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News & Salento

Franco Simone, salentino verace

Il Salento di Franco Simone (in visita nella nostra Redazione): “Credo alla Salentoterapia: lo vedo in mia moglie ed in tanti altri che appena ci mettono piede già stanno meglio con se stessi e con il mondo”; “Grandi Negramaro e Alessandra”; “Una ventata di salentinità nel panorama musicale. La Amoroso ha una voce straordinaria, un mix tra Aretha Franklijn e Anita Baker”. Stoccata a Dolcenera.

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Ultimamente si è molto parlato di censura di regime per Franco Simone. In realtà i fatti risalgono ai primi anni ’80 quando il nostro furoreggiava in Sudamerica ed era amatissimo in Argentina: “La cosa è venuta fuori perché solo ora sono stati resi noti gli elenchi della radiodiffusione argentina di quel periodo. Per quanto mi riguarda, posso dire che sono stato l’unico artista italiano ad essere censurato del tutto”. Il motivo? “Perché non mi sono lasciato usare dai Colonnelli. Il sottoscritto, Joan Manuel Serrat, Mercedes Sousa (“insieme a Mina la più grande voce femminile al mondo”) sono stati censurati proprio come personaggi pubblici. Mi hanno chiesto di asservirmi al sistema, volendo usare l’immagine di noi personaggi pubblici per fare propaganda al regime. C’erano 5mila militari che mi aspettavano, volevano darmi un’onorificenza e utilizzarmi per i loro scopi visto che ero ancora una volta primo nella classifica delle vendite e quindi popolarissimo. Televisioni e giornali mi aspettavano, ma io mi sono rifiutato e il regime ha proibito di mandare in onda tutto ciò che aveva a che fare con il sottoscritto. In quel momento il mio impresario mi prese per matto perché stavo rischiando ben altro che i possibili guadagni (“per questo mio rifiuto, secondo il mio impresario, mi sono giocato mezzo miliardo delle vecchie lire”). Ma non ho avuto un attimo di esitazione perché mi sento un uomo del sud e per noi determinate cose, come la libertà, non hanno prezzo”.


Hai rischiato di brutto anche per salvare Isabel Torres. “L’avevano portata via i militari solo perché si era fermata a parlare con delle persone umili, normali. Può sembrare strano ma sotto il regime accade anche questo. Eravamo in un hotel importante di Buenos Aires e, sapendo che in tanti finivano dentro per motivi futili e poi non ne uscivano più, alle tre di notte mi misi ad urlare come un matto. L’ingiustizia era inaccettabile. Fui chiamato dal direttore dell’Hotel che mi promise, proprio perché Franco Simone popolarissimo in tutta l’Argentina, di impegnarsi in prima persona per Isabel. La mattina dopo andai anch’io in caserma e mi assicurai che Isabel fosse liberata”.


Avuto paura? “Sono stato molto incosciente. Il mio impresario si, ha avuto paura. Diceva agli altri di non rendere pubblico di essere lì con me. A mia moglie invece diceva di nascondere il passaporto”.


