Appuntamenti
Giulio Cesare Vanini, 400 anni dopo
Un convegno internazionale a Lecce e Taurisano per celebrare il filosofo salentino
In occasione del 400esimo anniversario della morte di Giulio Cesare Vanini (9 febbraio 1619-9 febbraio 2019), da giovedì 7 a sabato 9 febbraio si svolgerà, tra Lecce e Taurisano, il convegno internazionale di studi “Giulio Cesare Vanini: filosofia della libertà e libertà del filosofare”, promosso e organizzato, con il patrocinio dell’Università di Tolosa, dal Centro Internazionale di Studi Vaniniani (CISV) insieme con la Città di Taurisano e l’Università del Salento.
Ad avvicendarsi nel corso delle tre giornate in cui si articolerà il convegno saranno alcuni dei più importanti studiosi vaniniani italiani e stranieri.
L’inaugurazione del convegno è fissata per giovedì 7 febbraio, alle ore 9, presso il Rettorato dell’Università del Salento. Dopo i saluti delle autorità, nel corso della giornata sono previste le relazioni dei docenti e dei ricercatori dell’Università del Salento. L’apertura è affidata al Prorettore Vicario Domenico Fazio (“Sessant’anni di studi su Giulio Cesare Vanini all’Università del Salento”, 9,45-10,30), dopodiché sarà la volta di Adele Spedicati (“Il fenomeno teratologico nel pensiero di Giulio Cesare Vanini”, 11-11.30), Gabriella Sava (“Il sonno e i sogni nell’opera di Giulio Cesare Vanini”,11.30-12), Ennio De Bellis (“La riflessione di Vanini sulla trattazione aristotelica del Primo Motore”, 15-15.30), Marcella Leopizzi (“Il potere taumaturgico dei Re di Francia: Giulio Cessare Vanini e la ricerca della verità”,15.30-16) e Simona Apollonio (“Vanini e il teatro elisabettiano. La messa in scena dell’Amphitheatrum aeternae providentiae”,16-16.30).
Venerdì 8 febbraio il convegno si sposterà a Taurisano, dove Giulio Cesare Vanini nacque nel 1585. Nel pomeriggio si susseguiranno gli interventi del Presidente del CISV Francesco Paolo Raimondi (“Giulio Cesare Vanini: filosofia della libertà e libertà del filosofare”,17-17.45), di Jean-Pierre Cavaillé dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi (“Vanini e le libertà dei libertini”, 17.45-18.30) e di Didier Foucault dell’Università di Tolosa (“Vanini e l’influsso degli astri”,18.30-19.15).
I lavori del convegno si chiuderanno sabato 9 febbraio, il giorno esatto del 400esimo anniversario della morte di Vanini, con le relazioni pomeridiane di Lorenzo Bianchi dell’Università Orientale di Napoli (“Note sulla fortuna di Vanini nel Settecento francese: Voltaire e Naigeon”, 17-17.45), di Miguel Benitez dell’Università di Siviglia (“Vanini tra gli increduli: il Traité sur la religion dei fratelli Lévesque”, 17.45-18.30) e del Vicepresidente del CISV Mario Carparelli (“Vanini e la tradizione ermetica”, 18.30-19). Prima però, alle ore 10 dello stesso giorno, nel corso di una cerimonia solenne, sarà deposta una corona di alloro ai piedi del monumento a Vanini realizzato dall’artista Paolo Prevedini e collocato in Piazzetta del Palazzo Vecchio.
Dopo Lecce e Taurisano, le celebrazioni per il 400esimo anniversario della morte di Vanini si sposteranno a Tolosa. Dal 17 al 19 aprile, infatti, la città dove il filosofo fu bruciato a soli 34 anni, ospiterà il convegno “L’esprit de liberté à Toulouse au temps du Parlement (1443-1790)” organizzato dall’Università di Tolosa e gemellato con quello salentino.
Così Francesco Paolo Raimondi ha sintetizzato la vita e il pensiero di Vanini.
