Attualità
Ospedale di Scorrano: «Mancano i medici»
Il consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo de “La Puglia Domani”: «Riscontri parziali in commissione sanità. Al “Veris delli Ponti” Resta grave carenza di personale. Gravissima la penuria di medici: solo 7 su una previsione di 12 al pronto soccorso, 10 su 15 gli anestesisti, 6 su 10 i radiologi»
Un anno è trascorso e nulla è cambiato.
È questa, in sintesi, la denuncia di Paolo Pagliaro, consigliere regionale, capogruppo de “La Puglia Domani”.
«Dopo un anno dalla mia visita ispettiva del 21 marzo 2023 all’ospedale di Scorrano», racconta il consigliere regionale, «in Commissione Sanità del Consiglio regionale si è tenuta l’audizione che avevo richiesto per analizzare punto per punto, com’è prassi dopo ogni mio sopralluogo, tutte le criticità emerse, e chiedere risposte alla Asl di Lecce e all’Assessorato regionale alla Sanità».
Nell’occasione, sia il direttore medico del presidio, Osvaldo Maiorano, sia il direttore del reparto di Gastroenterologia, Aldo Paiano, presenti in audizione a Bari, «hanno confermato le carenze strutturali e di personale da me evidenziate, ed hanno aggiornato la situazione allo stato attuale, dopo un anno».
Ebbene: «Purtroppo, per molti punti nulla è cambiato, e questo compromette la qualità dei servizi sanitari erogati dal secondo ospedale dopo il Fazzi di Lecce, l’unico pubblico del sud Salento, che fatica a rispondere al bisogno di salute del suo vasto bacino d’utenza di circa 300mila persone, nonostante il grande impegno e l’abnegazione di tutto il personale, costretto ad operare sotto organico».
I medici sono preoccupati perché, a fronte di richieste precise alla Asl, si sentono rispondere che la priorità è il nuovo ospedale di Maglie-Melpignano, «benché resti al momento un sogno, peraltro in buona parte ancora da finanziare, e i pazienti non possono certo attendere i tempi della burocrazia sanitaria».
«All’epoca della mia ispezione», ricorda il fondatore di Regione Salento, «l’ospedale di Scorrano era in fase di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione. In particolare, c’era un enorme scavo per l’ampliamento e l’adeguamento del Pronto Soccorso. Si tratta di un cantiere morto, fermo da anni. È emerso in Commissione che la ditta incaricata dei lavori è fallita, ma non si è provveduto ad affidarli alla seconda in graduatoria, ad indire una nuova gara. Situazione di stallo che l’assessore Rocco Palese, intervenendo in audizione, ha preso l’impegno di risolvere in tempi celeri. Ci auguriamo sia davvero così, per una migliore presa in carico dei pazienti, considerato che nel 2023 si sono registrati 25mila accessi al pronto soccorso dell’ospedale di Scorrano».
«Abbiamo poi affrontato la questione del mancato trasferimento del servizio trasfusionale dal presidio di Galatina, previsto da anni ma rimasto sulla carta», continua ad elencare le criticità, «nell’Ospedale di Scorrano è stata montata solo una porta che dovrebbe separare il Centro Trasfusionale fantasma («per il quale c’è un’intera ala inutilizzata, in attesa di attrezzature e personale da Galatina») dal laboratorio analisi, che continua a sopperire all’assenza del Centro Trasfusionale».
Secondo il consigliere regionale, però, c’è di più: «gli autisti continuano a fare la spola da Scorrano a Galatina e a volte anche a Lecce, per l’approvvigionamento delle sacche di sangue necessarie per gli interventi chirurgici e per le situazioni di emergenza. La situazione è congelata, e non è stato confermato il trasferimento da Galatina. Il Centro Trasfusionale a Scorrano consentirebbe un risparmio di costi alla Asl e di tempo nella diagnostica e nella terapia. Al momento l’emoteca resta affidata al Laboratorio Analisi per la necessità di presidio h24, ma collegata online con il Servizio Emotrasfusionale di Lecce».
