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Attualità

“Quaresima” e “Quarantena”

Messaggio alla Chiesa di Ugento- S. Maria di Leuca per la quaresima 2020. Il vescovo Vito Angiuli: «Esorto tutti ad attenersi alle indicazioni date e a quelle che saranno proposte in futuro per sconfiggere il coronavirus»

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Lettera aperta del vescovo di Ugento – S.Maria di Leuca Vito Angiuli.


«Cari fratelli e sorelle,


l’epidemia del coronavirus COVID-19 si è abbattuta su tutto il mondo come una tempesta di sabbia nel deserto. In alcune zone desertiche, capita che le forti raffiche di vento sollevano le particelle di sabbia facendole vibrare e rotolare sul terreno. Queste si rompono in particelle di polvere più piccole che cominciano a viaggiare in sospensione fino a diventare una tempesta che sposta enormi quantità di sabbia, tanto da sembrare un muro di polvere, che può raggiungere anche un chilometro e mezzo d’altezza. Necessariamente tutto si deve fermare e attendere che la tempesta passi. Quando essa sopraggiunge, non si può fare altro se non rifugiarsi in un luogo coperto e aspettare che la tormenta si plachi e diminuisca d’intensità.


Il coronavirus ha bisogno di essere decifrato nella sua composizione e nelle sue dinamiche. Gli esperti si sono attivati con molta generosità e competenza, ma sanno bene che, per conoscere adeguatamente il virus in modo da trovare l’antidoto giusto, occorrerà un congruo periodo di tempo per lo studio e la ricerca del vaccino. Per ora, non si può fare altro se non formulare ipotesi e accumulare dati scientifici che possano condurre a una completa diagnostica del fenomeno.


Nel frattempo, per chi è affetto dal contagio, soprattutto nei casi più gravi, non c’è altro da fare se non entrare in “quarantena”. È la parola che sentiamo ripetere più spesso in questi giorni. Gli esperti sottolineano che, per evitare il contagio e il propagarsi dell’infezione, bisogna sottoporsi a un periodo di isolamento forzato e prendere tutte le necessarie precauzioni. Positivamente si deve registrare che non mancano casi sempre più frequenti di guarigione. Ma la soluzione tarda a venire. Occorrerà ancora altro tempo.


Con il diffondersi dell’epidemia (si comincia già a parlare di pandemia) molte cose sono cambiate nelle relazioni interpersonali e nella vita sociale. Sono state decise dalle autorità alcune misure restrittive e imposti alcuni divieti. Sono state indicate norme da rispettare e comportamenti da evitare. La questione è diventata più problematica se si considera che in gioco non c’è sola la malattia, ma anche il contraccolpo sull’economia. Le due cose sono interdipendenti. Le conseguenze sul piano produttivo, industriale e commerciale si annunciano per il futuro piuttosto problematiche. Insomma, mentre ci si deve preoccupare di combattere gli effetti del virus, si deve anche programmare un piano che permetta di arginare le conseguenze negative dal punto di vista economico, occupazionale, lavorativo.


Mons. Vito Angiuli


A ben vedere, questa epidemia non solo si è manifestata nel tempo che noi cristiani chiamiamo “quaresima”, ma presenta una certa analogia con il tempo quaresimale. Il termine “quarantena” deriva da quaranta giorni. Anche la quaresima è un periodo di quaranta giorni, una sorta di “quarantena spirituale”, un periodo di purificazione dell’anima dal peccato per vivere in novità di vita, un tempo di benefica “potatura” delle falsità, della mondanità, dell’indifferenza e di tutte le altre “malattie mortali” causate dal “virus del peccato”. Come per i mali fisici, anche per quelli spirituali possiamo incorrere in tre atteggiamenti sbagliati.


Il primo consiste nel far finta di niente, nel minimizzare la portata negativa o addirittura nel convivere con il male e il peccato, magari pensando che il virus non ci contagerà o giustificandoci sostenendo che in fondo il nostro cattivo comportamento non è peggiore di quello degli altri. Questo atteggiamento assomiglia a chi non vuole vedere ciò che è evidente e per questo chiude volontariamente la porta dall’interno, rimanendo prigioniero di se stesso e della sua pericolosa condizione.


Un altro ostacolo consiste nella vergogna così forte per il male commesso da essere incapaci di confessarla. In questo caso, ci si comporta come chi ha paura di andare dal medico e di confidargli il proprio malessere.