GIULIO CESARE VANINI: LA VITA
Giulio Cesare Vanini è nato a Taurisano, verosimilmente il 20 gennaio 1585, da Giovanni Battista, intendente prima dei Gattinara e poi dei De Castro, e da Beatrice Lopez de Noguera. Tra il 1601 e il 1606 studiò a Napoli diritto e si laureò il 1° giugno 1606 davanti al Collegio dei Dottori (cfr. Vanini Iliesi, doc. XLIII) in utroque iure. Nel 1603 entrò nell’Ordine carmelitano (forse nel chiostro del Carmine Maggiore) col nome di fra’ Gabriele. Restò a Napoli fino al 1610: nel febbraio dello stesso anno, infatti, conseguì, previo esame, la licentia praedicandi. Presumibilmente nell’ottobre 1610 si trasferì a Padova, con l’intento di proseguire lo studio della teologia. Nel 1611 predicò in una chiesa veneziana “with good reputation”. Il 28 gennaio 1612 fu colpito insieme ad altri confratelli da un provvedimento disciplinare che mirava a relegarlo in uno dei conventi meridionali. Il provvedimento fu assunto dal Generale dell’Ordine, Enrico Silvio, nei confronti di un gruppo di Carmelitani che contestarono l’eccessivo rigore della sua riforma e gli abusi con cui, per restare al vertice della religione carmelitana, tentò di sopraffare le costituzioni del Caffardi. Per non restare vittima delle severe decisioni di Silvio, Vanini si recò nella vicina Venezia, ove si fermò non più di una ventina di giorni, per prendere contatto con l’Ambasciatore inglese, Sir Dudley Carleton. Questi preparò a lui e al suo confratello Giovanni Maria Ginocchio, la fuga verso l’Inghilterra, interessando della vicenda l’amico John Chamberlain e il Primate d’Inghilterra, l’arcivescovo di Canterbury George Abbot. I due frati giunsero sul suolo britannico il 20 giugno 1612 e l’8 luglio successivo pronunciarono l’abiura al cattolicesimo nella Mercers Chapel, alla presenza di un personaggio illustre come Francis Bacon. L’Abbot ospitò il Vanini nella sua splendida dimora di Lambeth.
Purtroppo però L’Inghilterra non si rivelò la terra promessa, in cui il Vanini aveva riposto tutte le sue speranze di successo come polemista anticattolico e filo-giacobita. Ben presto il rigorismo etico e l’intransigenza del Primate inglese fece rimpiangere al Vanini il mondo cattolico. Nel gennaio del 1613 i due transfughi lamentano di essere stati ridotti in miseria. Essi tentano pertanto di riprendere i contatti con le gerarchie cattoliche per il tramite dell’ambasciatore spagnolo a Londra. Nel mese di marzo dello stesso anno fanno pervenire a Roma un memoriale in cui chiedono al pontefice l’assoluzione in foro fori (vale a dire sul piano meramente giuridico) e non in foro conscientiae (ovvero sotto il profilo della fede), la liberazione dai voti della religione del Carmelo e la concessione di vivere in abito secolare. La congregazione del Santo Uffizio si pronuncia il 22 agosto 1613: il papa Paolo V ingiunge ai due frati di comparire spontaneamente davanti al Santo Uffizio e di fare abiura dell’anglicanesimo, abbracciato l’8 luglio dell’anno precedente. Nel frattempo l’arcivescovo Abbot, scoperto il loro tentativo di rientrare in Italia, li fa arrestare (il 2 febbraio 1614) e li sottopone al giudizio della High Commission (15 febbraio 1614). Ginocchio riesce a fuggire prima della sentenza da una delle finestre di Palazzo Lambeth. Nel dubbio che il Vanini potesse fare altrettanto, Abbot lo fa trasferire nel carcere pubblico, ovvero nella Gatehouse sita sul confine occidentale della Westminster Abbey. Il filosofo rimane in prigione per 49 giorni e nella disperazione giunge fino a meditare il martirio. La soluzione viene fortunatamente dall’abile manovra dell’ambasciatore spagnolo, Diego Sarmiento de Acuña, che, incaricato da Roma di recuperare i due transfughi, riesce a guadagnare l’appoggio del sovrano Giacomo I e a far fuggire Vanini la domenica delle palme, il 23 aprile del 1614.
