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Attualità

Tricase: l’emigrante con la chitarra

Roberto Brigante dalla valigia di cartone a 17 anni, alla scalata delle hitlist svizzere. Il 12 aprile canterà a casa sua, a Tutino, per la festa della Madonna delle Grazie

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A primo acchito quella che stiamo per raccontarvi sembrerebbe una storia come tante altre; un ragazzo che dal profondo sud raccoglie quel poco che ha nella sua valigia di cartone (“non è solo un modo di dire era davvero di cartone, tenuta insieme da una corda”) ed emigra in cerca di una vita migliore. Ed anche il lieto fine non è certo una primizia, visto che sono tanti i nostri conterranei che superate le prime difficoltà da emigranti, hanno avuto fortuna e mietuto successi nella loro professione.


Roberto Brigante in Redazione

Roberto Brigante in Redazione


Quella di Roberto Brigante di Tricase, però, è una storia quantomeno originale. A 17 anni, si era all’inizio degli anni ’80, presa contezza delle difficoltà di crearsi un futuro, continuando i sacrifici di mamma e papà da una vita alle prese con la durezza del lavoro in campagna, emigra prima in Germania, poi in Svizzera (Thun, Cantone di Berna), dove vive oggi. I primi tempi sono i più difficili: del lavoro di piastrellista sa solo qualche rudimento, ma i contadini, scarpe grosse e cervello fino, sanno fare tutto e poi, eterni autodidatti dai mille mestieri, imparano in fretta.

Al centro della sua vita, restano la famiglia ed i suoi figli: la grande di 26 anni, il secondogenito di 24 e la piccola di 10 sono il suo orgoglio. Tra lavoro e famiglia, non dimentica la sua vera passione: la musica. A 40 si mette a studiare, prende dimestichezza col pentagramma, le ottave, il giro di do. La sera scrive canzoni, “…ma solo per me stesso!”. La figlia più grande dopo averlo sentito in una serata dedicata alla pizzica insieme la “fratello d’arte” Salvatore, gli ha confidato che adorava sentirlo cantare e lo ha incoraggiato a coltivare la sua passione. Ma Roberto non aveva alcuna pretesa, si divertiva solo a strimpellare la sua chitarra. Ha lavorato duro ogni giorno, e questo gli ha permesso, nel 1995, di mettere su una propria azienda che si occupa di muratura e piastrelle. Poi il colpo di fortuna, qualche serata in alcuni locali e all’improvviso la popolarità: in Svizzera lo adorano, le sue serate contano sempre il pienone e i suoi sette dischi pubblicati sono andati letteralmente a ruba. Oggi, a 43 anni, la grande soddisfazione: lui, figlio di Tutino, quartiere tricasino di circa 2400 anime, è stato chiamato dal “Comitato Madonna delle Grazie” per cantare da quel palco intorno al quale tante volte da ragazzino ha vissuto, insieme ai suoi compagni di giochi, i giorni della festa patronale.

“Un giorno, sul cantiere”, ricorda Roberto ospite nella nostra redazione, “ho incontrato colui che sarebbe diventato il mio produttore, (Thomas Gyger, direttore musicale di Dj Bobo con cui ha lanciato “Chihuaha”, vero e proprio tormentone dell’estate 2003) e così è cominciata la mia avventura”. Il primo CD, “Poesia” è stato una rivelazione, da “Va bene” in poi è arrivato il successo, quello vero. Ed infatti per Roberto è stato un crescendo e sono arrivati altri 5 dischi: “Pronto”, “Piccante” (“forse il mio disco più bello”), “Strada del sole”, “Vita” e “Ti aspetta”. Roberto è sincero e, umile com’è sempre stato, ammette: “Non avrei mai creduto che le mie canzoni avrebbero potuto scuotere l’animo di tante persone”. Tra l’altro, nonostante la quasi totalità dei suoi brani sia rigorosamente in italiano, ad impazzire per la sua musica sono soprattutto gli elvetici di madrelingua tedesca nei cui cuori Roberto è riuscito a scavare una breccia, come conferma l’entusiasmo dei tantissimi fan che lo seguono ai concerti. Il successo, però, non ha cambiato di una virgola l’uomo che da ragazzino partì dalla finibus terrae, armato solo di tante speranze; i piedi restano ben piantati per terra: “La mia attività è sempre quella di piastrellista ed io lavoro al 100% in cantiere, tutto quello che la vita mi regala in più è ben accetto”.

