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Attualità

A Tricase il cibo diventa futuro di comunità

Nell’ex mattatoio comunale, il Food4Health Lab unisce innovazione, tradizione e inclusione sociale: un modello pilota che dà forza alle piccole imprese e apre nuove prospettive di sviluppo locale e internazionale

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Trasformare un modo di vivere in cibo. È questa la missione che anima il Laboratorio di Comunità Food4Health di Tricase, nato nel 2024 negli spazi rigenerati dell’ex mattatoio comunale. Qui il cibo non è soltanto nutrimento o prodotto da vendere: diventa occasione di sviluppo, strumento di inclusione sociale, opportunità di crescita condivisa.


 


Il laboratorio è il cuore del progetto Food4Health, azione pilota del programma di cooperazione strategica Interreg Italia–Albania–Montenegro, nato dalla collaborazione tra la sede italiana del Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei (CIHEAM Bari) e il Comune di Tricase. Un modello innovativo a sostegno delle micro e piccole imprese dell’agricoltura e della pesca, ma anche un incubatore di nuove realtà imprenditoriali e un dispositivo di riqualificazione di filiere produttive con potenzialità ancora inespresse.


Reho


Perché un laboratorio di comunità fa la differenza? Ci risponde Aldo Maria Reho, operatore della filiera ittica, dell’azienda InMare di Gallipoli:“L’opportunità di disporre di un laboratorio in cui sperimentare e sviluppare nuovi prodotti a base di pesce rappresenta un elemento di assoluta unicità per il nostro territorio. Si tratta infatti di una struttura che mette a disposizione competenze, tecnologie e servizi che, diversamente, sarebbero inaccessibili alle piccole realtà del settore ittico locale. Grazie a questo supporto, gli operatori della piccola pesca artigianale, così come gli agricoltori, hanno la possibilità non solo di valorizzare meglio le proprie materie prime, ma anche di innovare la propria offerta, esplorando nuovi mercati e rafforzando la competitività delle loro imprese.”



Il Food4Health Lab mette infatti a disposizione dei produttori locali spazi e strumenti per trasformare e confezionare le materie prime in condizioni di sicurezza, con il supporto costante di tecnologi specializzati. Non solo: il laboratorio ha scelto di aprire le proprie porte anche agli apicoltori, con una linea dedicata al miele che valorizza una produzione radicata nel territorio e simbolo di biodiversità.


Dalla terra al mare, fino all’apicoltura, il laboratorio diventa così luogo in cui innovazione e tradizione si intrecciano, generando nuove opportunità economiche e rafforzando il tessuto produttivo locale.


Di Terlizzi


A Biagio Di Terlizzi, direttore del CIHEAM Bari, chiediamo come si trasformano i bisogni in opportunità di crescita condivisa?

“Il laboratorio di comunità Food4Health rappresenta un esempio concreto di sviluppo locale: non si limita alla sola trasformazione dei prodotti agricoli e ittici, ma diventa uno spazio di incontro, collaborazione e inclusione, dove la valorizzazione delle produzioni locali si unisce al coinvolgimento delle risorse umane presenti nella comunità. In questo senso, il laboratorio offre un modello integrato replicabile in altri contesti nazionali e internazionali, in cui le potenzialità endogene ancora inespresse possono diventare leve concrete di sviluppo. Questo approccio sostiene il reddito degli agricoltori e degli operatori della piccola pesca artigianale, creando al contempo nuove opportunità di lavoro qualificato per i giovani, trasformando il laboratorio in un volano di resilienza e competitività per le comunità costiere.”



Negli ultimi mesi il Food4Health Lab ha ospitato eventi come Proxima (dedicato al cibo sano, giusto e accessibile a tutti) e Ubuntu (festival della multicultura dedicato all’integrazione comunitaria). Iniziative che hanno mostrato come il laboratorio non sia soltanto luogo di produzione, ma anche spazio sociale e culturale, dove persone e culture diverse si incontrano e si contaminano a vicenda. Al suo interno, inoltre, trovano spazio momenti di confronto sulle politiche locali del cibo, che coinvolgono comunità, istituzioni e imprese in un dialogo aperto sul futuro del territorio.


