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Covid, lockdown: parola agli imprenditori ‘sopravvissuti’

Ristori? Pochi e arrivati tardi, non sono bastati neanche per le bollette! Se continua così… Enormi sforzi per mantenere la barca a galla

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L’INDAGINE



  1. Oltre un anno di convivenza forzata con l’emergenza sanitaria causata dal Covid. A voi come è andata?

  2. Avete goduto dei cosiddetti ristori dello Stato? Se si sono stati soddisfacenti?

  3. In queste condizioni ci sono i presupposti per proseguire con la sua attività? E con che prospettive?


 


Paolo Musarò, direttore di Villa Zaira (Maglie)


1) Molto male. Abbiamo organizzato cerimonie solo da fine agosto  al 10 ottobre per quelle coppie più coraggiose che non hanno rinviato il loro matrimonio al 2021. Il coraggio ha premiato quelle coppie, perché nell’estate scorsa lo svolgimento del matrimonio non prevedeva l’obbligo di mascherine e distanziamenti. Quest’anno invece è tutto un punto interrogativo.


2) La parola «godere» in questo caso è veramente un eufemismo. Abbiamo ricevuto un’inezia che non è stata nemmeno lontanamente  ristorativa.


3) La filiera del Wedding è  da troppo tempo ferma senza nessun aiuto, proseguendo di questo passo c’è il rischio che molte attività non riaprano. Fortunatamente Villa Zaira è una realtà importante e solida, ma anche l’albero più grande, se scosso troppo, ne risente pesantemente. La nostra intenzione è  quella di riaprire in sicurezza, ma di riaprire. Ci rimboccheremo le maniche ancora di più e proveremo a vedere la luce in fondo al tunnel.


Anna Maria Martines, Maison, (San Donato di Lecce)


1) Decisamente male, ho avuto un calo almeno del 70% rispetto all’anno precedente.


2) Goduto è una parola grossa, i ristori non sono bastati neanche per pagare le bollette.


3) Dovesse continuare così assolutamente no, anche perché tutto ciò che è tasse, contributi, utenze, continuiamo a pagarlo regolarmente.


Enzo Gorgoni, Ottica Gorgoni (Maglie)


1) Ci siamo adeguati, come sicuramente tutte le attività, alle regole di restrizione e indicazioni igienico/sanitarie, cercando di offrire al meglio il nostro servizio considerato essenziale.


2) Per quanto riguarda i cosiddetti ristori, sono arrivati in parte e con ritardo.


3) Ovviamente ce la metteremo tutta per poter proseguire nella nostra professione che dura da ben trentotto anni, sperando che nel più breve tempo possibile e magari grazie ad un piano vaccinale valido, potremo vedere davvero la luce oltre il tunnel.


Laura Marra, Mondadori (Tricase)


1) In questo periodo di emergenza sanitaria la gente si è avvicinata moltissimo alla lettura, tanto da far aumentare le vendite di libri del +23% rispetto al 2019, nonostante del 2020 siano considerati solo 10 mesi e non 12. Si tenga anche conto che le librerie sono state tra le prime attività a riaprire durante il primo lockdown.

2) Gli aiuti sono arrivati tutti e in tempi brevissimi e di questo ne sono molto soddisfatta.


3) Le condizioni per proseguire non hanno bisogno di presupposti, ma di volontà. Le mie prospettive sono molto incoraggianti. Ho sempre avuto la voglia di fare di più, nonostante non ne abbia le possibilità, ma metto davanti a tutto i miei progetti. Il prossimo, che è già in atto, è quello di ingrandire la libreria, creando all’interno una sala lettura, per la presentazione di libri o piccoli eventi, e un reparto dedicato solo ed esclusivamente ai bambini.


Totò Piccini, Magazzini Totò Piccinni (Surano, Depressa e Tricase)


1) Come penso sia accaduto per tutte le altre aziende, ne abbiamo risentito anche noi. Abbiamo cercato di difenderci con tutte le nostre forze, anche ampliando i nostri canali di vendita.


2) Ristori? No, ad oggi non abbiamo ricevuto nulla.


