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Cutrofiano

Ilva e tumori: Salento parte offesa

Invito agli Amministratori a costituirsi parte civile. I dati sforano la media regionale ed indicano un quadro di eccesso di mortalità attribuibile all’inquinamento ambientale di origine industriale

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Con le dichiarazioni del Tribunale del Riesame di Taranto nell’ordinanza del procedimento penale a carico dei massimi dirigenti dell’Ilva, nonché dello stabilimento di Taranto, si è conclamato che a Taranto è stato consumato un reato di disastro ambientale. […] La sussistenza di questo illecito rafforza l’accusa nel suo punto giuridicamente più significativo, laddove il Riesame afferma che il delitto in questione è stato interamente commesso dagli indagati nella sua forma più grave, ossia quella che prevede il disastro e i conseguenti danni e non solo “gli atti preparatori” dello stesso. L’operato dell’ILVA si è spinto, superandolo, al disastro ambientale laddove si è alla presenza di decine, se non centinaia di morti ed ammalati che soltanto un occhio miope può non attribuire alla scelleratezza dei comportamenti degli alti dirigenti Ilva. Questa forma di nocumento, diffusa e devastante, è stata finalmente riconosciuta, grazie alla perizia epidemiologica effettuata in sede d’incidente probatorio, all’inquinamento provocato dall’Ilva. Purtroppo però le singole vittime, allo stato, non avranno giustizia in quanto tra i reati contestati agli imputati non compaiono quelli di omicidio colposo o di lesioni. Pertanto, non è solo un imperativo gesto di coscienza sociale quello che impone di prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di allargare le ipotesi di reato a base di questo procedimento o di farne avviare uno autonomo incentrato sulle lesioni (ovvero sulle malattie) e sugli omicidi (cioè sulle morti) colposi seriali che sono più che verosimilmente ascrivibili a tutti o a parte di questi stessi indagati. Così come non è affatto peregrina l’ipotesi che l’aumento della mortalità da tumori del basso Salento sia da attribuire direttamente alle decennali emissioni dell’Ilva e, dunque, al disastro ambientale.


“Rintracciate a Tricase particelle provenienti dalle ciminiere di Taranto”


Sul punto giova riportare quanto detto dal dott. Giuseppe Serravezza, presidente della LILT di Lecce, all’indomani delle dichiarazioni del Ministro Clini in cui quest’ultimo afferma che a Lecce vi è una mortalità più alta rispetto a Taranto: “Il fatto che a Lecce ci sia una mortalità superiore a Taranto non può essere usato come argomento per scagionare l’Ilva. Pochi mesi fa, con le nostre pubblicazioni, abbiamo cercato di attirare l’attenzione delle istituzioni, ma siamo stati ignorati. Ora, grazie a questo intervento del Ministro, anche se poco corretto, finalmente se ne parla. Si cita un fatto drammatico per noi, per un fine insulso, cercando di sminuire il caso Taranto: questa è una cosa da irresponsabili, che fa molta rabbia, specie quando non si fa nulla e non si programma nulla per tutelare i cittadini. I dati”, prosegue il dott. Serravezza, “si ripetono ineluttabilmente da 15 anni. A Lecce nel 2008 sono morte 2.080 persone: ben il 22% in più rispetto a quelle previste dalla media pugliese; a Taranto la crescita è del 10%, quindi, noi li superiamo. Ogni anno il 22% in più rispetto alla media pugliese. Ben 215 morti in più a Lecce, rispetto a Bari, Foggia, Brindisi e Bat. […]. Secondo i nostri dati, stiamo raggiungendo i livelli dei paesi del nord, quelli con più industrie, mentre prima eravamo il 25-30 per cento in meno rispetto alle regioni con un alto tasso, come Lombardia e Liguria […]. Da dieci anni, però, il trend nel nord Italia è verso la riduzione, mentre il trend del tasso di mortalità oncologica del sud aumenta continuamente”.

Sul perché a Lecce la mortalità oncologica è più alta di Taranto il presidente della LILT leccese dice: “Dallo studio dei venti si conoscono i percorsi che quelle sostanze fanno. Il Cnr è venuto a monitorare il percorso qui, qualche hanno fa, e ha rintracciato particelle provenienti dalle ciminiere di Taranto a Tricase. Si tratta di rilievi scientifici. I venti spostano i veleni fin qui: gli studi sono netti, chiari e in linea con quello che si sapeva già nel passato. Qualche stupido si scandalizza per questo, ma noi salentini conosciamo la potenza dei venti: quando piove, da Scirocco, abbiamo la sabbia libica del deserto che piove sulle nostre macchine. Al di là di ogni studio, basta il buon senso. Se quelle ciminiere quantizzano tonnellate all’anno di sostanze emesse, queste sostanze da una parte devono andare: quindi, vengono disperse su un territorio vastissimo, contaminando anche il sottosuolo. A sud di Cerano, sono state poste sotto sequestro delle aree enormi perché contaminate: impregnate di arsenico e altri veleni. Buona parte di questi veleni, come dimostrano gli studi del Cnr, sono giunti fino a Lecce, viaggiando attraverso l’aria”.

