Connect with us

Approfondimenti

Casarano: 50 sfumature di… crisi

I Commercianti: “Ci hanno abbandonati al nostro destino, il centro storico sta morendo e i negozi continuano a chiudere”
Il vice sindaco Fracasso: “Stiamo ragionando su degli interventi per rivitalizzare il centro città”. Agli esercenti: “Costituite un’associazione che vi rappresenti…”

Pubblicato

il

Casarano, martedì 10 febbraio: locali sfitti, serrande abbassate, locandine con la dicitura “cedesi attività”, vetrine vuote, in via Dante, via Roma, via San Domenico, via Vecchia Matino, Corso XX Settembre: c’era una volta lo shopping nel centro storico di Casarano…


centro storicoFino a qualche anno fa era un brulicare di persone che, intente ad ammirare le vetrine e a fare acquisti, riempivano e coloravano la città, arrivando da ogni dove. Oggi, complici anche (ma non solo) le congiunture economiche che mettono in difficoltà chiunque, la realtà è ben diversa. Strade deserte, negozi, quelli ancora aperti, desolatamente vuoti, e persino la luce fioca (eufemismo) dei lampioni del centro, perfettamente abbinata alla mestizia che sta sfinendo i commercianti casaranesi, sembra volerci convincere di passeggiare in una città fantasma.


Ornella Maglie (Vanity Fair): “Noi emarginati al centro”


Ornella Maglie

Ornella Maglie


Ornella Maglie, di Vanity Fair Accessories, non lo manda certo a dire: “Altro che centro, siamo stati letteralmente messi ai margini! Alla difficile situazione generale si aggiunge l’emarginazione in cui ci ritroviamo noi del centro storico. Oltre che per le mancanze istituzionali ci ritroviamo da soli, nel vero senso della parola,  perché neanche tra noi commercianti c’è collaborazione, non si riesce a trovare unità di intenti neanche per iniziative che possano in qualche modo riaccendere i riflettori sul centro storico. Allora dico che è inutile criticare la città, le istituzioni, se noi per primi non siamo in grado di fare corpo unico”.


Non esiste un’associazione dei Commercianti, un’aggregazione che vi rappresenti a livello istituzionale. Come mai? “Non riusciamo a collaborare neanche quando si tratta di mettere l’alberello per Natale! Per il primo novembre dell’anno scorso, per fare un esempio, qualcuno proponeva l’apertura nonostante il giorno festivo. La cosa non mi entusiasmava ma, ci fosse stato un raccordo, uno scambio di opinioni, unità di intenti, avrei aperto anch’io. Invece nulla, ognuno per i fatti propri: qualcuno ha aperto, altri no… Lo vogliamo capire o no che, se la gente torna nel centro storico, ne beneficiamo tutti e non solo tizio o caio? Sembra una guerra tra poveri, quasi si abbia paura che il vicino venda qualcosa più di te…”. Ornella tiene poi fede alla sua presentazione (“Non ho peli sulla lingua e dico sempre quel che penso”), indicando quali sono secondo lei le mancanze: “C’è indifferenza, quasi svogliatezza, come se i problemi di cui si discute non ci riguardassero. Ho partecipato ad alcune riunioni dei commercianti, ma sembrava quasi che il bisogno di incontrarsi nascesse solo dall’avvento della festa del Patrono che, tra l’altro, tra strade chiuse per il montaggio delle luminarie, giorni di festa e smontaggio, ci isola ulteriormente per una settimana”. Anche in quell’occasione, ci fosse stata un’associazione unita e forte, forse si sarebbe potuto ottenere qualcosa di diverso: “Pare, però, che non ne siamo capaci. Potremmo almeno incontrarci un giorno al mese per mettere su carta quelle che sono le criticità e poi esporre le nostre istanze come un blocco unico. Invece niente…”. Le difficoltà, invece di avvicinarvi, pare siano ulteriore motivo di distacco: “Forse si pensa che si possa andare avanti da soli, quasi facendo concorrenza ai colleghi, come se ci si volesse accaparrare quello che è rimasto. Che tristezza…”. E che buio! Aggiungeremmo noi. “Vero. L’illuminazione è insufficiente, non certo adatta a strade di un centro storico con negozi. Per quanto mi riguarda, poi, da quando hanno chiuso altre due attività su questa stessa strada sono praticamente al buio”. Ha l’opportunità da queste colonne di rivolgersi direttamente al vice sindaco Fracasso che ha la delega alle attività produttive: cosa gli chiederebbe? “Di convocarci tutti, con tanto di letterina d’invito nominale per ognuno, per un assemblea specifica dove discutere della situazione e porre le basi per un progetto nuovo che parta dalle indicazioni di chi vive dal di dentro la nostra realtà”.