In una sua canzone canta “son partito da lontano per trovare il mio domani. Mi dicevo, in Svizzera troveremo l’America…”. È davvero così? “Quella canzone l’ho scritta 4 anni fa, in un periodo in cui la Svizzera è stata molto criticata e c’era addirittura chi come Gheddafi voleva che la Confederazione fosse divisa in quattro… Questo mi fece molto incazzare (testuale, Ndr) e così ho scritto questa canzone che è il mio inno per la Svizzera, che non sarà l’America ma al sottoscritto ed a tanti altri miei connazionali ha dato un’opportunità vera”.

A Thun ci vive benissimo, ormai quella è casa sua. Ma non ha dimenticato le sue origini, anzi: “Oltre alla possibilità di poter vedere ogni giorno i miei genitori, i miei fratelli, gli amici di sempre, la nostalgia è forte per tutto: il paesaggio che non ha eguali, con il mare azzurro come solo il nostro sa essere, il verde degli ulivi e i nostri paesini bistrattati, pieni di buche (“a proposito che indecenza”), ma sempre meravigliosi. E poi il cibo, ogni qualvolta che torno voglio riassaggiare tutti i sapori di quando ero ragazzo…”.

In tutte le sue canzoni c’è tanto Salento: “Sono nato qui, sono salentino e la mia terra è nel mio cuore e nella mia anima. Ai miei concerti mi piace anche cantare “Lu Rusciu de lu Mare” e chi mi segue pare apprezzare…”. In effetti, basta ascoltarne una delle tante versioni su youtube per avvertire la struggente nostalgia di chi vive lontano dalle sue radici.

Ci sono anche tante cose che non vanno ma Roberto, contrariamente alla tediosa consuetudine di altri emigranti, non vuole insegnare niente a nessuno, si limita a dire: “Certo, le cose potrebbero funzionare meglio e non si capisce come non ci sia la volontà di regalare un futuro alla propria gente”.

Dopo essersi esibito in grandi contesti in Svizzera, aver occupato più volte la prima serata sulle tv nazionali e locali elvetiche, si prepara per il grande giorno, quando canterà davanti alla sua gente: “Sono molto, molto orgoglioso di questa chiamata; chi mi conosce sa che in questi anni non sono cambiato e che cosa abbia veramente valore per me”. Alcune radio importanti del nord Italia hanno mandato e continuano a mandare le tue canzoni, quando lo sbarco sul mercato nostrano? “Ho delle collaborazioni importanti con addetti ai lavori italiani, che frequentano il mondo musicale della Penisola e si dicono certi di questa possibilità; non lo so, è difficile…”, si schernisce. La cosa, però, non pare preoccuparlo: tanto lui continua a sorridere e cantare per la gioia di farlo e per amore dei suoi figli e della sua terra. Ciao Roberto, ci vediamo la sera di domenica 12 aprile…

Giuseppe Cerfeda


Attualità

Una Pasqua di speranza e… Dalla Parte dei più Deboli

Salvatore Giannetta, imprenditore di Minervino di Lecce ha donato 200 uova pasquali e 200 colombe pasquali alle famiglie indigenti del Salento, affidando la distribuzione all’associazione di volontariato di Muro Leccese

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In vista della Pasqua, la comunità salentina si è unita in un gesto di solidarietà senza precedenti, mirato a sostenere le famiglie più vulnerabili, particolarmente colpite dalle conseguenze economiche post-pandemia e dall’escalation dei prezzi dovuta al conflitto globale.

Al centro di questa ondata di generosità, spicca la figura di Salvatore Giannetta, imprenditore di Minervino di Lecce, non nuovo ad azioni a favore dei meno fortunati.

Giannetta ha donato 200 uova pasquali e 200 colombe pasquali alle famiglie indigenti del Salento, affidando la distribuzione all’associazione “Dalla Parte dei Più Deboli“. L’associazione di volontariato, che ha sede a Muro Leccese, guidata da Sandro Barone, è da tempo impegnata nel supporto delle fasce deboli della regione.