Le esternazioni del dott. Serravezza si fondono con la perizia dei professori Forastiere, Triassi e Biggeri oggetto di valutazione in sede di Riesame. Difatti, rispondendo alla consueta eccezione difensiva dei legali degli indagati sull’inidoneità della stima epidemiologica a far affermare il nesso causale tra le condotte criminose contestate ai dirigenti Ilva e la verificazione del disastro ambientale, il Tribunale le liquida come “prive di pregio”. Ma i Giudici non si fermano lì, e chiosano questa parte dell’ordinanza con un’illuminante periodo: “peraltro, a parere del Collegio, una relazione causale di tipo probabilistico riconosciuta in via prevalente dalla comunità scientifica potrebbe rendere possibile, anche con riferimento alle morti ed alle malattie, giungere nel caso di specie ad un giudizio prossimo alla certezza, espresso in termini di probabilità logica o credibilità razionale, in ordine alla loro derivazione causale dalle emissioni inquinanti”. L’esplicativa sentenza del Riesame appalesa altre tragiche prospettive laddove entra nelle pratiche dell’industria analizzandole come segue: “Le emissioni si distinguono in convogliate (effettuate cioè, attraverso uno o più appositi punti) e non convogliate (o diffuse) e, queste ultime, in diffuse propriamente dette (quelle che si disperdono volutamente in atmosfera senza l’ausilio di un sistema di convogliamento delle stesse all’interno verso l’esterno) e fuggitive (rilasciate non intenzionalmente nell’ambiente circostante)”. Secondo l’impostazione accusatoria recepita dal GIP “gli odierni imputati avrebbero realizzato o comunque volontariamente non impedito imponenti quantità di emissioni diffuse e fuggitive, proveniente dalle aree ILVA, di polveri inquinanti contenenti sostanze nocive per la salute umana, animale e vegetale (tra cui diossina, benzo(a)pirene, metalli) provocando disastro ambientale con pericolo per la salute pubblica”. […] Come sentenzia il Riesame, alla luce delle evidenze richiamate non può revocarsi in dubbio che fonte decisiva, preponderante, se non pressoché esclusiva, dell’inquinamento ambientale dell’area di Taranto sia proprio lo stabilimento siderurgico dell’ILVA che, come osservato, per condizioni degli impianti e concrete modalità di attuazione delle lavorazioni del ciclo produttivo, sconfina manifestamente dai parametri normativi o tecnici individuati per la salvaguardia ambientale e, in definitiva, per la gestione eco-sostenibile di attività produttive ad alto rischio quali la siderurgia. A parere pressoché unanime, coloro che hanno subito un danno in questa vicenda non sono solo i malati, i morti o i parenti di questi ultimi. Pur in maniera diversamente grave, tutti i residenti nelle zone esposte alle immissioni nocive del siderurgico sono danneggiati, quantomeno sotto il profilo “morale”, dal reato di disastro ambientale. E l’ambito di “esposizione”, in questa indagine, non deve riduttivamente racchiudersi nel tarantino come se ci fosse una campana di vetro atta ad impedire all’inquinamento di allontanarsi, bensì deve allargarsi così come soffia il vento.


Tutta colpa del vento

Purtroppo l’allegro motto che da anni caratterizza il nostro Salento oggi è foriero di cattive notizie, Infatti, “Salento sole mare e vento”, in quest’analisi è il triste riconoscimento che i venti caratterizzanti il nostro territorio muovono l’inquinamento prodotto dall’ILVA spingendolo e riversandolo sui nostri concittadini, sui nostri animali, sulle nostre terre.