La terza insidia è quella di chi non solo non cerca di aprire il proprio cuore, ma si rintana nella propria misera condizione, rimuginandola continuamente, fino a sprofondare e a rimanere inabissato nel buio e nell’oscurità della propria anima. Allora, non solo non si guarisce, ma aumenta la tristezza e il disgusto della vita. Ciò che occorre, invece, è cercare di venire fuori dalla propria condizione di male e dal proprio labirinto interiore e, seguendo il “filo di Arianna”, cioè ascoltando i buoni consigli che vengono da persone esperte e dalla Parola di Dio, uscire dal tunnel e ritornare a vedere la luce del sole.


Come per guarire dal contagio del virus è necessario un periodo di quarantena, così la prima cosa da fare per guarire dal peccato è ritirarsi nel deserto, in un luogo appartato per rimanere soli con se stessi e con Dio. I quaranta giorni quaresimali sono un tempo cronologico con un forte valore simbolico. Sono, infatti, un’esortazione a rivedere il proprio stile di vita e a cambiare le abitudini più dannose.


Il numero quaranta richiama i quaranta giorni del diluvio universale, della permanenza di Mosè sul monte Sinai, del pellegrinaggio del popolo di Israele nel deserto prima di giungere alla terra promessa, del percorso del profeta Elia per giungere al monte Oreb, del periodo di predicazione del profeta Giona nella città di Ninive per indurre gli abitanti di quella città alla conversione. Anche Gesù digiuna quaranta giorni e quaranta notti nel deserto e, dopo la sua risurrezione, rimane ancora quaranta giorni sulla terra per istruire i suoi discepoli e inviarli nel mondo, mentre lui ascende al cielo.

D’altra parte, come l’epidemia del coronavirus richiede un periodo di cure per riacquistare la salute corporale, così la quaresima è un tempo di “combattimento spirituale contro lo spirito del male” per vivere in pienezza la propria vita. La quaresima, come la quarantena, si presenta come un «tempo favorevole» (2Cor 6,2) nel quale attivare gli anticorpi necessari per vincere la difficile battaglia.


Tre sono le medicine che guariscono dal pericoloso virus del peccato: il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Queste tre opere quaresimali sono intrecciate l’una nell’altra. Non si possono scindere, ma devono essere attuate insieme. Con ragione, san Pietro Crisologo afferma che «preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia è la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia» (Discorso, 43). Il coronavirus ci sta obbligando a un profondo cambiamento delle nostre abitudini. Anche la quaresima intende scuoterci dal nostro torpore spirituale e spronarci a ricuperare i valori essenziali della vita attraverso «la preghiera, quale apertura verso Dio; il digiuno, quale espressione del dominio di sé anche nel privarsi di qualcosa, nel dire “no” a se stessi; e infine l’elemosina, quale apertura “verso gli altri”» (Agostino, Enarrat. in Ps., 42, b).


Digiunare vuol dire non solo astenersi dal cibo, ma anche fare verità nella propria anima. Questo, per sant’Agostino, comporta che «nessuno, con il pretesto dell’astinenza, cerchi di cambiare piaceri invece che eliminarli del tutto: come avverrebbe se uno andasse in cerca di cibi ricercati perché non mangia carne e di bevande insolite perché non beve vino. In questo caso l’occasione che ha di domare la carne si trasforma piuttosto in ricerca di piacere. Per i puri di cuore infatti tutti gli alimenti sono mondi, ma l’intemperanza li rende tutti immondi» (Discorso, 205,2).


Il digiuno spirituale consiste nel mettere in atto una molteplicità di atteggiamenti positivi per far risplendere la bellezza della vita umana e cristiana: l’uso moderato dei mezzi di comunicazione sociale e dei social, la sobrietà nell’utilizzo delle parole, la ricerca di momenti di silenzio e di riflessione, il superamento della frenetica voglia di novità, la capacità di vivere con calma e tranquillità allentando il convulso ritmo della vita, la moderazione nel soddisfacimento dei propri desideri, l’autocontrollo nella sfrenata brama di divertimento, la sincerità e la serenità nelle relazioni interpersonali, l’equilibro e l’obiettività nei giudizi, la pacifica accoglienza della diversità delle opinioni.


