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Cronaca

Resoconto Lilt: oltre 2300 morti di cancro in un anno in provincia

Aumenta in modo preoccupante la diffusione del tumore giovanile. Questa, ed altre patologie, in larga misura prevenibili

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Grande partecipazione, ieri, al XIV Corso “Ambiente e Salute” dedicato ai “Primi Stati Generali della Prevenzione dei Tumori nel Salento (SGPT)” e organizzato dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) di Lecce nel Centro Ecotekne dell’Università del Salento.
L’Aula Y1 dell’Edificio “Angelo Rizzo” era gremita di studenti, cittadini, rappresentanti delle Istituzioni accademiche, civili e politiche e dei numerosi Enti (ordini professionali, associazioni di categoria, sindacati ed altre organizzazioni territoriali) che hanno aderito e partecipato al progetto SGPT. Ospite d’onore, il prof. Silvio Garattini, 93 anni, fondatore e presidente dell’Istituto di Ricerche farmacologiche “Mario Negri” che ha tenuto una lezione magistrale sul tema “Il futuro della nostra Salute”.





“Consegniamo oggi alla Regione Puglia e a tutte le Istituzioni presenti i risultati di un lungo lavoro di concertazione scientifica e sociale sul tema della Prevenzione dei tumori, che abbiamo riassunto nel Libro Bianco e nella Risoluzione finale degli SGPT, una vera e propria Proposta di Azione, quest’ultima, che ci auguriamo possa ispirare le future azioni politiche dei Governi ai vari livelli, affinché si creino davvero le condizioni per una cultura collettiva della Prevenzione del cancro, non solo secondaria e terziaria, ma anche e soprattutto primaria”, hanno detto gli oncologi Carmine Cerullo e Giuseppe Serravezza, rispettivamente presidente e direttore scientifico della LILT di Lecce.





“Rafforzare la conoscenza delle cause del cancro – hanno evidenziato – è un imperativo ineludibile per agire a monte sui fattori di rischio comportamentali, occupazionali e ambientali, e per promuovere misure protettive. Per questo servono un netto cambio di strategia e nuovi approcci: la conoscenza sui fattori di rischio deve essere trasmessa meglio e la prevenzione del cancro deve diventare un obiettivo trasversale di progetti e politiche pubbliche, che devono integrarsi. Dobbiamo avere il coraggio di andare ‘oltre gli screening’ che, pur essendo fondamentali ai fini della diagnosi precoce della malattia, nulla possono fare per abbattere l’incidenza, ossia l’insorgere di nuovi casi di tumore. Solo scelte coraggiose in tema di Salute e Ambiente – hanno ribadito i due oncologi – potranno fermare l’epidemia di tumori in corso ormai da anni”.





Le proposte presentate dalla LILT di Lecce e contenute nel “Libro Bianco” sono la sintesi del lavoro svolto tra il 2019 e il 2021 con il progetto SGPT, realizzato in collaborazione con l’Università del Salento, l’Ufficio Scolastico Provinciale, l’Asl di Lecce e la Provincia di Lecce, con la partecipazione di numerosi ordini professionali (Medici, Psicologi, Giornalisti, Avvocati, Architetti, Ingegneri, Periti Industriali, Geometri, Commercialisti, Agronomi), associazioni di categoria (Confindustria Lecce, Confartigianato Imprese Lecce, Confcommercio Lecce, Cia Turismo Verde Lecce, FenImprese Lecce), sindacati (Cgil, Cisl e Uil di Lecce), associazioni ambientaliste (Italia Nostra Sud Salento, Forum Ambiente e Salute) ed il coinvolgimento di ben 25 Istituti comprensivi del territorio.