Ornella D’Urso (Il Papavero): “Nostre proposte inascoltate”


Ornella D'Urso

Ornella D’Urso


Proseguendo il nostro giro tra le strade deserte e semibuie del centro storico, entriamo nella storica erboristeria “Il Papavero” di Ornella D’Urso, in via Dante dal 1984. “Le cose negli anni sono cambiate”, dice la titolare, “non possiamo certo dire di vivere l’era più luminosa e non mi riferisco solo all’illuminazione insufficiente. Di associazioni che ci rappresentassero ne abbiamo avute e la sottoscritta è stata anche presidente dell’ACAS, oggi invece non c’è alcuna forma di aggregazione”.


Non riuscite proprio a fare corpo unico? “Qualcuno di noi ci ha provato, ma ogni volta che si chiedeva una riunione o si proponeva qualcosa non si trovava mai un interlocutore, figurarsi una controproposta…”. Perché secondo lei? “Forse per mediocrità. Io sono dell’opinione che se più persone hanno idee diverse, mettendosi insieme ne fanno nascere almeno una eccezionale, ma evidentemente non tutti la pensano come me… Probabilmente anche il momento difficile ha supportato questo modo di fare accentuando individualismo e lassismo. La crisi c’è per tutti ed è proprio questo il momento di mettere in moto il cervello e cercare di capire cosa fare per venirne fuori, tutti insieme”.


L’assessore Fracasso vi chiede esplicitamente di mettere su un’associazione. Lei invece cosa chiederebbe al Vice Sindaco? “L’assenza di un’associazione ci penalizza, ma resta comunque la sensazione di essere lasciati al nostro destino. In passato si svolgevano delle riunioni, se ne parlava, si provava a cercare soluzioni, ora nulla. Anche quando qualcuno di noi ha provato a lanciare delle proposte in Comune è rimasto inascoltato, sarebbe necessaria maggiore considerazione nei nostri confronti. Lavoro da 30 anni in Via Dante, potrebbe essere utile chiedere alla sottoscritta come ad altri, cosa ne pensiamo della viabilità, dei parcheggi, dell’illuminazione e quant’altro. Chi, meglio di noi stessi, può conoscere i problemi che quotidianamente affrontiamo? È vero, l’associazione non c’è, ma ci sono tanti giovani che provano a fare qualcosa, ad unire ed a proporre, gli si dia ascolto”.


Tiziana Livello (Donna & Co.): “Centro storico spento”


CedesiPoco più in là c’è Donna & Co., anche qui come in altri negozi del centro nessun cliente. A Tiziana Liviello chiediamo conferma che il centro storico si stia spegnendo e lei, categorica: “Si è già spento!”. Cos’è che vi impedisce di rivedere la luce? “Un po’ tutto, il problema principale è che mancano i soldi”. In questa situazione vi sentite tutelati, presi per mano dalle istituzioni? “Per niente, l’impressione è che nessuno si preoccupi di noi”.

Come mai non riuscite a mettere su un’associazione che possa rappresentare con forza le vostre istanze? “Ognuno va per conto suo, in queste condizioni non ci sono i presupposti per formare un’associazione, vince sempre l’individualismo”. Le diamo l’opportunità di rivolgersi direttamente all’assessore al ramo, il vice sindaco Fracasso, lei cosa gli chiederebbe: “Nulla, perché non ci credo più”.


Fracasso: “Importante restituire decoro urbano al centro”


Il vice sindaco Antonio Fracasso

Il vice sindaco Antonio Fracasso


Il vice sindaco Antonio Adamo Fracasso, che detiene anche la delega alle Attività Produttive ammette la crisi del centro storico e sottolinea l’assenza di un’associazione di commercianti: “Prima c’era e, seppur a singhiozzo, si relazionava con l’Amministrazione, poi non c’è più stata l’occasione di concertare le azioni da intraprendere”.