Ai primi di aprile dello stesso anno i due frati sono già in salvo a Bruxelles, accolti prima dall’ambasciatore spagnolo Don Felipe Cardona, machese di Guadaleste, e poi dal Nunzio Apostolico delle Fiandre, Guido Bentivoglio. Ma qui riemergono le incomprensioni con gli apparati cattolici. Per non andare incontro ad un pericoloso processo in foro conscientiae i due frati si rifiutano di abiurare l’anglicanesimo, affermando di non aver mai tradito nella intimità della coscienza la fede cattolica. Il Nunzio apostolico, dal canto suo, ordina loro di raggiungere Roma. Ginocchio obbedisce rientrando nella nativa Chiavari, presso Genova. Ma il 19 gennaio 1615 viene arrestato per ordine dell’inquisitore genovese. Incarcerato per ben tre anni, egli viene sottoposto all’abiura de vehementi. Vanini invece si reca a Parigi, ove chiede a Roberto Ubaldini, Nunzio Apostolico di Francia, il permesso di pubblicare l’Apologia pro Concilio Tridentino (opera perduta) con licenza della santa Congregazione dell’Indice. Ma il Nunzio gli suggerisce di raggiungere Roma. Vanini si guarda bene di rientrare a Roma e preferisce fermarsi a Genova, ove impartisce lezioni private al giovane Giacomo Doria, rampollo di una delle più nobili famiglie della città. Il 19 gennaio 1615, alla notizia dell’arresto di Ginocchio, lascia l’Italia e si reca a Lione, ove dà alle stampe (nel giugno 1615) la prima delle due opere pervenuteci, l’Amphitheatrum aeternae providentiae. Con il testo ritorna dall’Ubaldini nell’intento di scoprire se il Santo Uffizio ha avviato nei suoi confronti un procedimento. La risposta evasiva del Nunzio gli conferma il sospetto di essere nel mirino dei vertici ecclesiastici. Si libera definitivamente da ogni legame con la chiesa cattolica e torna a Parigi ove frequenta il gruppo dei poeti libertini che ruotano intorno alla figura di Théophile de Viau. Entra in rapporto con personaggi di primo piano sotto il profilo politico- culturale, come il Duca di Montmorency Henri II, Adrien de Montluc, Conte di Cramail, e François de Bassompierre, potente Maresciallo di Francia.
Respirando l’aria di una libertà mai prima goduta, egli dà alle stampe (il 1° settembre 1616) la sua seconda opera, il De admirandis, in cui abbassa il livello di prudenza e di cautela auto-protettiva con cui aveva scritto l’Amphitheatrum. Ad appena un mese di distanza dalla pubblicazione interviene la Facoltà di Teologia della Sorbona che condanna l’opera con la formula del donec corrigatur. Nel frattempo a Parigi la situazione politica diventa incandescente e pericolosa. Si chiude l’epoca della grande influenza dell’italianismo nella corte francese. Il lungo periodo della Reggenza di Maria de’ Medici si avvia ad una tragica conclusione. Luigi XIII esce dallo stato di minorità e rivendica il potere, scatenando una guerra civile contro la madre e contro il potere dei cattolici ultramontanisti. Il Concini e la consorte Leonara Galigai vengono assassinati. I protettori del Vanini sono in stato di allarme: per non essere compromessi, preferiscono farlo trasferire nella cattolicissima Tolosa sotto le ali protettive del Conte di Cramail. A Tolosa Vanini si cela sotto le vesti dell’oscuro Pomponio Usciglio, già nel novembre, o tutt’al più nel dicembre, 1616. Ma il 2 agosto 1618 egli viene arrestato dai Capitouls, Paul Virazel e Jean Olivier, all’età di poco più di 33 anni e mezzo. Il lungo processo si protrasse per più di sei mesi e si concluse nella giornata del 9 febbraio 1619. La sentenza fu pronunciata di primo mattino a camere riunite (la Grand’Chambre e la Tournelle), da un collegio di 19 giudici, incardinati nella Cour de Parlement di Tolosa (uno dei più prestigiosi dei tredici Parlamenti francesi).
Il testo della sentenza recita:
Sabato, 9 febbraio 1619, nella Grand’Chambre, unita alla Chambre criminelle, presenti i signori: le [Gilles Le] Mazuyer, primo presidente, de [Jean de] Bertier et [Guillaume de] Segla, anche presidenti; [Bertrand d’] Assezat, [George] Caulet, [Guillaume] Catel, [Guillaume de] Melet, [Pierre de] Barthélemy [de Gramond], [Antoine] de Pins, [Jacques] Maussac, [Jean d’] Olivier, [Jean-François] de Hautpoul, [François de] Bertrand, [Michel de] Prohenques, [Jean] de Nos, [Hérard de] Chastanet, [Charles de] Vézian, [Nicolas de] Rabaudy, [Anne de] Cadilhac.
Visto dalla Cour, le due camere riunite insieme, il processo fatto d’autorità da quelle su richiesta del procuratore generale del Re [François Saint-Félix d’Aussargues], a Pompon Ucilio, di nazione napoletano, prigioniero nella conciergerie; sentite le accuse a suo carico e le informazioni addotte contro di lui, le audizioni, i confronti, le obiezioni da lui proposte contro i testimoni ammessi a suo confronto, ed altre documentazioni sul caso, arringhe e conclusioni del procuratore generale del Re contro il suddetto Ucilio, ascoltato nella Grand’ Chambre.
