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Attualità

Presepe Vivente di Tricase, arrivederci al prossimo anno con le parole di don Tonino

Un video che racchiude le emozioni di un’edizione straordinaria con la preghiera di don Tonino Bello per dare appuntamento alla prossima edizione

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Il Presepe Vivente di Tricase quest’anno ha vissuto una stagione straordinaria con un coinvolgimento totale della comunità e riconoscimenti destinati ad entrare nella sua già prestigiosa storia.


Su tutti il Cartolina Challenge che ha coinvolto le nuove generazioni attraverso un contest a cui hanno partecipato le scuole del territorio, e la partecipazione alla Città dei Presepi con una delegazione dei personaggi del Presepe che hanno partecipato ai cerimoniali alla corte di Papa Francesco, in Vaticano, per l’ottavo centenario della prima rappresentazione del presepe, realizzato a Greccio nel 1223.


Per celebrare la chiusura di un’edizione riuscitissima il Comitato Presepe Vivente ha edito un video riassuntivo (realizzato da Paolo Serrano) corredato da una preghiera di Don Tonino Bello, magistralmente interpretata da Guido Ruberto.


«Si spengono oggi le luci sulla collina di Monte Orco dopo un’edizione colma di nuove emozioni del nostro Presepe Vivente», si legge sulle pagine social del Presepe Vivente di Tricase, «vogliamo darvi appuntamento al prossimo Natale con queste immagini che racchiudono la magia dei colori e il luccichio della grande Stella Cometa, simbolo di salvezza e speranza, e, a 800 anni dal primo presepio che fu quello di San Francesco a Greccio, abbiamo voluto prendere in prestito le parole di Don Tonino Bello che nel cammino del presepe, accanto allo sfavillio della festa, vede la giusta via per riscoprire l’essenziale, le cose semplici, la speranza di una pace che si trova proprio lì, in una mangiatoia, culla di un bambino venuto a salvarci dalla miseria e dalle delusioni di un’umanità ormai dimenticata in troppi luoghi del mondo».


Infine i saluti e l’arrivederci al prossimo anno: «Vi lasciamo con questa riflessione grati a chi ha percorso questo cammino con noi, a chi ha reso possibile questo momento di gioia per gli occhi e per l’anima, sotto un cielo che ci auguriamo illuminato di stelle».


Attualità

Da Marittima, figure senza tempo

Storie che resistono allo scorrere di almanacchi e lustri, si confermano alla stregua di fonte inesauribile di piccole storie di vita e di costume – compresi i relativi personaggi – intrecciatesi e succedutesi, in tempi lontani, entro i confini del nostro paesello

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di Rocco Boccadamo 

La mia amica marittimese A., la quale, già in passato, mi ha gentilmente fatto dono dello spunto ispiratore per una narrazione, dedicatale e poi raccolta in un volume che ne ha ripreso il titolo, dimostrando in certo qual modo di resistere allo scorrere di almanacchi e lustri, si conferma alla stregua di fonte inesauribile di piccole storie di vita e di costume – compresi i relativi personaggi – intrecciatesi e succedutesi, in tempi lontani, entro i confini del nostro paesello.

Vicende e azioni comportamentali che non sono scivolate, progressivamente, lungo i solchi dell’oblio e dell’indifferenza, ma hanno, al contrario, lasciato tracce e segni.

A., sin da ragazzina e da giovinetta, si distingueva e, comunque, non passava inosservata, in seno alla comunità paesana; ciò, per un insieme di ragioni, vale a dire la sommatoria fra la sua prestanza fisica e il suo carattere estroverso, gioviale e allegro.

Di carnagione color bruno intenso, alta, formosa, grandi occhi scuri e lunghi capelli neri, intorno ai diciassette anni ebbe il suo primo fidanzato (zitu, in dialetto), un giovanotto di Spongano.

Per il genetliaco, questi pensò di regalare, alla sua amata, un vestito, da intendersi non come abito già pronto da indossare, bensì come spezzone, taglio, di un tessuto adatto.

Al che, A., particolarmente su di giri per l’inaspettato e gradito dono, non volle perdere tempo e si recò, lesta, nella vicina abitazione di alcune sue amiche. Le medesime facevano parte di un nucleo famigliare considerevole, anche se non eccezionale per gli anni trenta/quaranta, comprendente, oltre ai genitori, ben otto figli, di cui sei femmine e due maschi.

Particolare degno di rilievo è che le ragazze – Ass., S., Ann., M., Ant. e T., i loro nomi di battesimo -, per lo meno le più grandi, avevano imparato un mestiere: una era sarta, un’altra magliaia e un’altra parrucchiera. A quell’indirizzo, quindi, A. avrebbe potuto farsi sia consigliare, sia materialmente cucire l’abito ricevuto dal fidanzato.