Regime argentino a parte, resta il fatto che in tutto il Sudamerica Franco Simone spopolava e spopola. Più che in Italia… “E’ solo una questione di promozione. Canzoni che da noi sono passate sotto silenzio, dall’altra parte del Globo hanno avuto un successo straordinario. Basti pensare che un mio disco come “Totò” è stato a lungo in classifica anche negli USA… In Italia ho vinto per due anni di seguito la Gondola d’Oro (1977 e 1978) ma poi non mi si dava l’opportunità di apparizioni televisive…”. Ti ha penalizzato il fatto di arrivare dal “culo del mondo”? “Sicuramente. Baglioni o Venditti, giusto per fare degli esempi, rappresentano la romanità, io la leccesità. E per la maggior parte degli italiani è sicuramente più facile riconoscersi in loro. Ma sia chiaro, tutte queste apparenti sconfitte mi hanno fatto diventare più bravo e quando vado in scena mi porto dietro tutta l’esperienza che ho accumulato. Senza rimpianti”. Dal tuo primo disco (“Se di mezzo c’è l’amore” – 1972) sono passati 37 anni. Com’è cambiata nel frattempo la musica? E com’è cambiato Franco Simone? “Direi piuttosto che è cambiata la televisione… la musica è sempre bella, non cambia. Io ascolto di tutto, da Mozart a Giuseppe Verdi fino a Jovanotti: la musica buona mi va bene tutta. La televisione invece ha fatto danni tremendi e non solo nella musica. Si guardino i giornali: una volta per guadagnarsi una copertina bisognava saper fare qualcosa, oggi basta partecipare ad uno di quei programmi televisivi più in voga”. E Internet? “Aiuta moltissimo. È una realtà senza la quale oggi non mi saprei immaginare. Ne approfitto per fare autopromozione e ricordare che ho un sito (www.francosimone.it), avviatissimo e con più di 200 pagine e tantissimi contatti da tutto il mondo. Ecco, forse più che la musica, è cambiato il mezzo con cui viene proposta. Riflettendoci, tutti i cantautori, gli artisti che io amo, difficilmente li ascolto alle radio. Quelle che una volta erano chiamate radio libere…”.


Hai dichiarato che ascolti di tutto. E la pizzica? “Mi piace moltissimo tutto quello che sta succedendo intorno a questo fenomeno e sono fiero ed orgoglioso del successo che sta avendo la musica salentina. Anche se non mi appartiene come genere per interpretarlo, mi piace molto. Così come mi piace molto tutta la manifestazione della “Notte della Taranta”. Forse a questo punto bisognerebbe cominciare a mettere fuori quelli proprio stonati stonati…”. E magari accogliere con maggiore calore artisti a tutto tondo come Noa. “Mi ha abbastanza indignato quello che è successo. Non tanto il manifesto opera di quattro scemi, quanto il fatto che la gente ha dato l’impressione di non sapere con chi aveva a che fare. 100mila persone che non applaudono decentemente una signora di quella portata depone molto male per tutti noi. Freddezza indegna, colpa di un’ignoranza totale di un pubblico viziato dalla televisione e che non sa chi sia Noa, confondendola con altre cosucce di stagione”.


Com’è cambiato nel frattempo il Salento? “Oggi è entusiasmante. Chi viene da fuori ci ha fatto rendere conto di quello che abbiamo. Prima forse avevamo un certo pudore, il timore di apparire autoreferenziali, di sembrare quelli che “sa cantane e se la sonane”. Anni fa mi stupì il mio tecnico del suono (Ezio De Rosa che ha partecipato ai migliori dischi di Dalla, Bennato, Battisti), milanese, che parlandomi del Salento spiegava a me, salentino, quanto è bello. Con orgoglio e con piacere, apprendevo come la gente se ne stesse accorgendo. Si parla tanto di Salentoterapia ed io ci credo fermamente: lo vedo in mia moglie ed in tanti altri che appena ci mettono, piede già stanno meglio con se stessi e con il mondo”.


Quanto Salento c’è nei tuoi dischi? “Cento per cento. Mi sento molto salentino in tutte le mie manifestazioni. Anche quando mi dicono che sono ribelle, probabilmente sono solo il classico salentino che sa che certe cose non si mettono in vendita. Ma più che di ribellione, parlerei di dignità e dovere. Credo di averne data dimostrazione in Argentina senza cedere a quei Colonnelli di cui tutti ne conoscevano i misfatti”. Sul Salento neanche una… nota stonata. Possibile? “In questo momento saltano agli occhi soprattutto gli aspetti positivi. Oltre ad una maggiore consapevolezza delle nostre possibilità che non guasterebbe, la nota stonata (“che però non vale solo per il Salento”) è quella di governanti non degni della gente che rappresentano. C’è un intero Paese che meriterebbe governanti ben diversi da quelli che ha. Succedono cose che non hanno cittadinanza in alcun Paese civile ed espongono l’Italia al ridicolo davanti agli occhi del mondo intero”.