3) Con enormi sforzi e tanto impegno cerco di mantenere la barca a galla, soprattutto perché abbiamo la responsabilità del presente e del futuro di circa 50 dipendenti. Ovviamente conservia- mo la speranza che tutto si risolva per il meglio e che presto possiamo ritrovare una parvenza di normalità che ci consenta anche di lavorare con qualche preoccupazione in meno


Antonia Mauro, Antares (Tricase)


1) Purtroppo in questo anno di emergenza sanitaria le cose sono andate male, siamo stati costretti a fare sconti fuori periodo per poter incassare almeno, ma non del tutto, l soldi per poter pagare i fornitori. Teniamo conto che comunque si usciva da 10 anni di crisi iniziata nel 2008, ci si aspettava una ripresa del mercato… invece col covid….


2) Per quanto riguarda i ristori dello Stato abbiamo goduto ben poco, solo i 600 e i mille euro, e abbiamo ottenuto il finanziamento a tasso agevolato dei 25mila euro che abbiamo richiesto per poter pagare i fornitori. Anche con Draghi non abbiamo potuto accedere al  bonus a fondo perduto e, come noi, parecchi commercianti di Tricase. La recente, nuova chiusura ha rappresentato un ulteriore danno per le imprese. Noi commercianti, che lavoriamo sul programmato, abbiamo inoltrato gli ordini per il prossimo inverno, con tanta paura e senza sapere domani cosa accadrà. Secondo il mio parere i ristori dovevano essere calibrati in proporzione al rischio di impresa e non a pioggia senza nessun criterio. Sono stati elargiti anche a chi non ha avuto danni da tutto ciò, vedi i negozi di alimentari o gli autonomi che hanno pochissimo investimento.


Un spreco di soldi anche i bonus monopattino o i buoni baby sitter per chi lavora in due (quindi con due stipendi): non si sta tenendo conto di chi in questo periodo ha chiuso la partita IVA e, a mio parere, non si è fatto nulla per incentivare la produzione, la vera locomotiva di uno Stato.


3) In questo condizioni io sto cercando con tutte le mie forze di proseguire la mia attività, visto anche la programmazione che sono costretta a fare. Spero di no ma, se continua così, penso che in molti saremmo costretti a chiudere.


Vito Cazzato di Sanitaria Fe.Vi. (Tricase)


1) A noi è andata malissimo per una concomitanza di eventi.


2) Non abbiamo assolutamente goduto dei ristori dello Stato..


3) In queste condizioni non ci sono i presupposti per proseguire l’attività. Nessun aiuto soprattutto per i dipendenti mentre tasse e contributi giorno 16 vanno sempre e comunque pagati! E se non le paghi sono pronte le cartelle esattoriali…


Sonia Maria Congedo della Santoro New Srl (Racale)


1) Nei periodi peggiori, causa di forza maggiore, i nostri operai sono stati in cassaintegrazione… cassa integrazione ridicola: al netto di tutto non era nemmeno il 50% degli stipendi.


2) È arrivato il ristoro dell’azienda. Per tutti i giorni di chiusura forzata, circa… mille euro!


3) Fortunatamente alla riapertura abbiamo lavorato normalmente con un calo tutto sommato sostenibile. Presumiamo di andare avanti normalmente sperando che il covid sia presto arginato con la campagna vaccinale. Non dovesse avvenire in tempi rapidi, però, la situazione si aggraverebbe.


Ed a voi com’è andata? Dite la vostra, scrivete a info@ilgallo.it


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Comitati feste per cosa? Devozione o occasioni per eventi, sagre, fiere e lucro?

Far partecipare fisicamente e coinvolgere in una festa diventa anche un compito educativo per far incontrare e dialogare le persone, il coinvolgimento è necessario per far crescere la comunità ed è una delle sfide che ci attende se si vuole essere una società civile in cui tutti si sentano veramente e responsabilmente di far parte…

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di Hervé Cavallera

Le sagre paesane, volte di solito a celebrare il Santo patrono (feste patronali), ma anche positivi eventi come il raccolto o un particolare cibo, si perdono, per così dire, nella notte dei tempi.
Il Salento, come ogni parte d’Italia, ne vanta tantissime e non si può elencarle tutte, considerando i tanti centri della provincia di Lecce.

Ad esse naturalmente sono da aggiungere le Festività nazionali religiose e civili come Natale, Capodanno, la Festa delle Repubblica e così via.