La carenza di personale interessa tutto l’ospedale: «Nel Laboratorio Analisi mancano i tecnici, e non ne è stata prevista l’assunzione o il trasferimento nonostante questa necessità sia stata ripetutamente evidenziata alla direzione Asl. Grave la penuria di medici: solo 7 su una previsione di 12 al pronto soccorso, 10 su 15 gli anestesisti, 6 su 10 i radiologi. In particolare per gli anestesisti, il problema è aggravato dalla ulteriore riduzione di 3 unità. Il direttore Maiorano ha dichiarato che per Scorrano sono previsti 2 soli nuovi medici, del tutto insufficienti al bisogno del presidio. Notizie più confortanti sul fronte delle apparecchiature mancanti: sono stati acquistati elettrocardiografi per il Pronto Soccorso e per i reparti di Chirurgia e Ortopedia. Quanto agli arredi, dei 25 letti per il Servizio Dialisi necessari ne sono stati comprati 4, mentre sono stati inseriti nel piano degli acquisti entro il 2025 ben 122 letti da distribuire in tutto l’ospedale, in sostituzione di quelli più obsoleti. Per il Servizio Dialisi è stato acquistato l’elettrocardiografo di cui avevamo segnalato la necessità. I pc più datati sono in fase di sostituzione, anche per adeguarli all’utilizzo del fascicolo elettronico».
Problema risolto, almeno uno, per la videosorveglianza: «Rispetto ad un anno fa, grazie al posizionamento di 3 occhi elettronici nel pronto soccorso e di un altro nell’area esterna, e alle ore di vigilanza raddoppiate da 12 a 24. Si sta anche trattando per un posto fisso di polizia».
A Radiologia «sarà sostituita a breve la TAC che necessitava di essere rimpiazzata, e quella attuale sarà probabilmente utilizzata come muletto per le emergenze. Niente da fare, invece, per l’apparecchio per la risonanza magnetica».
Nel reparto di Gastroenterologia, terzo in Puglia per numero di pazienti e fiore all’occhiello dell’ospedale di Scorrano, «si è costretti a mettere i pazienti in ambulanza per andare a fare la risonanza magnetica a Lecce o a Casarano».
I posti di Rianimazione «sono aumentati da 4 a 8, mentre restano da rinnovare centralina e monitor, rimessi in funzione ma datati».
Per le sale operatorie, «che un anno fa erano anguste e male organizzate («una inutilizzabile perché mancava il ricambio d’aria»), è in corso una riorganizzazione con il trasferimento della sterilizzazione in altri locali ristrutturati del blocco operatorio. Parte della ferristica usurata resta da cambiare».
Nel reparto di Cardiologia «sono state ripristinate tutte le postazioni dell’Unità di terapia intensiva, ed è stata prevista l’estensione del cardio monitoraggio, ma ho ribadito la necessità di un centro di Emodinamica per gli interventi di angioplastica e impianto dei pacemaker, visto che ce n’è uno a Lecce ed uno a Tricase, ma il sud Salento è scoperto. Se si attivasse a Scorrano, si colmerebbe una grave lacuna e si eviterebbe il trasferimento di pazienti in ambulanza, sguarnendo l’ospedale di unità operative preziose».
Nell’ambulatorio di Oncologia, dove vengono somministrati farmaci chemioterapici, «gli spazi sono angusti e insufficienti: ci sono 2 sole stanze per 12/14 utenti giornalieri, con appena 6 poltrone e 2 posti letto. Gli arredi sono stati inseriti nel piano acquisti e gli ambienti sono in corso di adeguamento. Manca ormai solo la nuova pavimentazione».
Ad Ortopedia è stato acquistato un nuovo ecografo, ma resta la necessità di un artoscopio.
Il bagno della sala d’attesa al terzo piano è stato ripristinato, mentre un anno fa era stato riservato ai pazienti covid.
Per quanto riguarda l’unità di Ginecologia, «resta il grosso handicap di non avere una sala operatoria interna, e per gli interventi le pazienti devono essere trasferite. Inoltre continua a non essere prevista la parto analgesia, disponibile solo a Lecce. Quindi, tutto fermo e nessun impegno concreto».
Tirando le somme di questa audizione, Paolo Pagliaro si dice «soddisfatto… a metà! Parte degli interventi che avevamo sollecitato sono stati portati a termine, ma molte carenze restano da colmare, e non smetteremo di fare da pungolo, sempre con atteggiamento collaborativo e propositivo, affinché i bisogni di questo ospedale e di tutte le altre strutture della Asl di Lecce che abbiamo visitato siano presi in carico e soddisfatti, a beneficio della sanità pubblica del nostro territorio, dei suoi utenti e dei suoi operatori».