Stringiamo il cerchio. Che rapporto hai con Acquarica del Capo, il tuo paese d’origine? “Voglio molto bene alla mia gente e tocco con mano l’affetto che i miei concittadini nutrono per me. Mia figlia me lo sottolinea sempre: quando arrivo io “Francu nosciu, Francu nosciu”… sono uno di loro”. Ad Acquarica ogni anno c’è un premio che tu organizzi. “Anni fa mi hanno chiesto il costo per tenere una serata. Parlare di soldi con il mio paese mi ha molto imbarazzato, così ho proposto di istituire un appuntamento fisso. Un Premio intitolato a don Tito Oggioni Macagnino, grande uomo che è stato anche il sacerdote della mia adolescenza. L’appuntamento è giunto alla quinta edizione e mira a riconoscere il merito di chi non sgomita per avere visibilità. Quest’anno abbiamo premiato, più che il singolo, la figura dell’emigrante. Tantissimi ad Acquarica, a cominciare proprio dalla mia famiglia, hanno vissuto con sofferenza e dignità la necessità di dover emigrare”.


C’è una tua canzone alla quale sei maggiormente legato? “Amo di più le “cenerentole”, canzoni che ritengo davvero belle, ma che non hanno goduto della promozione che avrebbero meritato. Mi vengono in mente “Navigando” e “Notturno Fiorentino”, pezzi degli anni ‘90. E poi ci sono delle canzoni nuove che mi entusiasmano. Forse perché ho un nuovo rapporto con la musica. Prima avevo un eccesso di inquietudine, ora sono più tranquillo e resto seduto al pianoforte fino a notte fonda. E dando molto fastidio ai miei familiari che la notte vorrebbero anche dormire”.


E il nuovo Franco Simone ha partecipato a progetti davvero interessanti come quelli con Claudia Koll. “Abbiamo realizzato “Guarda le mie mani”, disco i cui proventi vanno in beneficenza. Un progetto musicale di solidarietà voluto dalla Koll (“Claudia non tende ad apparire ma a fare, vive la religione come pochissimi altri, una grande persona”), promosso dall’Associa- zione Onlus “Le opere del Padre”, di cui la stessa Koll è presidente e fondatrice, e sostenuto dal Gruppo editoriale San Paolo. Antonella Ruggiero, I Nomadi, Ron, Annalisa Minetti, Povia, Marco Frisina, Mariella Nava, Amedeo Minghi, Marcella e Gianni Bella, Fausto Leali, Tiziana Rivale, Nino D’Angelo, Marco Ferradini, Pina Magri e Giada Nobile sono i sedici grandi artisti italiani che hanno risposto con entusiasmo ed offerto il proprio contributo per sostenere la realizzazione de “La Piccola Lourdes”, un centro destinato ad accogliere ed offrire cure alle persone diversamente abili, soprattutto bambini, che vivono in Burundi, nella Diocesi di Ngozi, una delle più popolate della Chiesa”.


Iinsieme a Claudia Koll ti sei riscoperto anche docente. “Insegno canto in un’Accademia artistica presso le Suore Orsoline a Roma. È stato confortante vedere i genitori ringraziarci per l’evoluzione psicologica vissuta dai figli. Ne sono convinto: il successo deve arrivare come conseguenza, non si può finalizzare tutto al successo. Quando si ha talento, bisogna impegnarsi per farlo venire fuori. Ho sempre fatto distinzione tra artisti e carrieristi”. Nel senso? “Succede anche da noi. I Negramaro, ad esempio, mi entusiasmano ed è bello che abbiano portato nel panorama musicale nazionale una ventata di salentinità. Mi piace molto anche Alessandra Amoroso, ha una delle più belle voci che abbia mai sentito. Ricorda davvero Aretha Franklin e Anita Baker. Ha il velluto nella voce ed una malinconia di fondo molto salentina che ne fanno una vincente. Ci mancava una bella voce femminile salentina”.

