Attualità
Nuovo step fase 3: via agli sport di contatto
Allacciate gli scarpini, gonfiate i palloni: da lunedì si torna in campo.
Anche calcetto, basket, pallavolo ripartono. E non solo: si potrà giocare anche a pallanuoto e beachvolley sulle spiagge.
Il nuovo Dpcm contiene dieci articoli, validi fino al 14 luglio, che il premier Conte si appresta a firmare per ulteriori step riaperture della Fase 3.
Via agli sport di contatto
Il decreto recita: “A decorrere dal 25 giugno 2020 (e non dal 15 come trapelato prima della conferenza stampa del Premier) è consentito lo svolgimento anche degli sport di contatto nelle regioni e province autonome che abbiano preventivamente accertato, d’intesa con il ministero della Salute e dell’autorità di governo delegata in materia di sport, la compatibilità delle suddette attività con l’andamento della situazione epidemiologica nei rispettivi territori, in conformità con le linee guida di cui al periodo precedente per quanto compatibili”.
Approfondimenti
Muretti a Secco e Pajare
Costruire salentino: Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo “riporta in vita” le pietre
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Con Dario Damiano Profico di Gagliano del Capo siamo al quarto capitolo del nostro approfondimento sulla tradizione dell’edilizia salentina (dopo l’intervento del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini, il Coccio Pesto e le Cementine e le Volte a Stella)
Dario ha fatto della sua passione un lavoro.
Da quasi 25 anni la sua mission è restaurare muretti a secco e pajare che, ipse dixit, «ricostruisco com’erano all’origine».
Anche Dario conferma che la «richiesta di lavori tradizionali è alta sia perché il risultato è indubbiamente bello da vedere sia perché, per questo tipo di lavori, ci sono possibilità di accedere a specifici finanziamenti. Il ripristino dei muretti a secco, in modo particolare, è molto richiesto».
Qual è in particolare il tuo lavoro?
«Riportare il tutto com’era un tempo con lo stesso tipo di lavorazione. Da non confondere con ciò che fanno taluni, utilizzando metodi non indigeni che danno un risultato finale diverso rispetto a quello che erano i muretti a secco originali del Salento, rovinandone peraltro l’estetica».
In particolare, a cosa ti riferisci?
«All’utilizzo del calcestruzzo e al mancato utilizzo della terracotta. Sia per le pajare che per i muretti ci tengo farli “a secco”, proprio come si faceva una volta. Per questo chiedo che le pietre non mi arrivino spaccate, ma esattamente come sono state scavate. In modo che io possa dare consistenza al tutto con le pietre grosse, senza utilizzare il cemento».
Il cemento non lo utilizzi affatto?
«Tendo a farne a meno. In qualche occasione sono costretto a farlo perché il committente vuol farci passare la corrente elettrica. Così, per evitare i crolli e cautelare i tubi, uso il calcestruzzo in tre strati: base, centrale e superiore perché ci metto il cordone finale a forma di “A”, per scaricare il peso al centro del muro e dare solidità a tutta la struttura».
Veniamo ai costi. Per un muretto a secco qual è il costo medio?
«Si parte da 35 euro fino ad arrivare a 90 euro a metro lineare. Dipende dalla richiesta. C’è chi vuole un muretto praticamente liscio, a fuga chiusa: in questo caso, la lavorazione richiede maggiori tempi e maggiori costi. Se uno vuole un muro che sia “uno specchio”, senza fughe, vuol dire che la pietra andrà lavorata nel minimo dettaglio e quindi il prezzo sarà più alto. Se, invece, si preferisce il metodo originale, con il minimo utilizzo del martello sulla pietra grezza locale, il costo scende».
E per le pajare? Se, ad esempio, dovessi rimetterne in piedi una di 50 metri quadri?
«Per una pajara di 50 mq, compresi gli esterni (si calcola così, NdR), occorreranno in media 8mila euro, sempre ricostruendola esattamente come era una volta, ovviamente tutta a secco».
Pajare riportate all’origine tranne che per un particolare: «Nel ricostruirla alzo l’apertura fino a due metri, due metri e 15 centimetri, perché in origine l’ingresso alla pajara era molto basso e quindi scomodo»
Qualche tempo fa Dario Profico ha fatto capolino su Rai 3:
«Erano affascinati dalla nostra storia, anche abitativa. Qualche volta è necessario che arrivino da fuori Salento per ricordarci ciò che abbiamo. Non sarebbe male stessimo più attenti a quelle che sono le nostre tradizioni».
Approfondimenti
Volte a Stella
Costruire salentino: Donato Marra di Tricase specialista del sistema di copertura a volta
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Dopo l’introduzione storica del Conservatore-Restauratore Giuseppe Maria Costantini e il capitolo dedicato a Coccio Pesto e Cementine, (seguirà quello sul Muretti a Secco e Pajare) il nostro approfondimento prosegue con Donato Marra, imprenditore edile, 59 anni di Tricase, specialista in Volte a Stella.