Una volta, la festa era sempre accolta con particolare gioia soprattutto dai bambini e ragazzi. Basti ricordare che già la domenica era un giorno felice in quanto non si andava a scuola.  Poi nella festa patronale e in quelle importanti vi erano i dolci, alcuni propri della festa. Inoltre, vi erano le fiere e i piccoli vedevano e chiedevano ai genitori l’acquisto dei giocattoli. Era il momento dell’incontro e delle curiosità, come attraevano le bande musicali che, suonando, percorrevano le strade.

Chi non è più giovane ricorda molto bene che le feste rappresentavano per la comunità in cui si viveva un momento nel quale si interrompeva la routine di una realtà prevalentemente agricola, e quindi scandita dalle stagioni e dalla levata e dal tramonto del sole, e ci si riuniva nella pubblica piazza liberamente e allegramente, e si comunicava.

Il clima festaiolo era di fatto per lo più connesso con l’evento religioso che trovava (e trova) per il pubblico il momento più appariscente nella processione con la statua del Santo.

Di fatto i buoni pranzi e quant’altro non erano che una forma di testimonianza della benevolenza del Patrono a cui andava il ringraziamento solenne. Di qui lo spettacolo delle luminarie, per alcune delle quali il Salento è noto in tutta Italia.

Accadeva – e accade tutt’oggi –  che tra paesi o tra frazioni dello stesso paese si facesse a gara a chi riusciva a realizzare il festeggiamento più spettacolare. Il che ha condotto, dappertutto nella Penisola, a spostare l’attenzione dalla celebrazione liturgica in sé alla festa come spettacolo.

L’elemento laico ha finito col prevalere su quello religioso con la presenza di cantanti, ghiottonerie, balli e tant’altro. Questo sempre a prescindere dalle sagre chiaramente mangerecce come a Tricase la Sagra di San Vito Cucuzza e Cadduzzu» (9 agosto) e la Sagra de la Pasta fatta a casa (17 agosto, frazione di Depressa) per fare qualche esempio di sagre che hanno caratterizzato un determinato prodotto.

Ora, che le festività patronali e le sagre continuino ad esserci è un fatto chiaramente positivo in quanto rappresentano la nostra tradizione, solo che si stanno risolvendo, alcune volte, in puro spettacolo volto alla promozione turistica e al guadagno (basti pensare alla “Notte della Taranta” che è divenuto un notissimo e fortunato festival della canzone popolare, ma che ha perduto ogni rapporto con l’ancestrale fenomeno del tarantismo).

Sotto tale profilo sono soprattutto da tenere presenti le festività religiose, dove la celebrazione del sacro dovrebbe essere prevalente e veramente sentita.

Tali feste, infatti, non hanno alcun scopo di lucro, anche se in alcune le spese per luminarie e complessi musicali sono ingenti e non mancano le difficoltà a far quadrare il bilancio.

Né solo questo. È in forte crescita, purtroppo, il fenomeno della denatalità. I giovani sono sempre meno e talvolta disattenti alle tradizioni. Il mondo dei social networks è per lo più quello della comunicazione quotidiana, dell’immersione nel contingente.

Avviene così che viene meno quel cambio generazionale che vi è stato per secoli e i componenti dei comitati festa, i quali curano l’aspetto esteriore delle feste religiose dedicate alla Madonna e ai Santi venerati nella parrocchia di appartenenza, non hanno il naturale ricambio, spesso apportatore di nuove idee.

Così, generalizzando un discorso che ovviamente è diverso variando i luoghi e le persone, si rischia, soprattutto per le feste patronali, che tutto si traduca in un déjà vu, in un prodotto già visto e quindi poco attraente.  Tuttavia, occorre non confondere due elementi che sono diversi e, però, accomunati.

Il primo e fondamentale è la venerazione del Santo Protettore, con le cerimonie sacre pertinenti che riguardano esplicitamente il Parroco e nel quale si manifesta la liturgia propria del culto. Il secondo è il bisogno di accrescere la partecipazione della comunità attraverso manifestazioni non ripetitive e che coinvolgano i giovani e non solo i giovani.

L’accortezza è appunto quella di conservare il passato nei suoi elementi qualificanti, i quali consentono di non perdere l’identità di una cultura, di un luogo, in un mondo in cui tutto sembra invece omologarsi e smarrirsi nel contingente, e al tempo stesso arricchire la manifestazione con innovazioni mirate al coinvolgimento dei presenti.

