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Lecce: Wild Nature (Natura Selvaggia)

Fino al 10 marzo, al Primo Piano Livin Gallery (Viale G. Marconi, 4, Lecce), dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19,30 ed il sabato dalle 17 alle 20, la mostra

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Fino al 10 marzo, al Primo Piano Livin Gallery (Viale G. Marconi, 4, Lecce), dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19,30 ed il sabato dalle 17 alle 20, la mostra d’arte contemporanea “Natura selvaggia” a cura di Dores Sacquegna. La natura incontaminata, nella sua affascinante bellezza e gli animali che la popolano, sono il punto di partenza di tutti gli artisti coinvolti, ciascuno con il proprio stile personale, pronti a proporre il loro punto di vista. Tra parchi, savane, foreste, riserve, fiumi, la mostra fa rivivere dal Nord al Sud del mondo il paradiso inesplorato che ci circonda e l’habitat naturale degli animali selvatici, delle mandrie di bufali di Elizabeth Levin, alle famiglie dei gorilla di Sergio Gotti,  dai pellicani che troneggiano nell’acqua di Pinar Selimoglu, ai lupi solitari di Chris Rodriguez, o al quel numero infinito di piccoli  insetti che la popolano nelle foto di Nicole Hametner. Sulla natura allo stato brado le foto di Vivien Schmidt. Il concetto di ‘selvaggio’ è certamente una costruzione culturale, basata sul presupposto che l’umanità sia separata dalla Natura. La società occidentale ha cessato da lungo tempo di vivere in armonia con l’ambiente. La Natura è divenuta una comodità da essere usata e abusata a piacere. Ciò che un tempo non era ‘umanizzato’ era considerato selvaggio, indomato e minaccioso. Durante l’età del progresso, la modernità portò con sé un pronunciato dualismo che esasperò il contrasto tra l’umanità e la Natura, tra l’ordine e il caos. Lo sfruttamento delle risorse naturali provocò un enorme aumento della popolazione che portò ad un conseguente aumento dell’urbanizzazione, dello squallore, dell’inquinamento e della distruzione dell’ambiente naturale. L’avvicinamento alla natura selvaggia può, quindi, favorire un recupero della propria identità, di quanto si è perso e dell’importanza e del rispetto della biodiversità del territorio e degli animali che la abitano. Sull’architettura organica che promuove l’armonia tra l’uomo e la natura le fotografie di Sarah Girner, che mostra attraverso l’integrazione di costruzioni (case, arredi, etc), la creazione di un nuovo sistema in equilibrio tra ambiente costruito ed ambiente naturale, anticipato dal maestro fondatore Frank Lloyd Wright nel 1939. Milena Popovic Javonovic porta in mostra una serie di cartoline di grandi città come Parigi, Roma, New York, rilevando la debolezza della città contemporanea, minacciata da nemici esterni e oscuri devastatori. Le città rappresentate sembrano disgregarsi in corsi d’acqua come in un racconto biblico o emergere da cretti vulcanici. La natura dei sofisti introduce la concezione di uno stato di natura dove il comportamento dell’uomo non differisce da quelli degli altri esseri naturali basati su istinti primordiali che l’uomo conserva nonostante le diversità culturali acquisite nel tempo. Nel caso del “Trofeo” di Massimo Ruiu, una siluette di lupo nero è al centro della pelle, e qui emerge l’affermazione sull’uomo come “animale politico” come oggettivazione del legame tra legge e natura. Sulla natura tra occidente e oriente, i totem arcaici di Polyxene Kasda, nati come mantra per la rigenerazione della natura per recuperare l’antico rapporto tra corpo e spirito. Nella natura, c’è una trama segreta di influssi misteriosi che l’uomo, proprio perché microcosmo che riflette in sé il macrocosmo, può penetrare poiché egli è sostanzialmente affine alla natura come lo dimostra nelle immagini di Jean Peterson.  Sulla concezione democrita della natura che è pura materia, la scultura in ferro “L’albero dell’infinito” di Salvatore Sava, un aggregazione di atomi composti da molti cerchi e simboli magici che si incastrano e formano la struttura di un albero che svetta verso l’alto. Corpi definiti della realtà percepibile e il loro disgregarsi sembra quasi restituire alla natura stessa i suoi elementi di base, in una fenomenologia puramente meccanicistica che non ha bisogno di null’altro per verificarsi. Porzioni di cielo, di terra e di mare nelle opere di Kumiko Tamura, Elinore Bucholtz e Krister Paleologos. Iginio Iurilli, pone l’accento su tematiche ecologiche attraverso una espressività tridimensionale che lo porta a realizzare già dai primi anni’90 opere di scultura e bassorilievi in legno intagliato e terracotta, ricoperti di sale o di polvere di marmo o di sabbia di deserto e i grandi ricci e i fiori marini. Affascinato dal blu Giulio De Mitri, che in tutti i suoi lavori (installazioni, light box, fotografia e video) è sempre costante la ricerca sulla luce. Nell’installazione luminosa “Battito d’Ali”, l’artista recupera con sofisticate elaborazioni digitali il rapporto uomo-natura, grazie ad una operazione di alchimia moderna nelle variazioni monocromatiche del blu. Una farfalla al centro di una coppa in bronzo che si proietta verso l’alto..un blu che rappresenta il cielo e il mare. La mostra si snoda in un percorso di opere fotografiche, pittura, video e installazioni e affronta le tematiche relative al concetto di selvaggio, attraverso il confronto con la natura, permettendo all’uomo di conoscere e non perdere di vista i propri limiti e, di conseguenza di comprendere fino a che punto ci si può spingere nella propria esistenza.