Sennonché, le anzidette amiche, dopo aver discusso del progetto sartoriale, strinsero in mezzo, circondandola letteralmente, la povera A. e, con la motivazione che la bellezza del suo, confezionando, vestito ne sarebbe uscita ulteriormente valorizzata, la convinsero a sottoporsi a un trattamento speciale dei capelli, la permanente, un’assoluta novità nel paese.

Detto fatto, pinze metalliche manovrate dalle abili mani di S. addentarono diffusamente la lunga, liscia e ondulata chioma di A., dopo di che seguì una sosta prolungata con il capo sotto un coperchio tondeggiante (casco) mai visto prima e, l’operazione, si compì.

Da un rapido sguardo nello specchio, l’acconciatura venuta fuori, pur stravolta in una foresta d’inediti ricci, non dovette dispiacere ad A., che, accommiatatasi dalle amiche, fece ritorno a casa.

Lì, purtroppo, accolta di botto da un accorato: «Figlia mia, come diavolo ti sei conciata?», per voce della madre e, ancora peggio, una volta questi rientrato, da una severa reprimenda, non solo verbale, per opera del padre, capo assoluto vecchio stampo, se non addirittura padrone, della famiglia, dal carattere impulsivo e irruento, che esigeva che tutti i membri del nucleo chiedessero il suo preventivo assenso avanti di compiere qualsiasi azione o passo.

L’uomo ebbe a prorompere, urlando, in una serie di: «Disgraziata, che hai fatto, ti sei ridotta a nu pecuru rizzu» (un agnellino con la sua lanuggine arricciata).

Ebbe paura, A., di fronte a quella violenta reazione, tanto che, nelle more che le acque si calmassero, preferì scappare fuori e andare a chiedere momentanea accoglienza e rifugio a una vicina di casa, la quale, per fortuna, la trattenne di buon grado e amorevolmente presso di sé, anche per dormire.

Tuttavia, A., a parte l’iniziale sgomento per lo sbotto del severo padre, non si ricredette riguardo alla nuova foggia dei suoi capelli, se li tenne così, ricci, convinta di star bene nel cambiamento, in ogni caso senza aver posto in atto niente di sconveniente. In breve, trovò l’occasione, riservatamente, per un ritratto dal fotografo, che consegnò al fidanzato per ricambiare il suo regalo del vestito; inoltre, nel volgere di poco tempo, riuscì a prendersi la rivincita nei confronti dello stesso genitore, il quale, non soltanto finì col perdonare e accettare il cambiamento a “pecuru rizzu” cui A. si era sottoposta, ma si prestò, finanche, ad accompagnare, con la sua bicicletta, la figlia, sistemata alla meglio sulla canna o sul sedile porta oggetti posteriore del velocipede, a Poggiardo, per periodici passaggi dal parrucchiere e la ripresa della permanente.

In seguito, invero, maturarono nuove situazioni, apparentemente e pure sostanzialmente del tutto normali, in cui la cara A. si trovò a incappare sotto pesanti rilievi e/o secche inibizioni e diffide, provenienti, sistematicamente, dal padre.

Ad esempio, si scatenò il putiferio quella volta in cui la giovane, poco meno che ventenne, trovandosi temporaneamente emigrata insieme con la famiglia a Nova Siri, nel Materano, per la coltivazione del tabacco e altre attività agricole, in una giornata di grande calura e sudore, costretta, a un certo punto, a cambiarsi la veste che si attaccava sul corpo, decise d’indossare una sottana di color rosa, confezionatale dalla madre, a giro maniche, fresca, adatta proprio all’estate. Scorgendo la figlia mentre si dirigeva a riunirsi ai compagni di lavoro in tale tenuta (da notare che, all’epoca, le donne contadine, specialmente le giovani, non mettevano il reggiseno), il padre la bloccò in malo modo, dicendogliene di tutti colori, e ancora di più.

***

Vi era un’altra famiglia, a Marittima, pure in questo caso formata da sei o sette figlie di sesso femminile e da due maschi. La minore delle donne, di nome M., fisicamente di bella presenza, incline a mettersi in mostra, da essere considerata amica un po’ di tutti i compaesani, a un certo punto, si era messa a frequentare un “signorino” del posto, a voler dire uno scapolo di ceto abbiente, dal nome di battesimo R., preceduto, ovviamente, da tanto di “don”.

La circostanza era gradualmente divenuta di dominio pubblico in seno alla minuscola comunità. Sulla scia di tale relazione, M. venne a trovarsi in dolce attesa e diede alla luce una creatura. Di primo acchito, ci fu in giro qualche moto di scompiglio, ma poi, l’evento, anche se non insignificante, andò a evolversi per suo conto, semmai in clima di riservatezza e con qualche mistero circa l’epilogo.