Attualità
Dal Salento spicca il volo “Il sogno di Flip”
Un albo illustrato per parlare ai bambini di inclusività e fiducia in sé, toccando il tema del bullismo
“Il sogno di Flip” è l’albo illustrato, con testi e disegni di Alessia Urso, illustratrice e grafica di Marittima, pubblicato da Curcio Editore.
Ambientata al Polo Nord, la storia racconta di Flip, un piccolo elfo con una disabilità che sogna di lavorare nella fabbrica di Babbo Natale.
Dopo un episodio di bullismo, grazie alla creatività e all’incontro con un’amica speciale, Flip trova la forza di non arrendersi e costruisce un braccio artificiale che diventa simbolo di riscatto e fiducia in sé. Un racconto dolce e luminoso che parla ai bambini di coraggio, amicizia e inclusione. Disponibile su Amazon
Attualità
Presentato il calendario della Polizia locale contro la violenza di genere
Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela…
Lo speciale calendario della Polizia Locale di Nardò per il 2026 è dedicato al tema del contrasto alla violenza di genere.
Ogni mese, attraverso gli scatti di Giacomo Fracella, racconta un valore, un gesto, un simbolo di rispetto e di tutela. Ci sono, tra le altre cose, un paio di scarpette rosse sul suolo di piazza Salandra, una foto di gruppo delle agenti del Comando di via Crispi, la panchina rossa.
Dietro queste immagini c’è il lavoro quotidiano della Polizia Locale, che con dedizione e sensibilità opera per garantire sicurezza e dignità ai cittadini e ovviamente anche a tutte le donne.
Questa mattina il comandante Cosimo Tarantino ha presentato il calendario nella sede di via Crispi, consegnando una copia al consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione e all’assessora con delega alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni. Presenti anche la consigliera Daniela Bove e la vice comandante Simona Bonsegna.
“Questo calendario – ha detto il comandante Cosimo Tarantino – è un messaggio di coraggio e speranza. Pensiamo che ognuno di noi debba fare la propria parte nel contrasto alla violenza di genere, la Polizia Locale ha ritenuto quest’anno di utilizzare il calendario come importante veicolo divulgativo per sensibilizzare tutti. È importante non abbassare mai la guardia”.
“Questo è un tema che interessa singoli, famiglie e istituzioni – ha aggiunto il consigliere delegato alla Polizia Locale Gabriele Mangione – e ognuno deve affrontarlo nei limiti del proprio ruolo e delle proprie possibilità. Questo calendario è uno strumento istituzionale, ma stavolta anche un segno tangibile di vicinanza nei confronti dei cittadini e di tutte le donne”.
“Ringrazio il Corpo di Polizia Locale – ha detto ancora l’assessora alle Pari Opportunità Sara D’Ostuni – per questa iniziativa di estrema sensibilità e responsabilità. Avere a casa questo calendario ci ricorda ogni giorno che il contrasto alla violenza di genere non può e non deve essere una battaglia episodica, ma costante e generalizzata”.
Dalla prima edizione del calendario della Polizia Locale di Nardò sono passati ormai 24 anni, dedicata all’epoca alla sicurezza stradale e arricchita dai disegni sul tema degli studenti delle scuole primarie. Questa edizione, invece, arriva nell’anno (il 2026) che celebra i 160 anni della Polizia Locale italiana.
Approfondimenti
Marina, 36 anni, per Sant’Egidio a Bangui, Centroafrica: “Vicina agli ultimi della terra”
“A 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro, ma poi…
L’INTERVISTA ESCLUSIVA
di Luigi Zito
A quale scintilla primitiva si affida l’animo umano quando la fiamma d’amore si accende, si sviluppa, si infiamma e riluce sino a risplendere luminosamente?
E qual è la moneta che ripaga la gratificazione che plasma il nostro cuore, che lo trasforma da cima a fondo, e che lo muove a donarsi agli altri?
Non credo sia solo una mia curiosità, è un affanno che accompagna la vita, che frequentemente ci pone davanti a simili dilemmi. È un tarlo capire cosa muove il sole e le stelle: cosa spinge una giovane donna a lasciare la zona comfort della sua vita per aprirsi al mondo, donarsi e aiutare chi è in difficoltà ed ha più bisogno?
Ancor più se, per farsi piccola per diventare grande, ha scelto di farlo a migliaia e migliaia di chilometri da casa.
È il caso di Marina Ciardo, 36 anni, di Tricase, che da anni vive a Bangui, Repubblica Centroafricana ed è Capo Progetto per l’Associazione Sant’Egidio.