E Dolcenera!? “Ne dobbiamo parlare? Bah, lei dice che è di Firenze… Ribadisco: ci sono gli artisti ed i… “carrieristi”. Alessandra Amoroso l’ho già vista in vetta alle classifiche… altri non compaiono neanche al cinquantesimo posto”.


Il  futuro?  “Stiamo lavorando ad una canzone con una grande orchestra. Farà parte di un progetto al quale parteciperanno artisti del calibro di Sergio Cammariere, Antonella Ruggiero, Luca Barbarossa e Milva.  Il disco dovrebbe uscire entro la fine dell’anno con circa 80mila copie di partenza. Ma per il momento, per motivi legali, non posso scendere in particolari”.


Giuseppe Cerfeda


 


Un viaggio da gran vagabondo


Quando nel 1976, una radio trasmetteva per la prima volta nel Salento in FM da una pajara sulla serra di Specchia, Franco Simone era già famoso. Lui fu uno dei primi artisti ad essere intervistato, mentre la sua “Tu e così sia” scalava le classifiche nazionali e veniva richiesta in continuazione da tutti i nuovi entusiasti e liberi ascoltatori. Noi giovani e sperimentali conduttori, con un mixerino da centomila lire, lo accogliemmo con affetto e lui si pose nei confronti del nuovo mezzo mediatico in modo garbato e serio, senza spocchia e arroganza.  Seguirono altri anni di grande successo, roba da primo in classifica in mezzo ai grandi cantautori politicizzati. E noi, benché preferissimo Rimmel e le locomotive di Guccini, seguivamo con attenzione il nostro Franco, che poi tanto male non era. Poi non so con esattezza cosa sia successo, ma all’improvviso il nome di Franco Simone sparì dalla scena italiana. Non va dimenticato che il nostro non ha mai accettato volentieri le prepotenze dello show-business o i trucchi delle nuove televisioni e forse preferisce consolidare una fama spontanea e gratificante nei paesi del Sud America piuttosto che lottare contro i nuovi padroni della musica italiana.


Così oggi Franco Simone non ha in Italia quel ruolo popolare che gli spetterebbe di diritto nell’ambito della musica melodica. Per la verità lui ha continuato in questi anni a produrre musica interessante e testi poetici, non necessariamente legati solo all’amore classico, ricevendo spesso tributi dai tanti suoi sostenitori ma anche dalla critica specializzata. Ha continuato incessantemente a girare con i suoi concerti (e il fido pianista Maurizio Mariano) l’Italia e il mondo, ricevendo in alcuni casi accoglienze da star internazionale, salutato per esempio in Cile “come il poeta italiano che sa parlare al cuore di tutti”. I suoi lavori migliori, per i quali ha composto musica e testi, ricordano alcune sottolineature di Piero Ciampi, certe malinconie di Gino Paoli e ancora alcune invenzioni alla Domenico Modugno (al quale oltretutto dedica puntualmente una parte dei suoi concerti). Ha una promozione mediatica-televisiva di gran lunga inferiore a tanti suoi colleghi, ma certamente artisticamente non è inferiore a un Baglioni (che ha scritto in definitiva due o tre canzoni interessanti in tutta la sua carriera) o a un Gigi D’Alessio (che ha riscritto sempre la stessa canzone). In questi ultimi anni dimostra ancora una grande freschezza creativa e anche una certa voglia di sperimentare: ha creato uno spettacolo di musiche natalizie, ha collaborato con un’orchestra di giovani talenti salentini e soprattutto ha inciso un album arrangiando le sue classiche canzoni con la Grande Orchestra Balcanica diretta dal maestro greco Nikos Papakostas, il cui disco ha vinto il Festival della Musica Etnica.


