Cutrofiano
“Sant’Antoniu de le Fòcare” a Cutrofiano
Venerdì 17 febbraio. La vita della comunità cutrofianese è sempre stata contrassegnata da manifestazioni, sagre popolari, feste e altre kermesse di origine contadina
Venerdì 17 febbraio. La vita della comunità cutrofianese è sempre stata contrassegnata da manifestazioni, sagre popolari, feste e altre kermesse di origine contadina risalenti alla notte dei tempi. Questi eventi, sovente di matrice devozionale e radicatissimi nel mondo rurale, con il passare dei secoli hanno rischiato di estinguersi sotto i colpi della modernità facendo dimenticare quelle che erano le usanze tipiche della nostra terra. Ma c’è una festa che è rimasta integralmente scolpita nei cuori dei fedeli di Cutrofiano resistendo alle profonde trasformazioni subite, specie a partire dagli anni ’50 del Novecento, dalla nostra terra: si tratta della tradizionale ricorrenza di “Sant’Antoniu de le Fòcare”, in ricordo di quando il santo padovano salvò gli abitanti di Cutrofiano dal terremoto del 1810 che, a differenza di quello precedente e devastante del 1743, non fece in paese nessuna vitttima. In verità, destata dal sisma, la popolazione si riversò nelle strade e trascorse la notte all’aperto. Per trovare conforto dalla gelida temperatura notturna, i cutrofianesi accesero dei fuochi nelle strade e nelle piazze.
Ora, l’originalità della solennità devozionale cutrofianese sta nel fatto che, nel celebrarla il 17 febbraio di ogni anno, la gente usi accendere dei falò in onore di Sant’Antonio da Padova esattamente come un mese prima, il 17 gennaio, in altre cittadine del Salento il popolo accende fuochi in onore di un altro santo di nome Antonio (ma in questo caso Antonio Abate) la cui identità e la cui agiografia sono del tutto diverse. Antonio da Padova, infatti, in cui onore si rischiara la notte cutrofianese, era un santo francescano di origine portoghese giunto nel XIII secolo a Padova (città sede del suo celebre santuario), mentre Antonio Abate era un eremita vissuto alle origini del cristianesimo nei deserti egizi. Per la circostanza, pertanto, il 17 febbraio di ogni anno a Cutrofiano ogni vicinato accende il suo falò e “le focare” scaldano e illuminano il paese in ricordo degli avi afflitti e spaventati dal terremoto i quali, in occasione del drammatico evento tellurico, avevano fatto lo stesso per alleviare la notte passata al gelo. È così che Sant’Antonio da Padova continua ancor oggi a dispensare la sua santità e meritare la devozione di tanti cutrofianesi grati per quel miracoloso salvataggio: una fiducia condivisa con migliaia di devoti sparsi in tutto il mondo.
In verità Cutrofiano dedica a Sant’Antonio da Padova due feste all’anno: la prima, come si è detto, nella stagione invernale, il 17 febbraio; la seconda nella stagione estiva, il 13 giugno.
“Riconfermando il sostegno finanziario e organizzativo alla doppia ricorrenza”, ha dichiarato il vice sindaco e assessore alla Cultura, Lillino Masciullo, “l’Amministrazione Comunale di Cutrofiano ha manifestato l’intendimento forte di far continuare a vivere questa sentitissima festività che valorizza le identità religiosa e culturale dei nostri concittadini”. Ma l’idea della maggioranza guidata da Lele Rolli è quella di accendere, insieme ai falò, una sorta di faro per tutto il Salento che voglia recuperare le proprie radici. L’evento sarà diffuso, infatti, attraverso i vari canali della comunicazione. In margine alle “fòcare”, sarà possibile gustare specialità gastronomiche salentine accompagnate dal buon vino di Cutrofiano: queste pietanze saranno preparate dalle varie associazioni culturali attive in città. I festeggiamenti culmineranno proprio con l’accensione delle “fòcare” nei vicinati e con il gran finale della “Fòcara” grande in Piazza Municipio dove ci sarà il concerto di musica popolare salentina alla presenza dei “Cardisanti” (gruppo di musica popolare che annovera tra i cantori la figlia dell’indimenticabile Uccio Bandello e Uccio Casarano, ultimo degli “Ucci” ), dei “Manekà” e di “Melegari e i suoi Compari”. Ad allietare la sera, infine, sul palco ci sarà, direttamente da “Colorado Café”, il cabarettista Nello Iorio (il divertente protagonista dello sketch “Grasso è bello”).
Attualità
Ma davvero i pugliesi sono i più infelici d’Europa?
Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime
ALLA FINE DEL GIORNO. SIAMO FELICI O INFELICI?
di Hervé Cavallera
Secondo un report ISTAT del 17 aprile scorso i lavoratori italiani sono trai più infelici d’Europa e tra gli Italiani i Pugliesi. Ciò riguarderebbe la percezione delle amicizie, l’utilizzazione del tempo libero, i rapporti familiari, la condizione economica e sociale. Un quadro certamente non esaltante e che sembra contrastare, per noi Salentini, quella che è considerata l’immagine ufficiale del “tacco d’Italia”, terra del sole, dell’ospitalità, dello svago. Si tratta quasi di squarciare il velo di autoprotezione e di scorgere una realtà ben diversa.
E tuttavia i dati sono da valutare con una certa cautela anche perché si entra nella dimensione intima dei soggetti e in essa l’emotività ha un ruolo notevole e gli esseri umani sono spesso portati ad accentuare ciò che di positivo e di negativo hanno incontrato o incontrano nella propria esistenza. Dipende poi dalle diverse età della vita e dalle esperienze provate nella vicinanza del report. Immaginate un giovane intervistato a pochi giorni dal suo matrimonio con aperta davanti una luminosa speranza di vita e un giovane intervistato poco dopo la scomparsa di una persona a lui cara.