S’è deciso che il suddetto processo è in condizione di essere giudicato definitivamente senza ulteriori informazioni circa la verità delle obiezioni e, ciò facendo, la Corte ha dichiarato e dichiara il detto Ucilio colpevole e convinto dei crimini di ateismo, bestemmia, empietà ed altri eccessi risultanti dal processo.
Per punizione e riparazione dei quali ha condannato e condanna il suddetto Ucilio a essere consegnato nelle mani dell’esecutore dell’alta giustizia, il quale lo condurrà su di un carro, in camicia, avendo una corda al collo e un cartello sulle spalle, recante queste parole: ‘ateista e bestemmiatore del nome di Dio’; e lo condurrà davanti alla porta della Chiesa metropolitana di Santo Stefano, ove, stando in ginocchio, con la testa e i piedi nudi, tenendo in mano una torcia ardente, domanderà perdono a Dio, al Re e alla Giustizia per le suddette bestemmie e successivamente lo porterà nella Place du Salin, e lo legherà a un palo che vi sarà piantato, gli taglierà la lingua e lo strangolerà, e dopo il suo corpo sarà bruciato sul rogo che ivi sarà apprestato e le ceneri gettate al vento; la Corte ha altresì confiscato e confisca tutti i suoi beni, che, tolti i costi della giustizia e riservate le tasse, andranno a profitto di chi ha subito spese. Gilles Le Masuyer. Guillaume de Catel.
La sentenza fu eseguita lo stesso giorno prima dell’imbrunire. Condotto davanti alla Grande Porte della cattedrale di Saint Etienne, Vanini per ben tre volte rifiutò di fare ammenda onorevole al Re, a Dio e alla giustizia. Giunto nella Place du Salin, il boia gli strappò la lingua con le tenaglie; quindi grondante di sangue il condannato, alla presenza di un migliaio di persone, fu appeso al palo e strangolato; poi il suo corpo fu gettato sulle fiamme e infine le sue ceneri furono sparse al vento, affinché di lui non restasse più alcuna traccia. L’indomani, nella stessa piazza, ripresero tra sfarzosi carrousels i festeggiamenti per le nozze della sorella del Re. Tra i nobili che danzarono le pompose quadriglie c’erano alcuni dei protettori del Vanini, i quali nei loro motti ne esaltarono la figura. In quello stesso giorno cominciava a prendere corpo la fortuna del filosofo taurisanese.
GIULIO CESARE VANINI: IL PENSIERO
La filosofia vaniniana è probabilmente l’espressione più estrema del radicalismo della seconda decade del Seicento. Il Vanini rappresenta in qualche modo la coscienza filosofica in cui tutti gli elementi di crisi e di rottura culturale vengono alla luce. Ciò si evince anche solo attraverso una enucleazione schematica degli apporti più significativi del suo pensiero. Il primo dato indicativo è il rapporto che egli ebbe con la Rinascenza e con il tardo Rinascimento. Taluni studiosi hanno voluto relegarlo entro gli angusti limiti del pensiero tardorinascimentale fino a farne un epigono privo di originalità o un vuoto ed insignificante ripetitore di tematiche ormai superate e provenienti dai testi lemniani, fracastoriani, cardaniani, scaligeriani, pomponazziani e ferneliani. Ma è questa una lettura che si ferma alla superficie dei materiali da lui utilizzati e che, per ciò stesso, si lascia sfuggire la sua originalità e la peculiarità del suo rapporto di rottura e insieme di continuità con la Rinascenza. Da una parte egli mette in crisi l’eredità umanistico-rinascimentale: demolisce il mito dell’antropocentrismo, scardina i principî del platonismo cristianizzato, fa scricchiolare i pilastri dell’aristotelismo concordistico, smantella la costruzione di un universo compatto, finito, armonizzato, avente al suo vertice Dio e la schiera delle Intelligenze angeliche, stronca ogni forma di teleologismo, sfata il mito del primato dell’uomo nella scala degli esseri viventi, manda in frantumi i più consolidati principî dell’etica cristiana, smaschera le illusioni della magia e dell’astrologia. Dall’altra egli sviluppa, fino a radicalizzarli, i temi del naturalismo, dell’erudizione e del ritorno al mondo antico. Il naturalismo rinascimentale o tardorinascimentale, che non sconfina quasi mai in forme di miscredenza e di irreligiosità, assume, invece, nei testi vaniniani toni di forte radicalità perché prende le mosse da un concetto di natura ormai del tutto svincolato da contaminazioni di ordine metafisico. Vanini teorizza una natura che è pienamente autonoma nella sua composizione materiale e nei suoi principî costitutivi di moto e di quiete. Il rapporto con Dio è reciso alla radice, poiché viene negato non solo l’atto creativo, ma anche l’attività assistenziale, provvidenzialistica e finalistica, di una intelligenza sopraceleste. Pertanto il cosmo nella sua autonomia è eterno, non ha né inizio né fine, ma è, secondo il celebre paradosso empedocleo, perfetto e perfettibile proprio in forza della sua imperfezione. Gli sbocchi materialistici sono inevitabili: tutto si riduce a materia vivente e vivificatrice, senza gerarchizzazioni e gradi di realtà, poiché unica è la materia di cui sono composti i corpi celesti e quelli terreni fino ai più umili come lo scarabeo. La vita è l’effetto casuale della generazione spontanea. L’uomo non fa eccezione: rigorosamente radicato nel regno animale, è anch’esso una produzione casuale e spontanea della materia: il suo passato è a quattro zampe e nella sua anima non v’è traccia di una impronta divina.