ARTISTI: Elinore Bucholtz (Usa), Giulio De Mitri (Taranto), Sarah Girner (Usa), Sergio Gotti (Roma), Polyxene Kasda (Atene), Tamura Kumiko (Giappone), Nicole Hametner (Svizzera), Iginio Iurilli (Bari), Elizabeth Lewin (Usa), Krister Paleologos (Svezia), Jean Peterson (Usa), Milena Popovic Jovicevic (Montenegro), Chris Rodriguez (Usa), Massimo Ruiu (Bari), Salvatore Sava (Lecce), Pinar Selimoglu (Turchia), Vivien Schmidt (Usa).

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Pesce alieno pescato a Gallipoli: è un pesce tropicale rarissimo

Una nuova specie la cui popolazione che potrebbe alterare gli equilibri del Mediterraneo….

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Specie aliene del mare, a Gallipoli pescato un pesce tropicale rarissimo. Si tratta del pesce foglia. Si tratta di un pesce cosmopolita nei mari tropicali e subtropicali, con l’eccezione dell’oceano Pacifico orientale.

Una rara specie di pesce tropicale, classificata come ‘aliena’, è stata ritrovata nello specchio d’acqua di Gallipoli, sul Mar Ionio.

Si tratta di un esemplare di pesce foglia, noto anche come lobote, una specie diffusa nei mari tropicali e subtropicali, con l’eccezione dell’oceano Pacifico orientale.

Vive in acque basse, eccezionalmente fino a 70 m di profondità. È una specie eurialina: si incontra soprattutto in ambienti riparati come le baie e penetra nelle foci e nel tratto inferiore dei fiumi.

Talvolta sosta all’ombra di oggetti galleggianti. I giovanili sono spesso associati alla presenza di sargassi. L’esemplare è finito sul banco di vendita di una pescheria di Gallipoli, che ha avvisato l’associazione “Sportello dei Diritti” dalla quale, come da ‘protocollo specie aliene’, è partita la segnalazione alla guardia costiera di Gallipoli, settore specie aliene e alla D.ssa Diana D’Agata, Veterinary Surgeon nel Regno Unito, esperta di fauna marina che, dopo aver visionato la foto, ha confermato la specie.

L’esemplare, è di circa 80 centimetri e del peso di 5 kg circa. Ha un corpo dall’aspetto molto caratteristico, alto, compresso lateralmente e nel complesso piuttosto robusto. Il profilo della fronte è concavo, mentre la regione dorsale è gibbosa.

Gli occhi sono piccoli, situati vicino alla punta del muso e rivolti in avanti. La bocca è protrattile. La pinna dorsale ha una porzione anteriore spinosa con 1112 raggi e una posteriore con 1516 raggi molli. La pinna anale ha tre brevi raggi spinosi di lunghezza crescente e undici molli.

Le parti a raggi molli della dorsale e dell’anale sono alte e arrotondate e, insieme all’ampia pinna caudale rotondeggiante, danno l’impressione che l’animale abbia una pinna caudale trilobata. Le scaglie, grandi e robuste, ricoprono in parte le pinne impari.