Brindisi-Taranto, l’asse del male si dice. Territori avvelenati, aria malata, terreni pieni di diossina. E popolazione che muore di tumori. Da quasi 20 anni ci sono dati incontrovertibili che documentano l’aumentata incidenza di malattie tumorali di origine ambientale nella provincia di Lecce. E ci sono dati Istat che indicano come e perché il Salento sia l’area più inquinata della Puglia. Un tasso di mortalità per tumori maligni di trachea, bronchi e polmoni cresciuto vertiginosamente. Le aree interessate sono tutte nel Salento, da Lecce in giù. Maglie il paese più colpito (43 decessi nel 2004, 37 nel 2005), ma anche Gallipoli, Nardò, Tricase, Cutrofiano. Dati che sforano la media regionale e che indicano, per tutto il Salento, un quadro di eccesso di mortalità attribuibile all’inquinamento ambientale di origine industriale. La provincia di Lecce, stranamente, è l’area a più alta incidenza di cancro della Puglia, secondo le statistiche Istat e le cifre dell’Osservatorio epidemiologico. Ma come? Non era Taranto la città più inquinata d’Europa a causa dell’Ilva e delle emissioni di diossina? E come mai i grandi colossi industriali si trovano a Brindisi (Petrolchimico) e a Taranto (Ilva) e la gente muore di tumore a Lecce e provincia?

Secondo lo studio dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr, che ha indagato sugli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera del territorio salentino, la causa è proprio nel vento; che trasporta diossina da Taranto e altri tipi di agenti inquinanti dal petrolchimico di Brindisi.  Ed è per questo che l’alta mortalità da tumori riscontrata nel basso Salento è da addebitarsi ragionevolmente a quelle emissioni e dunque suscettibile di riconoscimento e tutela in quello od in altro procedimento penale. […] Quanto detto parla prima di tutto ai nostri cuori, alle nostre vite e alla nostra storia e dunque è il nostro passato e il nostro presente. Ma rischia di essere anche il nostro futuro. Di parole ne abbiamo già dette e scritte tante, forse troppe. Ora ci vogliono i fatti. Che si chiamano alternative economiche, risarcimento danni e bonifiche. Da pretendere e ottenere, a qualunque costo. Tutto il resto, acciaio compreso, non conta più niente. Quanto detto avvalora, oggi come non mai, l’ipotesi che il nostro territorio, il Salento, sia la vittima silenziosa ed indifesa del disastro ambientale oramai accertato. Le istituzioni ad ogni livello dovrebbero prendere atto della situazione e porre in essere tutte quelle iniziative volte a bonificare e tutelare il territorio ed i cittadini residenti. Ormai il nesso di causalità tra inquinamento atmosferico ed aumento delle malattie è ad un tiro di schioppo dall’essere riconosciuto ai livelli che contano, ed il fatto che  sia approdato nell’aula del Riesame ed ivi innalzato ad assioma induce a ritenere fattibile la configurabilità dei Comuni salentini quali parti offese di quel procedimento penale ovvero di altri nascenti su quella scia. […]. Il Salento parte offesa naturalmente riconosciuta, potrebbe e dovrebbe finalmente costituirsi parte civile nell’ambito giudiziario, e presentare il conto dei danni per se e per i tanti cittadini che hanno subito in silenzio l’efferata violenza dell’ILVA. E questo compito è oggi prerogativa di chi amministra il territorio che non può far finta di niente girando lo sguardo altrove, perché è proprio quest’atteggiamento che ha ingrossato le condizioni di malattia e di morte.

Avv. Maria Angela D’Amico (D’Amico & Rizzo – Ruffano)


Attualità

Ma davvero i pugliesi sono i più infelici d’Europa?

Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime

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ALLA FINE DEL GIORNO.  SIAMO FELICI O INFELICI?

di Hervé Cavallera

   Secondo un report ISTAT del 17 aprile scorso i lavoratori italiani sono trai più infelici d’Europa e tra gli Italiani i Pugliesi. Ciò riguarderebbe la percezione delle amicizie, l’utilizzazione del tempo libero, i rapporti familiari, la condizione economica e sociale. Un quadro certamente non esaltante e che sembra contrastare, per noi Salentini, quella che è considerata l’immagine ufficiale del “tacco d’Italia”, terra del sole, dell’ospitalità, dello svago. Si tratta quasi di squarciare il velo di autoprotezione e di scorgere una realtà ben diversa. 

    E tuttavia i dati sono da valutare con una certa cautela anche perché si entra nella dimensione intima dei soggetti e in essa l’emotività ha un ruolo notevole  e gli esseri umani sono spesso portati ad accentuare ciò che di positivo e di negativo hanno incontrato o incontrano nella propria esistenza. Dipende poi dalle diverse età della vita e dalle esperienze provate nella vicinanza del report. Immaginate un giovane intervistato a pochi giorni dal suo matrimonio con aperta davanti una luminosa speranza di vita e un giovane intervistato poco dopo la scomparsa di una persona a lui cara.