Tra questi atteggiamenti, la lezione che l’attuale epidemia ci rappresenta in modo evidente e inequivocabile è l’accettazione convinta del senso del limite e il riconoscimento della connaturale fragilità e finitudine della nostra umanità. L’accettazione del proprio limite aiuta a ricuperare il valore dell’elemosina, ossia dell’alterità, della solidarietà e della fraternità. Sono questi gli aspetti positivi che l’epidemia del coronavirus sta mettendo in evidenza in modo esemplare. In questi giorni, stiamo assistendo a un meraviglioso spettacolo: una splendida gara di solidarietà, di dedizione, di condivisione. Il dialogo, la disponibilità verso chi è più debole, la costruzione della fraternità sono la vera ricchezza che dobbiamo condividere e incrementare. È questa l’elemosina che bisogna offrirsi reciprocamente. «Tutti concordi, – scrive sant’Agostino – tutti fedeli coerenti, tutti, in questo pellegrinaggio, sospirando per il desiderio e ardendo per l’amore dell’unica patria. Nessuno invidi, nessuno disprezzi nell’altro un dono di Dio che lui non ha. Nei beni spirituali ritieni come tuo ciò che ami nel fratello; e lui ritenga come suo ciò che ama in te» (Discorso 205,2).


La carità infatti, «copre una moltitudine di peccati» (1Pt 4,8) perché è il regno dell’ascolto, della dedizione, della crescita spirituale, della gratuità. La carità è gioia, è slancio, è vocazione alla prossimità, è mano tesa che non smette di portare i pesi dell’altro. E, alla fine, è l’unica cosa che rimane. Sant’Agostino insegna che il digiuno e l’elemosina sono «le due ali della preghiera» (Discorso 205,3). Insieme, queste tre opere quaresimali consentono di superare le difficoltà, di aiutare chi è nel bisogno, di raggiungere il fondo della propria anima per andare, di slancio, incontro a Dio.


In questo particolare momento di difficoltà che l’Italia e il mondo intero stanno attraversando, dobbiamo elevare una grande preghiera al Signore. La preghiera non è evasione, astrazione o fuga dalla realtà, ma è immersione nella storia. Non è rifugio consolatorio, ma sincera confidenza e fiducioso atto di abbandono in Dio. Come insegna Gesù nel “Padre nostro”, pregare è chiedere di essere liberati dal male, dalla paura e da ogni calamità.


Allora, cari fratelli e sorelle, non stanchiamoci di elevare al Signore la nostra insistente e fiduciosa preghiera. Preghiamo per i malati e per i loro familiari. Preghiamo per i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, perché continuino a fronteggiare questa calamità con professionalità e dedizione. Preghiamo per le autorità civili, perché sappiano prendere le giuste misure per il bene dell’intera popolazione.


Esorto tutti ad attenersi alle indicazioni date e a quelle che saranno proposte in futuro per sconfiggere il coronavirus. Invito a vivere questo momento con fiducia e speranza nella convinzione che insieme potremo debellare la malattia. La quaresima, infatti, è un cammino verso la Pasqua, festa della guarigione corporale e della salvezza spirituale. Formulo l’augurio che la lotta contro questa epidemia si risolva positivamente e ritorni in tutti la gioia di una vita serena e fraterna. La Vergine de finibus terrae ci sostenga e ci accompagni con la sua materna protezione».


Il vostro Vescovo


+ Vito


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Santa Cesarea, 18 milioni di motivi per recuperare il Polo Termale Sportivo

Finanziamento destinato al recupero e al rilancio della più grande opera incompiuta del Salento, in stato di abbandono da quasi 25 anni

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«Santa Cesarea è nelle mie radici e nel mio cuore: aiutarla a rinascere sarà il mio orgoglio più grande».

È con queste parole l’on. Andrea Caroppo, vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, ha annunciato nella conferenza stampa tenuta assieme al sindaco di Santa Cesarea Terme Pasquale Bleve, l’arrivo di 18 milioni di euro destinati al recupero e al rilancio del Polo Termale Sportivo di Santa Cesarea Terme, la più grande opera incompiuta del Salento, in stato di abbandono da quasi 25 anni.

Il finanziamento, reso possibile grazie al progetto “Turismo delle Radici” promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, rientra nell’Accordo di Coesione sottoscritto nei giorni scorsi tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nell’ambito della programmazione nazionale 2021-2027 per la coesione territoriale.