Questo CD dal titolo “La città del sole”, che ritengo fra le sue cose migliori, ha aperto nuovi orizzonti e potrebbe riservare nuove sorprese nella carriera forever young di Franco Simone. Sono convinto che nei prossimi anni i suoi lavori saranno rivalutati al massimo livello commerciale, magari con nuove collaborazioni e sperimentazioni, perché pochi cantautori sono stati in grado di produrre versi come quello in cui, con voce deliziosamente turbata, canta “per non piegarsi dentro… per darsi di più… io vorrei che il mio viaggio di gran vagabondo finisse con te”. Le sue cose invecchieranno bene, come lui, come noi.


Alfredo De Giuseppe


Attualità

”FRIENDS 4 AUT”, parte il progetto del centro servizi per l’autismo

Con la realizzazione di percorsi di assistenza alla socializzazione in favore di soggetti di età fino ai 21 anni con disturbi dello spettro autistico, residenti nei 14 Comuni dell’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo…

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E’ partito il progetto: ”FRIENDS 4 AUT” promosso dall’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo e finanziato dall’assessorato al Welfare della Regione Puglia, in collaborazione  con “GLI AMICI DI NICO” -Centro servizi per l’autismo.
Il tutto si mescola delicatamente con la realizzazione di percorsi di assistenza alla socializzazione in favore di soggetti di età fino ai 21 anni con disturbi dello spettro autistico, residenti nei 14 Comuni dell’Ambito Territoriale Sociale di Gagliano del Capo.
In ultimo, l’ingrediente più prezioso, capace di rendere tutto unico e indimenticabile: i bambini ed i ragazzi coinvolti nel progetto, che verranno coadiuvati e supportati da bambini e ragazzi normodotati in un’ottica di integrazione. Senza definizioni, senza diagnosi, senza barriere né etichette, i partecipanti vivranno più giornate loro dedicate all’insegna del divertimento, della sperimentazione, della scoperta, ma soprattutto della vera inclusione.
Tali eventi, programmati, per il momento, nei comuni di Tricase, Ugento e Castrignano del Capo, accoglieranno diversi tipi di laboratori (piantumazione di piante da fiore, ortoterapia, pittura con tempere e acquerelli, sport all’aperto, musicoterapia), ma anche momenti di convivialità con ricchi e gustosi buffet di rinforzo ai quali parteciperanno altresì associazioni del territorio e famiglie.
Obiettivo generale del progetto è valorizzare l’autonomia, le abilità sociali, la capacità di autodeterminazione e promuovere lo scambio di competenze e valore reciproco. È importante sottolineare che ogni bambino è un individuo unico, con le proprie preferenze e stili di comunicazione.
Quindi, sarà fondamentale adattare le strategie di comunicazione alle esigenze specifiche di ognuno. Osservare attentamente il bambino, imparare a conoscerne i segnali non verbali e adattarsi alle sue preferenze per favorire una comunicazione più efficace e significativa.
Ma il sapore più intenso che lascerà questa esperienza è senza dubbio la condivisione, con un retrogusto di gentilezza.
Sì, perché i ragazzi che partecipano al progetto donano più di quanto ricevono. Ancora una volta queste pagine di vita danno a tutti noi la possibilità di comprendere quanto la diversità ci possa arricchire, quanto ancora possiamo e dobbiamo imparare da chi riesce a rendere un punto debole, un chiaro punto di forza!
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Attualità

Sant’Isidoro, demolito vecchio fabbricato a due passi dal mare

Per anni ha ospitato la sede della Pro Loco. “Liberato” così l’orizzonte della marina. il sindaco Pippi Mellone: «L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione»

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È stato finalmente demolito nei giorni scorsi nella marina di Sant’Isidoro il vecchio edificio in muratura a pochi metri dal mare, che ha ospitato per molti anni la sede della locale Pro Loco e il punto di soccorso estivo.

