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Cronaca

Offesero in tv la memoria di Noemi, condanne confermate

Un anno per Biagio Marzo e 6 mesi per Rocchetta Rizzelli per diffamazione aggravata e continuata a mezzo stampa.  La mamma di Noemi Durini Imma Rizzo, accompagnata dai suoi avvocati Valentina Presicce e Flavio Santoro: «Giustizia è fatta»

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«Hanno sempre diffamato la memoria di mia figlia per giustificare il fatto criminoso commesso dal figlio», urla Imma Rizzo, la mamma di Noemi Durini, la sedicenne di Specchia assassinata nel settembre 2017 dal suo fidanzato, «anche la Corte di Appello di Lecce mi ha dato ragione confermando la sentenza di primo grado. I genitori di Lucio Marzo, invece di rimanere in silenzio, dopo l’omicidio di mia figlia, hanno cercato in tutti i modi di giustificare il gesto aberrante commesso dal figlio arrivando addirittura a dire che mia figlia volesse ucciderli. Tutto questo è falso e infamante».


«Confermata la condanna per i genitori di Lucio Marzo che si proclamavano orgogliosi del figlio omicida reo confesso», tuona l’avv. Valentina Presicce, «il modo allusivo utilizzato da Biagio Marzo e Rocchetta Rizzelli per raccontare di comportamenti assunti da Noemi, di fatto, mai verificatisi, al solo fine di denigrare l’immagine e la memoria di una ragazza di 16 anni, uccisa dal loro figlio è vergognoso. I genitori di Lucio Marzo non hanno mai dimostrato alcun sentimento di pietà nei confronti di Noemi Durini, e hanno cercato, in tutti i modi, di giustificare il fatto criminoso commesso dal figlio infangando la sua memoria attraverso interviste televisive rilasciate ai principali programmi sulle più note reti nazionali. Viene totalmente smentita la tesi della difesa che tentava di far leva sul processo mediatico e sull’ingerenza dei giornalisti nella vita di Marzo e Rizzelli. Dai video, acquisiti nel processo di primo grado, i genitori di Lucio Marzo aprivano spontaneamente le porte della loro casa alla giornalista Paola Grauso di “Chi l’ha Visto?”, e Biagio Marzo interveniva spontaneamente nella trasmissione “Quarto Grado” senza essere “braccato” dalla giornalista come volevano far credere. Oggi», conclude l’avv. Valentina Presicce, «arriva per loro la giusta giustizia con la conferma della condanna per diffamazione aggravata a mezzo stampa».


COSA DICE LA SENTENZA


Con sentenza N. 1024/21 del 28/06/21, Biagio Marzo e Rocchetta Rizzelli erano stati condannati per diffamazione aggravata e continuata, ai sensi dell’art. 81 e 595, commi 1-3 c.p. perché, “in concorso fra loro ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso offendevano la reputazione della defunta Noemi Durini nel corso di tante trasmissioni televisive”.


Oggi la Corte di Appello di Lecce ha confermato la condanna di primo grado ad un anno per Biagio Marzo e a 6 mesi per Rocchetta Rizzelli.


Sin dai primi giorni della scomparsa di Noemi e anche dopo la confessione del figlio, i genitori di Lucio Marzo, rilasciavano interviste televisive ai principali programmi televisivi, descrivendo la persona di Noemi e la sua famiglia con accezioni di carattere negativo e dispregiativo.


In particolare, nella puntata del programma “Chi l’ha visto” andata in onda in data 20.09.2017 ma registrata in data 13 settembre 2017, Marzo Biagio e Rizzelli Rocchetta iniziavano a parlare di Noemi in termini dispregiativi: “Era una ragazza notturna, altro che solare, si è infilata in casa di notte… A me lo ha detto (parlando di Noemi) chiaramente. Ti devo fare impazzire”… “aveva problemi… era gelosa… si è chiusa nell’armadio e poi è andata  a letto con mio figlio… ma la ragazzina, pur anche di un anno più piccola, aveva un bagaglio di esperienza molto più grande…”.

Biagio Marzo proseguiva: “Era tutt’altro che una brava ragazza, si accompagnava con delinquenti di trenta quarant’anni, una ragazzina di sedici e non voglio andare oltre – lasciando intendere qualcosa di ancora più negativo e continuava: “Addirittura aveva dato i soldi ad un certo tipo per comprare una pistola e per spararci… addirittura incitava mio figlio affinché ci scannasse tutti… era una ragazza cresciuta allo stato brado”. È bene ricordare come le indagini ed il processo di primo e secondo grado nel giudizio nei confronti di Lucio Marzo, abbiano dimostrato come tali dichiarazioni fossero del tutto prive di fondamento.


