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Andrano

Schiave del XXI secolo

Inganni, prostituzione, violenze, abusi e traffico di esseri umani. Tratta delle nigeriane: fenomeno in crescita esponenziale: sempre più segnalazioni ci pervengono dalle zone di Andrano (e Castiglione), Spongano, Surano, Supersano, Taurisano

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Siamo in Italia, nel Salento, la terra del Sole. Eppure, anche qui il buio affonda le sue radici. Una storia triste e cruda che vogliamo raccontarvi. Mentre in Italia si discute dei racket che monopolizzano il mercato dell’elemosina degli extracomunitari all’uscita dei supermercati, dalle nostre parti va di moda un fenomeno diverso ma di uguale provenienza e maggiore diffusione. Un’arte che tutti conosciamo, vecchia quanto il mondo, insignificante e provinciale all’apparenza, fatta di inganni, prostituzione, violenze, abusi e traffico di esseri umani. Questa è la storia che si tace dietro le prostitute di colore. Dalla Nigeria all’Italia, un racconto di speranze disilluse e vite distrutte. È un fenomeno in crescita esponenziale: sempre più segnalazioni ci pervengono dalle zone di Andrano (e Castiglione), Spongano, Surano, Supersano, Taurisano ma siamo certi che non sono le uniche ad essere coinvolte in questo traffico umano che vede giovanissime donne africane, soprattutto nigeriane, costrette a vendere il proprio corpo in nome della schiavitù del XXI secolo. Sono sempre di più le donne-bambine di colore inghiottite nel buco nero della tratta di esseri umani e della prostituzione. Nulla a che vedere con le “case chiuse” e le goliardiche rievocazioni alla Tinto Brass, però. Al limite (anche se, giova ricordarlo, la prostituzione è un reato sia per chi vende che per chi acquista) se ne potrebbe discutere se chi decide di farlo lo facesse deliberatamente. Nel nostro caso si scoperchia un pentolone di disumanità che, come sempre, si nutre di oppressi e di aguzzini, vittime e carnefici.


Avevamo già deciso di occuparci della questione delle prostitute nigeriane quando è pervenuta in redazione la velina dei carabinieri sulla retata in corso denimonata Operazione Nigeria (clicca qui). A conferma della portata del problema anche nel Salento.


Accecate dalla speranza


Partiamo dal principio del viaggio dell’orrore: le motivazioni. Sono centinaia di migliaia ogni anno gli immigrati che sbarcano in Italia. Solamente dalla Nigeria, negli ultimi due anni, ne possiamo contare dodicimila, e tra le donne 4 su 5 finiscono col “battere”.


Perché? A volte è l’abbaglio di una vita migliore, altre per motivi economici e di sopravvivenza. Un esempio della gravosa situazione dell’Africa occidentale può essere quello che riguarda gli episodi delle tubature dell’Eni: gli stessi africani, poco lungimiranti, spinti dalla fame, fanno saltare le tubature per estrarre petrolio grezzo e ricavarne pochi spiccioli dalla vendita. Così facendo, non solo danneggiano un ambiente già compromesso ma inquinano le falde acquifere avvelenando l’acqua che serve alla loro sopravvivenza.


Ed è così che Paesi già in ginocchio soffrono l’emorragia di uomini, donne e bambini, e privati degli ormoni della crescita, sono condannati a subire una situazione perpetua senza via d’uscita.  Sono persone “nate nel buio” e che, accecate da un bagliore di speranza, si illudono di poter trovare la luce da “consiglieri fraudolenti” di dantesca memoria: ragazzine innocenti si lasciano abbindolare dalle promesse di un lavoro onesto e da chi in realtà sta per inserirle nell’ingranaggio della prostituzione; altre, invece, rassegnate dalla pochezza che offre loro la vita, accettano passivamente di praticare il mestiere più antico del mondo pur di arrivare in quella che ritengono la “terra promessa”.


Via di fuga o vicolo cieco?