Da quanti anni fa questo mestiere?
«L’azienda personale esiste da circa trent’anni, ma la prima esperienza risale a quando, adolescente, ho iniziato a lavorare con mio padre, presso la sua impresa di costruzioni. Mio padre è stato il mio mentore e maestro, un gran maestro. È lui che mi ha “iniziato” e insegnato a creare l’arte delle antiche costruzioni, delle volte antiche, quelle storiche che si possono ammirare in Salento in tante costruzioni nobiliari».
È un dato di fatto: lo stile “salentino”, volte a stella, muretti, ecc.. è sempre più richiesto. Le risulta?
«È vero, le volte, le costruzioni tipiche salentine sono sempre più richieste. Per parte mia, una volta appresa la bellezza dell’arte salentina, ho voluto metterla a frutto: tutto quello che mi avevano insegnato l’ho restituito creando e consegnando bellezza nelle mani dei clienti. Vorrei aggiungere, però, che spesso l’eccessivo costo di queste costruzioni non è alla portata e per la tasca di tutti. Inoltre, la terra del Capo di Leuca è piena di vincoli e questo non permette di costruire molte case tipiche in campagna».
Considerata la sua esperienza, cosa le chiede maggiormente la sua clientela?
«Devo dire che sono tante le ristrutturazioni che effettuiamo, anche grazie all’arrivo dei tanti stranieri che comprano in Salento. Loro, per fortuna, sono molto attenti al recupero ed alla ristrutturazione di case, masserie o ville antiche: desiderano soprattutto che i lavori vengano eseguiti con una fedeltà all’antico maniacale e che sempre sia più vicina alla costruzione che è stata, e, aggiungo, questo è un bene per noi e per il nostro Salento».
Approfondimenti
Coccio Pesto e Cementine
Lavori tradizionali: La Russo & Manco, di Tricase, specializzata in coccio pesto, intonaci e rivestimenti di calce e pavimenti di cementine
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Nel nostro approfondimento sulla tradizione edilizia salentina il Coccio Pesto e le Cementine (seguiranno quelli su Muretti a Secco e Pajare e Volte a Stella) Antonio Manco, impegnato in questo lavoro da oltre 20 anni insieme a Vito Russo, con l’azienda Russo & Manco, oggi riscontra un «aumento delle richieste di questo tipo di lavorazione, utilizzando le tecniche tradizionali».
Partiamo dal coccio pesto. Che vantaggi dà?
«Innanzitutto, è più bello il risultato finale. Non si vedranno le fughe, come accade con le piastrelle a cui siamo abituati qui da noi. Al nord, invece, utilizzano i pavimenti continui di microcemento o di calce. Io li faccio di coccio pesto che è a base calce con un fondo tutto continuo, a colore. Lo chiedono molto nelle masserie e nelle costruzioni antiche».
Quanto costa in media un pavimento di coccio pesto?
«Il costo medio è di 85-90 euro a metro quadro».
Se dovessimo dire i pro e i contro?
«A differenza del cemento il coccio pesto non si consuma. A Pompei, ad esempio, era tutto di coccio pesto ed ora stanno restaurando con gli stessi prodotti che utilizziamo noi. In pratica, più tempo passa, più la calce si consolida. Il contro, se proprio vogliamo, è che sono pavimenti delicati. Devi prestare maggiore attenzione. Se ti dovesse cadere un martello per terra potresti rovinarlo».
Molto gettonate sono anche le cementine…
«Sì, sono molto richieste e noi ci occupiamo del montaggio. Anche in questo caso, più che altro, le richiedono per antiche abitazioni da restaurare».
Per le cementine qual è il costo a metro quadro?
«La lavorazione costa in media 35–40 euro a metro quadro. Se le devi comprare, però, il prezzo oscilla tra i 150 e i 200 euro».
Le tecniche utilizzate sono quelle tradizionali? Le stesse che si utilizzavano un tempo?
«Proprio come si facevano prima, si mettono gli stampi con i colori e poi vengono messe sotto la pressa per realizzare il disegno richiesto».
Cosa vi chiedono di più oggi?
«Ultimamente il coccio pesto»
L’azienda Manco & Russo ha anche realizzato dei lavori al Museo Nazionale Jatta di Ruvo di Puglia (ospita una prestigiosa collezione archeologica composta da più di duemila reperti appartenuti per circa due secoli alla famiglia Jatta e quasi tutti ritrovati nel territorio di Ruvo): «Hanno scoperto che c’era un pavimento in coccio pesto che avevano ricoperto con della guaina nera. Hanno ripulito il tutto e ci hanno chiesto di riprodurre il pavimento come era una volta».
Da restauratori della Calchera San Giorgio (di Grigno Valsugana, Trento. Azienda specializzata in produzione di materiali specifici per il restauro storico, archeologico, monumentale e per l’edilizia sostenibile) infine si sono adoperati per il restauro degli interni in coccio pesto dell’antica Torre di Torre Vado (Morciano di Leuca) risalente al 1569.
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