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Attualità

La Croce Rossa compie 150 anni

“Si celebrano quest’anno, 2018, i 150 anni della fondazione della Croce Rossa ed i 100 anni della fine della Grande Guerra 1915-18,avvenimenti molto vicini perché la CRI è nata in una guerra, la seconda guerra di indipendenza, una delle più cruente della storia dell’uomo”

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Si è svolta, nella suggestiva cornice del chiostro comunale del Palazzo dei Domenicani di Casarano, la cerimonia di celebrazione in occasione della ricorrenza della Giornata Internazionale della Croce Rossa. Organizzata dal Comitato di cittadino della Croce Rossa, l’appuntamento ha rivestito particolare significato anche perché coincidenza ha voluto che, in questo particolare anno, ricadano le ricorrenze dei 155 anni dalla fondazione stessa della Croce Rossa Internazionale ed i 100 anni dalla fine del 1° conflitto mondiale. Presenti alla cerimonia, oltre al Sindaco Gianni Stefàno ed alle autorità civili e militari del territorio, anche la Presidentessa Regionale della CRI, Ilaria Decimo che, nel suo intervento ha ricordato la missione ed i compiti di questo importantissimo organismo internazionale ma si è anche complimentata per come, sul territorio di Casarano, sia ben radicato ed attivo uno fra i più longevi Comitati Locali che, con i propri volontari, assicura assistenza in tutte le ore di tutti i giorni dell’anno collaborando attivamente con il servizio 118  ma anche facendo azioni di prevenzione di presidio di pronto soccorso. Particolarmente interessante e ricco di spunti il discorso del Presidente del Comitato di Casarano, Giacinto Pettinati (discorso integralmente pubblicato in allegato) che ha ricordato i fatti salienti della storia della Croce Rossa e Mezza Luna Rossa Internazionale. La cerimonia si è poi conclusa con il corteo per le strade cittadine e la deposizione, sulle note del silenzio presso il monumento dei caduti, di una corona di alloro.


Si riporta il discorso integrale tenuto dal presidente Giaginto Pettinati:


“Si celebrano quest’anno,2018, i 150 anni della fondazione della Croce Rossa ed i 100 anni della fine della Grande Guerra 1915-18,avvenimenti molto vicini perché la CRI è nata in una guerra,la seconda guerra di indipendenza,nella battaglia di Solferino e San Martino il 21 giugno 1859,una delle più cruente della storia dell’uomo,più della battaglia di Waterloo,con 30.000 morti,dei quali 16000 italiani e francesi e 14000 austriaci.E’ importante sapere che fino a quel momento nelle battaglie di tutti i secoli precedenti,da Maratona nel 490 a.C. ,da Canne e Zama al tempo dei Romani,da Hattin  con le crociate,dalle battaglie della guerra dei cent’anni fra inglesi e francesi e della guerra dei trent’anni fra protestanti e cattolici,alle battaglie napoleoniche di Austerliz e Waterloo i feriti  non erano mai soccorsi da alcuno.Venivano lasciati morire sul campo senza pietà e spiravano  dopo poche ore dissanguatio dopo pochi giorni di sete e di inedia o dopo qualche settimana per infezione ,gangrena e setticemia.Napoleone Bonaparte faceva fucilare i soldati che aiutavano i commilitoni feriti perché ,così facendo, si sarebbero allontanati dalla linea di fuoco.Nel 1848 ,Ferdinando Palasciano ,generale medico del regno borbonico di Napoli, durante la rivoluzione di Messina,soccorse  anche i feriti nemici  e fu condannato a morte per alto tradimento,pena poi commutata in un anno di carcere dal re.Palasciano disse “ il mio dovere di medico viene prima del mio dovere di ufficiale”.Fu in realtà l’antesign