D’altra parte, secondo un discutibile report del 1923 attribuito all’ONU (Where young people are the happiest ossia Dove i giovani sono più felici) si troverebbero tra i più felici i giovani del nord Europa e in primo luogo i Lituani. Altri report giudicano la Finlandia lo Stato ove si vive meglio.
E questo sempre tenendo conto del reddito pro capite, dell’aspettativa di vita sana, della libertà sociale. E a ciò si contrappone il fatto, attestato sempre da report, che il tasso maggiore dei suicidi avviene proprio nei Paesi Baltici dove appunto esiste un più alto tenore di vita. E il suicidio, si capisce bene, è indubbia espressione di drammatica infelicità. Non è il denaro che assicura la felicità.
Insomma, non è facile tradurre in fredde classifiche, che vorrebbero essere oggettive e scientifiche, quelli che sono i sentimenti delle persone, sentimenti che variano non solo secondo le età e il successo lavorativo, ma appunto secondo lo stato d’animo del momento in cui si risponde ai quesiti dei report.
Nella percezione di sé gli elementi soggettivi si intrecciano inevitabilmente con quelli oggettivi, sì da rendere molto dubbia la possibilità di una conoscenza oggettiva di come veramente si è. Le variabili sono tante e non codificabili.
Ad esempio, può naturalmente accadere che una persona con un reddito modesto possa essere più sereno di un’altra con un reddito più alto ma con incombenze più pesanti. A voler poi richiamare la nostra tradizione cattolica, è pressoché difficile che nelle confessioni non si dichiarino delle colpe, degli errori, sia pur veniali. E il riconoscimento del peccato mostra come l’uomo non è mai esente dalle ombre, a meno che non si tratta di figure eccezionali di cui è riconosciuta la santità, ma anche loro hanno pur sofferto le “tentazioni”. Lo stato d’animo è fatalmente soggettivo e non può che riguardare il singolo individuo.
Ciò non vuol dire che le classifiche, le statistiche, i “dati” siano da buttar via. Essi, quando veramente ben fatti e promossi da istituti di riconosciuti meriti scientifici, sono utili per individuare “frammenti” di vita, di aspirazioni, di stati d’animo, di aspettative; frammenti che possono servire come stimolo per venire incontro alle esigenze della comunità.
I report sono certamente oggettivi allorché indicano dei dati come, ad esempio, stipendi, natalità, emigrazione, malattie, ecc. In questi casi dovrebbero costituire un pungolo nei confronti delle classi dirigenti politiche per migliorare in modo equo la qualità della vita dei cittadini.
Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime. Si pensi ad un giovane che ha di fronte un futuro che è sempre, nel bene e nel male, pieno di incognite.
Nel giovane ora possono prevalere l’entusiasmo e la speranza, ora la delusione e l’incertezza.
Ma ciò vale anche per l’anziano. Nel meriggio della propria esistenza egli può fare un bilancio di quanto accaduto e necessariamente trova gioia e dolori, vittorie e delusioni, errori e illusioni, successi e affetti.
A quali dare più peso, considerato che tutti insieme hanno costituito e costituiscono la propria vita? Vivere significa anche accettare gioie e dolori, sperando di commettere pochi errori e non gravi.
Ora, tornando al nostro Salento e prescindendo dai diversi problemi personali che possono riguardare le aspettative che si riscontrano nel proprio ambiente lavorativo, il quale dovrebbe essere analizzato secondo le diverse tipologie, è chiaro che in generale qualcosa non va nel mondo giovanile, e ne sono espressione oggettiva lo spopolamento e il calo demografico. La maggior parte di coloro che vanno a studiare o a lavorare fuori Terra d’Otranto non torna più. E di tale problema dovrebbe farsi carico il mondo della politica regionale e nazionale, come lo stesso mondo deve affrontare il tema della natalità che, pur connesso ad un modus vivendi che talvolta non vuole assumersi responsabilità, potrebbe essere in qualche modo modificato con agevolazioni e contributi per la nascite.
Importante, in ogni caso, è saper vivere insieme e sapersi spendere per vedere crescere i propri cari, la propria terra. Questo in vario modo hanno fatto i nostri genitori, i nostri antenati e a questo compito non ci si può e non ci si deve sottrarre.
Cronaca
Incidente sulla Cutrofiano – Maglie
Fiat Punto finisce fuori strada e va sbattere contro un muretto a secco. L’uomo alla guida soccorso dai passanti prima e dai sanitari del 118 dopo non corre pericolo di vita
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Sembra quasi un miracolo che nessuno si sia fatto male seriamente, nell’incidente avvenuto sulla strada che collega Cutrofiano a Maglie.
Ciò che si presentava alla vista dei primi passanti dal luogo del sinistro faceva, infatti, temere il peggio
Una Fiat Punto è finita fuori strada ed ha terminato la sua corsa contro il muretto a secco nelle condizioni che potete verificare dalla foto in alto.
L’uomo alla guida è stato immediatamente soccorso dagli stessi passanti che poi hanno allertato i soccorsi.
Sottoposto alle cure dei sanitari del 118, questi ultimi hanno confermato che non corre pericolo di vita.
L’uomo è stato comunque trasportato in ospedale.
Da verificare le cause del sinistro dopo i rilievi delle autorità competenti.
Cutrofiano
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