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Attualità

Cancer Plan della Ue: accolti emendamenti, vino salentino salvo

Unione europea accoglie emendamenti. Il presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci, «Scongiurate norme che avrebbero penalizzato l’attività delle aziende salentine e annullato millenni di cultura del vino, che fa parte della storia della nostra terra». Il presidente di Confindustria Lecce Nicola Delle Donne ed il presidente della Sezione Industrie Alimentari Cesare Spinelli: «Il Parlamento europeo ha accolto le nostre istanze grazie all’impegno dei rappresentanti istituzionali del territorio che ringraziamo e che hanno presentato emendamenti volti a riequilibrare norme e linee di indirizzo i cui effetti potevano essere devastanti»

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Il vino salentino ed italiano sono salvi: il Parlamento Ue, nella plenaria di Strasburgo, ha detto sì, a maggioranza, agli emendamenti presentati dagli italiani Paolo De Castro ed Herbert Dorfmann alla relazione Beca sul Beating Cancer Plan Ue, che, di fatto, tra le altre cose, ripristinano la distinzione tra uso e abuso, togliendo dalla relazione il concetto di “no safe level” nel consumo di vino e alcolici, ed arginando la raccomandazione prevista di “health warnings” in etichetta, dove invece potrebbero essere inseriti messaggi su consumo responsabile.


«Il Parlamento Europeo salva quasi diecimila anni di storia del vino le cui prime tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso mentre in Italia si hanno riscontri in Sicilia già a partire dal 4100 a.c», commenta subito a caldo la Coldiretti, con il presidente Ettore Prandini che ringrazia «per il lavoro di squadra i parlamentari italiani per la difesa di un settore che vale 12 miliardi di fatturato dei quali 7,1 miliardi di export e offre direttamente o indirettamente occupazione a 1,3 milioni di persone».


«È stato respinto il tentativo di demonizzare il consumo di vino e birra attraverso allarmi salutistici in etichetta già adottati per le sigarette, l’aumento della tassazione e l’esclusione dalle politiche promozionali dell’Unione Europea, nell’ambito del sul “Cancer plan” proposto dalla Commissione Europea» come richiesto, insieme al consigliere delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia, ricorda Coldiretti, ma come fatto da tutte le rappresentanze delle filiera del vino, da Alleanza delle Cooperative Italiane ad Assoenologi, da Confagricoltura a Cia/Agricoltori Italiani, da Copagri, a Federvini, da Federdoc ad Unione Italiana Vini – Uiv, nelle varie lettere inviate ai vertici istituzionali italiani ed europei.


«ll giusto impegno dell’Unione Europea per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi», sottolinea la Coldiretti, «in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. L’equilibrio nutrizionale va ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto. Si tratta, peraltro, di un orientamento incoerente con il sostegno accordato dal provvedimento alla Dieta Mediterranea, considerata un modello alimentare sano e benefico per la prevenzione di molte malattie, tra cui il cancro, ma che si fonda anche sul consumo equilibrato di tuti gli alimenti a partire dal bicchiere di vino ai pasti».


L’Italia è il primo produttore ed esportatore mondiale di vino con le bottiglie made in Italy che sono destinate per il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola.


Il consumo pro capite in Italia si attesta sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende.


Camera del Commercio di Lecce: «Scongiurato disastro»


Mario Vadrucci


«È un ottimo risultato per il vino italiano, e salentino in particolare», afferma il neo eletto presidente della Camera del Commercio di Lecce, Mario Vadrucci, «sono state scongiurate norme che avrebbero penalizzato notevolmente l’attività delle aziende salentine e annullato millenni di cultura del vino, che fa parte della storia della nostra terra. Devo ringraziare l’impegno su questo importante argomento, dei parlamentari salentini, Andrea Caroppo, Raffaele Fitto e Paolo De Castro, quest’ultimo autore degli emendamenti votati poi in favore delle tesi italiane. Va sottolineato anche il contributo delle Associazioni di Categoria e dei parlamentari italiani, con in testa il sen. Dario Stefàno, presidente della Commissione Politiche Europee, per il riconoscimento della storia e della cultura italiana del vino».


