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Spongano

Specchia: “Viviamo nelle discariche”

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Dopo un’intera mattinata passata a “Pulire il Mondo”, quello che ci circonda, il nostro mondo, sono pervasa da un senso di tristezza, da una rabbia profonda e dalla vergogna di appartenere al genere umano. Con i volontari dell’ECO-SPO (Associazione di volontariato avente finalità ambientaliste), di cui mi onoro di essere il Presidente, abbiamo aderito alla giornata mondiale Clean Up the World, puliamo il mondo. 25 volontari armati di rastrelli, pale, secchi, decespugliatori, scope e tanta, tanta buona volontà, abbiamo avviato la pulizia dei margini (solo quelli) di due brevi tratti di strade periferiche (Corso Italia e la stramurale Est).


Sotto i cespugli di sterpaglia e macchia mediterranea, che sembra la terra faccia crescere apposta per nascondere ad una vista veloce e superficiale le nostre schifezze, abbiamo rinvenuto di tutto: bottiglie di birra vuote a iosa, bottiglie e bottigliette di plastica a volte mezze piene, lattine, scatole vuote di sigarette e buste di plastica che la terra a volte cercava di trattenere coprendole come fosse un velo pietoso, e poi filtri, pezzi d’auto, bombolette, copricerchi, copertoni, due cassette di plastica piene di bottiglie vuote di birra, batterie esauste, pezzi di stoffa e calzini, finanche uno scaldino, la caldaia di un ferro da stiro, una scatola completa di regoli per le scuole, pannolini, assorbenti, le immancabili siringhe (qualcuno le chiamava “spade”), profilattici usati e finanche un test di gravidanza. Il tutto incorniciato da tanto, tanto amianto, eternit, tubazioni e lastre varie, oltre a cumuli di materiale di risulta pieni di pezzi di calcestruzzo spezzettato, materiale elettrico, ceramiche rotte e sanitari a pezzi.


Abbandonati sul ciglio, vicino al cimitero, dei grossi manufatti in cemento armato usati da Telecom o Enel per i pali… Quando con i nostri guanti da lavoro ci avvicinavamo alla nuda terra, ancora bagnata dalle piogge dei giorni scorsi, per strappare ad essa queste lordure, era quasi come se una volta tanto le facessimo una carezza e le curassimo le ferite. Avvicinandosi con gli occhi e con il corpo sentivi quasi la terra piangere, lamentarsi di quegli accessori (sicuramente non griffati) di cui la costringiamo ad adornarsi. A volte si rinveniva materiale indefinito, sicuramente tossico, riversato ed assorbito a forza dal terreno, che noi stessi non avevamo il coraggio neppure di avvicinare. Ma dove viviamo, come abbiamo ridotto il nostro mondo, la nostra casa…

Siamo peggio dei topi, viviamo ormai nelle discariche e di esse ne respiriamo l’aria e gli umori… A che vale lavarci, profumarci, vestirci griffato, se poi il mondo che ci circonda è pieno della nostra spazzatura? Dobbiamo invertire la rotta: rimbocchiamoci le maniche e puliamo tutti insieme la nostra grande casa. Noi dell’ECOSPO lo faremo ancora. Venite tutti a dare una mano, ne va anche della vostra salute e di quella delle generazioni che verranno.


Anna Laura Remigi


Andrano

Dal sud Salento a Malta parlando inglese

Oltre 100 studenti dell’Istituto comprensivo di Andrano, provenienti dai plessi di Andrano, Spongano e Marittima hanno partecipato ad uno stage linguistico in full immersione. Il dirigente scolastico Ivano De Luca: «Opportunità straordinaria per i nostri studenti di vivere un’esperienza educativa e formativa unica»

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L’Istituto comprensivo di Andrano ha partecipato allo stage linguistico a Malta, «un’esperienza senza precedenti per oltre 100 studenti provenienti da tutti i plessi dell’istituto», compresi Andrano, Spongano e Marittima.

