idee.

D’altronde tutti possiamo constatare che nei nostri Comuni sono pressoché inesistenti le tradizionali sezioni dei partiti, ove una volta i tesserati potevano discutere vari temi politici.

Di qui un ulteriore paradosso. Si ritiene che in una società democratica chi “comanda” o, per essere più corretti, chi ha la gestione della cosa pubblica sia la maggioranza.

Nei fatti, invece, proprio grazie all’astensionismo, la gestione del potere è comunque affidata ad una minoranza, mentre la maggioranza dei cittadini assiste con apatia, rassegnazione o altro, a quello che la minoranza decide.

Negli anni ’80 del secolo scorso il sottoscritto scrisse un libro sull’importanza dell’educazione politica, intesa non come educazione partitica, ma come educazione alla partecipazione responsabile alla vita pubblica.

Al presente, di fronte a fenomeni come l’astensionismo, la cancel culture, l’improvvisazione demagogica che talvolta si fa sentire per il tramite dei social, una riflessione articolata, ponderata e di largo respiro sulla necessità di una rifondazione della vita civile, in modo che non sia soggetta alle pulsioni del momento, sarebbe opportuna.

Naturalmente tutto riesce difficile ed è inutile evocare il ricordo della vecchia Educazione civica, anche se dal settembre del 2020 l’Educazione civica è considerata una disciplina trasversale che riguarda tutti i gradi scolastici.

In una società ove predomina il relativismo individualistico, mancano i grandi valori che danno davvero lo slancio vitale all’impegno civile che investa la collettività e tutto si risolve nel gioco degli interessi di piccoli gruppi o dei singoli.

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Galatina, il Liceo Vallone si mobilita “fa rumore” per le Donne

Sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

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In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti della donna, il Liceo A. Vallone, di Galatina, sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

Previsto in mattinata, alle ore 11.45, un corteo che partirà dalla sede centrale del Liceo, in viale don Tonino Bello, e si muoverà verso Piazza San Pietro dove si terrà un flash mob di riflessione chiuso con la lettura di Knocking on Heaven’s door, profondo monologo in voce maschile tratto da Ferite a morte, di Serena Dandini. 

“L’ignominia continua da Giulia…1,2,3…12 vittime” è il messaggio che gli studenti e le studentesse del Liceo porteranno in corteo, ribadendo che “Nessun delitto ha una giustificazione”!

Tutti gli studenti e le studentesse del Liceo, accompagnati dal personale scolastico, attraverseranno le strade principali della città (viale don Tonino Bello – via Ugo Lisi – C.so porta Luce – Piazza San Pietro) con l’obiettivo di fare un silenzioso rumore sull’inefficacia di questa ricorrenza, dipanando un drappo rosso lungo 30 metri, simbolo del dolore e delle violenze che le donne ancora subiscono, visto il perdurante divario di genere.

“Non si ha nulla da celebrare se non vi è uguaglianza. Non si celebra la Donna se non La si rispetta” Queste le parole della Dirigente Scolastica, prof.ssa Angela Venneri, che ha fortemente promosso e sostenuto l’iniziativa, in un’ottica di sensibilizzazione e condivisione d’intenti.

Non un’occasione per festeggiare, dunque, ma solo per riflettere e tenere alta l’attenzione, con l’auspicio che l’educazione culturale possa riaffermare un ineludibile principio di civiltà.

Da qui l’augurio conclusivo dei nostri studenti e studentesse a tutte le donne con i dolcissimi versi della poesia di Alda Merini, Sorridi donna.

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