«Interpretando il sentimento del mondo del vino salentino ed anche quello delle comunità che conoscono e vivono la storia di questo prodotto», prosegue Vadrucci, «i nostri esponenti a Strasburgo hanno ottenuto che sulle etichette vengano inserite non un “allarme”, come succede per il fumo, bensì le informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcol. Sono poi state approvate anche norme meno rigide riferite alle sponsorizzazioni di manifestazioni sportive da parte di imprese vinicole. Questo salva tante aziende salentine che alla vendita del loro prodotto, soprattutto all’estero, affidano la loro attività e il lavoro di tante persone, che in questo modo non vengono penalizzate».


«D’altra parte», evidenzia ancora il presidente Vadrucci, «il lavoro della Camera di Commercio di Lecce è stato importante per fornire ai rappresentanti italiani nel Parlamento Europeo qualche elemento in più a sostegno del vino italiano. Qualche anno fa, infatti, il Multilab della Camera di Commercio di Lecce, allora presieduto da Antonio Schipa, Direttore di Confesercenti Lecce e attuale consigliere della Camera, e l’Università del Salento, con il prof. Michele Maffia, portarono a termine un progetto che permise di certificare la presenza nei vini rossi del Salento, soprattutto nel Negroamaro, una rilevante quantità di molecole bioattive, soprattutto resvelatrolo, che ha una funzione antiossidante, e antitumorale, nel senso che previene l’insorgenza dei tumori e inibisce processi metastatizzanti».

Praticamente lo studio, allora pubblicato su “Cancer Letters” certificava tutto il contrario di quanto il “Cancer plan”, che stava per essere adottato dal Parlamento Europeo, prevedesse.


«Sta ora alle aziende salentine continuare a produrre, puntando sulla qualità», conclude Mario Vadrucci, «per confermare la bontà dell’uso moderato e responsabile del vino, per le fortune delle nostre produzioni in tutto il mondo».


Confindustria Lecce: «Abbiamo vinto una battaglia ma non la guerra»


«Il risultato ottenuto ieri nel Parlamento europeo è un primo successo, ma non bisogna abbassare la guardia. È come aver vinto una battaglia in una guerra ancora lunga a difesa del nostro territorio, delle sue produzioni agricole ed alimentari e di uno stile di vita sano tipico della cultura mediterranea».


Nicola Delle Donne, presidente Confindustria


Ad affermarlo è il presidente reggente di Confindustria Lecce Nicola Delle Donne che, nei giorni scorsi, insieme al presidente della Sezione Industrie Alimentari Cesare Spinelli, aveva scritto e chiesto l’intervento del ministro Patuanelli, degli europarlamentari Caroppo, Fitto e De Castro e della deputazione parlamentare salentina per scongiurare l’introduzione, nell’ambito dell’approvando Cancer Plan, del Nutriscore Ue su taluni alimenti, tra cui alcol, vino e bevande alcoliche in generale, senza considerare in alcun modo gli effetti positivi del buon bere e, soprattutto, senza distinguere tra uso e abuso di alcol.


«Il Parlamento europeo», dice Spinelli, «ha accolto le nostre istanze grazie all’impegno dei rappresentanti istituzionali del territorio che ringraziamo e che hanno presentato emendamenti volti a riequilibrare norme e linee di indirizzo i cui effetti potevano essere devastanti».


Obiettivo di Confindustria Lecce resta quello di salvaguardare le produzioni agroalimentari del made in Italy e la dieta mediterranea che fa parte della nostra cultura e di un modo di vivere sano che ci ha resi famosi nel mondo.


«Nei prossimi mesi monitoreremo», concludono Delle Donne e Spinelli, «le attività del Parlamento europeo in merito al Cancer Plan, per contribuire ad arginare ogni rischio di derive pericolose che possano in qualche modo coinvolgere i prodotti alimentari italiani e la cultura, la storia, lo stesso turismo ad essi legato. L’impegno per la prevenzione del cancro e l’abuso di alcol tra i minori è proposito pregevole e meritorio, che però non deve in alcun modo pesare sulla reputazione qualitativa dei nostri prodotti. Si sente già parlare di nuovi regimi fiscali per l’alcol e, in un momento critico come quello attuale, sarebbe davvero un colpo al cuore per le produzioni di qualità italiane che contribuirà ad innescare inevitabilmente un perverso meccanismo di lievitazione incontrollata dei prezzi, a cui, purtroppo, stiamo già assistendo».


 


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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