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Attualità

Elezioni, rien va plus: a noi la scelta

Per le elezioni del Parlamento sono in lizza diversi schieramenti e proprio in queste ultime ore sono nate nuove alleanze politiche che rispolverano, per la verità, accordi stipulati già negli anni passati.

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di Giuseppe Cerfeda


Per le elezioni del Parlamento sono in lizza diversi schieramenti e proprio in queste ultime ore sono nate nuove alleanze politiche che rispolverano, per la verità, accordi stipulati già negli anni passati. Gli schieramenti in campo sono i seguenti: sinistra, centrosinistra, centro e centrodestra. A questi quattro si aggiungono altri due movimenti che corrono per le elezioni 2013, senza aver finora stipulato nessuno accordo con altre forze politiche: il Movimento 5 Stelle e il movimento Fermare il declino.


la sinistra


Lo schieramento di sinistra è guidato dal magistrato e giornalista pubblicista palermitano Antonio Ingroia, che lo scorso 29 dicembre, ha ufficializzato la sua candidatura a premier con la sua lista Rivoluzione Civile, che ha subito ottenuto il parere favorevole di partiti politici e del Movimento arancione di Luigi De Magistris. Infatti, la candidatura del magistrato antimafia è sostenuta dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, dai Verdi di Angelo Bonelli, dal Partito della Rifondazione Comunista di Paolo Ferrero e dal Partito dei Comunisti Italiani di Oliviero Diliberto.


il centrosinistra


Il candidato premier del centrosinistra è stato scelto poco tempo fa mediante le primarie ed è l’attuale segretario nazionale del Partito Democratico Pierluigi Bersani. Il suo schieramento è composto oltre dal PD anche da Sinistra ecologia libertà di Nichi Vendola e da Centro Democratico. Quest’ultimo partito è nato il 28 dicembre scorso ad opera di Massimo Donadi, che è fuoriuscito dall’Italia dei Valori, e Bruno Tabacci.

Il PD ha già ufficializzato i suoi candidati sia alla Camera che al Senato.

Alla Camera praticamente certi di uno scranno a Montecitorio sono: Teresa Bellanova (al 5° posto della lista pugliese) e Salvatore Capone (9); se la gioca, in caso di vittoria della coalizione, il leccese Federico Masia (16). Quasi impossibile raggiungere l’obiettivo per Cosimo Casilli (22). Più giù in lista il renziano Paolo Foresio (24), Pierluigi Bianco (27), Agnese Manco (33) e Marina Alemanno (36).

Al Senato posto “sicuro” per la vicepresidente regionale Loredana Capone (in lista alla posizione numero 4); se la gioca Cosimo Durante (9) che avrebbe il seggio assicurato in caso di vittoria della coalizione. Difficilissimo che possa farcela Alessandra Antonica (12), partita impossibile per Maria Teresa Bardoscia (20).

Tutto deciso anche nel Sel di Nichi Vendola: al Senato, blindatissimo il capolista Dario Stefàno; alla Camera, la sociologa Sonia Pellizzari di Giuggianello. È al settimo posto in lista e ha buone possibilità di farcela se il Sel otterrà un risultato soddisfacente e, soprattutto, in caso di vittoria del centrosinistra. Missione impossibile, invece, per la copertinese Anna Cordella (9).

il centro


Candidato premier dello schieramento di centro è il presidente del Consiglio dimissionario Mario Monti. Dopo diversi tentennamenti il Professore ha sciolto la riserva alcuni giorni fa, in seguito al forte pressing dei poteri forti, del Vaticano, delle cancellerie europee, dall’associazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo e di alcuni partiti tradizionali. La candidatura è sostenuta oltre che dalla sua lista Scelta Civica, anche dall’Udc di Pierferdinando Casini e da Futuro e Libertà di Gianfranco Fini. La lista al Senato sarà unica e non avrà la scritta Scelta Civica, ma solo quella Con Monti per l’Italia. Discorso diverso per la Camera dei Deputati, dove le liste saranno tre e in coalizione fra loro. Ma chi sarà in lista e con quale posizione? Al momento di andare in stampa tutto è ancora in fase di definizione. In Puglia, secondo i soliti ben informati, appare certa la ricandidatura (blindata) del senatore uscente dell’UdC, Salvatore Ruggeri. Resta da capire se alla Camera o al Senato, ma Ruggeri sarà capolista e scenderebbe al secondo posto solo se, davanti al suo, ci sarà il nome di Pier Ferdinando Casini. Sembrava dovesse esserci una deroga al limite dei tre mandati per Alfredo Mantovano poi è arrivata come un fulmine a ciel sereno la rinuncia dello stesso alla candidatura.