Marina, di buon grado, ha amabilmente risposto a mie precise sollecitazioni.
«VOLEVO CAMBIARE IL MONDO»
«“Cosa vuoi fare dopo la scuola?”. Questa era la fatidica domanda che parenti, amici e insegnati mi ripetevano verso la fine del quinto anno delle superiori. Forse il lavoro che svolgo oggi è proprio la risposta a quella domanda che allora mi trovava impreparata. Non ci avevo mai pensato prima, ma su una cosa ero certa: volevo viaggiare, conoscere nuove culture e usanze diverse dalla mia, cercare di capire quello che, probabilmente, mi è ancora inspiegabile, divertirmi e, soprattutto, provare a cambiare il mondo! Si perché a 17/18 anni si vuole cambiare il mondo e pensi sia possibile! Così, sfogliando una guida delle facoltà universitarie, ho scoperto il corso di laurea in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale a Parma.
E allora mi sono detta: “Ma si, dai! proviamoci”, d’altronde potrebbe unire due strade: quella dell’economia, già intrapresa alle superiori (e che tanti dei miei affetti mi spingevano a proseguire, perché così trovi subito lavoro), e quella della cooperazione internazionale, un mondo inesplorato ma affascinante».
«LA MIA AFRICA»
Come sei arrivata in Africa, a Bangui?
«Non faccio altro che ripetermi, se oggi sono qui, in Africa, é anche grazie al mio professore di Storia ed economia dei Paesi in via di sviluppo, che ci ha sempre spronato a fare un’esperienza nel campo della cooperazione, precisando anche che il lavoro del cooperante non è per tutti: o lo ami o lo subisci. Concludendo poi con un’amara postilla: “Molti dei miei studenti sono giunti alla laurea magistrale ma, di fatto, non hanno mai intrapreso quella strada”.
Incoraggiata e sostenuta dalla mia famiglia, durante l’estate del secondo anno universitario ho deciso di fare una esperienza diretta, sono entrata in contatto con l’Ong Coope – Cooperazione Paesi Emergenti -, e ho vissuto un mese straordinario in un piccolo villaggio a sud della Tanzania, Msindo.
Allora, ho realizzato chiaramente: «Questo è ciò che voglio fare! Conoscere una realtà così diversa dalla mia, vedere la gioia delle persone che, nonostante la consapevolezza delle difficoltà giornaliere, continuano a lottare, sorridendo, con impegno, voglia di farcela, aggrappati alla vita come mai avevo visto fare prima. Dando una mano, facendo piccole cose, ho vissuto momenti e emozioni che stravolgono. Questo mi ha fatto sentire utile. A volte è bastato anche solo aver aggiustato una staccionata in una scuola».
Finita quell’esperienza, cosa è successo?
«Sono rientrata in Italia e ho assaporato per la prima volta il mal d’Africa di cui fino a quel momento avevo solo sentito parlare. Così ho continuato il percorso universitario prima a Parma e poi a Torino. Una volta specializzata in Economia dello sviluppo e cooperazione internazionale, ho assolto il servizio civile in Madagascar, poi il primo lavoro con la Ong Emergency (in repubblica Centroafricana e nel Kurdistan iracheno), successivamente con il Cuamm (Medici con l’Africa) nel Sud Sudan e, infine, da quasi 6 anni, nuovamente nella repubblica Centroafricana con la Comunità di Sant’Egidio».
Come opera la comunità di Sant’Egidio?
«Principalmente in due settori: il primo riguarda la salute, attraverso il programma Dream: cura le malattie croniche come l’epilessia, il diabete, l’ipertensione, l’HIV, l’asma e malattie renali leggere; il secondo è rappresentato dal programma Pace e Riconciliazione che, in modo costante e discreto promuove la pace.
È ben noto il ruolo di mediatore della Comunità di Sant’Egidio tra le parti in conflitto in RCA. La firma dell’Accordo Politico per la Pace, il 19 giugno 2017 a Roma, tra il governo centrafricano e 13 gruppi politico-militari è stato un momento cruciale nella storia del Paese. Questo accordo ha avviato, di fatto, il processo di dialogo e disarmo, che ha avuto un secondo e altrettanto importante momento con la firma degli Accordi di Khartoum nel febbraio 2019».
Qual è il tasso di povertà dove ti trovi? Di cosa c’è più bisogno? La situazione politico-economica, carestie? Guerre?