Le donne che partono per la Libia, non possedendo alcunché, si mettono a disposizione degli organizzatori del viaggio, lasciando nel loro Paese l’unica ricchezza: la loro identità. Una volta arrivate in tera libica, non avendo nessuna fonte di sostentamento, tranne il loro corpo, sono obbligate a prostituirsi. Prima, però, vengono barbaramente stuprate. In genere, quelle di religione musulmana, decidono di farla finita, le altre, invece, la maggior parte nigeriane, sono vendute agli arabi e costrette a subire barbarie e angherie di ogni tipo. Per il riscatto viene chiesta una ingente (per le loro tasche) somma in denaro.

Le aspetta un destino crudele: arrivate in Italia saranno di proprietà di un connivente dell’antico padrone, vittime di un interminabile giro di prostituzione, gestito da connazionali o anche da italiani. A volte il “passaporto falso” è l’unico permesso di soggiorno in Italia: escono dal centro di accoglienza con un filo di rossetto, i vestiti aderenti e un paio di orecchini e quando, dopo tre giorni, le “ferie” (e i soldi) sono finiti, si ripresentano alla porta stanche, con la faccia abbattuta. Sia all’andata che al ritorno sono accompagnate da uomini di colore. Ai responsabili della struttura le ragazze li presentano così: “È mio cugino, mio fratello, vive da tanti anni in Italia, vado a stare da lui per il weekend”. Spogliate di vestiti, pudore ed identità, nella maggior parte dei casi poco più che bambine, sprofondano in un buco nero senza uscita, con pressoché possibilità di tornare indietro.


Cosa si può fare?


Il mercato è in costante aumento, il fenomeno è sempre più diffuso e coinvolge sempre più persone. Le nigeriane veterane (le madam), spesso tornano in patria per reclutare nuove ragazzine, convincendole di fare il loro bene e quello della società. Da tempo l’agenzia nigeriana Naptip lotta contro tale fenomeno, ma spesso gli sforzi compiuti per combattere i “trafficanti umani” vengono annullati dagli stessi criminali e anche dall’opinione pubblica africana.


“Tutti pensano che le strade dell’Europa siano lastricate d’oro”, ha spiegato un funzionario del Naptip; “per la gente il problema siamo noi, perché gli impediamo di raggiungere l’Eldorado”. Ed è la gratitudine dell’italiano medio a finanziare ed alimentare il “buco nero” delle prostitute, spesso popolato da malavitosi della peggior specie, dai clan africani ed arabi, sino alle mafie di casa nostra.


Intanto anche il Salento, paradiso per turisti ed indigeni, diventa sempre più inconsapevole inferno per tante donne-bambine: nelle campagne, tra strade provinciali o anfratti, persino nei centri storici, si consuma nell’indifferenza generale il dramma della schiavitù del XXI secolo.


 


Andrano

Lupo ucciso a Castiglione, cacciatore a processo

LNDC Animal Protection annuncia che si costituirà parte civile. La presidente dell’associazione: «Faremo tutto ciò che è in nostro potere perché questa persona abbia una pena congrua al reato commesso. Ci stiamo battendo, anche in sede Europea con un ricorso tuttora pendente, perché sia annullato il declassamento per insussistenza di dati scientifici».

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Un lupo ucciso a colpi di fucile da caccia nelle campagne di Castiglione d’Otranto, c’è il rinvio a giudizio di un 67nne di Nociglia, che quindi sarà processato.

All’uomo, difeso dall’avv. Amilcare Tana, si contestano i reati di “uccisione di animali” e “abbattimento di specie protette”.

Il tutto per avere «con crudeltà e senza necessità, cagionato la morte di un esemplare di lupo, specie particolarmente protetta, contro il quale esplodeva un colpo con un fucile da caccia in località Castiglione di Andrano», si legge nel decreto di citazione a giudizio.

Si sono costituite come parte offesa diverse associazioni a tutela degli animali, aderenti al “Coordinamento a tutela del lupo e della fauna nel Salento”, difese dall’avvocato Anna Grazia Maraschio.

LA CRONACA

I fatti risalgono al 7 ottobre 2024 quando, nelle campagne di Castiglione d’Otranto, un uomo in abbigliamento mimetico e fucile da caccia sparò un esemplare di lupo, lasciandolo agonizzante per terra.