Il colore è di solito bruno, variamente marezzato di scuro, con due strisce scure, non sempre ben visibili che si dipartono dall’occhio e si dirigono indietro. Il ventre è grigio argenteo. A volte il colore di fondo può essere verdastro o giallastro. La pinna caudale è bordata di giallo; le altre pinne sono più scure del corpo, tranne le pinne pettorali che sono giallo chiaro. I giovanili sono giallastri.

La taglia massima è di 110 cm di lunghezza per quasi 20 kg di peso, mentre quella comunemente raggiunta è di circa 80 cm. Ha un corpo dall’aspetto molto caratteristico, alto, compresso lateralmente e nel complesso piuttosto robusto.

Rimane comunque una nuova specie la cui popolazione che potrebbe alterare gli equilibri del Mediterraneo. La deposizione delle uova avviene principalmente in estate lungo le coste dell’Atlantico e del Golfo del Messico degli Stati Uniti, con picchi durante i mesi di luglio e agosto. Le larve attraversano quattro livelli di sviluppo.

Negli ultimi tempi oltre al pesce foglia, infatti, sono arrivati nel Mediterraneo dal Canale di Suez altre quattro specie estranee che sono: il pesce palla maculato, il pesce coniglio scuro, il pesce coniglio striato e il pesce scorpione.

Giovanni D’Agata

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Coffin Shop: aprire bare per trovare domande

Un podcast che parla di morte senza paura, senza retorica, senza tabù

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Nasce Coffin Shop, il nuovo podcast ideato e condotto da Maria Luisa Petruccelli, filosofa, e Dory d’Anzeo, giornalista e consulente di comunicazione. Due voci, due amiche d’infanzia – entrambe originarie della Puglia – che hanno trasformato le loro chiacchiere adolescenziali in un progetto culturale innovativo.

Ogni episodio è una “bara” che si apre, non per trovarvi risposte definitive, ma nuove domande. Si parla di lutto, memoria, giustizia, pena di morte, immortalità digitale. Un viaggio che attraversa filosofia, letteratura, psicologia e curiosità storiche, con uno stile insieme rigoroso e accessibile, capace di alternare ironia e profondità.

Coffin Shop non è un podcast cupo o morboso, ma un invito a guardare in faccia il tema universale della morte, scoprendo che da lì si può parlare – e capire meglio – anche la vita.

Le autrici

Maria Luisa Petruccelli: filosofa e consulente, da anni si occupa di pratiche filosofiche e di divulgazione, con particolare attenzione alle dimensioni esistenziali e alla riflessione critica.

Dory d’Anzeo: giornalista e consulente di comunicazione, con esperienza nel marketing digitale e nella creazione di contenuti culturali.

Uscita

Il podcast sarà disponibile dal 19 settembre 2025 sulle principali piattaforme di streaming audio.

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Dalla roulette ai social: come i millennials stanno riscrivendo il gioco da tavolo

Se le scommesse tradizionali puntavano sulla tensione e sull’attesa, il nuovo gambling digitale è modellato dalla logica della gamification. Interfacce colorate, sistemi di progressione, ricompense istantanee: sono gli stessi meccanismi che regolano i videogiochi, le app di apprendimento e quelle di fitness…

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Il gioco d’azzardo ha sempre seguito le trasformazioni sociali. Dai salotti aristocratici del Settecento alle sale fumose del secondo Dopoguerra, ogni epoca ha modellato i propri riti e i propri strumenti di scommessa. Oggi i protagonisti sono i Millennials, una generazione che ha attraversato la crisi economica del 2008, l’ascesa dei social network e l’esplosione delle tecnologie digitali. Gli esperti stanno rilevando che la loro relazione con il gambling è un vero e proprio cambio di paradigma.

Per i nati tra gli anni Ottanta e la metà dei Novanta, i giochi di fortuna non si consumano più attorno a un tavolo circondato da fiches e tappeti verdi, ma dentro uno scenario interattivo dove i confini fra intrattenimento, community e denaro si fanno più sottili.

Dalla roulette al touch screen: un nuovo volto del betting online

Un tempo, la roulette era la regina indiscussa. Simbolo di eleganza e di rischio calcolato, era associata a un rituale preciso: la puntata, la rotazione, il silenzio carico di attesa. Per i Millennials, invece, il gesto simbolico non è più il lancio della pallina, ma fare swipe sullo schermo. L’intrattenimento entra nello smartphone, si compatta in app casino scaricabili e si intreccia con altri linguaggi digitali.