ano della Croce Rossa.  A Solferino era presente uno svizzero,Henry Dunant,un uomo d’affari che doveva incontrare Napoleone III  per vicende bancarie,il quale assistette,suo malgrado, alla carneficina di quel combattimento e ne fu impressionato terribilmente.Corse a chiedere aiuto nel paese per soccorrere i disgraziati soldati feriti.Chiamo’ a raccolta medici ,cittadini ,casalinghe,contadine del luogo, che accorsero in massa  a soccorrere i soldati feriti.Le donne di Solferino,San martino,Castiglione delle Stiviere, furono viste strapparsi l’orlo delle gonne per farne bende sulle ferite,le chiese,le strade, le case di quei paesi diventarono corsie di ospedale.Henry Dunant,colpito da quello spettacolo tragico e pietoso,scrisse poi un libro,”Ricordo di Solferino”,che fu letto avidamente in tutta l’Europa.Poi raccolse qltri quattro amici svizzeri,il Comitato dei Cinque,che stilarono un protocollo per soccorrere i feriti in battaglia,inviato a tutti i governi dell’epoca,i quali accettarono di buon grado l’idea.Furono quindi stilati norme e regolamenti nei vari Stati,raccolti nella Convenzione di Ginevra,secondo la quale tutti gli eserciti si impegnarono a rispettare l’insegna della Croce Rossa per soccorrere i soldati feriti.Il primo apparire delle insegne della  Croce Rossa si ebbe  durante la  guerra franco-prussiana, nella battaglia di Sedan nel 1870.Per la fondazione della Croce Rossa,che non è un simbolo religioso, ma solo il contrario della bandiera svizzera,Henry Dunant fu insignito del premio Nobel per la Pace nel 1901 e morì povero,come,forse, si conviene ad un uomo già tanto ricco di generosità.Il primo apparire della Croce Rossa Italiana  fu nella querra di Libia 1911-15 per soccorrere i soldati italiani nel deserto e per trasferirli in Italia con le navi ospedali.Ma fu nella prima guerra mondiale 15-18 che la CRI raggiunse l’apice della sua opera umanitaria,una guerra sanguinosa ove sui vari fronti de


l Carso,del Pasubio,del Piave ci furono 647.000 morti,due milioni di feriti,600.000 prigionieri,una strage immane.La CRI partecipò con 10.000 infermiere volontarie ,le crocerossine;40 di esse morirono sul posto di lavoro ,altrettante furono prese prigioniere dagli austriaci durante la ritirata di Caporetto perché non avevano voluto abbandonare i soldati italiani ferit


i..La loro Comandante,Elena d’Aosta,moglie del generale Emanuele Filiberto di Savoia,cugino del re,scrisse una accorata lettera al comandante nemico,generale von Below,chiedendogli di rispettare la convenzione di Ginevra e di liberare le crocerossine,cosa che fu fatta in brevissimo tempo.Le crocerossine erano tutte volontarie e compivano la loro missione senza alcun compenso,nelle tende degli  ospedali da campo,dietro la linea del fronte,dove i medici prestavano il primo soccorso ai feriti,amputando gambe,braccia ,suturando ferite,fermando emorraggie,in ambienti scomodi e freddi.Ricordo il gesto della contessa Maria Visconti di Modrone che in una di quelle tende fra le urla ed il gemito dei feriti,con la sua divisa di infermiera sporca di sangue ,pose lo sguardo su un’altra infermiera che le sembrava un volto conosciuto.Era la sua lavandaia,si corsero incontro,si abbracciarono piangendo e si chiamarono sorella.Non c’era più la contessa ,non c’era piu l’umile lavandaia ,c’erano due italiane che aiutavano altri italiani.Le crocerossine ,infatti, si chiamarono sorelle e sorella è l’appellativo con cui  attualmente ci si rivolge loro.Ricordo in particolare una crocerossina,Maria Boni-Brighenti,moglie di un maggiore di fanteria ,che non volle abbandonare i soldati feriti che accudiva, circondati dal nemico e morì con loro.Le fu concessa la medaglia d’oro al valor militare ,l’unica alta decorazione conferita ad una donna nel 1915.In un ospedale della Croce Rossa ,a Bergamo,prestava servizio  con tanta passione un ser