A suo avviso quali sono le criticità maggiori? “In primo luogo non c’è più una specificità dei negozi e questo acuisce gli effetti di una crisi generalizzata, per cui il centro storico non ha più quell’appeal che poteva avere in passato. Abbiamo cercato in qualche modo di agevolare i parcheggi in centro, ma non può certo bastare per risolvere il problema, ci vuole una strategia più ampia. Innanzitutto le piazze e l’ambiente dovranno essere attraenti ed accoglienti, lo shopping sarà una conseguenza. Anche la viabilità ha la sua importanza ma a mio avviso bisognerebbe superare l’antica visione che il passaggio delle auto faciliti il commercio, anzi”. Ovvio che un’associazione che rappresenti in maniera forte le istanze dei commercianti potrebbe facilitare l’attuazione di una strategia efficace: “Non solo, anche dare impulso a tutta l’attività, con iniziative particolari che accendano i riflettori su tutti gli esercenti del centro storico. È verificato che la sinergia tra attrattive culturali e esercizi commerciali dà i suoi frutti, però bisogna rendere il tutto appetibile”. Rivolgendosi ai commercianti dalle nostre colonne cosa si sentirebbe di dire loro? “Auspico la nascita di un’associazione stabile che si possa interfacciare con noi. Tanto più la crisi avanza tanto più occorre coesione prima tra loro e poi tra loro e noi”.

Per ora, in centro, tante serrande abbassate e tanti cartelli “vendesi”: la situazione pare davvero critica. “Quello che noi possiamo fare è cercare di dare un decoro urbano al cuore della città. Ecco perché una parte dei fondi destinati esclusivamente ai palazzi storici li abbiamo destinati alle suddette piazze, superando anche le perplessità della Regione. Tutti i nostri sforzi sono mirati a rivitalizzare il centro, soprattutto nelle ore mattutine”.

Intanto il commercio a Casarano vive uno dei suoi momenti più difficili che secondo Fracasso trae le sue origini “nei primi anni duemila con il prosciugamento dei portafogli di tante famiglie dell’area di Casarano e non solo, causato dalla crisi del calzaturiero e dalla perdita di tanti posti di lavoro. Anche il proliferare dei centri commerciali in periferia ha avuto la sua influenza nello svuotare i centri storici. Ecco perché la Regione Puglia ha cercato di premiare alcuni progetti che puntavano alla riqualificazione urbana e noi stiamo puntando alla riqualificazione di Palazzo Elia e le piazze Indipendenza e San Pietro”.


Giulio Spinelli, responsabile SUAP

Giulio Spinelli, responsabile SUAP


Giulio Spinelli, responsabile del SUAP aggiunge: “Stiamo anche cercando di agevolare le aperture di attività nel centro storico, soprattutto quelle ristorative, rendendo più semplice il compito di chi vuole aprire una nuova attività. Ad esempio, nelle autorizzazioni con l’Asl: con il restauro di locali nel centro storico non sempre è possibile ricavare tre bagni, come previsto dalla normativa. Stiamo provando a regolamentare il tutto cercando di rendere meno complicata ogni nuova apertura”.


Fracasso anticipa che “stiamo rivisitando tutto ciò che riguarda il commercio nella nostra città. In particolare stiamo pensando di spostare il mercato settimanale del martedì da Contrada Botte. Avevamo un finanziamento della Regione per la dislocazione del mercato in un’area mercatale mediante project financing. Quel progetto, oltre alla realizzazione della nuova area mercatale, prevedeva anche la riqualificazione delle Case di edilizia popolare e del parco periurbano. Sono sorti problemi di espropri e di dislocazione del mercato e si è continuato solo con le case IACP e il parco per cui presto inizieranno i lavori. Lo spostamento del mercato settimanale è solo rinviato: dobbiamo mettere fine alle criticità di Contrada Botte, quella è un’arteria importante della città che il martedì rischia la paralisi. Abbiamo anche approvato un progetto, ora al vaglio della Regione, per il prolungamento di via Poerio, quindi il collegamento con viale Cisternella e la stazione per permettere uno sfogo verso la circonvallazione. Stiamo, poi, cercando di regolamentare gli spazi per gli ambulanti affidando ad ognuno di loro, mediante bando, una postazione fissa ed evitare attività estemporanee che danneggino i veri commercianti. Stiamo anche valutando l’opportunità di tenere un mercato notturno, da maggio fino a settembre, nel centro storico. Per ora è un’idea ma stiamo cercando di portarla avanti”.