L’altro aspetto fondamentale del pensiero vaniniano è dato dal particolare modo di rapportarsi al mondo antico. Qui l’elemento innovativo è dato dall’erudizione, identificata con l’audacia: non si tratta cioè di imitare – come fanno gli umanisti – gli antichi, lasciando pressoché intatte le coordinate intellettuali e culturali della tradizione cristiana. Per Vanini il ritorno all’antico è il ritorno ad una intuizione precristiana del mondo, è lo strumento per la costruzione dell’ateismo moderno. Nella sua biblioteca, come in quella dei libertins che a lui si ispireranno, vi sono gli atei greci e latini, come Plinio, Diagora, Cicerone, Diodoro Siculo, Epicuro, Lucrezio, Luciano, Protagora, Anassagora, Empedocle, Democrito. Persino Platone ed Aristotele sono letti in chiave ateistica. L’ateismo antico diventa un modello per l’ateismo moderno. Ciascun pensatore è assunto come un prototipo culturale: Lucrezio lo è per l’idea della natura come machina mundi, governata da una necessità ineludibile, in cui il miracoloso è ricondotto – o meglio ridotto – al naturale; Diodoro Siculo lo è per la generazione casuale e spontanea delle forme viventi; la lezione di Diagora e di Epicuro è funzionale alla demolizione della divina provvidenza; quella di Plinio, di Democrito e di Aristotele alla costruzione di una dottrina della mortalità dell’anima; Cicerone, Luciano e Protagora sono modelli per la critica razionalistica delle religioni e gli stoici per l’idea di una saggezza umana, interamente fondata sulla natura.
Date queste premesse, va da sé che il pensiero vaniniano ha una forte carica antiteologica: lo smantellamento delle categorie del pensiero religioso è senza precedenti. Le tradizionali prove dell’esistenza di Dio, da quelle cosmologico-a posteriori a quelle ontologico-a priori, vengono meticolosamente demolite. Qualsiasi nesso tra Dio e il mondo viene rescisso, negato come impossibile. Nessuna causalità divina può garantire dall’esterno il moto dell’universo; nessun volere libero può coniugarsi con l’ordine indefettibile della natura e per converso qualsiasi mutamento fisico dell’universo è incompatibile con la rigida necessità dell’essenza divina. Inadeguata a ristabilire un qualsivoglia legame con il mondo è la scientia Dei la quale o non ha accesso alla infinita varietà delle cose naturali o è gravemente compromessa nella sua natura di sapere avente per oggetto essenze eterne. Le Intelligenze celesti o motrici sono dichiarate superflue e da ultimo sono smascherate come insussistenti. Le sostanze separate non hanno miglior sorte. Ai demoni non è riconosciuta alcuna forma di realtà. L’oltremondo, dagli inferi al paradiso celeste, cade nella sfera del fabuloso e in quella delle superstizioni senili. Allo stesso dominio appartengono i miracoli, le profezie, le divinazioni, gli oracoli, le apparizioni angeliche e divine: tutte sono falsità, finzioni, menzogne che tocca al filosofo smascherare. E perciò tutto è deriso, smitizzato, desacralizzato. Non si salva neppure il testo biblico, equiparato alle favole di Esopo; anzi, si fa notare, non senza un malizioso compiacimento, che non se ne è mai trovato l’originale. I versetti salomonici, lungi dall’essere rivelativi di una sapienza divina, sono lascivi, ineleganti, privi di qualsiasi valore razionale e zeppi solo di proverbiucoli popolari. Il racconto mosaico della creazione del mondo è degno di spugna e di carbone; il Dio del vecchio testamento è un Dio vendicatore e geloso delle altre divinità; le resurrezioni bibliche sono storielle abbellite fuco sanctitatis oppure sono riconducibili a fenomeni di morte apparente. I miracoli operati da Mosè davanti al faraone sono sospettati di essere opera di magia. L’attraversamento del Mar Rosso fu possibile a causa della bassa marea. L’attacco alla religione si traduce, in un’ottica di forte radicalizzazione del realismo machiavelliano, in critica dei fondamenti del potere politico, fino ad anticipare alcuni dei temi delle Considerations politiques sur les coups d’Etat del Naudé.