Un’autentica “bruttura”, del tutto incompatibile con la bellezza naturalistica del luogo, al pari di altre costruzioni (il comune di Nardò ne ha già abbattute altre tre, realizzate su aree demaniali in questo segmento di litorale) e di fenomeni di abusivismo edilizio e di compromissione dei contesti naturalistici che hanno mortificato la costa negli scorsi decenni.

L’intervento, eseguito (al termine di un lungo iter autorizzativo) da un raggruppamento temporaneo di imprese, rientra nel più ampio intervento di riqualificazione paesaggistica integrata della fascia costiera della marina, progettato dall’arch. Antonio Vetrugno e finanziato con 1,3 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), già in corso da circa un anno e mezzo.

La demolizione del fabbricato, peraltro, ha incontrato e superato lo “scoglio” giudiziario di un ricorso al Tar da parte della Pro Loco.

Il giudice amministrativo, con una pronuncia del dicembre scorso, ritenendo non sussistente una proroga della concessione demaniale vantata dalla Pro Loco, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’ultimazione dei lavori di riqualificazione su quello privato (peraltro, ingiustificato) alla conservazione dello status quo.
«L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione», ha commentato con un post su Facebook il sindaco Pippi Mellone, «abbiamo speso un po’ di tempo in più, perché c’è stato qualche ostacolo di troppo. Ma abbiamo spazzato via, come sempre, anche quello. Adesso abbiamo liberato il panorama, il lungomare, le albe e i tramonti di Sant’Isidoro dal cemento e dalle brutture. Al suo posto, a poca distanza, una struttura polifunzionale in legno, ecosostenibile, che ospiterà il pronto soccorso. Stiamo demolendo i mostri ereditati dal passato e stiamo costruendo la città del futuro. Col cuore, come sempre. Ora anche Sant’Isidoro diventerà bellissima!».

Il progetto di riqualificazione, adesso, potrà essere ultimato. Prevede la realizzazione di aree per il parcheggio e di aree per la fruizione dei pedoni (con l’installazione di un nuovo sistema di illuminazione), l’eliminazione di altri manufatti, di spianamenti, scivoli e del piccolo molo a servizio delle imbarcazioni, un intervento di rinaturalizzazione ambientale con ripascimento delle superfici sabbiose della zona, oltre che la pulizia dalla vegetazione infestante e il recupero delle condizioni ambientali dell’inghiottitoio (o “spunnulata”) presente sul lungomare.

Nasceranno, inoltre, una struttura per la sosta e un tratto di pista ciclabile per favorire la mobilità sostenibile.

Un’altra struttura in legno è stata ultimata e destinata a nuova sede della Proloco e a punto di pronto soccorso estivo.

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News & Salento

Lecce, i bambini tornano nelle aule in via Basilicata

A giugno del 2022, infatti, a seguito dell’avvio dei lavori di adeguamento sismico furono riscontrati importanti elementi di instabilità che coinvolgevano i pilastri e le travi,

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Ammirato Falcone, via Basilicata: i bambini tornano nelle aule

Da giovedì 4 aprile i bambini della scuola dell’infanzia dell’istituto di Lecce, Ammirato Falcone, di Via Basilicata, sono tornati nelle loro aule, dopo i lavori urgenti di ristrutturazione e messa in sicurezza del corpo B dell’edificio. 

A giugno del 2022, infatti, a seguito dell’avvio dei lavori di adeguamento sismico furono riscontrati importanti elementi di instabilità che coinvolgevano i pilastri e le travi, tanto da costringere il sindaco, su relazione della direzione dei lavori, ad una ordinanza di chiusura per inabilità dell’edificio e determinare di conseguenza la chiusura anticipata delle lezioni e il conseguente spostamento degli alunni in altro plesso scolastico, nelle more del completamento dei lavori. 

Da giovedì, dunque, i bambini di Via Basilicata sono tornati nell’edificio ristrutturato e messo in sicurezza, adeguato a norme e tecnologie costruttive antisismiche.

Riqualificati anche gli ambienti destinati al servizio di mensa.

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