In apertura del convegno, un intenso e accorato appello pronunciato dalla giovanissima Gloria Gabellone, 9 anni, dell’Istituto comprensivo Polo 2 di Gallipoli che ha partecipato al progetto SGPT:
“La salute è il bene più prezioso che abbiamo, però deve essere tutelato giorno dopo giorno, quando c’è e non quando si presenta il problema (…) Lasciateci un mare celeste e non pieno di bottiglie, lasciateci l’aria pulita e non i fumi grigi, lasciateci il verde al posto del cemento, lasciateci la speranza che andrà tutto bene! E il futuro, che siamo noi, tornerà al passato…a quello bello, a quello che mi raccontano i nonni, a quello incontaminato, pulito, semplice!”.





Per i saluti hanno preso la parola il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e l’assessore regionale alla Sanità Pier Luigi Lopalco, entrambi in collegamento da remoto, poi il presidente nazionale LILT Francesco Schittulli, la presidente del neonato Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia MedTec dell’Università del Salento Luisa Siculella, il direttore generale dell’Asl di Lecce Rodolfo Rollo, il presidente dell’Ordine dei Medici Donato De Giorgi, il consigliere provinciale delegato alla Tutela e Valorizzazione ambientale Fabio Tarantino ed il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini.




È seguita la lezione magistrale di Silvio Garattini sul tema “Il futuro della nostra Salute”: una riflessione chiara ed illuminante sul ruolo-chiave della Prevenzione, ma anche sull’importanza del Servizio Sanitario Nazionale e dei cambiamenti necessari.
Più del 50 per cento delle malattie croniche (diabete, insufficienza cardiaca, respiratoria, renale e così via) sono evitabili, – ha detto – come pure il 30 per cento delle demenze senili e più del 70 per cento dei tumori, eppure muoiono 150mila persone all’anno di tumore in Italia. Basterebbe adottare i cosiddetti buoni stili di vita (niente sigarette, alcol, sedentarietà, sana alimentazione, ecc.), che dipendono da noi e dalla società civile che deve facilitarne la realizzazione. La Prevenzione deve cominciare dalla scuola, deve permeare la formazione del medico e di dirigenti sanitari e deve rappresentare una priorità. La comparsa delle malattie deve essere considerata il fallimento della medicina”. Garattini ha quindi evidenziato quanto in Italia la Prevenzione “sia del tutto trascurata, essendo più semplice ed economicamente vantaggioso sviluppare ricerca sul fronte delle terapie”.





La Prevenzione è qualcosa che abbiamo dimenticato in Medicina, – ha rimarcato – non ne parliamo perché la Prevenzione è in netto conflitto di interessi col mercato. La Prevenzione taglia il mercato perché evita malattie, la maggior parte delle malattie non piove dal cielo, ma siamo noi che ce le autoinfliggiamo e magari poi ci lamentiamo perché arrivano”.





Il farmacologo ha poi affrontato diversi temi, da quello dell’abuso di integratori, “che fanno bene solo a chi li vende, perché a chi li compra basterebbe correggere il tipo di alimenti che consuma”) alla mancanza di informazione e ricerca scientifica indipendenti (“Oggi il medico prende informazioni solo dagli informatori farmaceutici e la ricerca è condotta soprattutto dalla grande industria”) e di potenziare servizi come la telemedicina (“C’è poca medicina del territorio, tante volte il paziente ha solo bisogno di parlare con uno specialista, di essere rassicurato”).
Un ampio passaggio della sua lectio è stato dedicato, inoltre, al ruolo fondamentale del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e dei cambiamenti necessari. “Il futuro della nostra Salute – ha affermato – dipende molto dal nostro Servizio Sanitario Nazionale, un bene straordinario di cui pochi conoscono il vantaggio, perché non sanno cosa c’era prima del SSN. Dobbiamo migliorarlo, potenziarlo, perché il Covid ci ha sicuramente fatto vedere meglio alcune aree di debolezza. Occorre investire di più e meglio, ad esempio, nella medicina del territorio, creando le cosiddette Case della comunità o della Salute dove mettere insieme più medici che collaborino per mantenere aperti gli ambulatori sette giorni alla settimana”.