Appuntamenti
Il Presepe Vivente di Specchia
Il borgo antico si trasforma in una Betlemme senza tempo. Fede, storia e tradizione si incontrano nel borgo antico per una grande rievocazione collettiva del Natale
Nel suggestivo borgo antico di Specchia va in scena la XVI edizione del Presepe Vivente, un appuntamento atteso e profondamente radicato nella tradizione locale. L’evento è organizzato dall’Associazione Lucrezia Amendolara, in collaborazione con il Comune di Specchia e con la Parrocchia Presentazione Beata Vergine Maria, unendo comunità, fede e cultura in un’unica grande rappresentazione collettiva.
Il Presepe Vivente di Specchia sarà visitabile nei giorni 25, 26 e 28 dicembre e 1, 4 e 6 gennaio, dalle 17 alle 20,30 e, grazie alla qualità artistica, alla cura dei dettagli e alla forte partecipazione della comunità, a Specchia sono attesi visitatori provenienti da ogni parte d’Italia per uno degli eventi natalizi più apprezzati del territorio.
«Anche quest’anno Specchia si veste di magia e spiritualità grazie alla straordinaria realizzazione del Presepe Vivente che anima le vie del nostro meraviglioso centro storico», dichiara la sindaca di Specchia Annalaura Remigi, «le scenografie, curate in modo impeccabile dall’associazione Lucrezia Amendolara, trasformano ogni angolo del borgo medievale in un viaggio suggestivo e coinvolgente, capace di trasportare il visitatore nell’incanto senza tempo di Betlemme, là dove la storia dell’umanità trovò nuova luce con la nascita del Bambino Gesù. Si tratta di un evento di straordinaria bellezza e valore culturale, che ogni anno richiama migliaia di visitatori da tutto il Salento e dalla Puglia, confermando Specchia come luogo simbolo di tradizione, fede e autentica accoglienza. Il mio più sentito e caloroso ringraziamento va all’associazione Lucrezia Amendolara, a tutti i volontari e ai cittadini che, con amore, passione e instancabile dedizione, rendono possibile questo capolavoro collettivo, espressione viva dell’identità e del cuore della nostra comunità».
«La XVI edizione del Presepe Vivente nel borgo di Specchia si appresta a tornare, pronta a offrire a cittadini e visitatori un viaggio emozionante tra storia, tradizione e spiritualità, nella cornice unica del centro storico», aggiunge il presidente dell’associazione Lucrezia Amendolara, Luca Sabelli, «vicoli, antichi mestieri e scene di vita quotidiana faranno da sfondo a una rappresentazione capace di rievocare il vero significato del Natale. L’associazione Lucrezia Amendolara invita tutta la comunità e i visitatori a partecipare a questo appuntamento ormai consolidato, che negli anni è diventato un simbolo di identità e condivisione. Un sentito ringraziamento va all’Amministrazione Comunale di Specchia per il costante sostegno e la collaborazione, e alla Parrocchia per la guida spirituale e la disponibilità dimostrata, elementi fondamentali per la realizzazione di un evento che valorizza il borgo e rafforza il legame tra tradizione e comunità».
Ad accogliere i visitatori, all’ingresso del percorso, i visitatori troveranno l’imponente accampamento dei legionari romani dell’associazione II Legio Augusta, che li introdurrà da subito in un suggestivo viaggio nel tempo. Ogni sera, in Piazza del Popolo, l’associazione proporrà la rievocazione storica di un combattimento dimostrativo di tecniche militari tra legionari capace di coinvolgere e affascinare il pubblico.