Giuseppe Cerfeda


Approfondimenti

Per svelare i misteri celati apre il laboratorio archeologico di Torre Guaceto

Dalla scoperta della necropoli avvenuta nel 2019 a oggi, sono state recuperate 108 urne provviste di ciotole di copertura, deposte il più delle volte in pozzetti scavati nella roccia e poi coperti con piccoli accumuli di terra. In qualche caso, gli archeologi portato alla luce tombe di pregio recanti un cippo in pietra che ne segnalava la posizione e con all’interno urne decorate con motivi geometrici e corredi in bronzo e ambra…

Pubblicato

il

A tu per tu con con i ricercatori: apre il laboratorio archeologico di Torre Guaceto, fino al 30 giugno si potrà assistere ai microscavi sulle urne cinerarie della riserva

I ricercatori stanno portando alla luce i misteri celati nelle urne rinvenute nella necropoli a cremazione di Torre Guaceto.

Per l’occasione, fino al 30 giugno, gli utenti potranno accedere liberamente al laboratorio archeologico del Consorzio di Gestione della riserva e ascoltare il racconto della storia del luogo.

Lo studio della necropoli a cremazione dell’età del Bronzo continua e, mentre nelle annualità precedenti si è svolto sul campo con campagne di scavo, quest’anno è condotto nel laboratorio archeologico di Torre Guaceto.

Il team di ricerca del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento diretto dal professore Teodoro Scarano, in accordo con la Soprintendenza, ha avviato presso il laboratorio di archeologia di Torre Guaceto una campagna di studio delle urne rinvenute nel corso delle ultime due campagne di scavo nell’area della necropoli che si estende sotto la sabbia della spiaggia delle conchiglie dell’area protetta.

Le attività vedono la partecipazione degli studenti dei corsi di laurea triennale e magistrale, della Scuola di specializzazione in Beni archeologici e di assegnisti e dottorandi del Dipartimento di Beni Culturali dell’Ateneo salentino che svolgono attività didattiche e tirocini curriculari.

I microscavi delle urne cinerarie, ovvero la lenta rimozione del terriccio che le riempie al fine di individuare i resti ossei dei defunti e gli eventuali oggetti di corredo che li accompagnano, stanno restituendo importanti testimonianze relative sia ai resti umani, sia agli oggetti deposti che consentiranno di ricostruire i costumi funerari delle comunità dell’età del Bronzo, secondo millennio a.C., di Torre Guaceto e di raccontare le storie di questi individui.

Dalla scoperta della necropoli avvenuta nel 2019 a oggi, sono state recuperate 108 urne provviste di ciotole di copertura, deposte il più delle volte in pozzetti scavati nella roccia e poi coperti con piccoli accumuli di terra. In qualche caso, gli archeologi portato alla luce tombe di pregio recanti un cippo in pietra che ne segnalava la posizione e con all’interno urne decorate con motivi geometrici e corredi in bronzo e ambra.

Torre Guaceto è l’unica riserva italiana ad avere un laboratorio di archeologia, un luogo nel quale giungono i materiali provenienti dalle ricerche in corso nel territorio e nel quale si svolgono tutte le attività di processamento e studio – ha dichiarato il presidente del Consorzio di Gestione dell’area protetta, Rocky Malatesta – “Questo grazie alla grande attenzione dell’ente per l’ambito storico-archeologico, gli investimenti fatti negli anni per la ricerca e la conservazione e ad una convenzione stipulata tra noi del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Brindisi e Lecce e il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento.

E siamo convinti che tanta bellezza e conoscenza debba essere alla portata di tutti – ha sottolineato il presidente del Consorzio -, da qui la decisione di aprire le porte del nostro laboratorio per permettere agli utenti di assistere al lavoro degli archeologi e di scoprire la nostra storia”.