Con questi fondi si realizzerà un intervento di recupero che consentirà di restituire vita e funzione pubblica al complesso termale e sportivo, da anni abbandonato, trasformandolo in un polo di benessere, accoglienza e sviluppo economico al servizio dell’intero Salento.

«Un risultato concreto», sottolinea Caroppo, «reso possibile grazie alla straordinaria sensibilità del Ministro Antonio Tajani, che ringrazio per aver voluto destinare risorse così importanti a un territorio che da troppo tempo attende di poter rinascere

«Il Polo Termale Sportivo», ha aggiunto Caroppo, «è il simbolo di un’occasione perduta che oggi torna a essere una grande opportunità per tutto il territorio. È la prova che, con visione e collaborazione tra istituzioni, anche le pagine incompiute possono diventare storie di rinascita».

Dello stesso avviso anche il sindaco di Santa Cesarea Terme, Pasquale Bleve, che ha espresso profonda soddisfazione per il risultato conseguito: «Quella di oggi è una giornata storica che consente alla nostra Santa Cesarea Terme di guardare al futuro con fiducia e rinnovato ottimismo. Non è un punto di arrivo, ma neppure un punto di partenza: rappresenta una tappa fondamentale di un percorso iniziato oltre dieci anni fa, che sta restituendo alla nostra città la possibilità di rinascere in tutti i sensi».

Il sindaco ha anche ricordato il lungo cammino che ha interessato il complesso del Nuovo Centro Termale e dell’area degli impianti sportivi P.I.M., evidenziando come si tratti di «un passato da superare che oggi diventa occasione di nuova ricchezza, di crescita turistica e di opportunità di lavoro per le nostre famiglie. È doveroso ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo: dai colleghi amministratori agli uffici comunali, fino a chi, come l’onorevole Andrea Caroppo, si è impegnato in prima persona per il futuro e il benessere del nostro territorio. Senza impegno, dedizione e gioco di squadra», ha concluso Bleve, «questi risultati non sarebbero possibili».

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Santa Cesarea: 18 milioni per il Polo Termale Sportivo

Finanziamento stanziato dal Ministero degli esteri nell’ambito de il “Turismo delle Radici”. Domattina la conferenza stampa di presentazione

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Una conferenza stampa per illustrare il finanziamento di 18 milioni di euro stanziato dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, rientrante nella strategia nazionale per promuovere il “Turismo delle Radici”.

Il finanziamento è destinato al recupero e alla riqualificazione del Polo Termale Sportivo di Santa Cesarea Terme.
Alla Conferenza, in programma domani, a partire dalle ore 10,30, presso la sala consiliare del Comune di Santa Cesarea Terme (via Roma, 159), interverranno il sindaco di Santa Cesarea Terme Pasquale Bleve e l’on. Andrea Caroppo.

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Natale di disagi in 20 uffici postali

Comunità senza sportelli e Atm, lavoratori sotto stress. Tra novembre e aprile si succederanno ben 14 chiusure nel Salento: ma le difficoltà saranno ben più diffuse. La Cgil chiede l’intervento del Prefetto. Ristrutturazioni in contemporanea per il progetto Polis, alle quali si sommano le chiusure per eventi criminosi. Cgil, Slc e Spi chiedono un tavolo prefettizio e fanno appello ai sindaci per pretendere l’apertura di uffici mobili. 

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Si preannuncia un Natale… di passione per utenti e lavoratori degli uffici postali salentini.

Nel periodo festivo e in quello prenatalizio Poste Italiane chiuderà undici uffici postali, il cui carico di lavoro sarà riversato su sei sedi extra comunali (oltre che in due container ed in altri uffici nel medesimo Comune).

La nuova organizzazione riguarderà complessivamente 20 uffici postali.

I disagi si avvertiranno in 18 centri abitati.

Le chiusure sono disposte quasi tutte nell’ambito di “Polis”, progetto finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che ha come obiettivi ammodernamento e digitalizzazione degli uffici postali nei piccoli centri abitati d’Italia.

In provincia di Lecce i disagi provocati da questi lavori di ristrutturazione vanno però a sommarsi a quelli prodotti dagli assalti ai postamat degli ultimi mesi, che hanno causato lunghi lavori di ristrutturazione e l’attivazione degli Atm solo nell’orario di apertura degli uffici.

Cgil, Slc e Spi chiedono la convocazione di un tavolo al Prefetto e fanno appello ai sindaci affinché pretendano l’apertura di uffici mobili nei comuni interessati dalle chiusure.