D’altra parte, secondo un discutibile report del 1923 attribuito all’ONU (Where young people are the happiest ossia Dove i giovani sono più felici) si troverebbero tra i più felici i giovani del nord Europa e in primo luogo i Lituani. Altri report giudicano la Finlandia lo Stato ove si vive meglio.

E questo sempre  tenendo conto del reddito pro capite, dell’aspettativa di vita sana, della libertà sociale. E a ciò si contrappone il fatto, attestato sempre da report, che il tasso maggiore dei suicidi avviene proprio nei Paesi Baltici  dove appunto esiste un più alto tenore di vita. E il suicidio, si capisce bene, è indubbia espressione di drammatica infelicità. Non è il denaro che assicura la felicità. 

   Insomma, non è facile tradurre in fredde classifiche, che vorrebbero essere oggettive e scientifiche, quelli che sono i sentimenti delle persone, sentimenti che variano non solo secondo le età e il successo lavorativo, ma appunto secondo lo stato d’animo del momento in cui si risponde ai quesiti dei report.

Nella percezione di sé gli elementi soggettivi si intrecciano inevitabilmente con  quelli oggettivi, sì da rendere molto dubbia la possibilità di una conoscenza oggettiva di come veramente si è. Le variabili sono tante e non codificabili.

Ad esempio, può naturalmente accadere che una persona con un reddito modesto possa  essere più sereno di un’altra con un reddito più alto ma con incombenze più pesanti. A voler poi richiamare la nostra tradizione cattolica, è pressoché difficile che nelle confessioni non si dichiarino delle colpe, degli errori, sia pur veniali. E il riconoscimento del peccato mostra come l’uomo non è mai esente dalle ombre, a meno che non si tratta di figure eccezionali di cui è riconosciuta la santità, ma anche loro hanno pur sofferto le “tentazioni”. Lo stato d’animo è fatalmente soggettivo e non può che riguardare il singolo individuo.

    Ciò non vuol dire che le classifiche, le statistiche, i “dati” siano da buttar via. Essi, quando veramente ben fatti e promossi da istituti di riconosciuti meriti scientifici, sono utili per individuare “frammenti” di vita, di aspirazioni, di stati d’animo, di aspettative; frammenti che possono servire come stimolo per venire incontro alle esigenze della comunità. 

I report sono certamente oggettivi allorché indicano dei dati come, ad esempio, stipendi, natalità, emigrazione, malattie, ecc. In questi casi dovrebbero costituire un pungolo nei confronti delle classi dirigenti politiche per migliorare in modo equo la qualità della vita dei cittadini.  

   Le indagini sono invece molto soggettive, e quindi discutili, quando vogliono entrare nella psicologia umana e valutare la felicità di una persona, felicità che non si può ridurre ad un dato statistico poiché è sempre personale sia per quello che uno desidera sia per i momenti della vita in cui si esprime. Si pensi ad un giovane che ha di fronte un futuro che è sempre, nel bene e nel male, pieno di incognite.

Nel giovane ora possono prevalere l’entusiasmo e la speranza, ora la delusione e l’incertezza.

  Ma ciò vale anche per l’anziano. Nel meriggio della propria esistenza egli può fare un bilancio di quanto accaduto e necessariamente trova gioia e dolori, vittorie e delusioni, errori e illusioni, successi e affetti.

A quali dare più peso, considerato che tutti insieme hanno costituito e costituiscono la propria vita? Vivere significa anche accettare gioie e dolori, sperando di commettere pochi errori e non gravi. 

  Ora, tornando al nostro Salento e prescindendo dai diversi problemi personali che possono riguardare le aspettative che si riscontrano nel proprio ambiente lavorativo, il quale dovrebbe essere analizzato secondo le diverse tipologie, è chiaro che in generale qualcosa non va nel mondo giovanile, e ne sono espressione oggettiva lo spopolamento e il calo demografico. La maggior parte di coloro che vanno a studiare o a lavorare fuori Terra d’Otranto non torna più. E di tale problema dovrebbe farsi carico il mondo della politica regionale e nazionale, come lo stesso mondo deve affrontare il tema della natalità che, pur connesso ad un modus vivendi che talvolta non vuole assumersi responsabilità, potrebbe essere in qualche modo modificato con agevolazioni e contributi per la nascite. 

   Importante, in ogni caso, è saper vivere insieme e  sapersi spendere per vedere crescere i propri cari, la propria terra. Questo in vario modo hanno fatto i nostri genitori, i nostri antenati e a questo compito non ci si può e non ci si deve sottrarre.   