Promosso dall’Associazione Multicultura Mondiale (AMCM), il progetto ha offerto agli studenti un’opportunità unica di arricchimento culturale e linguistico: durante il soggiorno a Malta, hanno partecipato a oltre 40 ore di attività linguistiche in lingua inglese in collaborazione con l’ente Esat Malta, affiliato all’Esat Italia ed accreditato presso il Ministero dell’Istruzione.

Le giornate sono state composte da lezioni mattutine in lingua inglese tenute da docenti madrelingua presso scuole maltesi e escursioni pomeridiane in lingua in tutta l’isola di Malta.

Il dirigente scolastico Ivano De Luca

Il dirigente scolastico Ivano De Luca, ha espresso grande soddisfazione: «È stata un’opportunità straordinaria per i nostri studenti di vivere un’esperienza educativa e formativa unica. Non è stato un compito facile organizzare tutto questo, ma siamo determinati a offrire ai nostri studenti opportunità di crescita che vadano oltre il tradizionale ambito scolastico.

L’aspettativa educativa e formativa perseguita era molto alta, e gli studenti hanno tratto enormi benefici anche a livello personale e relazionale. Dalla gestione delle proprie emozioni e paure al rapporto con una cultura e una lingua diverse, tutti i partecipanti hanno imparato molto da questa esperienza».

Il dirigente scolastico ha inoltre sottolineato «l’impegno profuso dagli insegnanti e dai genitori per rendere possibile questa straordinaria esperienza: voglio ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al successo di questo progetto, dalla referente prof.ssa Federica Minonne, dai docenti accompagnatori agli studenti, dai genitori al personale organizzativo. È stata una dimostrazione di vera collaborazione e dedizione alla causa dell’istruzione e della crescita personale».

I partecipanti hanno ricevuto tre attestati: una certificazione di 43 ore di formazione riconosciuta ai sensi della Direttiva Ministeriale  70/2016; un attestato del livello di inglese Esat; una certificazione della competenza QCER dello Speaking, che permetterà loro di completare l’intero iter di certificazione permanente.

Il 10 Maggio ci sarà a Messina il 18° meeting AMCM al quale parteciperanno il Ministro dell’Istruzione maltese Hon. Clifton Grima e il Ministro dell’Istruzione e del Merito prof. Giuseppe Valditara insieme al Sindaco di Messina al Provveditore agli Studi di Messina prof. Stello Vadalà: «un’occasione per migliorare un progetto che offre tanto e che coglie le esigenze della scuola per dare la possibilità di vivere queste importanti esperienze formative».

Infine Ivano De Luca annuncia: «Siamo in attesa dei fondi per un progetto approvato dall’USR Puglia di Fondi Ristori Educativi per dare un’ulteriore possibilità ai nostri studenti. L’inclusione totale è la vittoria di una battaglia alla quale come scuola stiamo combattendo da tempo e vogliamo vincerla».

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Approfondimenti

Islam, l’altra metà della fede

Musulmani in Salento, Pochi luoghi di culto per una fede relegata ancora alle zone d’ombra ed all’autogestione. L’imam di Lecce: «Coltiviamo la convivialità delle differenze». E poi: «Chi sceglie di vivere in Salento sa che, quando non ci sarà più, la sua salma dovrà tornare in patria e separarsi per sempre dai propri cari, a causa dell’assenza di uno spazio cimiteriale islamico»

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di Lorenzo Zito

Non esiste un dato esatto in grado di dirci quanti siano i musulmani in provincia di Lecce; tuttavia, la comunità islamica salentina è in crescita.

L’ultimo censimento risale al 2014, ma resta non del tutto attendibile: all’epoca, furono conteggiati i cittadini provenienti da Paesi islamici e soggiornanti Salento.

Un dato non proprio ortodosso, visto che la provenienza di per sé non rappresenta un passaporto del credo. Sta di fatto che il numero, stabilito in 22mila fedeli, era già di per sé considerevole.

Ci ha parlato di questo dato Saifeddine Maaroufi, imam della comunità islamica di Lecce.

A lui ci siamo rivolti per analizzare la presenza e la vita musulmana in Salento.