gente di sanità,Angelo Roncalli ,che diventerà papa oltre 40 anni dopo col nome di Giovanni XXIII,il papa buono.In un ospedale della Croce Rossa Italiana fu ricoverato, un giorno, un caporal maggiore dei bersaglieri,che si chiamava Benito Mussolini,il futuro capo del fascismo.Fra gli autisti delle ambulanze della CRI ,che trasportavano negli ospedali della CRI, i soldati feriti dal fronte,fra le strade scoscese dei monti, si distinse un soldato coraggioso che si chiamava Palmiro Togliatti,il futuro capo dei comunisti italiani.La Croce Rossa e l’amor di patria fecero incontrare un papa e due acerrimi nemici,che avevano in comune l’italianità.La Croce Rossa ,oltre le crocerossine ,aveva altre donne volontarie al proprio servizio,le donne dell’Associazione delle Donne Italiane della Croce Rossa,una associazione istituita nel 1889 dalla regina Margherita di Savoia.Queste donne ,chiamate poi Comitato femminile della CRI, avevano il compito di procurare fondi,denaro,donazioni per i bisogni della CRI e durante la guerra s’impegnarono ad aiutare i profughi,le vedove ,gli orfani di guerra ,lasciati nell’indigenza ,ad accudire i soldati che tornavano dal fronte,nelle stazioni ferroviarie,nei luoghi speciali di raccolta,a lenire le sofferenze morali di cittadini disperati.Furono chiamate le patronesse e si impegnarono anche nel fabbricare divise , lenzuola,biancheria ,bende per gli ospedali ,di cui c’era tanto bisogno.La duchessa Cia Giusti del Giardino,la proprietaria di Villa Giusti,dove fu firmato l’armistizio fra italia ed Austria,aveva trasformato le sue case in fabbriche ove si confezionavano quei tessuti,indispensabili agli ospedali da campo.Massimo D’Azeglio disse dopo l’unità d’Italia ”abbiamo fatto l’Italia,adesso bisogna fare gli Italiani”.Ebbene la prima guerra mondiale 15-18 fece gli italiani,con i fanti contadini che da tutte le zone della Nazione accorsero sui fronti di guerra,,,,il monte Grappa,l’isonzo,il Piave.Cittadini italiani che parlavano tanti dialetti e non si comprendevano fra loro,gli ufficiali facevano da traduttori.Si sono trovati italiani di ogni regione,fianco a fianco,uniti nella guerra,che molti non avevano voluto.La Brigata Aosta ,fatta da valdostani e piemontesi ,n un certo periodo  fu costituita in maggioranza da siciliani delle Madonie e da calabresi dell’Apromonte,perché moltissimi valdostani erano morti in battaglia.I napoletani,i pugliesi,i marchigiani vivevano sinsieme ai milanesi ed ai bergamaschi nelle stesse trincee,nel fango,nella neve ,fra i topi ed i pidocchi.I Sardi erano considerati stranieri perché parlavano una lingua incomprensibile e soprattutto perché i contadini del Sud non li avevano mai sentito nominare.Invece la Brigata Sassari,fatta tutta di cittadini sardi,si coprì di gloria durante la ritirata di Caporetto,quando quei soldati nella retroguardia furono gli ultimi ad attraversare il Piave,permettendo agli altri soldati italiani di mettersi in salvo ordinatamente.Poichè nel caos della ritirata  gli ultimi soldati italiani erano frammisti ai tedeschi che avanzavano,i soldati sardi per distiguere il nemico,nel buio della notte, non intimavano il “chi va là” ma lo dicevano in sardo “se sese italianu fuidda sardu”,se sei italiano parla sardo e se non rispondevano in sardo  sparavano ad ogni ombra.Gli italiani si unirono anche nel cibo.I fanti meridionali non conoscevano il riso e la polenta ed i soldati settentrionali non conoscevano le frise con il pomodoro e l’olio di oliva e se le scambiavano..Curioso fu la scoperta delle tavole di  cioccolata,che era distribuita in gran copia nelle trincee perchè era calorica e pratica da mangiare  ma  molti  soldati del sud non la conoscevano,per cui le mandavano alle loro famiglie lontane,che non l’avevano mai gustata.Più curioso ancora l’attuale detto “non rompete le scatole”,che proviene da un ordine secco che gli ufficiali impartivano prima dell’attacco.I proiettili dei fucili erano contenuti in durissime scatole di cartone che i soldati conservavano nel tascapane.L’ordine perentorio “Rompete le scatole “ era dato nelle trincee , prima dell’assalto affinchè i soldati tenessero pronte le munizioni ed aveva il triste significato   di andare all’assalto contro i reticolati e le mitragliatrici nemiche,un orrendo presagio di morte imminente.Ecco perché la frase di oggi “non rompete le scatole” è una frase che invita alla quiete,alla serenità   e quindi vuol dire  “lasciami in pace”.Nelle trincee,fredde e fangose si aggirava un cappellano che dava conforto ai soldati,diceva messa,dava la comunione prima della battaglia,scriveva le lettere per i soldati analfabeti,consolava i feriti.Si chiamava Giovanni Forgione ed era stato renitente alla leva militare.Quasi novanta anni dopo diventò santo col nome d Padre Pio.Amare la patria ed aiutare i propri connazionali non era peccato.Sulle montagne del Carso ai confini della Slovenia ,lungo il corso dell’Isonzo si distinse per coraggio un sottotenente di fanteria tanto da ricevere la