Nella trasmissione Quarto Grado del 21 aprile 2018, Biagio Marzo definiva “Noemi vittima delle sue amicizie e di chi non l’ha controllata”.


Nella trasmissione Quarto Grado “Delitto Noemi Durini” del 30 maggio 2018, Rizzelli Rocchetta urlava: “Siamo orgogliosi noi siamo vivi” così ribadendo la falsa e infamante accusa  che Noemi volesse ucciderli e questo nonostante alla data del 30 maggio 2018 le indagini fossero ormai pienamente concluse e, dunque, l’intento calunnioso  portato avanti da Lucio e dai suoi genitori ai danni di Noemi fosse stato completamente e totalmente smentito. 


Con sentenza N. 1024/21 del 28/06/21 la condanna per i genitori di Lucio Marzo per diffamazione aggravata e continuata a mezzo stampa.


Il Giudice monocratico dott. Tanisi statuiva che “Alla stregua delle immagini dei programmi televisivi contenute nei files acquisiti al processo, non sia a dubitarsi né del fatto che le espressioni riportate in rubrica siano state effettivamente pronunciate dagli imputati, né del loro carattere altamente diffamatorio (peraltro rimarcato in un passaggio anche dal giornalista Nuzzi, che al Marzo, che per l’ennesima volta aveva lanciato pesanti allusioni sulla ragazza, contesta di aver gratuitamente “infangato” la povera vittima)… Espressioni quali quelle riportate in rubrica (che costituiscono solo una parte di quelle effettivamente profferite dal Marzo e, in parte, dalla Rizzelli) siano altamente offensive della reputazione di Noemi Durini, la cui figura risulta gravemente deturpata da parole talvolta volgari, talaltra allusive, pronunciate in più riprese in svariate trasmissioni televisive, anche dopo che gli imputati avevano avuto contezza che la ragazza – una studentessa di soli 16 anni – era stata massacrata dal proprio figlio. Si tratta, fra l’altro, di espressioni che oltre ad offendere la reputazione della ragazza, suonano come altamente offensive anche nei confronti dei genitori della stessa, accusati senza mezzi termini di non essere stati in grado di dare a Noemi la dovuta educazione e, quasi, di essere causa indiretta della tragedia. Al contrario – sostiene il Marzo in alcune delle interviste – di quanto da lui fatto col proprio figlio, evidentemente dimenticando che proprio suo figlio si è macchiato dell’assassinio della sua giovanissima fidanzatina».


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Cronaca

Supersano: fermati con mezzo chilo di eroina

Erano in tre su un’auto sottoposta a controllo dalla Polizia di Taurisano. In casa uno di loro aveva sostanza stupefacente e un taccuino con nomi e somme di denaro. Per gli arrestati, tutti con precedenti, disposto il carcere

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Gli agenti della Squadra di Polizia Giudiziaria e dell’Ufficio Controllo del Territorio del Commissariato di Taurisano, a Supersano in via Derna, hanno controllato tre uomini, rispettivamente di 47, 46 e 43 anni, che viaggiavano a bordo di un’autovettura.

All’atto del controllo gli occupanti dell’auto hanno subito mostrato segni di nervosismo.

Visti anche i loro precedenti penali e di polizia e le notizie acquisite, glia genti hanno proceduto alla perquisizione dell’auto.

Il 47enne che occupava il sedile posteriore, ha messo le mani sotto al sedile anteriore, lato passeggero, su cui era seduto invece seduto l’uomo di 46 anni, e ha prelavato un panetto avvolto in nastro da imballaggio marrone.

Quindi ha cercato di occultarlo in una giacca di tuta da ginnastica che teneva ripiegata nelle mani.

Il movimento è stato notato dagli agenti operanti che hanno sequestrato l’involucro contenente eroina per un peso complessivo di grammi 514.

La perquisizione, inoltre, ha consentito di rinvenire nel porta oggetti sul lato destro del cruscotto un involucro in cellophane trasparente contenente un grammo di cocaina.

Gli agenti hanno poi effettuato delle perquisizioni domiciliari nei confronti dei tre arrestati.

In casa del 47ennehanno ritrovato e sequestrato 63,4 grammi di cocaina e 15,4 grammi eroina oltre a un taccuino su cui sono riportati nomi e le somme in denaro dell’attività di spaccio.

Il PM di turno presso la Procura della Repubblica di Lecce ha disposto per tutti e tre il carcere.

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Cronaca

Cede una corda, operaio cade nel vuoto e perde la vita

Dramma durante un intervento di edilizia acrobatica: un giovane lavoratore è precipitato da un’altezza di almeno 6 metri in via Leopardi a Lecce

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Un grave incidente sul lavoro si è verificato questa mattina in viale Giacomo Leopardi, nel capoluogo salentino. Un giovane operaio di 26 anni, impegnato in un intervento di edilizia acrobatica sulla facciata di un edificio, è caduto da un’altezza stimata di circa sette metri, perdendo la vita. 

Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo – di nazionalità romena e identificato con le iniziali G.R.I. – stava lavorando sospeso quando, presumibilmente a causa di un cedimento, una delle corde di sicurezza si è rotta, provocando la caduta. 

Sul luogo dell’incidente sono intervenuti tempestivamente i sanitari del 118, ma per il 26enne non c’è stato nulla da fare. 

Presenti anche le forze dell’ordine – in particolare la Polizia di Stato e la Scientifica – che hanno transennato l’area per consentire i rilievi tecnici, insieme agli ispettori dello Spesal (Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro), incaricati di avviare le indagini sulle condizioni di sicurezza e il rispetto delle normative in materia. 

Al momento non è stato reso noto il nome della vittima, in attesa dell’avviso ufficiale ai familiari. Come rilevato da fonti investigative, il giovane doveva diventare papà a breve, ma non si esclude alcuna conferma ufficiale in merito. 

Le indagini proseguiranno per chiarire con precisione le cause del cedimento della corda e verificare se tutte le procedure e i dispositivi di sicurezza fossero conformi alla normativa vigente.

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Cronaca

L’assessore regionale Delli Noci si dimette prima dell’interrogatorio

“Ho rassegnato irrevocabilmente le mie deleghe assessorili, grazie alle quali il presidente Emiliano mi ha onorato di rappresentare in questi anni la Regione Puglia in Italia e nel mondo. Mi sono dimesso anche da consigliere regionale”.

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Poco pima che entrasse dai giudici, l’assessore regionale Alessandro Delli Noci rassegna irrevocabilmente le deleghe assessorili e scrive in un post:
“I fatti duri e dolorosi di questi ultimi giorni mi impongono una scelta altrettanto dura e dolorosa.
È dunque con profonda amarezza, ma con convinzione e determinazione, che questa mattina, prima di rendere l’interrogatorio davanti al Giudice, ho rassegnato irrevocabilmente le mie deleghe assessorili grazie alle quali il presidente Emiliano mi ha onorato di rappresentare in questi anni la Regione Puglia in Italia e nel mondo.
Mi sono dimesso anche da consigliere regionale.
Ruoli che ho svolto quotidianamente con passione, impegno, serietà, con il massimo rispetto per le Istituzioni e con la responsabilità di dover e poter governare per il bene della mia comunità, della provincia che mi ha eletto e della Puglia tutta intera.
Una decisione che devo prima di tutto alla serenità della mia famiglia, a Paola, ai miei genitori, ai miei fratelli e soprattutto ai miei figli a cui ho detto di non dubitare mai della mia onestà e a cui ho chiesto perdono per le parole e gli sguardi che subiscono.
Lo devo alla mia comunità politica, al gruppo di Con, ai miei colleghi, a ciascuna delle persone che si è stretta a me, consentendomi di non crollare.
Grazie per l’affetto, per la stima, e grazie per aver voluto rivendicare l’impegno e la passione politica che mi hanno mosso in questi anni.
Lo devo al Presidente Emiliano, alla fiducia conferitami cinque anni fa e confermata oggi in parole di stima e affetto sincero; lo devo agli uffici degli assessorati che ho guidato, ai dirigenti, funzionari e dipendenti, che trasformano le visioni e gli indirizzi politici in atti concreti per rendere la Puglia una regione attiva e al passo coi tempi.
A loro tutto il mio rispetto, la mia stima, a loro la serenità per continuare a fare e bene il proprio lavoro.
È stato un onore lavorare con voi, è stato un onore lavorare ogni giorno, senza sosta, per rendere la mia amata Puglia una regione competitiva e moderna, lavorare per una Regione che, con le sue politiche di sviluppo economico, è divenuta punto di riferimento per tutto il mondo produttivo.
Non posso negare la tristezza e il rammarico per non poter portare a termine i tanti progetti avviati, che mi auguro vedranno in ogni caso la luce nei prossimi giorni: dalle Comunità energetiche alle misure rivolte ai giovani, all’approvazione della Legge che parla di loro attraverso le loro voci, alla Legge sui talenti.
Tutto parte di quella strategia di controesodo pensata per garantire ad ogni giovane pugliese un futuro migliore nella propria terra.
Aspetto che la giustizia faccia il suo corso, con la massima fiducia nei confronti della Magistratura.
Attendo la decisione del Giudice dopo l’interrogatorio di oggi e sono pronto ad affrontare quello che verrà certo della correttezza del mio operato.
A coloro che mi sono vicini e credono in me dico grazie per aiutarmi a rimanere in piedi, con la schiena dritta e lo sguardo lungo”.
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