«Situata nel cuore dell’Africa, la Repubblica Centroafricana (RCA) è, dopo la Somalia e il Sud Sudan, è il paese più povero al mondo.
Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano è 191° su 193 paesi presi in esame; il 60%, dei circa sei milioni di abitanti, vive con meno di un dollaro al giorno.
Si registra, purtroppo, uno tra i più alti tassi di mortalità materno-infantile e la popolazione ha in media un’aspettativa di vita piuttosto bassa (intorno ai 54 anni). Nonostante la posizione strategica e le risorse naturali presenti sul territorio, il Paese affronta da decenni una profonda instabilità politica che ha minato lo sviluppo economico e sociale.
Sono innumerevoli i colpi di Stato, le rivolte e i conflitti armati. Negli ultimi anni il Governo centrale ha avuto un controllo limitato sul territorio, soprattutto nelle regioni settentrionali e orientali, dove sono presenti gruppi ribelli e milizie locali. Non mancano le interferenze straniere che si manifestano con la presenza di milizie mercenarie, protagoniste talvolta discontri armati e violazioni dei diritti umani.
È un Paese che vive principalmente grazie ad agricoltura, estrazione di diamanti e oro e industria del legname. La crescita economica è ostacolata da mancanza di infrastrutture, insicurezza e instabilità politica. Questi elementi, combinati con una povertà estrema e la carenza di servizi essenziali, hanno generato una grave crisi umanitaria. Le donne e i bambini i più vulnerabili, esposti come sono a violenze, malnutrizione e mancanza di istruzione. Sono cresciuta molto con ogni organizzazione, sia a livello personale che professionale, ma la lunga permanenza a Bangui, mi ha permesso di contribuire alla formazione dei giovani locali, che desiderano migliorare la situazione del loro Paese».
IMPOTENZA E DOLORE
«Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata»
Ci racconti un aneddoto, un avvenimento, che ti ha toccata particolarmente?
«Sono stati anni impegnativi, difficili, che hanno permesso la nascita di amicizie profonde, anche con pazienti per me speciali, che oggi non ci sono più. Il senso di impotenza e il dolore per la loro perdita ti svuota, ti consuma, ti fa credere di non poter andare avanti. Il confronto con quanto è fuori dal tuo controllo ti fa sentire inadeguata. Forse è proprio questa la sfida ma credo che tutto questo mi stia forgiando. Essere testimone, lottare, nel bene e nel male, provoca una forza mista a rabbia che spinge ogni giorno a dare il meglio, anche se a volte non è abbastanza.
A Bangui sono arrivata nel gennaio del 2020, con la prospettiva di starci un anno o poco più, invece, a quasi 6 anni dal mio arrivo, mi ritrovo qui a scrivere questa mia storia e, forse, tracciare anche un bilancio.
Quando parlo con i nuovi colleghi (qui c’è un turnover molto intenso, la permanenza media è da 6 mesi a un paio d’anni), inevitabile che chiedano: “Da quanto tempo sei qui?”. E alla mia risposta, “Quasi 6 anni”, mi incalzano: “Perché?!”.
Non so spiegarlo in poche parole: conservo un “album di emozioni” e da brava amministratrice ho difficoltà a tradurlo in parole. Il fantastico team dell’associazione é un ingrediente fondamentale per questa ricetta di resistenza/resilienza».
TRA MALATTIE E COPRIFUOCO
Covid e altre malattie, come le affrontate?
«Nel 2020 abbiamo trascorso il periodo del covid e il mio primo periodo con questa nuova realtà lavorativa. Non abbiamo sofferto come in Italia, le restrizioni erano blande, c’era solo la paura di essere contagiati e stare male, e allora sì che sarebbe stato un problema, vista l’assenza di ospedali specializzati.
Il 2021 c’è stato un tentativo di colpo di Stato, Bangui era stata dichiarata “Ville mort” (città morta), una città “ibernata” per un paio di settimane e sotto coprifuoco (se ti trovavano per strada non chiedevano un documento o ti facevano una multa, rischiavi di essere ammazzata), che lasciava pochissimo spazio per lo svago, gli amici, per lamentarsi del caldo, delle zanzare, della mancanza d’acqua e degli sbalzi di elettricità che rischiavano di bruciare quello che lasciavi innescato alla presa della corrente».
Ci descrivi una tua giornata tipo?