medaglia d’argento al valor militare e si chiamava Sandro Pertini,il nostro Presidente della Repubblica degli anni 80,che accorse fra i primi negli ospedali della CRI durante il terremoto della Lucania durante il  disastroso  terremoto del 1980.In quella grande guerra parteciparono anche poeti soldati,anche premi Nobel per la poesia,come Eugenio Montale e Giuseppe Ungaretti,che riuscivano a trovare ispirazione anche tra le rocce nude del Carso.Ungaretti,dopo una notte trascorsa in trincea fra il rombo dei cannoni,la pioggia ,il freddo,i lamenti,in un momento di tregua si assopisce e poi si sveglia con un cielo azzurro e un silenzio di pace,in un tripudio di sole abbagliante e scrive il famoso “ m’illumino d’immenso”. Felice Martini ,durante un assalto all’arma bianca,superato i reticolati nemici, si getta in una trincea e si trova di fronte un giovane soldato austriaco,rannicchiato dietro il suo fucile ,con gli occhi sbarrati per il terrore;sta per infilzarlo ma si ferma.Scrisse una commovente poesia “ perché non ti uccisi”:”non per tema non t’uccisi ma per non morire in,te,mio gemello ,apparso in gemina trincea”. D’Annunzio poi fece della guerra la sua diva ispiratrice. Sironi ,uno dei maggiori pittori del novecento rappresentava le figure umane con grandi piedi e grandi mani ,come Modigliani rappresentava le donne dai lunghi colli,perché non riusciva a dimenticare i piedi e le mani congelate dei suoi fanti.Anche famosi scrittori e poeti stranieri parteciparono alla grande guerra sul fronte italiano con la Croce Rossa,gli americani Johnn Dos Passos ed Ernest Hemingwai,che scrisse “Addio alle armi”,Kipling,il famoso autore di “Capitani coraggiosi,”il libro della Jungla” e “ Kim”,che tutti i ragazzi hanno letto.Gli alpini,i bersaglieri,gli arditi furono soldati di grande valore,ma si distinsero anche i carabinieri,che,come polizia militare, proteggevano nelle retrovie gli ospedali,i ricoverati,prendevano in consegna i nemici feriti,mettevano ordine tra i soldati fuggitivi e sbandati durante la ritirata di Caporetto. Parteciparono con grande coraggio  anche agli assalti in prima linea,come nella battaglia del Podgora ,sul Carso,quando un reggimento di 1600 uomini ebbe l’ordine insano di attaccare alla baionetta la cima della montagna munita di cemento e mitragliatrici austriache.Obbedirono e  morirono quasi tutti ,fedeli al loro motto “usi obbedir tacendo e tacendo morir”.Come non ricordare i marinai italiani che dopo la disfatta di Caporetto furono inviati  sul Piave,ultima difesa, trasferiti dalle navi per combattere sulla terraferma al fianco di alpini e dei  fanti ,perché c’era bisogno di ogni soldato utile per fermare il nemico.Degna di ogni ammirazione fu l’abnegazione  dei ragazzi del ‘99,appena diciottenni,che da tutta Italia furono inviati al fronte di guerra perché ormai la Nazione si era dissanguata per la perdita di morti ,feriti e prigionieri.Si coprirono di gloria nella battaglia di Zenson e di Fogarè ,due paesini sul Piave,dove alcuni reggimenti boemi erano riusciti a sfondare ed avanzare .Se fossero riusciti a proseguire avrebbero invaso la pianura italiana e sarebbero giunti a Venezia  ,Milano Ferrara e noi ora parleremmo tedesco.Due reggimenti di ragazzi del 99,insieme ai bersaglieri,riuscirono a fermare il nemico combattendo anche alla baionetta.Erano scesi dai treni ,che li aveva trasportati al fronte, tre giorni prima,con i fucili più alti di loro e le divise nuove.Quei treni provenivano in gran parte da Bari,Napoli e Palermo.Quando le crocerossine videro arrivare quei ragazzi feriti, pulendo i loro giovani  visi sporchi di terra e di sangue mormorarono in dialetto veneto “ma son putejj”,ma sono bambini”.A Redipuglia fu costruito un grande monumento ai caduti,ove sono sepolti 100.000 soldati,la metà di loro non hanno un nome,perché irriconoscibili per le ferite.A Roma fu costruito l’Altare della Patria  ,un monumento al milite ignoto.Una mamma ,che aveva perso il figlio in guerra senza averne mai più rivistone il corpo,Maria Bergamas,fu individuata per scegliere una  fra undici bare da trasportare a Roma come puro simbolo,per ricordo perenne.Quella bara fu trasportata da Trieste a Roma su un treno speciale,che si fermò in 122 paesi e città a raccogliere fiori ,ricordi e preghiere di centinaia di migliaia italiani che si inginocchiavano al suo passaggio,in un silenzio di luttuosa riverenza.Rammento ai giovani che passano per Roma,anche da turisti , di rivolgere un pensiero a quell’ ignoto soldato.Papa Francesco ,due anni fa è stato al Sacrario di Redipuglia a rendere omaggio ai soldati caduti ed al nonno che era morto combattendo su quelle montagne.Rivolgo un appello ai ragazzi presenti ,affinchè ricordino sempre l’opera dei nonni dei loro nonni che, con il loro sacrificio, ci consentono ora di vivere in una nazione libera,indipendente e democratica.Indro Montanelli,grande scrittore e giornalista ha detto”Il popolo che non ricorda il proprio passato non potrà mai avere un futuro”.