 LE CHIUSURE

Nelle prossime settimane Poste Italiane, nel solco del completamento del progetto Polis, procederà, dunque, alla totale chiusura dei seguenti uffici postali (tra parentesi il periodo di chiusura e l’ufficio postale che prenderà in carico l’attività): Acquarica del Capo (dal 20 novembre al 7 aprile, con appoggio su Presicce), Castro (fino al 7 aprile, su Vignacastrisi), Galatina 1 (fino al 10 dicembre, su Galatina), Leverano (fino al 29 dicembre per evento criminoso, su container), Melendugno (dal 17 novembre al 7 gennaio, su Calimera), Sanarica (dal 26 novembre al 13 aprile, su Minervino), Spongano (dal 4 novembre al 15 dicembre, su Diso), Squinzano (dal 9 dicembre al 28 gennaio, su Campi Salentina), Surbo (fino all’11 dicembre, su un container nella stessa Surbo in piazza Aldo Moro), Trepuzzi (dal 24 novembre al 13 gennaio, su Novoli), Vernole (dal 25 novembre al 13 aprile, su Castrì di Lecce).

A queste chiusure, che attraversano il periodo natalizio o lo sfiorano, si aggiungono anche quelle di Tiggiano (fino al 17 novembre, su Alessano), Sogliano (fino al 26 novembre, su Cutrofiano).

DANNI A COMUNITÀ, ANZIANI E LAVORATORI

Le comunità servite dagli uffici chiusi (tranne dove è stato attivato l’ufficio mobile nel container) per utilizzare i servizi postali e per i prelievi dagli Atm dovranno spostarsi, perciò, in altri comuni.

Dal canto loro le comunità che ospiteranno il carico derivante dalle chiusure dovranno sicuramente fronteggiare rallentamenti ed attese finora sconosciute.

Come evidenziano i segretari generali Tommaso Moscara (Cgil Lecce), Monia Rosato (Slc Cgil Lecce) e Fernanda Cosi (Spi Cgil Lecce), «L’impatto sarà forte soprattutto sulla popolazione più anziana, a lungo sensibilizzata a rivolgersi agli sportelli per evitare scippi e furti, e che ora devono fare i conti con un’oggettiva difficoltà a spostarsi da un comune all’altro. Il tutto avviene nell’ambito dell’accordo Polis, firmato da Slp Cisl, ConfsalCom, UglCom e Failp Cisal, ma non sottoscritto da Slc Cgil e UilPost. Soprattutto avviene senza tenere in alcuna considerazione i disagi causati a cittadini e dipendenti, quando di norma Poste Italiane dovrebbe prevedere l’installazione di appositi container che suppliscono alla chiusura temporanea dell’ufficio».

«Siamo consapevoli che il completamento del progetto Polis serva a migliorare i servizi nelle piccole comunità», spiegano i segretari generali territoriali di Cgil, Slc e Spi. «esprimiamo, però, dissenso su una programmazione dei lavori calata piramidalmente dalla Direzione Lavori di Poste Italiane. Un modus operandi che viola la normativa e che non tiene il polso della situazione locale, soprattutto in un periodo di per sé critico come quello prenatalizio, in cui è facilmente prevedibile un vero e proprio assalto dei cittadini per le scadenze di fine anno, per gli invii dei pacchi postali o ancora per il pagamento delle mensilità e delle tredicesime ai pensionati. Il tutto aggravato dalle limitazioni sull’uso degli Atm per disposizioni di ordine pubblico. Chiediamo al prefetto l’apertura di un tavolo alla presenza delle organizzazioni sindacali e si fa appello ai sindaci di pretendere l’installazione di un ufficio mobile».

 CONSEGUENZE SUL LAVORO

«Da non sottovalutare inoltre le ripercussioni sul benessere del personale, come sottolinea Monia Rosato: «La nuova organizzazione del lavoro crea una serie di conseguenze di carattere logistico e di trasporto. Questa situazione rende precaria la condizione lavorativa dei lavoratori postali interessati. Oltre a subire le crescenti pressioni commerciali dall’azienda, nelle prossime settimane saranno sottoposti anche ad un evidente e pesante carico di lavoro aggiuntivo, allo stress lavorativo costante, alla mobilità sul territorio e ad una flessibilità operativa dovuta alla mancanza di spazi»

 

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