Partendo da un punto di domanda: come mai se negli ultimi anni gli arrivi di stranieri sono aumentati (questo sì, lo raccontano i numeri) e molte famiglie musulmane si sono stabilizzate sul territorio, i luoghi di culto continuano ad essere pochi, insufficienti, piccoli e spesso improvvisati?

Facciamo prima un passo indietro, partendo dalla figura dell’imam di Lecce.

Signor Maaroufi, come è iniziata la sua storia in Salento?

«Sono a Lecce da 13 anni, nonostante la mia permanenza sia iniziata quasi per caso. Sono tunisino, vengo da una formazione medica ed ho studiato anche scienze religiose. Durante gli studi, in Tunisia, lavoravo in un call center. Un giorno fui mandato in Italia per fare da formatore ai nuovi operatori che avrebbero lavorato nella nuova sede dislocata di Lecce. Mentre ero qui, in Tunisia scoppiò la Rivoluzione dei Gelsomini, che mi impedì di fare rientro a casa. Da allora mi stabilizzai a Lecce. In seguito, mi ha raggiunto anche la mia famiglia e poi, da un dialogo con la comunità islamica locale, complici i miei studi in scienze religiose, nel 2011 fui scelto come guida spirituale di Lecce».

Chi non conosce la figura dell’imam la immagina un po’ come un vescovo. È corretto?

«Spesso ho riscontrato anch’io come venga fatto questo accostamento, nel tentativo di provare a comprendere meglio questo ruolo. In realtà è qualcosa di diverso, perché nell’Islam non c’è un Clero con una sua struttura gerarchica. Per questo accade che nei Paesi arabi le moschee sono sotto la tutela dello Stato, ed anche il ruolo dell’imam passa da un controllo in un certo senso istituzionale.
Nei Paesi occidentali, come l’Italia, invece, dove tutto questo manca, la scelta dell’imam spetta alla comunità ed è molto legata alle sue conoscenze in ambito religioso. Nel mio caso, poi, pesò anche il fatto che fossi in grado di parlare più lingue, un elemento importante in un territorio che raggruppa fedeli di provenienza eterogenea. Tornando al paragone con la Chiesa va specificato che, nonostante io venga spesso sollecitato a rappresentare pubblicamente la comunità musulmana di tutta Lecce e provincia, non esiste una regola che preveda un ruolo di questo tipo o delle posizioni di subordinazione nei confronti della mia figura».

Qual è la geografia dei luoghi di culto islamici in provincia di Lecce?

«Le moschee presenti in provincia, fuori dalla città di Lecce, sono quattro. Tutte prevalentemente frequentate da fedeli di origine marocchina, infatti la loro esistenza è legata proprio alla presenza di grandi nuclei marocchini che popolano ormai da decenni questi territori. La più vecchia è a Corigliano d’Otranto. Una stanza molto piccola ma che resiste al passare del tempo: è stata aperta negli anni ’80. Un’altra è a Ruffano, dove da lungo tempo si sono stabilizzate tante famiglie di commercianti, anch’essi marocchini. Poi c’è Spongano, paese dove vivono tanti fedeli musulmani impiegati nel mondo dell’edilizia. Qui l’integrazione è passata dal mondo dello sport, attraverso un lungo percorso partito negli anni ‘90 con un’associazione il cui nome, in italiano, significa “I giovani”. Ed infine la moschea di Porto Cesareo, che in questo momento si è trasferita a Veglie. Quest’ultima ha una peculiarità: essendo legata alla natura turistica del luogo, in estate accoglie tanti fedeli che arrivano sul posto per lavorare come venditori ambulanti. A Lecce invece esistono due moschee. Una è nata da poco, sia per dare risposta alla grande richiesta di luoghi di preghiera (i musulmani in città sono circa 7mila) sia per servire una zona scoperta. L’altra è quella in cui mi sono insediato io nel 2011.
Al mio arrivo eravamo in una piccola sala, in uno spazio concesso dal Comune nella zona 167/B. Nel 2014, con un’apposita colletta, abbiamo raggiunto i fondi necessari ed acquistato una palazzina a due piani nel quartiere San Pio.
La nostra moschea oggi è qui: abbiamo scelto questa zona perché è il quartiere multietnico per eccellenza di Lecce e volevamo essere il più possibile vicini alla comunità musulmana.
Abbiamo una grande sala di preghiera, una sala per le donne, dedichiamo degli spazi ai corsi di lingua araba per bambini ed apriamo le porte anche a chi professa altre fedi, per favorire la conoscenza reciproca. Durante il Ramadan, ogni sera accogliamo circa 70 fedeli che vengono a rompere il digiuno in compagnia».