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Tricase Destinazione Autentica 2024, avviso pubblico

Rivolto a soggetti pubblici e o privati, singoli e associati, anche a carattere religioso, ed è finalizzato ad individuare proposte di eventi ed iniziative progettuali di carattere culturale turistico di intrattenimento e spettacolo, da inserire nella programmazione della rassegna. C’è tempo fino al 31 maggio. online anche il bando “Una casa per giovani idee”

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Avviso pubblico per l’individuazione di progetti eventi di iniziativa da inserire nella programmazione culturale e turistica: “Tricase Destinazione Autentica 2024”.

L’amministrazione comunale intende valorizzare i principali attrattori culturali e turistici della città, delle frazioni e delle marine, al fine di promuovere un piano di sviluppo turistico culturale ricco e multidisciplinare.

L’avviso pubblico è rivolto a soggetti pubblici e o privati, singoli e associati, anche a carattere religioso, ed è finalizzato ad individuare proposte di eventi ed iniziative progettuali di carattere culturale turistico di intrattenimento e spettacolo, da inserire nella programmazione della rassegna dal titolo Tricase Destinazione Autentica 2024. Saranno accolte proposte che siano in linea con gli obiettivi prefissati dell’amministrazione comunale, in un’ottica di promozione turistica e riposizionamento competitivo della città. C’è tempo fino al 31 maggio.

Online anche il nuovo bando per “Luoghi Comuni”, “Una casa per giovani idee”. È un’iniziativa delle Politiche giovanili lanciata da Regione Puglia e ARTI Puglia con l’obiettivo di finanziare progetti di innovazione sociale proposti da organizzazioni giovanili, che possono essere accolti e realizzati in spazi pubblici.

C’è tempo fino al 28 maggio 2024 per candidare progetti di innovazione sociale per rivitalizzare la Chiesa della Madonna di Costantinopoli (la “chiesa dei diavoli”) e tutta l’ampia area all’aperto circostante del Comune di Tricase.

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Tricase, Pro Loco: rinnovate le cariche sociali

Nel segno della continuità e del rinnovamento. Paolo Scarascia confermato presidente all’unanimità

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Si è tenuta l’assemblea che ha dato il via al mandato 2024-2028 della Proloco Tricase, l’associazione che si occupa della promozione e valorizzazione turistica, delle potenzialità naturalistiche, ambientali, artistiche, storiche, culturali ed enogastronomiche della Città.

Sarà un Consiglio Direttivo da nove membri ad affiancare Paolo A. Scarascia, riconfermato all’unanimità presidente dell’associazione.

«In questi anni abbiamo lavorato per far sì che Proloco tornasse al centro della vita sociale di Tricase. Lo abbiamo fatto consapevoli dell’importanza e del ruolo istituzionale che gioca la nostra associazione. Dopo iniziative, eventi, collaborazioni e progetti, siamo pronti a fare un altro passo avanti» ha evidenziato Scarascia.