La scena fu notata da un automobilista che guidava in una stradina adiacente, che fotografò la scena e pubblicò le immagini sui social.

Da lì partirono le indagini dei Carabinieri Forestali di Tricase che, in presenza del testimone, si recarono sul posto.

Il corpo dell’animale fu trafugato ma sul terreno erano ancora presenti tracce di pelo e sangue, che furono prelevate dal personale tecnico del progetto Hic Sunt Lupi e in seguito analizzate dal corpo dei Carabinieri Forestali, analisi che confermarono come il materiale organico fosse riconducibile a un esemplare di lupo.

In poco tempo l’autore del gesto fu identificato e sottoposto a indagine.

Quindi il recente rinvio a giudizio.

L’uccisione di un lupo, infatti, è reato, punibile con una reclusione da 4 mesi a 2 anni.

LNDC ANIMAL PROTECTION PARTE CIVILE

LNDC Animal Protection annuncia che si costituirà parte civile nel processo a carico dell’autore della brutale uccisione di un lupo a Castiglione Andrano, in provincia di Lecce, all’inizio di ottobre scorso e per la quale aveva già sporto denuncia contro ignoti appena appreso il fatto.

L’uomo, un cacciatore, è stato incastrato grazie a un automobilista che passando in quella zona aveva notato l’animale a terra, pubblicando poi in rete la foto della scena: da qui erano successivamente partite le indagini dei Carabinieri forestali di Tricase. Nonostante il corpo fosse stato rimosso dal cacciatore, sono state sufficienti le tracce di pelo e sangue rimaste sul terreno per capire che si trattava di un lupo e, con l’avanzamento delle ricerche, è stato possibile poco dopo risalire anche all’autore del gesto, ora sottoposto a indagine e rinviato a giudizio.

«Un gesto di crudeltà gratuita e intollerabile per il quale speriamo ci possa essere una condanna esemplare», ha affermato Piera Rosati, presidente di LNDC Animal Protection, «la violenza contro gli animali è un sintomo di una società che ha perso il rispetto per l’altro, che sia animale o umano. Faremo tutto ciò che è in nostro potere perché questa persona abbia una pena congrua ai reati commessi. Ci stiamo battendo, anche in sede Europea con un ricorso tuttora pendente davanti al Tribunale dell’Unione Europea e già pubblicato nella gazzetta Ufficiale, perché sia annullato il declassamento del lupo per insussistenza di dati scientifici».

LNDC Animal Protection, infatti, si batte da numerosi anni e in diverse sedi in difesa del lupo, sostenendo con fermezza come le scelte politiche debbano essere basate su dati scientifici e non sugli interessi economici a breve termine di alcuni settori, che rappresentano una minoranza della cittadinanza. L’associazione ha sottolineato più volte come le misure di protezione verso i lupi dovrebbero essere potenziate e non ridotte come invece accade, facendo pressione perché si attuino politiche di gestione che bilancino le esigenze degli agricoltori con la necessità di preservare la fauna selvatica.

 

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Andrano

Olè, mobilità sostenibile sulle vie del Parco

Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Leuca e Bosco di Tricase, laboratorio ad Andrano il 7 novembre. Tre le direttrici: tre direttrici ciclopedonabilità del tratto litorale adiacente alla litoranea; intermodalità su gomma e su ferro tra le stazioni FSE Maglie – Gagliano del Capo e le marine; accesso alla costa e fruizione delle marine, delle aree sosta stagionali e reversibili e il settore delle attività turistico-ricreative

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Pianificare una mobilità lenta e sostenibile lungo il tratto di costa da Otranto a Leuca, per ridefinire insieme alla comunità una nuova idea di fruizione dell’area.

Con questo obiettivo nasce il progetto “Olè”, promosso dalla Provincia di Lecce, con il supporto tecnico di Città Fertile, finanziato dalla Regione Puglia, presentato oggi a Palazzo Adorno a Lecce.

Per illustrare tutti i dettagli e le opportunità di “Olè”, sono intervenuti il consigliere provinciale Ippazio Morciano, il dirigente responsabile Roberto Serra e, per Città FertileRino Carluccio.