Il fatto di cronaca, se si vuole sul fronte del costume, non sfuggì, però, alla vulgata spicciola da parte dei paesani, trasformandosi in estro per le strofette di una canzoncina che le donne, specialmente, si mettevano a intonare durante la raccolta, in gruppo, delle olive: “M. e don R. “hannu fattu na criatureddra (hanno generato una creatura). “M., poi, l’ha misa ‘ntra na spurteddra (M., poi, l’ha sistemata in una piccola sporta) “e l’ha ‘infilata a l’ucculeddra (e l’ha infilata alla maniglia – sottinteso, del portone di don R.).

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Altra storia di vita, intorno alla metà del secolo scorso, due giovani ziti (fidanzati) marittimesi, V. e Ch., fecero notizia, per modo di dire, tenendo anche conto della mentalità dell’epoca, non per un caso di fuitina pro matrimonio (ogni tanto, ne capitavano), ma per la circostanza dell’intervenuta gravidanza della donna prima delle nozze. Niente di particolare, in fondo, solo un’accelerazione dei tempi rispetto al passo ufficiale, volto a mettere su famiglia, che la coppia era comunque intenzionata a compiere, come poi celermente avvenuto.

Nacque, dunque, il primogenito L., nome di battesimo rigorosamente basato su quello del padre dello sposo e, dopo, anche una figlia, M.

Giunto, a sua volta, in età adulta, il predetto L. si sposò ed ebbe un figlio, chiamato come il nonno paterno, in altre parole V. Corso delle cose che si ripete e si rinnova, sia L., sia l’ultimo V., per avere un lavoro stabile e duraturo, contrariamente alla loro volontà, hanno entrambi dovuto lasciare il paese natio e trasferirsi nel Nord dell’Italia.

Ciò, rimanendo molto legati a Marittima, ai luoghi, ai parenti, agli amici, in particolar modo V. Il suo ultimo ritorno è avvenuto agli inizi della corrente estate; oltre a prendere i bagni e a intrattenersi in sana allegria con gli amici, egli non saltava un giorno per passare da casa dei nonni, fermandosi a parlare specie col suo ascendente omonimo.

Ho appreso, fra l’altro, che tenendosi informato sullo stato delle proprie piccole proprietà agricole ed essendo intenzionato a dare una mano, nel corso delle recenti vacanze ha anche imbracciato una grossa scopa di saggina e dedicato non poco tempo a ripulire le aie (zone di terra rossa) sottostanti agli alberi di ulivo, nell’imminenza del prossimo raccolto dei preziosi frutti.

Purtroppo, una settimana fa, V., non ancora trentenne, è rimasto vittima di un tragico incidente sul lavoro, nella fabbrica piemontese in cui era riuscito a entrare. Ovviamente, le sue spoglie sono state riportate nella nostra Marittima ed io, come accade in tutte le circostanze del genere che riguardano i compaesani, sono andato a stringere la mano, e a manifestare la mia vicinanza, ai genitori dello sfortunato e, con spirito particolare, ai nonni V., ultra novantenne, e Ch., rievocando, dentro di me, il loro lietissimo evento di coppia, antico di circa sessantacinque anni.

 

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Attualità

La Puglia resta la più amata dello Stivale

Da un sondaggio di un noto tour operator: la nostra regione punta di diamante del Bel Paese. La Città più bella è Lecce, nota di merito anche per Gallipoli, Leuca ed Otranto. La Notte della Taranta l’evento più noto…

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Oggetto del desiderio per 3 vacanzieri su 4, la Puglia è stata eletta ancora una volta destinazione numero uno nella wish-list della community di Vamonos.

«L’82% degli intervistati l’ha già visitata, ma per il 65% di essi la Puglia rimane ancora in cima alla wish-list, probabile destinazione di viaggio anche per le prossime vacanze» spiegano gli analisti del tour operator italiano specializzato in viaggi di gruppo.

Terra di colori e di immagini intense, che per il 52% degli intervistati rievoca nella mente il profumo inconfondibile del mare, ma anche gli scorci pittoreschi delle campagne contornate dai trulli o, scendendo verso sud, dalle masserie (33%).

La città più bella ù

Il sondaggio di vede primeggiare Lecce, Alberobello e Gallipoli, come in ordine sul podio.

Seguono OstuniViesteSanta Maria di Leuca, Otranto, Castel del Monte e Peschici.

Il personaggio più rappresentativo

La maggior parte lo identifica nell’attore oggi ottantaseienne Lino Banfi, originario di Andria e cresciuto a Canosa, o con il quarantaseienne Checco Zalone, nato a Capurso, comune della città metropolitana di Bari.