Il consiglio direttivo è composto da Andrea Ciardo, Gabriele Musio, Vito Sabato, Roberta Ferramosca (riconfermata vice presidente), Enzo Tamborrini, Maria Assunta Coppola, Antonia Morciano e Rocco Sparascio.

A loro, si aggiunge il collegio dei probiviri composto da Giovanni Sergi Battocchio, Tommaso Serrano e Francesco Zocco.

«Oltre alle partnership già siglate, il consiglio direttivo e i soci sono già a lavoro per l’organizzazione di iniziative territoriali che coinvolgeranno tutti i rioni, quartieri e frazioni di Tricase», ha concluso il presidente Paolo Scarascia, «vogliamo porre al centro l’importanza della socialità, della partecipazione e della valorizzazione delle peculiarità della Città».

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TeleRama: 35 anni di informazione e libertà

La televisione del Salento è nata il 1° maggio 1989 dalla passione e dall’impegno dell’editore Paolo Pagliaro. Oggi è il secondo gruppo televisivo della Regione per ascolti, così come testimoniano i dati Auditel. Un successo costruito giorno dopo giorno con impegno, fantasia, pazienza e con tenacia, dai validissimi giornalisti che frequentano gli studi o sono inviati tra i tanti centri del Salento e dall’intera squadra

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TeleRama ha festeggiato il suo 35° anniversario.

La televisione del Salento è nata il 1° maggio 1989 dalla passione e dall’impegno di Paolo Pagliaro.
Trentacinque anni di lavoro nel nome dell’informazione e della comunicazione.

Un impegno quotidiano, costante, portato avanti con entusiasmo, rigore e professionalità: radici, cultura, identità, qualità, innovazione, informazione e impegno sono da sempre le linee guida di questo progetto che resiste e si rafforza nel tempo.

«Auguri a tutti noi, auguri e grazie a tutti i collaboratori, i giornalisti, i tecnici, gli amministrativi e i commerciali, a tutti i lavoratori che hanno contribuito alla crescita della nostra meravigliosa realtà», le parole dell’editore Paolo Pagliaro, «il nostro successo è arrivato grazie all’impegno, alla passione, alla qualità delle nostre produzioni, e grazie ad una linea editoriale che è una vera e propria mission e cioè la valorizzazione del territorio».

«Siamo da sempre sentinelle attive», continua l’editore, «la nostra informazione ha percorso sempre un doppio binario: difesa e valorizzazione. Inchieste e informazione da una parte e valorizzazione dei territori dall’altra».

«Un pensiero particolare», conclude senza nascondere la sua commozione, Paolo Pagliaro, «a chi non c’è più ma è sempre nei nostri cuori: alla dolcissima Silvia Famularo, ai grandi Domenico Faivre, Sergio Vantaggiato, Renato Gorgoni, Giuseppe Anglano, Sandro Colaci e Toni Corglianò. Assi del nostro settore che ci hanno lasciato troppo presto».

In 35 anni il Salento è cresciuto insieme a TeleRama che ha dato voce al territorio e ai salentini, da due anni questa mission si è allargata dal Salento a tutta la Puglia e alla Basilicata.

Un’informazione militante al servizio dei cittadini e del territorio così come dimostra la linea editoriale basata sulle 10 battaglie nell’interesse della comunità.

Un percorso di crescita costante: TeleRama è il secondo gruppo televisivo della Regione per ascolti, così come testimoniano i dati Auditel.

Un successo costruito giorno dopo giorno con impegno, fantasia, pazienza e con tenacia, dai validissimi giornalisti che frequentano gli studi o sono inviati tra i tanti centri del Salento e dall’intera squadra composta anche da tecnici, amministrativi, commerciali e collaboratori.

Sforzi e sacrifici che vengono ripagati dall’affetto quotidiano del pubblico che sceglie e segue TeleRama, anche sui social. Dal canale 15 del digitale terrestre TeleRama si affaccia verso il futuro per scrivere nuove importanti pagine di questa lunga storia.

Tra i tantissimi messaggi di auguri anche quelli del ministro Raffaele Fitto, del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, di Monsignor Michele Seccia e poi dell’onorevole Giacinto Urso, del presidente dell’Unione Sportiva Lecce Saverio Sticchi Damiani, del direttore dell’area tecnica dell’Unione Sportiva Lecce Pantaleo Corvino, di Mario Vadrucci presidente della Camera di Commercio di Lecce e del presidente di Confindustria Lecce Valentino Nicolì.

 

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