News & Salento
L’imprenditoria oggi: il problema del passaggio generazionale
L’attuazione del passaggio generazionale è più difficile al Sud, rispetto al Nord, dove si vantano maggiori esperienze in merito.
L’impresa (nel senso e nel suo valore più pieno), di per sé, non si eredita, non esiste un viatico per automatismo da una generazione all’altra. Lo stesso concetto dell’imprenditore, inteso come figura unica che esercita una sorta di dominio sull’organizzazione aziendale, è errato: in realtà, la figura detiene un ruolo diverso, ben più alto ma articolato.
Difatti, l’autorevolezza, il prestigio e la leadership del dominus scaturiscono sia dalla capacità di fare, di costruire, di produrre e di espandere, sia dalla capacità, quando è necessario, di attorniarsi di validi stretti collaboratori provenienti dall’esterno, manager a loro volta eccellenti che lo sappiano affiancare efficacemente e responsabilmente.
L’imprenditore che tende ad essere l’unico ad apparire, a «figurare» come si suol dire diffusamente, oggigiorno non trova più spazio: anzi, così facendo, egli pone un pesante limite alla sua stessa azione e, soprattutto, all’azienda. Dovrebbe, al contrario, avere costantemente presente l’esempio della famiglia di imprenditori italiani più conosciuta, non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo.
Al momento opportuno, dopo l’iter scolastico, universitario ed eventualmente specialistico, gli «adulti» dovrebbero applicare la ferrea regola di inviare in missione presso un’azienda terza, magari all’estero, coloro che prenderanno il loro posto, permettendo loro di formarsi sul campo, fare gavetta ed irrobustirsi fra gli estranei e poi, una volta completato il tirocinio, immetterli nell’impresa di famiglia, rigorosamente per gradi, cominciando da incarichi modesti sino ad affidar loro compiti di responsabilità e di guida dell’azienda.
In alternativa, i genitori, nella prospettiva del loro congedo dal lavoro attivo, dovrebbero affiancare sempre, ai figli, manager capaci, assunti da fuori, i quali li formino e li forgino sino alla maturazione della capacità e della sicurezza di leader, così da renderli più completi, preparati e idonei della generazione precedente.
Si nota, purtroppo, che non pochi imprenditori, specie nel meridione, sono soliti accentrare le funzioni, senza rendersi conto che finiscono con l’avocare solo sulla carta e non nella realtà, essendo del resto e comprensibilmente privi della competenza effettiva per poter fare tutto. In aggiunta, si circondano di figure appena normali, se non mediocri, le quali, al loro cospetto, si limitano ad assentire e basta. Il collaboratore capace e valido dovrebbe possedere il coraggio di alzare il dito e, pur con la dovuta forma, far notare al titolare o azionista che si sta sbagliando senza temere la reazione o l’eventuale cazziatone. A freddo, l’imprenditore ci penserà su e, se riscontrerà giustezza nell’osservazione, non mancherà di tenerne conto.
L’attuazione del passaggio generazionale è più difficile al Sud, rispetto al Nord, dove si vantano maggiori esperienze in merito. Però, tale gap può essere fronteggiato e colmato grazie all’obiettiva e dimostrata presenza, nel Meridione, di intelligenze giovanili più vive, più spiccate e guizzanti, come osservato, tempo fa, da un editoriale del «Corsera», in cui si leggeva che, nei confronti di queste individualità eccelse, le prestigiose università (del nord), dove questi giovani si recano a studiare, devono porsi prioritariamente l’obiettivo di «non guastare» siffatte intelligenze.
Le istituzioni del territorio farebbero bene a promuovere, ad integrazione dei validi poli formativi già esistenti, la creazione di qualche scuola, universitaria e/o di specializzazione (in atto si citano sempre solo Milano e Pisa) di particolare eccellenza, e ciò per coltivare e poi lasciar mettere a frutto localmente le intelligenze che, come detto prima, vengono invidiate alle comunità del Sud e che, al presente, finiscono in prevalenza con l’emigrare altrove.