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Cronaca

Incidente sulla Cutrofiano – Maglie

Fiat Punto finisce fuori strada e va sbattere contro un muretto a secco. L’uomo alla guida soccorso dai passanti prima e dai sanitari del 118 dopo non corre pericolo di vita

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Sembra quasi un miracolo che nessuno si sia fatto male seriamente, nell’incidente avvenuto sulla strada che collega Cutrofiano a Maglie.

Ciò che si presentava alla vista dei primi passanti dal luogo del sinistro faceva, infatti, temere il peggio

Una Fiat Punto è finita fuori strada ed ha terminato la sua corsa contro il muretto a secco nelle condizioni che potete verificare dalla foto in alto.

L’uomo alla guida è stato immediatamente soccorso dagli stessi passanti che poi hanno allertato i soccorsi.

Sottoposto alle cure dei sanitari del 118, questi ultimi hanno confermato che non corre pericolo di vita.

L’uomo è stato comunque trasportato in ospedale.

Da verificare le cause del sinistro dopo i rilievi delle autorità competenti.

 

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Cutrofiano

Scudetto Inter, festeggiamenti nel Lecce Club: è polemica

Fuochi d’artificio per i nerazzurri dinanzi al locale giallorosso, inaugurato appena pochi giorni fa dal presidente Sticchi Damiani: infiltrati o…”rinnegati”?

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Trend del giorno in Salento? Un fatto accaduto ieri sera in quel di Cutrofiano e divenuto oggi virale.
Circola sui social un video girato nella notte appena trascorsa dinanzi al locale Lecce Club.
Mancano pochi minuti alle 23 ed a Milano l’arbitro di Serie A Andrea Colombo, con il canonico triplice fischio, decreta la fine del derby della Madonnina. Inter batte Milan 2a1. E’ il successo che vale ai nerazzurri il 20esimo scudetto, quello della tanto agognata seconda stella.
Cosa c’entra tutto questo con Cutrofiano? Eccoci al dunque. Nel video suddetto, divenuto virale (e che trovate a fine articolo), viene ripreso un gruppo di persone che, come un po’ tutta l’Italia appassionata di calcio ieri sera ha fatto, segue in silenzio e con grande attenzione il match milanese alla tv, nel club giallorosso. Tra questi, qualcuno attende trepidante la fine dell’incontro, per poi uscire dal locale e dare il là ai festeggiamenti per lo scudetto interista, proprio dinanzi al Lecce Club, esplodendo anche dei fuochi d’artificio.
Ebbene ora sì, potete intendere come e perché il video sia diventato virale. La datata dicotomia “giallorossi vs rinnegati” non attendeva altro per gonfiarsi e tornare ad esplodere in tutta la sua retorica. E questa volta, che dire, come dar torto a chi si stupisce?
Il Lecce Club di Cutrofiano è fresco di inaugurazione. Appena pochi giorni fa ha ospitato il presidente dell’Unione Sportiva Lecce per il taglio del nastro. E, diciamocelo, la dirigenza giallorossa di tutto si sarebbe aspettata men che di vedere scene di giubilo nerazzurro tra le mura giallorosse.
Tuttavia, il Lecce Club di Cutrofiano si difende, con una nota pubblicata nel pomeriggio: “Ci teniamo a precisare come sono andati i fatti nella giornata di ieri. Quello che si vede nel video che in maniera goliardica è stato pubblicato su un profilo, rappresentante si i festeggiamenti per la vittoria dello scudetto, ma nulla ha a che fare con il Lecce Club e i nostri colori. Come sapete nei comuni i tifosi strisciati sono tanti e come successo anche poco più avanti del nostro club, alcuni concittadini hanno voluto festeggiare. Ci riteniamo tifosi del Lecce e di questa terra e legati al nostro Presidente. Come dice proprio lui: chi tifa Lecce, tifa Lecce e basta“.
In verità, una spiegazione non accolta da tutti di buon grado: in tanti sostengono che la pezza sia peggiore del buco. Ma c’è anche chi spezza una lancia in favore: “Che siano interisti, milanisti, juventini se lo Scudetto l’avesse vinto chiunque avrebbero avuto tutto il diritto di socializzare, stare lì, sfottersi sulla “fede” calcistica diversa e mandare avanti la vostra attività con i soldi delle consumazioni o delle altre cose. Il frutto del vostro sudore che qualcuno si è permesso di schizzare di fango. Lunga vita al Lecce Club di Cutrofiano“.
Insomma, giallorossi o rinnegati resta certa una cosa: i tifosi di calcio, anche a campionato quasi concluso, trovano sempre il modo di non annoiarsi…

Il video

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