Come mai ci sono così poche moschee sul territorio?

«La presenza di una moschea è legata alla spontanea iniziativa dei cittadini di fede musulmana. Il contesto non sempre aiuta a compiere questo passo, soprattutto dal punto di vista burocratico. La nostra religione non è riconosciuta ufficialmente dallo stato, nonostante in Italia vi siano oltre 2 milioni di musulmani (quasi la metà italiani). Questo ha delle conseguenze pratiche che vanno, ad esempio, dal non potersi assentare dal lavoro per celebrare i giorni di festa islamici, perché non riconosciuti, al dover utilizzare canali non convenzionali per praticare le attività di culto. Accade allora che, proprio per quanto detto, le moschee sul territorio nascono dall’impegno di associazioni fondate musulmani che però, su carta, sono costrette ad avere finalità diverse da quelle reali, agendo in una sorta di zona grigia».

Le istituzioni locali aiutano? Le amministrazioni vengono incontro alla comunità islamica?

«Non sempre, o non abbastanza. Prevale l’ottica utilitaristica. Troppe volte si sente dire “quanti sono i musulmani che votano nella nostra città?”.
Senza il voto, non si ha peso civile nelle scelte e viene meno l’ascolto delle istituzioni. Anche molte amministrazioni che condividono quelle idee che vengono incontro ai bisogni della comunità islamica finiscono per non far nulla, per paura di esporsi a critiche. Per fortuna, l’apertura mentale dei salentini compensa, mantenendo questa una terra d’accoglienza».

Come vivono in Salento i cittadini stranieri musulmani?

«La “convivialità delle differenze” professata da Don Tonino Bello ha fatto breccia nel cuore dei salentini, che da decenni accolgono i fratelli musulmani che arrivano da ogni dove.
Ricordo gli anni in cui gli attentati terroristici nelle grandi città europee avevano seminato panico e islamofobia: anche allora i salentini ci sono stati vicini, perché hanno imparato a conoscere le persone. Il fatto stesso che non esistano quartieri ghetto nel nostro territorio è segno e strumento di convivialità.
Lo straniero qui è il vicino di casa o il commerciante del mercato cui ci si rivolge ogni settimana. Non è un caso se tante famiglie straniere hanno messo radici in Salento, fermando qui quel viaggio migratorio che molte volte prosegue verso il nord Europa o, ancora, spegnendo il sogno del rientro in patria».

Lontano da casa, arrivati qui in Italia, come cambia il rapporto con la fede? Si affievolisce o aumenta?

«Molto spesso cresce. È come se fosse un tratto identitario che, a maggior ragione lontano dalla propria terra, i fedeli vogliono preservare. Vedo tanti giovani avvicinarsi molto di più alla fede dopo esser arrivati in Italia. Questo è uno degli elementi che, qui in Salento, ha reso la
nostra una comunità religiosa salda».

E il rapporto con la Chiesa cattolica?

«È ottimo, c’è un bel dialogo. La Chiesa è impegnata anche nelle attività di prima accoglienza, e questo è un elemento che genera un proficuo contatto sin dall’arrivo del migrante».

Cosa manca, cosa cambieresti sul lato pratico e su quello umano?