Il Presidente Barone ha espresso la sua gratitudine: «Siamo profondamente riconoscenti a Salvatore Giannetta per il suo sostegno continuo. La sua generosità non si limita alle donazioni pasquali, ma si estende anche a un significativo contributo morale alla nostra associazione, che ci permetterà di assistere ulteriormente le famiglie in difficoltà, soprattutto nel pagamento delle bollette, una sfida crescente per molti in questi tempi difficili».

La solidarietà può fare la differenza nella vita di chi si trova in condizioni di bisogno. Non dimentichiamolo mai, specie ora che ci approssimiamo a vivere le festività pasquali, simbolo di rinascita e nuovo inizio.

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Segnalato anche in Puglia l’insetto “mangiadita”

Gigantesche cimici acquatiche sbarcate sull’isola di Cipro e in Italia. Anche in Puglia, a Rosa Marina (Brindisi). Questi animaletti, già presenti in altri paesi vicini all’est (Grecia, Albania, Serbia e Bosnia, Israele, Libano e Siria), hanno il gentile soprannome in inglese di “toe biter”

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Sapevamo delle meduse.

Ora un nuovo animale rappresenta un potenziale pericolo per i locali e turisti che nuotano nel Mediterraneo.

È un insetto: una cimice acquatica.

La specie, avvistata solo dal 2020 sulle coste orientali dell’isola di Cipro e in Puglia nell’estate 2023, precisamente da un bagnante sulle spiagge di Rosa Marina, nel brindisino, può superare i 12 cm.

Non lontano da noi dunque e, presto, potrebbe fare la sua apparizione anche sulle coste salentine.

È un insetto dall’aspetto di una grossa cimice, che non era mai stato osservato sull’isola del Mediterraneo secondo lo studio del Museo Nazionale di Storia Naturale Grigore Antipa, pubblicato dalla rivista Geo.

Il suo morso sarebbe il peggiore che un insetto possa infliggere, come riferisce la rivista Geo.

Attacca crostacei, anfibi, pesci, lumache acquatiche ma talvolta anche tartarughe, persino le dita dei piedi dei turisti, da qui il suo soprannome di “mordicchiatore di dita dei piedi” riferisce la d.ssa Diana D’Agata, Veterinary Surgeon nel Regno Unito.

Lo studio menziona un numero “non trascurabile” di esemplari osservati, ma aggiunge che è ancora troppo presto per confermare un reale insediamento alle nostre latitudini.

Perché alcuni individui migrarono verso ovest?

Diverse le ragioni possibili, secondo i tre ricercatori autori dello studio: vento, correnti marine, ma anche una “diminuzione delle risorse alimentari nella loro area di distribuzione iniziale”.

Nello studio si parla anche di individui volanti che potrebbero essere stati attratti dalle luci delle imbarcazioni.

Il grosso insetto “Lethocerus Patruelis”, è diffuso nel Sud-Est europeo, tra Grecia, Albania, Serbia e Bosnia, Israele, Libano e Siria.

E proprio le navi che frequentemente attraversano l’Adriatico da una sponda all’altra, l’ipotesi degli entomologi, sarebbero il mezzo attraverso cui questo insetto gigante è arrivato sulle spiagge pugliesi.

Niente paura però.

Si tratterebbe di una presenza rara, i cui unici avvistamenti precedenti risalgono al 1997, 2009, 2020 e quest’ultimo dell’estate 2023.

Proprio il Wwf Puglia lo segnalò nell’estate del 2020 con un post sui propri profili social.

Sembrerebbe non essere pericoloso per l’uomo, secondo alcuni brevi studi, ma solo per l’ecosistema faunistico.

E comunque solo in caso di presenza endemica.

In caso di presenze isolate, si legge ancora, non dovrebbe esserci alcun pericolo per l’uomo e il territorio.

«Tuttavia», commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”,  «in mare, meglio osservare attentamente dove si mettono i piedi mentre si fa il bagno nelle nostre acque limpide e paradisiache».

 

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Ecco quando Sant’Oronzo tornerà in piazza

La copia della statua sarà collocata sulla “sua” colonna romana sabato 13 aprile

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La statua di Sant’Oronzo tornerà a svettare in cima alla colonna romana, al centro dell’omonima piazza intitolata al patrono della città, da sabato 13 aprile.