La festa è un fatto corale, di partecipazione collettiva e non un mero spettacolo a cui si assiste da estranei. Occorre sentirsi parte della comunità. Ciò è oggi molto difficile poiché si tende a vivere una comunicazione virtuale, tramite i social.

Per tale motivo, far partecipare fisicamente e coinvolgere in una festa diventa anche un compito educativo per far incontrare e dialogare le persone. Si capisce che tutto questo non è facile, ma il coinvolgimento è necessario per far crescere la comunità ed è una delle sfide che ci attende se si vuole essere una società civile in cui tutti si sentano veramente e responsabilmente di far parte.

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Insidie comuni nelle scommesse non AAMS per gli italiani

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Il mondo delle scommesse non aams sta avendo sempre maggior seguito soprattutto negli appassionati di betting più giovani e smart capaci di utilizzare al meglio le nuove tecnologie.Tuttavia, molte persone scelgono siti come casino online non aams paypal proprio per la sicurezza offerta dai metodi di pagamento digitali come PayPal, che forniscono protezione nelle transazioni. Ma i luoghi comuni e i pregiudizi sui bookmakers non aams continuano ad essere molti. In special luogo gli italiani credono che le piattaforme di betting straniere nascondono delle insidie. In questo articolo analizziamo le 5 insidie più comuni per le scommesse non aams e ti diamo anche la soluzione per superarle senza problemi.

Legalità dei siti di scommesse non aams.

Insidia – I detrattori dei bookmakers non aams sottolineano sempre il fatto che questi siti, non avendo una regolare concessione aams o adm, non siano legali. Questo crea nel giocatori paura di incorrere in multe se aprono un conto gioco su questi siti in quanto questo comporterebbe un’azione di fatto illegale.

Soluzione – E’ vero, ci sono alcuni siti di scommesse non aams che sono illegali ma sono quelli che sono sprovvisti di licenza internazionale ed in genere sono quelli con sede operativa nei paesi dell’est. Ecco perchè è molto importante che prima di aprire un account su un sito di betting ti assicuri che l’azienda in questione sia totalmente regolarizzata in una di queste giurisdizioni: Malta, Gibilterra o Curacao. Questi 3 stati hanno enti regolatori molto severi e impeccabili a garantiscono la piena legalità dei sito. 

Sicurezza dei bookmakers non aams

Insidia – Chi non apprezza i siti di scommesse non aams ti dirà sempre la stessa cosa, ovvero che queste piattaforme non sono sicure sia a livello di protezione dei dati personali che della condivisione stessa dei dati.

Soluzione – Assicurati che il bookmakers non aams su cui vuoi scommettere garantisca l’utilizzo di crittografia SSL, di protocolli anti-riciclaggio, di strumenti per password e accessi sicuri. In questo modo sarai certo al 100% che il bookmaker non aams su cui stai giocando sia sicuro e affidabile come un qualsiasi sito aams o adm.

Blocchi dei siti di scommesse non aams

Insidia – Gli scommettitori che hanno avuto brutte esperienze con siti poco affidabili hanno denunciato chiusure dei conti gioco improvvise con conseguente perdita di denaro. O ancora che il sito di scommesse non aams in questione, da un giorno all’altro, non sia più raggiungibile al solito indirizzo. O ancora il blocco da parte di aams della piattaforma o peggio ancora il fallimento della società stessa.

Soluzione – Prima di aprire un conto su un sito di scommesse non aams fai comparazione utilizzando i siti che confrontano decine e decine di piattaforme fra loro. Affidati sia alle recensioni che ai commenti degli utenti. Solo in questo modo sarai certo che il bookmaker non aams che ha scelto sia preparato in caso di blocco di aams cambiando url in maniera rapida e comunicandola via email o sms o whatsapp agli user. 

Bonus e promozioni nei bookmakers non aams

Insidia – Chi utilizza solo siti con concessione governativa e non ha mai giocato su siti di scommesse non aams crede che i bonus presenti in queste piattaforme non siano reali e non vengano elargiti ma siano solo degli specchietti per le allodole.

Soluzione – Ovviamente questa credenza è falsa. Anzi, ti diciamo di più: i bonus, le promozioni e le offerte speciali presenti sui siti di scommesse non aams sono molto più convenienti per gli utenti rispetto a quelli dei cosiddetti “.it”. Ti consigliamo comunque di leggere ogni volta il regolamento dei vari bonus per conoscere in anticipo i requisiti per riscattarlo.