Il presidente del “Mario Negri” ha concluso con un’esortazione ad “esportare a livello nazionale progetti come questo proposto dalla Lilt di Lecce, per attuare una vera e propria rivoluzione culturale sul tema della Prevenzione dei tumori”.





Il convegno, moderato dalla giornalista Tiziana Colluto, è proseguito con la presentazione dei risultati delle 3 azioni previste dal progetto “Primi Stati Generali della Prevenzione dei Tumori nel Salento”. Il sociologo Luigi Spedicato, coordinatore del progetto SGPT per l’Università del Salento, ha illustrato il lavoro svolto nell’ambito dei 10 Laboratori tematici sulla Prevenzione dei Tumori, che hanno visto la partecipazione di numerosi docenti dell’Ateneo unitamente ai rappresentanti di ordini professionali, associazioni di categoria, sindacati ed altre associazioni territoriali; poi Anna Lucia Rapanà, psicologa e formatrice LILT Lecce, ha parlato del grande lavoro svolto dagli operatori Lilt nelle scuole durante l’anno scolastico 2020/2021, presso 25 istituti comprensivi della provincia e con studenti tra i 9 e i 14 anni, chiamati a riflettere sul tema della prevenzione primaria, in particolare sui fattori di rischio comportamentali ed ambientali, e ad avanzare proposte (“Se io fossi Ministro…”) nell’ambito del “Parlamento dei ragazzi”; infine, Giovanni Zizzari, consulente informatico e data manager, ha illustrato i risultati della consultazione on line sui temi della Prevenzione.





In chiusura, l’oncologo Giuseppe Serravezza, richiamando vigorosamente l’attenzione sulle ragioni che hanno spinto la LILT di Lecce a progettare i Primi SGPT nel Salento, ha posto l’accento sul drammatico aumento dei tumori, che colpisce anche la provincia di Lecce, dove purtroppo resta alta alta anche la mortalità oncologica (2340 decessi per tumore registrati nel 2018 a Lecce e provincia, secondo gli ultimi dati Istat disponibili), con un tasso che si conferma superiore alla media nazionale per cancro al polmone e vescica negli uomini, nonché per tumore della mammella. “Quel che più preoccupa – ha aggiunto Serravezza – è l’esplosione dell’incidenza, con l’aumento dei casi di tumori che riguarda sempre più anche i giovani. Per questo la situazione richiede un cambio di paradigma nell’affrontare la malattia, – ha concluso – chiamando tutta la società a riflettere e ad adottare misure adeguate ed efficaci per contrastare un fenomeno che il solo apporto della cura, affidato ai medici, non è in grado di arginare”.


Cronaca

Incendio sul litorale di Salve: ecco il CanadAir

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Un vasto incendio è divampato questa mattina tra Torre Pali e Pescoluse, nella zona costiera di Salve, nel basso Salento.

Le fiamme hanno interessato l’area di macchia mediterranea, minacciando diverse villette estive e la strada provinciale, invasa dal fumo e chiusa al traffico.

Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, per garantire lo svolgimento delle operazioni di spegnimento e impedire che le fiamme raggiungessero anche le spiagge di Pescoluse.

Fumo trasportato verso il mare: bagnanti allontanati

Il vento ha portato il fumo direttamente verso la costa, invadendo un tratto di spiaggia. Le nuvole nere hanno reso l’aria irrespirabile, costringendo molti dei bagnanti presenti a interrompere il bagno e lasciare la spiaggia.

Necessario un CanadAir

Non si registrano feriti o vittime.

Tuttavia, le fiamme hanno continuato ad espandersi e per riuscire a circoscriverle si è reso necessario l’intervento di un CanadAir, entrato in azione attorno alle 16.

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Cronaca

Maglie: defunti in ostaggio dei vivi

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di Lorenzo Zito

La coscienza popolare insegna che la morte non guarda in faccia a nessuno.