Il presepe vivente si svilupperà lungo le vie del centro storico di Specchia, trasformando vicoli, corti e antiche abitazioni in una Betlemme senza tempo.
Il percorso comprende 35 scene, animate da circa 200 figuranti in costume, che danno vita a scene bibliche e alla rievocazione di antichi mestieri ormai perduti, ricostruiti con grande attenzione ai dettagli, agli strumenti e ai gesti della tradizione.
«Il borgo di Specchia si veste per la sedicesima volta di storia, fede, Vangelo, tenerezza», sottolinea don Antonio Riva, parroco di Specchia, «il presepe vivente, organizzato dall’associazione “Lucrezia Amendolara”, ci donerà ancora una volta tutto questo. Un plauso a tutti i soci, al presidente e al direttivo, ai volontari e a tutti gli uomini di buona volontà che rendono possibile lo svolgimento di queste stupende serate. Vivere il presepe, in tutte le sue forme artistiche, è una singolare possibilità di immedesimarsi nei Vangeli dell’infanzia di Gesù. È l’occasione propizia per ripercorrere sentieri di meravigliosi scambi tra l’umanità e la divinità, con gli occhi della nostra carne e con gli occhi della nostra fede. Auguro a tutti, fedeli e cittadini, forestieri e conterranei, vicini e lontani, di poter trascorrere giornate liete, capaci di donarci un sospiro di pace e di bellezza per la mente e il cuore di tutti. Santo e sereno Natale di Gesù».
La parte conclusiva del cammino conduce in piazza del Popolo, dove nell’atrio del suggestivo Palazzo Protonobilissimo Risolo viene rappresentata la Natività, quadro di intensa spiritualità ed emozione che costituisce il cuore simbolico dell’intera manifestazione.
Renderanno l’atmosfera ancora più magica, tutte le sere su Via Umberto I, i mercatini di Natale, organizzati dall’Associazione Mercatini dell’Artigianato Salentino, con stand di artigianato locale, prodotti tipici e idee regalo che accompagnano il percorso del presepe.
La XVI edizione si presenta così come una grande rievocazione storico-religiosa e culturale, capace di unire fede, tradizione, spettacolo e accoglienza, regalando a residenti e turisti un Natale autentico e profondamente coinvolgente nel cuore di uno dei borghi più affascinanti del Salento.
Segui il Gallo
Live News su WhatsApp clicca qui
Appuntamenti
Tutto il Salento con Francesco De Siena
The Voice Senior, domani la finale, in prima serata su Rai Uno. Il musicista e cantante di Morciano di Leuca in gara tra i 12 finalisti del talent condotto da Antonella Clerici
Il Salento è pronto a tifare (e televotare!) per Francesco De Siena, musicista e cantante di Morciano di Leuca (Le), tra i 12 finalisti dell’ultima puntata di The Voice Senior, in programma in diretta domani, venerdì 19 dicembre, in prima serata su Rai 1 (ore 21.30).
Classe 1966, insegnante di musica diplomato al Conservatorio di Lecce in viola e in violino a quello di Matera, musicista con una grande esperienza in orchestra in numerosi eventi nazionali, De Siena sarà protagonista del programma condotto da Antonella Clerici con una nuova attesa performance live, su un nuovo brano.
Dopo aver conquistato pubblico e giudici nel corso delle puntate precedenti, ha guadagnato il suo posto nella finale grazie al coach Nek, che non ha mai dubitato della sua grande capacità interpretativa e che lo ha scelto per rappresentare la sua squadra in finale.
L’ATTESA PER IL NUOVO BRANO
Il talent show dedicato a cantanti over 60 avrà, dunque, il suo clou domani sera: i 12 finalisti si esibiranno per conquistare un posto tra i 4 superfinalisti, che torneranno poi sul palco per l’ultima sfida.
A differenza delle puntate precedenti, dove erano i coach (Nek, Loredana Bertè, Arisa e la coppia Clementino-Rocco Hunt) a scegliere chi portare avanti, il vincitore della sesta edizione sarà decretato esclusivamente dal pubblico da casa attraverso il televoto.
l sistema prevede due sessioni di voto distinte e separate: la prima per selezionare i 4 superfinalisti tra i 12 concorrenti, la seconda per decretare il vincitore.
Le votazioni non saranno cumulative e i conteggi ripartiranno da zero all’apertura della seconda sessione.
Francesco De Siena ha conquistato la finale giovedì 12 dicembre, durante i Knockout (le semifinali del programma), con un’intensa interpretazione de “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla.