Pagamenti delle vincite nei siti non aams

Insidia – Una delle critiche maggiori di chi non ama i bookmakers non aams è quella di dire che queste aziende non pagano le vincita, specialmente quelle più grosse.

Soluzione – Anche in questo caso è un attacco gratuito e non veritiero a un mondo, quello dei siti di scommesse non aams serio e professionale come lo è quello del betting con concessione nazionale.

I depositi e i prelievi, anche in criptovalute, sono garantiti al 100% su tutti i siti di scommesse non aams che hanno un’autorizzazione internazionale.

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Scuola, alla ricerca dell’attenzione perduta

Vietato l’uso dei cellulari in classe: l’uomo non è più un animale sociale, bensì collegato; ma è un collegamento digitale meramente virtuale, nel quale si rimane risolutamente soli

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di Hervé Cavallera

Sta suscitando non poco rumore sui social e nelle stesse scuole la notizia della circolare del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara, circolare che vieta agli alunni della scuola elementare e media l’uso del cellulare in classe, potendo essere causa di distrazione. Naturalmente il divieto non riguarda l’utilizzazione di tablet o computer per fini didattici sotto la guida degli insegnanti.

In una società ormai abituata discutere immediatamente di tutto e su tutto, si sono manifestati diversi punti di vista. Tra coloro che sono stati da subito contrari alla circolare c’è chi ha pensato ad un assurdo ritorno al passato, chi ha paventato che l’alunno non possa comunicare eventuali e urgenti bisogni ai genitori e viceversa, chi ha ritenuto che fosse un primo passo contro la libertà di informazione e così via.

In realtà, occorre vedere le cose più serenamente e collegarle sia all’età degli alunni sia al contesto scuola.

Quest’ultima ha il compito primario di formare la personalità degli alunni, ancora minorenni, sia da un punto di vista culturale sia sociale sia morale.

Ne segue di conseguenza, come è sempre stato, che chi va scuola deve essere attento a quello che gli insegnanti spiegano e non deve distrarsi, se non nei momenti della normale ricreazione, come già una volta si sapeva, ricreazione che serve anche a favorire la relazione tra coetanei.

Alla luce di tutto ciò, è chiaro che il cellulare non è qualcosa di insostituibile, anche perché in caso di un reale e impellente bisogno comunicativo scuola e genitori possono benissimo ricorrere ai propri cellulari.

Si aggiunga poi che se qualche alunno non avesse il cellulare, ciò potrebbe generare in lui uno stato di minorità rispetto a quelli che lo possiedono.

E poi ci sono cellulari e cellulari, da quelli meno costosi a quelli più costosi.

Anche questo potrebbe provocare lo stato di disagio per bambini e ragazzi che non lo possiedono o ne hanno qualcuno di bassa qualità.

D’altronde, una volta si ricorreva appunto al grembiule per evitare che si potessero fare confronti tra chi vestiva bene e chi no.

Per tale ragione, il fatto che nessuno in classe abbia il cellulare elimina possibili discriminazioni.

Ma vi è un altro aspetto da evidenziare.

Il cellulare o smartphone non è un mero telefonino.

Come tutti sappiamo è un piccolo computer che consente una infinità di accessi, tanto che, particolarmente nella delicata fase dell’età evolutiva costituita dalla fanciullezza e pubertà, ossia dalla prima adolescenza, sarebbe auspicabile che i genitori curassero con estrema attenzione l’uso che ne fanno i figli.

Si pensi all’accesso ai diversi giochi e dagli esperti da tempo si parla della presenza di una diffusa e pericolosa dipendenza dai videogiochi.

Lo strumento infatti – e noi adulti ben lo sappiamo – non è solo un mezzo di comunicare con qualcuno, ma consente una varietà di notizie, sì che per l’aggiornamento sui fatti quotidiani noi stessi ricorriamo alle informazioni che si trovano tramite lo smartphone.

Così un po’ tutti smanettiamo quasi ossessivamente sul cellulare, acquisendo una complessa dipendenza.

Sotto tale profilo, è chiaro che all’interno dell’ambito scolastico l’uso personale del cellulare può effettivamente produrre delle distrazioni che non sono ammissibili per chi deve seguire delle lezioni. Per tutte queste ragioni, che nella scuola elementare e media si eviti l’uso del cellulare non vi è nulla di male, proprio perché il divieto è in funzione del fatto che gli alunni si possano concentrare sul processo di apprendimento e sui normali rapporti con i compagni di classe.

