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Attualità

Tutti insieme per la Grecìa Salentina

Mettere in rete tutti gli stakeholders; puntare sulla formazione e sul recupero della tradizione linguistica; servizi e di sistemi di trasporto efficienti; incoraggiare una riqualificazione paesaggistica dopo lo sterminio degli ulivi danneggiati dalla Xylella; favorire una mobilità sostenibile con ciclovie e cammini ed una ristorazione a km0. Un piano di sviluppo che contempli una visione d’insieme valorizzando e promuovendo anche le specificità che caratterizzano ogni Comune. Il rettore di Unisalento Fabio Pollice: «Occorre mettere a sistema tutto quello che abbiamo già nella Grecìa Salentina»

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La Grecìa Salentina è già un marchio d’area ed un territorio ben identificato, ha solo bisogno di mettere in rete tutte le risorse e le potenzialità di cui è ricco per riuscire a fare sistema e generare sviluppo ed economia.


È quello che emerso dalla presentazione pubblica del piano di sviluppo turistico della Grecìa Salentina (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano de’ Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Sogliano Cavour, Soleto, Sternatia, Zollino), illustrato, nella sede dell’Unione di via Nizza a Martano, dal rettore dell’Università del Salento Fabio Pollice, alla presenza del presidente Roberto Casaluci e dei sindaci della Grecìa Salentina.


«Occorre mettere a sistema tutto quello che abbiamo già nella Grecìa Salentina», ha detto il rettore, «dobbiamo creare una condizione di offerta sostenuta da servizi da offrire ai turisti. I nostri imprenditori sono stati molto bravi nel corso degli anni, ma nell’ultimo periodo il mercato è cambiato, si parla molto ed è sempre più fondamentale il turismo esperenziale, emozionale e di qualità. La Grecìa Salentina deve puntare su ciò che la caratterizza maggiormente la lingua minoritaria, che evoca emozioni. Dobbiamo tornare a costruire bellezza ed attenzione al particolare valorizzando e riqualificando i centri storici. Occorre soprattutto conoscere quello che abbiamo, quello che ci circonda, bisogna recuperare la narrazione e raccontare la bellezza di cui questo territorio è ricco per noi stessi e per gli altri».


Nel corso dell’incontro pubblico, condiviso sui social della Grecìa salentina, sono stati indicati i vari step che dovranno svolgersi tra novembre e dicembre.


Entro il 22 novembre dovranno pervenire le adesioni ai tavoli tematici virtuali, degli stakeholder locali, imprenditori di settore, associazioni e i portatori di interesse, attraverso delle iscrizioni sulla piattaforma online, importanti momenti di ascolto delle esigenze, delle idee e delle progettualità della comunità che vive il territorio.


«Nel piano di sviluppo turistico», ha precisato il rettore, «è fondamentale la partecipazione ed i contributo di tutti, perché con questo strumento strategico la comunità si riappropria della capacità decisionale».


«L’Università del Salento»,ha concluso il rettore, «è impegnata nella ricerca e nelle iniziative di “terza missione” su questi aspetti. Siamo dunque particolarmente lieti di poter contribuire alla definizione di un piano di sviluppo turistico per la Grecìa, il cui patrimonio materiale e immateriale è unico e altamente simbolico per tutto il Salento e la Puglia».






«Abbiamo chiesto la collaborazione dell’Università del Salento», ha precisato il presidente della Grecìa Salentina e sindaco di Castrignano dei Greci Roberto Casaluci, «perché è importante che il nostro territorio si doti di uno strumento che ci possa aiutare a migliorare e qualificare l’offerta turistica.


È importante puntare sulla nostra storia e la nostra identità linguistica per generare sviluppo ed economia in modo qualificato e specifico. È necessario per far aumentare nei diversi periodi dell’anno la crescita dei flussi turistici migliorando la qualità e l’offerta generale dei servizi del settore turistico. Unisalento realizzerà il piano di sviluppo turistico della Grecìa Salentina, in linea con la nostra storia e tradizione, pensiamo ad una Grecìa a forte trazione culturale che generi un turismo sostenibile e si caratterizzi per la qualità della vita e la vivibilità dei nostri borghi. Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale la partecipazione ed il contributo fondamentale di tutto il territorio, sia degli operatori turistici che di tutti i portatori di interessi generali che operano all’interno delle nostre comunità».


«Con la convocazione dei tavoli tematici delle prossime settimane», ha aggiunto il presidente Casaluci, «auspichiamo, una forte partecipazione pubblica per fare in modo che il piano di sviluppo sia il più condiviso possibile, creando così i presupposti per diventare nel futuro prossimo una vera e propria destinazione turistica».


All’incontro hanno partecipato i sindaci dell’Unione nei loro interventi i primi cittadini hanno messo in evidenza numerosi spunti che saranno approfonditi come l’importanza di puntare sulla formazione e sul recupero della tradizione linguistica, la necessità di servizi e di sistemi di trasporto efficienti che colleghino i vari paesi uno con l’altro, ma soprattutto con i grandi attrattori culturali e paesaggistici salentini, con il capoluogo salentino e gli aeroporti.


Incoraggiare una riqualificazione paesaggistica dopo lo sterminio degli ulivi danneggiati dalla Xylella, favorire una mobilità sostenibile con ciclovie e cammini ed una ristorazione a km0. Un piano di sviluppo che contempli una visione d’insieme valorizzando e promuovendo anche le specificità che caratterizzano ogni Comune.


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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