Attualità
Diritto allo studio, aperto tavolo tecnico
Gli Studenti Indipendenti- Udu Lecce hanno messo sul tavolo una lunga serie di proposte in materia di borse di studio, tassazione ed affitti: “Maggiori tutele economiche per far fronte all’emergenza”

Si è tenuto oggi 24 aprile un tavolo tecnico che ha visto la partecipazione dell’assessore regionale per il Diritto allo Studio Sebastiano Leo, del CdA di A.Di.S.U. Puglia, del rettore dell’Università del Salento, Fabio Pollice e di tutte le associazioni studentesche.
Il focus del tavolo era la gestione del Diritto allo Studio in relazione all’emergenza sanitaria che il Paese sta affrontando.
Gli Studenti Indipendenti – Udu Lecce hanno messo sul tavolo una lunga serie di proposte in materia di borse di studio, tassazione ed affitti.
Richiesta l’istituzione di un “fondo straordinario di sostegno al pagamento dei canoni di locazione per studenti universitari” su base regionale, di un intervento da parte dei Comuni e delle Province interessate e l’istituzione di un bonus di sussidio per l’emergenza agli studenti, in modo tale da far fronte a spese inerenti la digitalizzazione, il materiale didattico e il pagamento di parte degli affitti.
Non abbiamo, inoltre, dimenticato di porre l’accento sulle difficoltà che molti nuclei familiari stanno riscontrando e che inficiano il pagamento delle tasse universitarie e sulla necessità di ridurre i crediti per il conseguimento delle borse di studio, viste le oggettive difficoltà cui gli studenti devono far fronte.
Le nostre richieste sono state senza dubbio accolte con favore dalle istituzioni presenti.
È innegabile l’impegno con cui, su tutti i piani, ci si sta muovendo in tutela degli studenti.
Tuttavia, come sottolineato dalle stesse istituzioni, non tutte le richieste avanzate sono attualmente realizzabili poiché non sembrano essere disponibili fondi sufficienti.
Le amministrazioni sembrerebbero essere orientate verso la possibilità di prevedere misure in esclusiva tutela degli studenti già borsisti ed in particolare quelli appartenenti alla fascia più bassa.
“È trascorso ormai oltre un mese da quando lo stato di pandemia è stato dichiarato. Un mese di blocco totale, un mese senza lavoro e senza introiti. Le famiglie sono in ginocchio e temono il futuro, non sappiamo quali saranno le conseguenze e l’entità della crisi che incombe su di noi. Nonostante ciò ci troviamo per di più a dover pagare le tasse universitarie e gli affitti di case di cui al momento non fruiamo. Sono necessarie misure di più ampio respiro. Il diritto allo studio non può essere garantito se per molti si profila l’ipotesi della rinuncia agli studi a causa delle difficoltà economiche. Tutelare le solo fasce di reddito più basse, per giunta i soli borsisti, non dà garanzie a quanti hanno visto a causa della pandemia il crollo dei propri redditi. Qui sta nascendo una nuova categoria di studenti, quella dei nuovi poveri, che ha bisogno di altrettante ed altrettanto urgenti tutele”. dichiara Margherita Nocco, responsabile all’organizzazione Udu Lecce.
Il Rettore Fabio Pollice ha, inoltre, in seno al tavolo, avanzato l’ipotesi di ovviare al problema della scarsità di fondi attraverso un sistema di credito regionale, volto ad anticipare l’importo di tassazione, per consentire alle famiglie tempistiche di pagamento dilazionate.
Eleonora Vergine, rappresentante Udu Lecce, ha rincarato la dose: “Non siamo favorevoli alla realizzazione di un sistema di debito sulle spalle delle famiglie. Le conseguenze a di questa emergenza non svaniranno nel breve periodo, ma saranno dilatate nel tempo. Alcuni settori resteranno chiusi anche nei prossimi mesi. Basta guardare al settore turistico e culturale, che si riprenderanno fra gli ultimi e con estreme difficoltà. A questi si devono aggiungere tutte quelle aziende (con annessi dipendenti) che hanno, in questi mesi, dichiarato il fallimento. Secondo le statistiche si ritornerà ai redditi del 2019 solo fra due anni e nel mentre le famiglie cumuleranno debito che non saranno pronte a sanare in tempi brevi. Agire in questa direzione significa condannare le famiglie ad una più lenta ripresa ed allo stesso tempo svalutare l’importanza dell’istruzione e della ricerca, relegandole ad interesse personale (ed esclusivo di chi può economicamente farsene carico) e non a priorità dell’intera comunità. Se questa emergenza ci ha insegnato qualcosa, è sicuramente che l’istruzione e la ricerca sono i motori trainanti di ogni paese e che mancati investimenti in tal senso ledono l’interesse di tutta la nazione”.
“Ci rendiamo conto che lo sforzo che chiediamo è tanto, ma è necessario ed imprescindibile. Il nostro Paese ha bisogno dei giovani laureati per potersi riprendere e le famiglie hanno bisogno di un grosso aiuto”, aggiunge Giulia Pellegrino, membro esecutivo Udu Lecce, “è impensabile che un paese abbandoni le giovani menti in un momento come questo. Aspettiamo risposte da un mese ormai. Si era dichiarato di non voler lasciare nessuno indietro, eppure sembra che ci si sia dimenticati degli universitari fra le misure di tutela previste dal governo. Quanto chiediamo non è realizzabile con le sole forze della nostra Università o della nostra Regione. Continuiamo ad aspettare ed a richiedere a gran voce delle misure nazionali che tardano ad arrivare”.
“Come sindacato studentesco ci siamo mobilitati sin dal primo momento nella ricerca di soluzioni idonee su più livelli”, Lorenzo D’Amico, portavoce Udu Lecce, “avviando un dialogo proficuo con l’amministrazione regionale e universitaria e ponendo l’accento sulla necessità di supportare le famiglie tramite rimodulazione o esoneri dei vari pagamenti o erogazione di liquidità per far fronte alle spese dell’istruzione. Eclatante è il caso degli affitti universitari, per i quali abbiamo messo sul tavolo la proposta in merito ad un fondo affitti da destinare a tutti gli studenti i cui nuclei familiari hanno visto un calo nei propri introiti. Continueremo a batterci per ottenere le tanto agognate garanzie per tutti gli studenti anche in vista del prossimo anno accademico, che dovrà sicuramente tener conto della rimodulazione dei redditi familiari subita quest’anno. Vogliamo diritti e garanzie, vogliamo che le Istituzioni ci siano vicine soprattutto in una situazione così particolare e complessa”.
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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