Tuttavia, proprio il fatto che la notizia della circolare abbia provocato un dibattito complesso in cui sono emersi consensi e dissensi, induce ad ulteriori considerazioni.  C’è chi ha percepito il divieto, se non altro in cuor suo, come un impedimento ad un legittimo strumento che si porta sempre con sé.

Il che significa che gli adulti, più che i bambini e i ragazzi, hanno in vario modo associato la propria esistenza all’uso del digitale, e nella fattispecie del cellulare di cui non si riesce a fare a meno.

IL MONDO DELLE PULSIONI

Indubbiamente vi sono motivi più che giustificabili, quale la possibilità di comunicare con chicchessia quando necessario.

Non è solo tale (giustificato) motivo.

Con una battuta – e semplificando un discorso più complesso – possiamo dire che l’uomo oggi più che dialogare con il prossimo con parole o per iscritto, non fa altro che digitare.

Si informa di tutto ed è in contatto con tutti sì da creare personaggi che determinano i costumi (i cosiddetti influencers) con un enorme numero di seguaci (followers).

Del resto, è difficile per ognuno di noi non far parte di gruppi (Facebook, Instagram ecc.) e non ricorrere a WhatsApp.

Per usare un’immagine ad effetto, l’uomo non è più un animale sociale, bensì un animale collegato; ma è un collegamento digitale meramente virtuale, nel quale si rimane risolutamente soli.

Il mondo della informazione non è il mondo né dell’amicizia, né della compartecipazione reale, bensì delle notizie e talvolta delle manifestazioni immediate dei propri punti di vista, delle emotività.

Vi è la possibilità (non astratta) che prevalga il mondo delle pulsioni e non quello della ragione, della ponderatezza.

Per questo credo sia bene che nella scuola continui ad esistere il dialogo interpersonale tra docenti e discenti e che esso non venga turbato da distrazioni artificiali.

L’Intelligenza artificiale dice che…

Cellulari vietati in classe dalla Scuola dell’Infanzia fino alla scuola media: abbiamo chiesto a ChatGPT cosa ne pensasse.

Secondo l’intelligenza artificiale, vietare gli smartphone a scuola può essere giustificato da diverse ragioni legate sia all’educazione che al benessere degli studenti.

Ecco alcune delle motivazioni principali.

Distrazione: gli smartphone possono essere una fonte significativa di distrazione, sia durante le lezioni che nei momenti di studio. La presenza di notifiche, social media e giochi può rendere difficile per gli studenti concentrarsi su ciò che viene insegnato.

Prestazioni accademiche: studi hanno dimostrato che l’uso degli smartphone in classe può avere un impatto negativo sulle prestazioni accademiche. Gli studenti che utilizzano meno il telefono tendono a ottenere risultati migliori.

Cyberbullismo: gli smartphone possono facilitare episodi di cyberbullismo tra studenti. Limitando l’accesso ai dispositivi durante l’orario scolastico, si può contribuire a ridurre questi episodi.

Benessere psicologico: l’uso eccessivo dello smartphone è stato associato a problemi di ansia, depressione e stress tra i giovani. Vietare o limitare l’uso dei dispositivi può aiutare a promuovere un ambiente scolastico più sano e meno stressante.

Socializzazione: durante le pause, l’assenza degli smartphone incoraggia gli studenti a interagire direttamente tra loro, favorendo lo sviluppo di competenze sociali e relazionali importanti.

Sicurezza: gli smartphone possono essere utilizzati per filmare o fotografare altre persone senza il loro consenso, causando potenziali problemi di privacy e sicurezza.

Accesso a contenuti inappropriati: dli smartphone offrono un accesso diretto a internet, dove è possibile trovare contenuti non adatti ai ragazzi. Limitare l’uso dei dispositivi può ridurre il rischio di esposizione a tali contenuti.

In sintesi, per ChatGPT, vietare gli smartphone a scuola mira a creare un ambiente più favorevole all’apprendimento, proteggere il benessere psicologico degli studenti e promuovere una maggiore interazione sociale e concentrazione. Ovviamente questa è solo la posizione dell’AI, il dibattito resta aperto…

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