Lunedì scorso è arrivato l’ultimo necessario nullaosta della Soprintendenza sulla relazione di staticità relativa alla tenuta del sistema colonna-capitello-pulvino-statua che ha permesso di poter fissare la data di collocazione della copia in bronzo al posto dell’originale.
Durante una cerimonia pubblica che inizierà alle ore 12, alla presenza del sindaco Carlo Salvemini e delle autorità, dopo la benedizione dell’Arcivescovo metropolita Michele Seccia, l’opera d’arte, commissionata dall’amministrazione comunale alla Fonderia Nolana Del Giudice, sarà issata e collocata sulla colonna.

Completata nell’atelier della Fonderia campana, sarà trasferita a Lecce nella mattinata di giovedì 11 aprile, scortata dalla Banda Città di Lecce all’ingresso in piazza.

La copia resterà temporaneamente alloggiata davanti al Sedile, a beneficio di tutti quelli che vorranno vederla da vicino, dal momento del suo arrivo in piazza fino alla mattina di sabato 13 aprile, quando sarà issata e fissata sulla colonna. Ad accompagnare musicalmente questo momento sarà la Banda Città di Lecce.

Ospiti d’onore della cerimonia saranno tutti i donatori e le donatrici che, attraverso lo strumento dell’Art Bonus, hanno contribuito a raccogliere la somma di 240.630 euro, necessaria per la realizzazione della copia della statua originale, custodita a Palazzo Carafa.

Un traguardo che non si sarebbe potuto raggiungere senza la generosità della Banca Popolare Pugliese che ha donato 100mila euro, della ditta Ediltunnel di Lecce che ha contribuito con 70mila euro e di tutti coloro che hanno donato piccole cifre e somme più consistenti che saranno elencati (previo l’aver rilasciato il consenso) in un totem installato accanto alla copia nei due giorni in cui sarà esposta in piazza.

«Quelle dell’11, 12 e 13 aprile saranno giornate storiche per la città, di festa popolare, di tutti. La realizzazione della copia della statua del Santo Patrono», sottolinea il sindaco Salvemini, «è stata un’impresa collettiva: la Curia, il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, la Soprintendenza, che ha seguito passo dopo passo il restauro dell’originale e la realizzazione della copia, fino a lunedì scorso, quando è arrivato l’ultimo nullaosta sulla staticità. La Fonderia Nolana Del Giudice, che ha materialmente realizzato quest’opera d’arte di grande valore. Ma soprattutto ringrazio i donatori che con il loro contributo – raccolto attraverso l’Art Bonus del Mibac – hanno finanziato l’intera operazione, frutto della collaborazione tra le istituzioni e la Curia. Ma principalmente della devozione popolare, esattamente come avvenne nel 1739 per la realizzazione della statua originale del Santo».

«Come pastore di questa Chiesa locale, fondata da Sant’Oronzo, sono felice per questo traguardo. Mi sembra un sogno», dichiara l’Arcivescovo Seccia, «dopo tanti anni di solitudine della colonna della Piazza antica di questa città. Il ritorno della copia della statua al suo posto mi fa pensare al ritorno di un faro. Per noi cristiani, i santi sono fari che con il loro esempio illuminano il cammino di chi sceglie di seguire Cristo. Questo ritorno sulla sua colonna che da secoli rappresenta un punto di riferimento, un segno di riconoscimento di una comunità che a sua volta dà significato ai segni. Per noi credenti il santo patrono, infatti, è più di un simbolo e vale più della bandiera perché la fede e la devozione superano le barriere spazio-temporali e vanno oltre la successione dei fatti della storia. Grazie all’amministrazione comunale e a tutti gli enti coinvolti per la passione e la professionalità profuse in questa operazione per nulla facile. E grazie anche a chi ha contribuito con le donazioni affinché la statua originale di Sant’Oronzo fosse riportata all’antico splendore e la sua copia tornasse finalmente in piazza».

La realizzazione della copia è stata, infatti, un’operazione collettiva che ha visto insieme il Comune e la Curia con la consulenza scientifica del Dipartimento di Beni culturali e del Dipartimento di Ingegneria dell’Università del Salento e il supporto della Soprintendenza.