Eppure, a Maglie il trapasso non è sempre una livella, come recitava il grande Totò.

C’è un fenomeno in città che serpeggia sottotraccia e che riguarda la gestione del cimitero comunale, per alcuni migliorabile.

Capita, di tanto in tanto (ma nemmeno così troppo), che i loculi disponibili per le tumulazioni si esauriscano, a danno dei defunti che si ritrovano a dover attendere un posto dove poter riposare in eterno.

I nostri son piccoli centri: ne deriva che, fortunatamente, l’effetto non è quello di alcune grandi città del nostro Mezzogiorno, dove interi depositi si ritrovano a fungere da sale d’attesa per la sepoltura.

Tuttavia, anche a Maglie qualcosa di anomalo perdura, come da noi verificato, dopo che, in questi mesi, più d’una voce si era approssimata a riguardo all’orecchio della nostra redazione.

TRA POLITICA E CONFRATERNITE

L’attuale contesto è figlio di più contingenze.

Una di queste sembra essere una scelta politica intrapresa qualche amministrazione fa.

Circa 15 anni or sono, furono realizzati nuovi loculi e fu pubblicato un bando per la loro cessione ai cittadini attraverso un’azienda privata.

L’appalto fu vinto da una ditta che aveva mandato di cederli in serie (da 3, 6 o 9) a famiglie che volevano riservarsi uno spazio all’interno del cimitero cittadino.

Alcuni anni dopo la vendita in serie fu sciolta, procedendo (sotto l’amministrazione guidata da Antonio Fitto) alla vendita di ciascun loculo singolarmente.

Fu così che tutti i nuovi spazi furono ceduti a privati, lasciando chiaramente quella porzione di cittadinanza che non aveva voluto o non aveva potuto provvedere all’acquisto, sprovvista di una propria nicchia.

«TALVOLTA È CAPITATO»

Eccoci quindi arrivare ai giorni nostri, il cui contesto, per esser al meglio interpretato, necessita anche di una seconda prospettiva.

Quella inerente al ruolo delle confraternite cittadine.

A Maglie esistono quattro confraternite.

La Confraternita della Maria SS. Addolorata; la Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia; la Madonna delle Grazie e quella dei SS. Medici, che peraltro è tra le più grandi di Puglia (oltre 4mila confratelli).

Come accade quasi in ogni Comune, ciascuna confraternita possiede una cappella e dei loculi dedicati ai propri defunti all’interno del cimitero comunale.

Incontrando e dialogando con alcuni rappresentanti di queste, abbiamo avuto conferma di quanto si dice in paese: «talvolta è capitato» che arrivasse qualche chiamata per richiederci la disponibilità di loculi da far utilizzare a persone estranee alle confraternite. Così come talvolta capita che alcuni di questi loculi siano stati assegnati a dei non iscritti (magari negli spazi meno ambiti, come le ultime file della cappella, ci spiega qualcuno), per venire incontro alle richieste che si susseguono. La stessa cronaca lo racconta: la giovane magliese tragicamente scomparsa a Napoli lo scorso dicembre, in seguito all’incendio che ha colpito il B&B dove alloggiava, è stata tumulata tra i defunti della Fraternità di Maglie dell’Ordine Francescano Secolare di Puglia, pur non essendone consorella.

Ecco allora che, leggendo tra le righe, qualcuno si spinge finalmente oltre e trova il coraggio di darci la sua lettura: da un lato, le confraternite vengono utilizzate come stampella per sopperire alla carenza di loculi pubblici; dall’altro, le stesse sono diventate l’approdo prediletto di chi, non volendo finire nella lotteria delle sepolture e non essendo disposto ad acquistare un loculo tutto per sé, si iscrive alla confraternita per pensare alla morte con meno patemi.