«Su quello umano coltiverei ancora l’ascolto per incentivare ulteriormente la vicinanza tra le comunità.
Su quello pratico ci sarebbe molto da fare. Partirei sicuramente dalla possibilità di avere uno spazio cimiteriale islamico. A Lecce e provincia non ve ne sono. Il più vicino è nel Barese. È una grande mancanza che si porta dietro un grande dolore per le famiglie musulmane. Chi sceglie di vivere in Salento lo fa nella consapevolezza che, quando non ci sarà più, la sua salma dovrà tornare in patria. Questo, oltre a comportare delle spese elevate e delle procedure non semplici, significa doversi separare per sempre dalla propria famiglia che ha messo radici in questa splendida terra».

L’Islam e il Salento, l’analisi del prof. Hervé Cavallera, clicca qui

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Appuntamenti

Marco Damilano a Lecce e Spongano

Mini tour pugliese di presentazione del libro “La mia piccola patria. Storia corale di un paese che esiste”. Domani l’autore, giornalista e conduttore televisivo, sarà alle Officine Cantelmo di Lecce (ore 17,30,) e Centro di Aggregazione Giovanile di Spongano (alle 20)

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Il giornalista Marco Damilano, editorialista del quotidiano “Domani“, autore e conduttore della striscia di informazione “Il cavallo e la torre” su Rai Tre, sarà in Puglia per presentare il suo ultimo libro “La mia piccola patria. Storia corale di un paese che esiste” (Rizzoli).

Il minitour, promosso da Diffondiamo idee di valore Conversazioni sul futuro, partirà domani, sabato 20 gennaioalle 17,30, in collaborazione con Coolclub e Libreria Liberrima: l’autore sarà alle Officine Cantelmo di Lecce in dialogo con il sindaco Carlo Salvemini.

Alle 20, poi, nel Centro di Aggregazione Giovanile di Spongano sarà intervistato dalla giornalista Valentina Murrieri nell’appuntamento promosso dal Comune di Spongano, in collaborazione con Associazione NarrAzioniUltimi Fuochi teatro Libreria Idrusa di Alessano.

Domenica 21, il minitour proseguirà (ore 11) nella libreria Liberrima di Via Calefati a Bari.

Ultimo incontro fissato alle 18 alle Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie.

La mia piccola patria 

È il racconto di ottant’anni di storia d’Italia, dal 1943 a oggi, dalla Resistenza alle nuove sfide. Gli eventi, i luoghi, i miti, i leader, gli inizi e gli addii che hanno costruito per la prima volta un’identità comune senza eserciti stranieri o dittature. Il Paese che esiste, ritratto nei passaggi cruciali della Repubblica, le conquiste collettive, le cadute, i passaggi oscuri, le tragedie, le rinascite.

Il Paese dalle tante appartenenze e dei molti popoli che si sono incrociati, si sono scontrati, avranno la possibilità di ritrovarsi solo partendo dal riconoscimento e dall’apertura.

«La patria non è una fortezza da difendere, un castello da rendere inespugnabile, ma è un filo d’erba che trema, un seme che può essere raccolto altrove», scrive Damilano, «solo accettando la condizione degli ex-patriati, solo se la patria, come l’abbiamo conosciuta, diventa una “Ex-Patria, potremo ritrovare il senso della nostra appartenenza. Solo perdendoci potremo ritrovarci, solo uscendo da noi stessi potremo ritornare a casa, per poi uscire ancora. Per compiere un altro passo di quel cammino cominciato ottant’anni fa, in una mattina di primavera».

MARCO DAMILANO

È nato a Roma nel 1968.

Giornalista, saggista, conduttore televisivo, direttore de l’Espresso dal 2017 al 2022, già autore e ospite fisso di Gazebo (Rai3) e Propaganda Live (La7), attualmente collabora con “Domani” e conduce, su Rai Tre, la striscia quotidiana di informazione Il cavallo e la torre.

Tra i suoi libri più recenti “Processo al nuovo” (2017), “Un atomo di verità. Il caso Moro e la fine della politica in Italia” (2018) e “Il Presidente” (2021).

È autore dei podcast “Romanzo Quirinale” (2021) ed “Ex Voto” (2022) per Chora media.

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