Accompagnandosi al pianoforte come nella precedente esibizione, ha toccato il cuore di tutti con il brano scelto dal suo coach Nek, che lo ha voluto in finale dichiarando: «Ha volato sulla canzone, l’ha resa come certamente avrebbe voluto Lucio».
Anche Clementino con Rocco Hunt e Loredana Bertè hanno apprezzato la performance, condividendo la scelta di Nek.
DECIDE IL TELEVOTO
Il percorso di De Siena nel programma era iniziato il 28 novembre, quando la sua versione di “Avrai” di Claudio Baglioni al pianoforte aveva fatto girare tutti e quattro i giudici.
Il primo, dopo appena 20 secondi, era stato Nek, seguito da Arisa e Loredana Bertè, e infine da Clementino e Rocco Hunt. Conquistato dall’esibizione e dalle capacità del cantante salentino, Nek aveva usato lo strumento del blocco per escludere Loredana Bertè e assicurarsi De Siena nella sua squadra.
COME SOSTENERE FRANCESCO
Per sostenere e televotare Francesco De Siena basta chiamare il numero verde 800.834.834 da telefono fisso o mobile.
La chiamata è completamente gratuita.
Ogni utenza potrà esprimere un massimo di 5 voti per sessione, digitando il codice a due cifre che verrà assegnato a ciascun finalista durante la trasmissione.
DE SIENA STORY
De Siena ha suonato in orchestra per diverse edizioni del premio Barocco e per il premio della regia Televisiva nel teatro Ariston di Sanremo.
Nel 1993 è stato anche finalista al festival di Castrocaro.
Ha anche partecipato in orchestra ad un concerto diretto dal Maestro Vessicchio, a Marsciano, vicino Perugia, con protagoniste Giorgia e Ornella Vanoni.
Lo scorso otto marzo è stato protagonista insieme alla sua band di un progetto musicale dedicato al grande Lucio Dalla al Teatro Italia di Gallipoli, progetto che ha avuto un seguito con un tour durante la passata stagione estiva nelle piazze pugliesi.
Dal suo profilo Instagram @francescodesiena si deduce che De Siena e la sua Band stanno lavorando anche per un nuovo progetto dedicato ai grandi cantautori italiani, “Piazza Grande Tour 2026”.
Segui il Gallo
Live News su WhatsApp clicca qui
Appuntamenti
Natale a Maglie con i più piccini
Spazio ai bambini, alle tradizioni e alla creatività con i Laboratori di Natale, quelli di Cartapesta e Piccoli attori sotto l’albero
Anche quest’anno l’assessorato alle politiche sociali mette al centro bambini e famiglie con un programma di laboratori natalizi gratuiti, pensati per crescere insieme, condividere tempo di qualità e riscoprire le tradizioni del periodo più atteso dell’anno.
Laboratori di Natale (posti limitati, prenotazione obbligatoria): dal 22 al 30 dicembre, presso la Biblioteca Comunale “Francesco Piccinno”, appuntamenti dedicati ai bambini dai 6 ai 10 anni tra racconti, manualità, colori e messaggi di pace.
Cartapesta, laboratori di narrazione e tradizione (posti limitati, prenotazione obbligatoria): dal 22 al 31 dicembre, all’Auditorium Cezzi, attività creative rivolte ai ragazzi dai 6 ai 14 anni, per conoscere e reinterpretare in modo partecipato le tradizioni natalizie locali.
Infine, Piccoli attori sotto l’albero: laboratorio teatrale gratuito per bambini dai 6:10 anni. In programma nei giorni 22 23 29 e 30 dicembre 2025 dalle 9:30 alle 12:30.Un’offerta pensata per valorizzare inclusione e partecipazione, rafforzando il ruolo degli spazi pubblici come luoghi di incontro e crescita condivisa.
Segui il Gallo
Live News su WhatsApp clicca qui
-
Cronaca4 settimane faColpo alla criminalità organizzata: 22 arresti
-
Attualità1 settimana faTricase e Lecce fra i migliori ospedali, secondo l’Agenas
-
Attualità5 giorni faLuca Abete: “Il figlio di Capitan Findus è a Tricase Porto”
-
Cronaca4 settimane faTricase: sequestrata villa con piscina
-
Cronaca1 settimana faColtelli, furti e inseguimenti: di notte con i carabinieri
-
Cronaca2 settimane faBrutto scontro all’incrocio: due auto ko a Tricase
-
Attualità2 settimane faTricase, è ufficiale: Vincenzo Chiuri candidato sindaco
-
Attualità3 settimane faA Tiggiano 60 anni dopo