Da oggi e fino al 30 giugno, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 17, il team dell’Università del Salento accoglierà gli utenti presso il laboratorio di Torre Guaceto, nella borgata di Serranova, la posizione https://g.co/kgs/Lfye3iF

Crediamo nella ricerca e nella conoscenza per tutti – ha chiuso il presidente del Consorzio, Malatesta -, dal 2008 investiamo nelle indagini archeologiche e valorizziamo il nostro patrimonio, sostenendo il gruppo di ricerca dell’Università del Salento nello svolgimento dell’attività di studio, collaborando alla scrittura di progetti che hanno poi consentito di realizzare gli allestimenti museali della della torre e del centro visite, dando vita al laboratorio archeologico di Torre Guaceto, ma non ci fermiamo, ora l’obiettivo è creare un vero e proprio museo”.

Continua a Leggere

Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

Pubblicato

il

di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

Continua a Leggere

Approfondimenti

Maglie, il presidente dell’ISPE tradisce le aspettative: si dimetta!

Di fronte ad un enorme danno, di oltre 3 milioni di Euro, il suo dovere è dimettersi. Non possono esserci accordi diversi sulla pelle dei dipendenti, dei cittadini, soprattutto se sono anziani; vanificando i tanti sacrifici della famiglia Carrapa…

Pubblicato

il

Chiediamo le dimissioni del presidente dell’ISPE (Casa di Riposo) di Maglie

È di questi giorni l’attenzione di molta stampa sul centro fisioterapico che l’ASL Lecce ha annunciato di realizzare, nella dismessa struttura dell’Ospedale (PTA) di Maglie.

Ricordiamo che questo “centro” è la soluzione che è stata trovata dall’ASL per poter utilizzare il lascito della famiglia Carrapa di oltre 3 milioni di euro. L’eredità doveva essere destinata alla costruzione di una struttura sanitaria, in alternativa al nuovo ospedale, previsto, ma deliberato solo dopo due anni, dalla stesura del testamento, avvenuta 2009.  

Nel documento era indicata una prescrizione che l’obbligava in caso di struttura sanitaria diversa dall’Ospedale, il completamento nei 5 anni dal decesso, in caso contrario l’intero lascito era destinato all’Istituto Servizi per la Persona (ISPE).

Accade, però, che chi doveva, non solo non ha costruito una struttura, né grande né piccola, ma nemmeno iniziata, riuscendo solo a produrre un cartellone di cantiere con data di inizio e di fine lavori, dove la data inizio è praticamente quella di scadenza dei termini, e quella di ultimazione lavori è anche disattesa, nonostante che si sono stati utilizzati locali esistenti, che necessitavano solo lavori di ristrutturazione.  

Non c’è dubbio che il lascito doveva andare all’ISPE di Maglie, dove le esigenze dei cittadini anziani sono tante: mancanza di posti disponibili, carenza di personale e  insufficienza della struttura, che la defunta Vita Carrapa voleva completare.

Invece, pur essendo a conoscenza delle disposizioni testamentarie, il presidente Fulvio Pedone, non reclama il diritto a succedere, impedendo che altri ne entrassero in possesso. 

Forse il presidente non ha capito che non era lui, persona fisica, il vero beneficiario, ma il comune di Maglie e i suoi anziani cittadini.

Il suo atteggiamento va contro il diritto di successione, contro la legge regionale n 15 del 2004, contro il loro stesso statuto dell’ISPE e contro l’art. 630 del cc..

Non è chiaro se ci sono stati intendimenti o benevole interpretazioni perché ciò accadesse, sta di fatto che chi agisce contro il suo mandato, non merita la stima dei danneggiati che non possono capire il perché non si è voluto aiutare.

E’ chiaro che, di fronte ad un enorme danno, di oltre 3 milioni di Euro, il suo dovere è dimettersi, da Presidente dell’ISPE. Non possono esserci accordi diversi sulla pelle dei dipendenti, dei cittadini, soprattutto se sono anziani; vanificando i tanti sacrifici, della famiglia Carrapa.

Comitato Nuovo Ospedale sud Salento – Antonio Giannuzzi – fiduciario fam.Carrapa                            

Continua a Leggere
Pubblicità
Pubblicità

Più Letti