Non sarebbe, poi, male pensare all’istituzione di un apposito «Albo degli imprenditori», in cui poter essere iscritti solamente dopo severi percorsi e a seguito di opportuni esami e valutazioni.
Esercitare il ruolo di imprenditore, non è forse impegnativo e delicato almeno quanto esercitare determinate professioni?
Come chiosa finale, il ricordo di un altro editoriale, il «Corriere del Mezzogiorno», che titolava: “Speriamo che la Befana ci porti in dono dei manager”. Auspicio, certamente saggio e ben mirato, tuttora pienamente di attualità e, perciò, da continuare ad alimentare.
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Attualità
Sant’Isidoro, demolito vecchio fabbricato a due passi dal mare
Per anni ha ospitato la sede della Pro Loco. “Liberato” così l’orizzonte della marina. il sindaco Pippi Mellone: «L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione»
È stato finalmente demolito nei giorni scorsi nella marina di Sant’Isidoro il vecchio edificio in muratura a pochi metri dal mare, che ha ospitato per molti anni la sede della locale Pro Loco e il punto di soccorso estivo.
Un’autentica “bruttura”, del tutto incompatibile con la bellezza naturalistica del luogo, al pari di altre costruzioni (il comune di Nardò ne ha già abbattute altre tre, realizzate su aree demaniali in questo segmento di litorale) e di fenomeni di abusivismo edilizio e di compromissione dei contesti naturalistici che hanno mortificato la costa negli scorsi decenni.
L’intervento, eseguito (al termine di un lungo iter autorizzativo) da un raggruppamento temporaneo di imprese, rientra nel più ampio intervento di riqualificazione paesaggistica integrata della fascia costiera della marina, progettato dall’arch. Antonio Vetrugno e finanziato con 1,3 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), già in corso da circa un anno e mezzo.
La demolizione del fabbricato, peraltro, ha incontrato e superato lo “scoglio” giudiziario di un ricorso al Tar da parte della Pro Loco.
Il giudice amministrativo, con una pronuncia del dicembre scorso, ritenendo non sussistente una proroga della concessione demaniale vantata dalla Pro Loco, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’ultimazione dei lavori di riqualificazione su quello privato (peraltro, ingiustificato) alla conservazione dello status quo.
«L’ennesimo mostro ambientale spazzato via dalla nostra rivoluzione», ha commentato con un post su Facebook il sindaco Pippi Mellone, «abbiamo speso un po’ di tempo in più, perché c’è stato qualche ostacolo di troppo. Ma abbiamo spazzato via, come sempre, anche quello. Adesso abbiamo liberato il panorama, il lungomare, le albe e i tramonti di Sant’Isidoro dal cemento e dalle brutture. Al suo posto, a poca distanza, una struttura polifunzionale in legno, ecosostenibile, che ospiterà il pronto soccorso. Stiamo demolendo i mostri ereditati dal passato e stiamo costruendo la città del futuro. Col cuore, come sempre. Ora anche Sant’Isidoro diventerà bellissima!».
Il progetto di riqualificazione, adesso, potrà essere ultimato. Prevede la realizzazione di aree per il parcheggio e di aree per la fruizione dei pedoni (con l’installazione di un nuovo sistema di illuminazione), l’eliminazione di altri manufatti, di spianamenti, scivoli e del piccolo molo a servizio delle imbarcazioni, un intervento di rinaturalizzazione ambientale con ripascimento delle superfici sabbiose della zona, oltre che la pulizia dalla vegetazione infestante e il recupero delle condizioni ambientali dell’inghiottitoio (o “spunnulata”) presente sul lungomare.
Nasceranno, inoltre, una struttura per la sosta e un tratto di pista ciclabile per favorire la mobilità sostenibile.
Un’altra struttura in legno è stata ultimata e destinata a nuova sede della Proloco e a punto di pronto soccorso estivo.
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