Questa mutazione ha due conseguenze principali: da un lato rende l’accesso più immediato, dall’altro sposta il baricentro dall’evento eccezionale alla quotidianità. Non serve più varcare la soglia di uno stabilimento del betting per fare una partita: è sufficiente un click sullo schermo.

Social network e gioco d’azzardo: un legame crescente

Un altro elemento centrale nel rapporto tra i nati tra gli anni Ottanta e Novanta secondo BetBlack.it e gambling è l’influenza dei social. Non solo perché piattaforme come Facebook, Instagram e TikTok hanno normalizzato la presenza di contenuti legati al gaming e al betting, ma perché hanno introdotto una nuova forma di comunità.

Il giocatore non è più isolato davanti a una slot machine, bensì inserito in un flusso di commenti, reaction e live streaming. Alcuni influencer trattano i casinò online con lo stesso linguaggio con cui parlano di moda o viaggi, creando un effetto di “legittimazione sociale” che sarebbe stato impensabile in altre epoche.

Il ruolo della gamification nel gioco d’azzardo digitale

Se le scommesse tradizionali puntavano sulla tensione e sull’attesa, il nuovo gambling digitale è modellato dalla logica della gamification. Interfacce colorate, sistemi di progressione, ricompense istantanee: sono gli stessi meccanismi che regolano i videogiochi, le app di apprendimento e quelle di fitness.

Per i Millennials, cresciuti con console e connessioni a banda larga, questa grammatica è familiare. Il casinò diventa meno un luogo fisico e più un ambiente virtuale, costruito con codici simili a quelli dei giochi di ruolo o degli eSport. La differenza è che qui le poste in campo sono economiche e reali.

Etica e sicurezza: le nuove regole del gioco online

Il passaggio dai tavoli da gioco ai social ha anche sollevato questioni nuove. La rapidità con cui si accede ai portali online, unita all’estetica amichevole delle interfacce, può rendere difficile distinguere fra intrattenimento e azzardo.

Gli enti regolatori e gli operatori del settore stanno provando a equilibrare attrattività e responsabilità. Sistemi di autoesclusione, limiti di spesa e strumenti di monitoraggio sono diventati parte integrante dei siti scommesse. 

Ma il dibattito resta aperto: fino a che punto la gamification può essere considerata un semplice linguaggio estetico, e quando diventa invece una strategia per aumentare la permanenza del giocatore?

Gioco online e tradizionale: confronto tra Millennials e Baby Boomers

La generazione dei Baby Boomers associava le scommesse a luoghi fisici: casinò, sale bingo, ippodromi. I Millennials, al contrario, lo vivono come parte del loro ambiente digitale quotidiano. Dove i primi cercavano la ritualità e la socialità diretta, i secondi si muovono in un contesto più individuale ma al tempo stesso connesso attraverso reti online.

Questa differenza non è solo sociologica, ma economica. L’industria del betting si è adattata con rapidità, sviluppando siti pensati in ottica mobile first, promozioni calibrate su target giovani e persino modalità che ricordano i tornei di eSport.

Gioco online e Generazione Z: scenari futuri del gambling

Il comportamento dei Millennials, pur essendo ancora centrale, è già affiancato da quello della Generazione Z. I nati dopo il 1995 portano con sé un ulteriore salto tecnologico: streaming in tempo reale, criptovalute, ambienti virtuali condivisi. Se i Millennials hanno digitalizzato il gioco, la Gen Z lo sta integrando nel metaverso e nei sistemi di pagamento alternativi.

L’evoluzione del gambling, dunque, riflette le trasformazioni più ampie della società: la digitalizzazione dei consumi, l’importanza crescente delle community online, la difficoltà di distinguere tra tempo libero e attività economica.

La linea di fondo

Dal tappeto verde della roulette allo schermo dello smartphone, il percorso dei Millennials nel gioco d’azzardo mostra come una generazione possa riscrivere pratiche secolari. Ciò che era rituale diventa quotidianità digitale, ciò che era solitario si trasforma in un momento condiviso sui social.

Il futuro resta aperto: la sfida per imprese e istituzioni sarà accompagnare questa trasformazione senza rinunciare alla tutela dei consumatori. In fondo, la storia del gambling non è solo una sequenza di tecniche e strumenti, ma uno specchio dei mutamenti sociali.

 I nati tra gli anni Ottanta e Novanta, con le loro abitudini digitali, hanno già lasciato un’impronta indelebile. Ora spetta capire quale segno aggiungeranno le generazioni che verranno.

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