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Attualità

Tricase, la svolta: tra poche ore la nuova giunta

Francesca Longo lascia il gruppo consiliare del PD. Entrerà a far parte del nuovo esecutivo insieme a Rocco Piceci, Serena Ruberto e Gabriele D’Amico

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di Giuseppe Cerfeda


Francesca Longo lascia il gruppo consiliare del Partito Democratico.


Trovano così conferma indiretta le indiscrezioni di una svolta per la nuova giunta del sindaco Antonio De Donno.


Proprio Francesca Longo sarà uno degli assessori.


Gli altri, tranne stravolgimenti ad ora non previsti, dovrebbero essere i confermati Serena Ruberto, Gabriele D’Amico e Rocco Piceci.


Al posto di Francesca Longo in consiglio comunale entrerà la prima dei non eletti, la consigliera Laura Mura che, a quanto pare, avrebbe già garantito l’appoggio al sindaco e rimpolperà, dunque, la maggioranza.


Aspettando di capire cosa farà l’altro consigliere del PD Francesco Minonne, con Longo e Giorgio Dell’Abate, De Donno si è garantito otto consiglieri di maggioranza (con lui si sale a nove) contro i sette alle opposizioni.


Di seguito la lunga lettera, sottoscritta con Giorgio Dell’Abate, con cui Francesca Longo si congeda dal suo gruppo consiliare, allontanando quei nuvoloni  che si erano addensati su Palazzo Gallone.


”Caro Segretario e cari e care militanti, è necessario interrompere questa crisi politica per occuparci dei problemi di Tricase e dei Tricasini.


Il Partito Democratico è stato dall’inizio parte di questa coalizione di governo e nonostante le critiche da noi stessi mosse in questi anni, noi consiglieri non abbiamo mai pensato di interrompere quest’esperienza, nemmeno nei giorni in cui abbiamo attraversato, a fatica, la frattura che si è generata, dal momento che eravamo fermamente convinti di poter trovare una soluzione condivisa.


Siamo nel momento storico dei rincari energetici, della crisi ambientale ed ecologica, della ripresa post-pandemica e delle opportunità offerte dal PNRR e l’unica cosa necessaria da compiere oggi è un atto di responsabilità verso i cittadini che rappresentiamo per continuare a lavorare alacremente per il benessere dell’intera comunità.


Questo è il vero senso della politica, l’unico che dà onore al ruolo istituzionale che ricopriamo e per cui ci è stata data fiducia: essere al servizio esclusivo della nostra comunità.


Riconosciamo la difficoltà di governare in coalizioni eterogenee ma unite da unico patto sottoscritto con i cittadini, ma noi puntiamo in alto, guardiamo alla Città, alla crescita, agli obiettivi.

Siamo ancora convinti che sia fondamentale ripartire dai capisaldi del nostro programma elettorale, ossia dal miglioramento della qualità di vita nelle Marine e nelle frazioni, dall’attrattività turistica, dal decoro urbano, dal verde pubblico, dalla pianificazione urbanistica.


Le critiche e la messa in discussione dell’attività svolta fino ad ora, da parte nostra, erano mosse esclusivamente dal desiderio di raggiungere traguardi sempre più incoraggianti e dalla voglia di fare sempre di più.


Un anno fa consegnammo un primo documento al Sindaco: era un appello al rilancio dell’attività amministrativa; in quell’occasione abbiamo chiesto ordine, metodo e l’azzeramento della Giunta, per una sua rimodulazione funzionale ed una verifica del lavoro svolto.


In un’altra missiva, invece, riconoscevamo tutti i risultati raggiunti, come l’assunzione di nuovo personale, per rendere più efficiente la macchina amministrativa, un’attenzione particolare alla progettazione per rispondere alle numerose opportunità regionali, nazionali ed europee, l’attenzione verso gli ultimi, la strutturazione di una politica culturale e turistica.


Lamentavamo, allo stesso tempo, il rinvio della programmazione urbanistica, il miglioramento del decoro urbano e del verde pubblico, la scarsa attenzione verso il tessuto giovanile e/o sportivo e produttivo.


È assodato ormai che il circolo del Partito Democratico di Tricase oggi si è rinnovato ed è giusto che sia espressione delle diverse anime che lo compongono e che si fondi sulla libertà di esprimere le proprie idee.


Come la vita coniugale, anche quella di partito non dovrebbe fondarsi sulla prevaricazione di alcuni su altri, ma, piuttosto, nella costante ricerca di un compromesso, che può essere raggiunto solo se i rapporti si basano sui valori del reciproco rispetto, della mediazione e dello sforzo comune, per il raggiungimento dell’obiettivo finale che, come già detto, è sempre e solo il benessere della comunità.


Nonostante i vani tentativi di risoluzione della crisi, ci è sembrato che mancasse la volontà di ricomporre le fratture; ciò nonostante abbiamo speso tutte le nostre energie fisiche e mentali affinché si potesse arrivare ad una soluzione condivisa.


Non siamo d’accordo con la proposta finale del circolo del PD di Tricase per metodi e contenuti, per questo motivo democraticamente non abbiamo sottoscritto l’ultimo documento indirizzato al Sindaco e nel rispetto della decisione assunta in seno alla maggioranza del partito, abbiamo deciso di continuare a percorrere la strada tracciata in campagna elettorale e percorsa sino ad oggi.


Pesa come un macigno la responsabilità che il nostro elettorato ci ha affidato, al quale importa solamente la risoluzione della crisi e la ripresa dell’attività amministrativa, il rilancio della nostra Città, che per troppi anni è stata vittima di crisi politiche e che per lo stesso motivo ha impiegato del tempo prezioso a risolvere le criticità, a ritrovare gli equilibri, a rieleggere Sindaci, piuttosto che ad utilizzarlo per la crescita del nostro territorio, ormai rimasto troppo indietro rispetto ad altri e che sicuramente merita molto più rispetto e considerazione.


Ringraziandovi per tutti i momenti condivisi insieme e per le battaglie portate avanti, con grande amarezza, comunichiamo che da oggi percorreremo da soli la strada per la quale gli elettori ci hanno dato fiducia, continuando, tuttavia, a coltivare la speranza di poterci incontrare sui valori democratici che caratterizzano li Partito e che ci hanno sempre contraddistinto, ossia il rispetto delle persone, della divergenza di opinioni e della libertà, principi che continueranno a rappresentare la stella polare della nostra vita e del nostro agire quotidiano.


Certi che le divergenze politiche non intaccheranno mai i rapporti umani”.


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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