L’obiettivo è quello di costituire un laboratorio partecipato per la fruizione sostenibile della Costa Otranto-Leuca, che possa operare come strumento di governance locale, cabina di regia e incubatore di progettualità condivise.

Il Laboratorio avrà un ruolo centrale per l’attuazione della pianificazione, la promozione e il dialogo tra comunità e istituzioni.

Il progetto, prendendo come riferimento la pianificazione in materia paesaggistica e della mobilità a livello regionale, provinciale e del Parco Naturale Regionale Costa Otranto – S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase, vuole promuovere la rigenerazione dell’attuale sistema della mobilità del tratto costiero e retro-costiero all’interno di un’area che si caratterizza per le sue peculiarità identitarie, paesaggistiche, ambientali e culturali.

Olè” è un progetto Integrato di Paesaggio, finanziato dalla Regione Puglia, Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio, nell’ambito del “Sostegno ai Comuni finalizzato all’implementazione degli strumenti di governance per l’esercizio delle funzioni di tutela e valorizzazione del paesaggio e per l’attuazione della pianificazione paesaggistica a scala locale”.

Il percorso progettuale prevede la realizzazione di un laboratorio di co-progettazione “Scenario Workshop la costa sostenibile” ispirato al metodo EASW (European Awareness Scenario Workshop), che si svolgerà ad Andrano il 7 novembre, presso il Castello Spinola-Caracciolo, sede del Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Leuca e Bosco di Tricase.

La fase realizzativa sarà suddivisa in diversi step per conoscere le azioni in corso e quelle pianificate.

Ad un periodo di osservazione partecipata e al coinvolgimento degli stakeholders, seguirà la redazione del “Manifesto della transizione ecologica Olè”, per orientare le linee programmatiche provinciali e il sistema di governance.

Successivamente, verrà incoraggiata l’istituzione di tre forum e la definizione di progetti pilota su proposta dei partecipanti.

Il sistema della mobilità verrà analizzato e suddiviso secondo tre direttrici in linea con i rispettivi forum tematici: la mobilità attiva partendo dalla ciclopedonabilità del tratto litorale adiacente alla litoranea, considerata come “Strada Parco”; l’intermodalità su gomma e su ferro tra le stazioni FSE Maglie – Gagliano del Capo e le marinel’accesso alla costa e la relativa fruizione delle marine, delle aree sosta stagionali e reversibili e il settore delle attività turistico-ricreative che vengono svolte a mare.

L’integrazione tra le criticità e le potenzialità emerse dai tre forum consentiranno di costruire, assieme alla comunità, la visione futura del territorio e la governance condivisa.

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Andrano

Tartaruga liberata da rete fantasma

Associazione “A Mare”, straordinario salvataggio a Marina di Andrano: la grande Caretta Caretta visibilmente provata ma in buone condizioni, ha potuto riprendere a nuotare libera

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Un commovente intervento di salvataggio ha avuto luogo oggi pomeriggio lungo la costa di Marina di Andrano, dove una tartaruga marina Caretta Caretta di grandi dimensioni è stata ritrovata in difficoltà, intrappolata in una rete fantasma.

A intervenire prontamente sono stati i rappresentanti dell’associazione A Mare, realtà da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino.

A guidare l’operazione tre volontari esperti: Dario Urso, Antonio Pellegrino e Danilo Minonne, che con grande abilità e delicatezza sono riusciti a liberare l’animale dalla rete e a restituirlo al mare in tutta sicurezza.

La tartaruga, visibilmente provata ma in buone condizioni, ha ripreso a nuotare libera.

Questi salvataggi sono la dimostrazione concreta di quanto sia urgente proteggere il nostro mare e le creature che lo abitano“, ha commentato uno dei volontari.

Le reti fantasma, abbandonate o perse in mare, continuano a rappresentare una delle più gravi minacce per la fauna marina, causando ogni anno la morte di migliaia di animali.

L’associazione A Mare lancia ancora una volta un appello alla cittadinanza: occhi aperti in mare e segnalazioni tempestive possono fare la differenza.

La salvaguardia dell’ecosistema marino è una responsabilità collettiva.

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