Sembra, poi, che la coalizione di centro voglia insistere con coloro che si sono spesi nelle precedenti campagne elettorali a livello locale ed ecco così che tra gli altri nomi che negli ambienti di centro circolano con forza, rimbalzano quelli dell’attuale sindaco di Otranto, Luciano Cariddi, e quello del tricasino Nunzio Dell’Abate. Difficile, però, che siano molto avanti in lista.


il centrodestra


Dopo tanti tira e molla di Silvio Berlusconi sulla sua ricandidatura a premier, che hanno tenuto banco nel dibattito politico degli ultimi mesi, il Cavaliere ha ufficializzato l’accordo con la Lega Nord raggiunto domenica notte ad Arcore, precisando, però, che non sarà lui il candidato presidente del Consiglio. Il Carroccio era stato piuttosto irremovibile sulla ricandidatura di Berlusconi e alla fine ha prevalso la sua linea. Ora però c’è il nodo relativo al candidato premier. Il Cavaliere preme per il segretario politico del Popolo della Libertà Angelino Alfano, mentre, Roberto Maroni “tifa” per l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Lo schieramento di centrodestra è attualmente composto dal PdL, Lega Nord, Fratelli d’Italia e con molta probabilità anche da La Destra. Per quanto riguarda le candidature al momento di andare in stampa non vi sono grandi certezze. Le riunioni si susseguono e, secondo le indiscrezioni, in lista, ed in buona posizione ci dovremmo trovare Rocco Palese e, si dice, Antonio Gabellone al Senato e Roberto Marti alla Camera. Mentre sembrerebbero fuori gli uscenti Ugo Lisi, Cosimo Gallo, Rosario Giorgio Costa e Gino Lazzari.


moVimento 5 stelle


Il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, correrà da solo alle elezioni politiche. Il leader del M5S ha prima rifiutato l’assist offerto dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro per una possibile alleanza e poi quello di Antonio Ingroia. I candidati al Parlamento italiano sono stati selezionati dai cittadini mediante lo strumento della Rete. Dopo gli strepitosi successi elettorali raggiunti alle elezioni amministrative e, soprattutto, alle regionali in Sicilia, per il M5S si tratta del debutto assoluto alle politiche dove i candidati sono per lo più giovani, donne e laureati. Per quel che riguarda le liste pugliesi dalla pole position per uno scranno al Senato, parte il leccese Maurizio Buccarella. Più indietro, e missione assai più complicata, per Daniela Donno e Barbara Lezzi. Solo al settimo posto il neretino Alfredo Ronzino, unanimemente riconosciuto all’interno del Movimento come colui che maggiormente si è distinto nella scorse comunali. Alla Camera ci spera il leccese Diego De Lorenzis (3° in lista). Più giù Sebastiano Moretto di Galatone e Gianni Casaluce di Nardò.


fare per fermare il declino


Correrà da solo anche Fare per Fermare il declino del giornalista torinese Oscar Giannino. Il movimento Fermare il declino è nato la scorsa estate ed è di ispirazione liberale. Il programma elettorale del candidato premier Oscar Giannino verte su dieci punti programmatici ispirati al rinnovamento della classe politica e al risanamento economico attraverso la riduzione simultanea di tasse e spesa pubblica per uscire dal tunnel dell’attuale e drammatica crisi economico-finanziaria.


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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