«Non prendiamoci in giro», commenta un esponente di una delle quattro confraternite, che preferisce restare anonimo, «in tanti oggi si uniscono alle confraternite non certo per fede, ma proprio per avere la certezza (in cambio di un obolo contenuto) di una sepoltura degna, all’interno di un contesto decoroso, come quello delle nostre cappelle, piuttosto che negli spazi pubblici, lasciati al degrado».

Controtendenza nella controtendenza, oltre al picco di devozione registrato a mo’ di indulto, si segnala anche un altro fenomeno: in un periodo storico in cui le famiglie tendono a perpetrare la sepoltura dei propri cari (anche ben oltre i 30 anni), sempre di più sarebbero a Maglie i confratelli che, per ottenere uno spazio all’interno delle cappelle, procedono alla dissepoltura di famigliari mancati da lungo tempo per far spazio ai propri cari defunti recentemente.

Da un lato quindi i loculi privati, già ceduti ai cittadini che si sono potuti permettere un posto da cui osservarsi nell’aldilà. Dall’altro le confraternite, che dispongono di una riserva di loculi, a volte croce ed altre delizia. A ciò si aggiunga un’altra informazione che, tra i denti, sfugge alle chiacchierate intercorse in questi giorni, sempre con alcune delle suddette confraternite: non di rado, vengono effettuate delle sepolture temporanee, nell’attesa di traslare la salma in loculi idonei non appena se ne presenti la possibilità.

«UN BISOGNO, NON UN’EMERGENZA»

Ma quando si presenta questa possibilità?

Lo dice, implicitamente, il sindaco facente funzioni, Antonio Fitto – già primo cittadino della città tra il 1997 e il 2000 – oggi subentrato in qualità di consigliere comunale più anziano, a seguito della sospensione del sindaco uscente Ernesto Toma, attualmente agli arresti domiciliari per presunti reati contro la pubblica amministrazione, come emerso da recenti inchieste giudiziarie.

«Non parlerei di emergenza», ci spiega Fitto, «al più di qualche estemporanea criticità. L’ultima volta in cui ricordo che una salma abbia dovuto attendere per la tumulazione risale al 2023».

«La nostra amministrazione», continua, «ha già previsto risorse da destinare alla costruzione di nuovi loculi. Attività non ancora partita solo per via di un avvicendamento negli uffici comunali, che ha rallentato l’iter. L’intenzione», ammette infine, «è quella di non dover più inseguire le estumulazioni».

L’AGO DELLA BILANCIA

Sono quindi le estumulazioni il vero ago della bilancia.

L’unico elemento in grado di garantire nuovi posti ai nuovi defunti.

L’idea del Comune per venir meno a questa dinamica, tuttavia, sembra quella di replicare le misure di qualche anno fa: «Realizzeremo dei nuovi loculi a schiera, che saranno messi in vendita. In questo modo, il Comune potrà rientrare delle somme investite».

Emerge insomma un dato evidente: i loculi disponibili sono terminati, e oggi si “insegue” l’estumulazione per fare spazio. E se è vero che presto si procederà alla realizzazione di nuovi loculi, è altrettanto vero che questi verranno messi in vendita.

Ciò significa che, una volta acquistati da cittadini ancora in vita – desiderosi di garantirsi uno spazio per il futuro – il ritorno alla situazione attuale è più che un rischio.

Sul tema ha preso parola anche il gruppo consigliare all’opposizione, Maje Noscia, affermando che «la gestione del cimitero va completamente ripensata, anche adottando un nuovo Piano Regolatore Cimiteriale. Le attuali criticità sono figlie anche della scelta compiuta dall’amministrazione nel 2010, all’epoca guidata da Antonio Fitto, che ha ritenuto affidare in concessione ad un’impresa privata i lavori inerenti alla realizzazione delle opere di urbanizzazione del cimitero (la cui cattiva esecuzione dei lavori è sotto gli occhi di tutti), in cambio del diritto del privato a realizzare e vendere 21 edicole funerarie, oltre che circa 700 singoli loculi».

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Attualità

«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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