Molti ricordano ancora il celebre cantautore Domenico Modugno che era originario di Polignano a Mare.

Gli eventi più attesi

L’appuntamento tipico per eccellenza è la Notte della Taranta (il concertone del 26 agosto a Melpignano) che scavalca per popolarità appuntamenti di primo piano come il Carnevale di Putignano, la Festa di San Nicola e la Fiera del Levante.

I luoghi preferiti

Da un punto di vista più turistico, al primo posto delle preferenze dei viaggiatori troviamo i trulli di Alberobello, riconosciuti tra i siti Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, le Grotte di Castellana, il Duomo di Lecce e Castel del Monte, anche questo patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, fatto costruire nel XIII secolo da Federico II di Svevia sull’altopiano pugliese delle Murge occidentali.

A tavola

Last but not least, sono l’olio extra-vergine di oliva, le orecchiette alle cime di rapa ed i taralli a conquistare i viaggiatori. Anche le altre prelibatezze enogastronomiche della Puglia conquistano un riconoscimento: orecchiette e pane di Altamura sono tra i prodotti al top della buona tavola made in Italy, da apprezzare centellinando un buon calice di vinoPrimitivo o Negramaro.

Concludendo… il pasto con dolci alle mandorle, carteddate pugliesi e strufoli.

 

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Green Game 2024: le scuole salentine in lizza per la vittoria

In finale classi dell’IISS “Amerigo Vespucci” di Gallipoli, dell’IISS “Nicola Moccia” di Nardò e dell’IISS Polo Tecnico del Mediterraneo “Aldo Moro” di Santa Cesarea Terme

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L’evento dell’anno in tema di sostenibilità e corrette modalità di raccolta differenziata sta per arrivare.

La Finalissima Nazionale del Green Game si svolgerà al Teatro Olimpico di Roma, mercoledì 22 maggio, alle ore 15, e vedrà protagonisti studenti degli Istituti Secondari di II grado provenienti da tutta Italia.

Il road show, partito ad ottobre, si è svolto “in presenza” nelle scuole della Liguria, e in modalità “digital” nelle Scuole di tutta Italia, suscitando grande entusiasmo e la partecipazione di oltre 37mila studenti.

Dopo aver superato una rigorosa fase eliminatoria, ecco le scuole che rappresenteranno la provincia di Lecce alla Finale Nazionale: le classi 1ATL e 2BTL dell’IISS Amerigo Vespucci di Gallipoli; le classi 1A SASS e 1C EOA dell’IISS Nicola Moccia di Nardò; la classe 2E dell’IISS Polo Tecnico del Mediterraneo “Aldo Moro” di Santa Cesarea Terme.

Le classi finaliste si contenderanno il titolo di Campione nazionale Green Game 2024, oltre ai premi in palio per le prime tre scuole classificate: un contributo per l’acquisto di materiale didattico di  750 euro per la prima classificata, 500 euro per la seconda e 250 euro per la terza.

All’evento al Teatro Olimpico saranno presenti i rappresentanti dei Consorzi Nazionali Biorepack, Cial, Comieco, Corepla, Coreve e Ricrea, promotori del format e pilastri del Green Game. Con il loro impegno costante rendono possibile ogni anno la realizzazione del format che promuove i valori della sostenibilità ambientale tra gli studenti.

«Il Green Game rappresenta un’eccellente opportunità per sensibilizzare e coinvolgere le studentesse e gli studenti sui temi della sostenibilità ambientale e della corretta gestione dei rifiuti, in modo stimolante e divertente», si legge in una nota congiunta dei Consorzi Biorepack, Cial, Comieco, Corepla, Coreve e Ricrea, «le scuole coinvolte hanno mostrato un impegno e un coinvolgimento straordinari. Rendiamo merito agli organizzatori, agli insegnanti e agli studenti che hanno reso possibile la realizzazione dell’undicesima edizione, nonché alle istituzioni che hanno fornito il patrocinio. Ci congratuliamo con le scuole finaliste, certi che questa esperienza possa ispirare e motivare ulteriormente le ragazze e i ragazzi a impegnarsi per un futuro sostenibile».

Quest’anno il Green Game celebra l’undicesima edizione, consolidando il suo successo dopo le edizioni nelle Marche, in Puglia, in Sicilia, nel Lazio, in Calabria, in Campania, in Abruzzo, in Molise, in Basilicata e tre edizioni digitali.

La metodologia innovativa e coinvolgente utilizzata dagli esperti formatori di Peaktime, Alvin Crescini e Stefano Leva, insieme alle tecnologie interattive impiegate durante la fase di verifica, hanno reso il Green Game estremamente efficace nel coinvolgere le nuove generazioni in temi di fondamentale importanza.

Green Game gode del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

 

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