Oltre alla realizzazione materiale della copia, al trasporto e all’installazione, con i proventi dell’Art Bonus, è stata finanziata anche la produzione di un video-documentario e di un quaderno-volume a stampa sull’intero iter del progetto, dallo studio preliminare alla collocazione della copia sulla colonna, a cura di Emiliano Carico del Dipartimento di Beni Culturali di UniSalento, e la valorizzazione della statua originale.

«Parallelamente a questo lavoro», spiega il professor Casciaro, «è stata avviata un’indagine storica sull’originale che sarà contenuta nel volume di prossima pubblicazione sull’intero intervento ed è stata fatta chiarezza sull’arrivo da Venezia della statua, questo quello che si è sempre sostenuto. Abbiamo ragione di credere, invece, che da Venezia siano arrivati i materiali ma che la statua sia stata confenzionata a Lecce. A riprova di questo, un’archeologa sottomarina ha trovato in fondo al mare carichi di navi veneziane naufragate che trasportavano rame dello stesso tipo di rame di quello usato per Sant’Oronzo».

La soprintendente Francesca Riccio sottolinea il percorso che porterà alla musealizzazione dell’originale: «Ora sul tavolo c’è il destino della statua settecentesca, che sarà oggetto di un nuovo confronto con il Comune e la Curia per determinare quali siano i migliori sistemi per garantire al contempo la migliore conservazione e la migliore fruizione del bene, trasformando quella che all’inizio poteva sembrare una diminutio nella possibilità di poter ammirare da vicino l’opera».

COME TUTTO È INIZIATO

Il 30 gennaio del 2019, la statua di Sant’Oronzo, realizzata nel 1739 in sostituzione di una precedente opera andata distrutta a causa di un incendio, è stata rimossa dalla colonna e portata a terra per proseguire le operazioni di restauro iniziate qualche mese prima.

In base alle analisi e ai pareri scientifici acquisiti in quella fase, lo stato della struttura lignea interna e del rivestimento in rame esterno è risultato compromesso tanto da escludere il suo riposizionamento sulla colonna perché l’ulteriore prolungata esposizione agli agenti atmosferici avrebbe causato danni irreparabili all’opera d’arte.

La  Soprintendenza ha dato, quindi, l’ok alla realizzazione di una copia e alla musealizzazione dell’originale, in un luogo che sarà individuato sulla base delle migliori condizioni di conservazione, di comune accordo fra tutti gli enti coinvolti (Comune, Curia e Soprintendenza).

Il Comune ha coinvolto il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, relazionandosi con il professore Raffaele Casciaro, per capire come realizzare la copia nel rispetto delle prescrizioni fornite dalla Soprintendenza, con quale tecnica e in quale materiale. Uno studio approfondito e articolato, durante il quale sono stati chiesti diversi preventivi a istituti altamente specializzati e aziende nazionali ai massimi livelli del settore. È stata vagliata la possibilità di una riproduzione con materiali tecnologici di ultima generazione, ma le dimensioni della copia della statua (alta 5,10 metri) e la sua destinazione all’aperto hanno indotto gli esperti a sconsigliarne l’utilizzo.

Alla fine di questa complessa ricerca, è stato messo un punto fermo: la copia  sarà realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa, sulla base della proposta progettuale presentata dalla Fonderia Nolana Del Giudice, azienda d’eccellenza a livello nazionale e internazionale che ha realizzato anche la copia  della statua della Madonnina del Duomo di Milano in scala 1:1, conservata all’interno del Museo del Duomo.

LA REALIZZAZIONE DELLA COPIA

La realizzazione della copia della statua di San’Oronzo ha richiesto un anno intero di lavoro, dall’affidamento del progetto esecutivo validato dalla Soprintendenza fino alla consegna, perchè – per stessa ammissione della famiglia Del Giudice – si è rivelata più laboriosa e complessa del previsto per via della ricchezza decorativa soprattutto dei paramenti del Santo. Inizialmente i tempi stimati si riteneva potessero essere più ridotti.

Queste le fasi dei lavori di realizzazione: il calco in gomma siliconata con matrice in resina acrilica, seguito dalla stampa in 3D delle parti non calcabili, la formatura in loco, modello e ritocco cere fino ad arrivare alla fusione in bronzo con tecnica a cera persa. Infine la rifinitura e patinatura più la struttura di ancoraggio in acciaio.

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