«Ci si sveglia prendendo il caffè (rigorosamente Quarta!), cercando di mettere in ordine le priorità della giornata, con la consapevolezza che, nel momento in cui metterai piede in ufficio, verrai assalita da mille imprevisti: problemi con le banche, con le macchine, lentezze inesorabili dei Ministeri e cose che si rompono: qui molte cose si rompono con una velocità incredibile.
Seguo principalmente due progetti: il Programma Dream (gestiamo una clinica e un padiglione di ospedale e curiamo circa 3mila pazienti cronici e una media di 100 nuove donne incinte al mese che accompagniamo nel percorso prenatale. Tutti i servizi sanitari sono a pagamento, mentre il nostro programma prevede gratuità e presa in carico in modo olistico del paziente).
E poi abbiamo avviato, da 3 anni, delle campagne di vaccinazione porta a porta per i bambini da 0 a 2 anni.
Per il progetto “mediazione di pace”, mi limito a seguire l’ufficio per evitare problemi di carattere amministrativo e logistico».
“Basta! Mollo tutto e torno in Italia!”, l’hai mai pensato?
«Mi succede spesso, anche più volte nello stesso giorno.
Ci sono periodi in cui mi abbatto e non sopporto il peso della missione, in cui riesco a vedere e sottolineare solo i problemi, i ritardi, le frustrazioni, che raramente mancano durante una giornata di lavoro.
Mi hanno molto aiutato e sostenuto le amicizie qui a Bangui.
Avere delle persone che in un quadro nero intravedono un punto bianco e riescono a fartelo vedere e apprezzare, non è scontato.
È questa la forza che mi è stata trasmessa giorno per giorno, che mi aiuta a inquadrare l’amore per questa professione, mi fa andare avanti e ammirare questo quadro caravaggesco: sebbene prevalgano le ombre, la presenza di luce, minima ma potente (carica di quanto si è realizzato), è dominante».
COSA FARAI DA GRANDE?
Hai già deciso cosa farai in futuro?
«Bisogna sempre tenere alto il morale delle truppa: nel mentre si accavallano le emozioni, il leitmotiv mi ritorna in mente, mentre mi ritrovo a scrivere questa storia, a pochi giorni dalla mia partenza, al momento definitiva, da Bangui.
Questa è la parte relativa al lavoro, ma non c’è solo questo.
A Bangui è presente anche un gruppo locale della Comunità di Sant’Egidio, giovani centroafricani che, malgrado le difficoltà, cercano di vivere lo spirito evangelico della Comunità del Santo.
Lo fanno nella gratuità e nell’amicizia, prestano servizio ai poveri, ai bambini di strada, alla scuola di pace e alla cura degli anziani soli e senza sostegno. Mi emoziona vedere che esistono dei giovani che sperano e lavorano per un futuro diverso per il loro Paese.
Dopo quasi 10 anni di lavoro non so ancora dare una risposta alla domanda che Gabriella mi pone “ogni 2 per 3”: Cosa vuoi fare da grande?! So che voglio continuare, e mi impegnerò al 100% per fare in modo di soddisfare almeno in parte quel desiderio di “cambiare le cose” in meglio. Aiutare, vedere la gente sorridere, scoprire la bellezza delle diversità, affinchè quello che ha spinto una giovane salentina ad affrontare questo mestiere, si avveri.
Ecco la mia risposta: «Non so cosa farò da grande, ma il mio lavoro mi piace e continuerò a farlo».
COME AIUTARE
Come possiamo aiutare la tua comunità?
«Con una donazione a:
COMUNITÀ DI S. EGIDIO ACAP – ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCI – IBAN: IT36Q0200805074000060045279
Causale: Programma Dream Centrafrica»
-
Attualità1 settimana faTricase e Lecce fra i migliori ospedali, secondo l’Agenas
-
Attualità6 giorni faLuca Abete: “Il figlio di Capitan Findus è a Tricase Porto”
-
Cronaca1 settimana faColtelli, furti e inseguimenti: di notte con i carabinieri
-
Cronaca3 settimane faBrutto scontro all’incrocio: due auto ko a Tricase
-
Attualità2 settimane faTricase, è ufficiale: Vincenzo Chiuri candidato sindaco
-
Attualità3 settimane faA Tiggiano 60 anni dopo
-
Cronaca3 settimane faDoppio furto d’auto, tre arresti
-
Attualità2 settimane faMinerva tira le orecchie al PD di Tricase: “Scelta di Chiuri errore politico”