Il respiro internazionale è una delle cifre distintive del progetto: il laboratorio è sovente oggetto di visite da parte di delegazioni governative provenienti da diversi Paesi del Mediterraneo e del mondo. Tra le più recenti, una delegazione egiziana guidata dai ministri dell’Agricoltura e della Bonifica dei Terreni e degli Affari Parlamentari e la Comunicazione Politica e, ancor prima, la visita del Ministro dell’Agricoltura del Regno di Giordania. Gli incontri hanno offerto l’occasione per presentare i progetti della cooperativa locale, le misure di sostegno alle microimprese agricole e della pesca e il ruolo del laboratorio come strumento di inclusione sociale, sviluppo sostenibile e sicurezza alimentare. E ancora, durante l’evento Proxima svoltosi la scorsa estate, funzionari e professionisti provenienti da 14 Paesi di 4 continenti, riuniti a Tricase per la sesta edizione del corso internazionale Sustainable Development of Coastal Communities organizzato dal CIHEAM Bari, hanno potuto conoscere esperienze e progetti messi in campo da questa realtà.


L’insieme di queste azioni ha contribuito a consolidare il laboratorio quale buona pratica riconosciuta e replicabile nei campi dello sviluppo sostenibile e dell’inclusione sociale.


Le prossime attività si muoveranno nella stessa direzione: a breve il laboratorio ospiterà il Bootcamp Circus, organizzato nell’ambito del progetto Interreg CIRCUS finanziato dall’Unione Europea e in programma a Tricase. L’evento riunirà partner e stakeholder dell’area adriatico-ionica per costruire una strategia comune di sviluppo, a partire proprio dall’esperienza maturata nel Salento.


Minonne


Tutto questo ha un impatto concreto per le aziende agricole e la biodiversità? Ne parliamo con Francesco Minonne, titolare dell’azienda agricola Ruralia, socia di Food4Health:

“Un laboratorio di trasformazione di comunità rappresenta un modello concreto per la valorizzazione di prodotti e servizi agroalimentari che diversamente sarebbero fuori da possibilità reali di mercato. Si tratta infatti della possibilità per le piccole aziende di mantenere una filiera corta e sistemi di qualità altissimi perché basati sulla integrità e bassa manipolazione delle materie prime.”



Il laboratorio, poi, è anche la casa degli agricoltori custodi, impegnati nella conservazione delle varietà locali e nella trasmissione di saperi agricoli che rischierebbero di andare perduti. Grazie al loro lavoro, la biodiversità diventa non solo patrimonio culturale, ma risorsa concreta di sviluppo per il territorio e le nuove generazioni.


UN MODELLO CHE GUARDA AVANTI



Oggi la gestione del Food4Health Lab è affidata a una cooperativa, composta da agricoltori e pescatori artigianali, che ha scelto di fare rete per offrire servizi condivisi e costruire un modello di sviluppo più equo e sostenibile. Una comunità aperta, che guarda al futuro e cerca nuovi operatori da inserire e formare, per rafforzare le attività e ampliare il raggio d’azione del laboratorio.


Il Food4Health Lab è dunque più di un luogo fisico: è un punto di riferimento per l’innovazione, la cultura del cibo e la cooperazione internazionale, un’esperienza nata nel basso Salento ma capace di parlare a tante comunità in Italia e nel mondo.


Andrano

Tartaruga liberata da rete fantasma

Associazione “A Mare”, straordinario salvataggio a Marina di Andrano: la grande Caretta Caretta visibilmente provata ma in buone condizioni, ha potuto riprendere a nuotare libera

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Un commovente intervento di salvataggio ha avuto luogo oggi pomeriggio lungo la costa di Marina di Andrano, dove una tartaruga marina Caretta Caretta di grandi dimensioni è stata ritrovata in difficoltà, intrappolata in una rete fantasma.

A intervenire prontamente sono stati i rappresentanti dell’associazione A Mare, realtà da sempre impegnata nella protezione dell’ambiente marino.

A guidare l’operazione tre volontari esperti: Dario Urso, Antonio Pellegrino e Danilo Minonne, che con grande abilità e delicatezza sono riusciti a liberare l’animale dalla rete e a restituirlo al mare in tutta sicurezza.

La tartaruga, visibilmente provata ma in buone condizioni, ha ripreso a nuotare libera.

Questi salvataggi sono la dimostrazione concreta di quanto sia urgente proteggere il nostro mare e le creature che lo abitano“, ha commentato uno dei volontari.

Le reti fantasma, abbandonate o perse in mare, continuano a rappresentare una delle più gravi minacce per la fauna marina, causando ogni anno la morte di migliaia di animali.

L’associazione A Mare lancia ancora una volta un appello alla cittadinanza: occhi aperti in mare e segnalazioni tempestive possono fare la differenza.

La salvaguardia dell’ecosistema marino è una responsabilità collettiva.

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Attualità

Olio lampante nelle mense scolastiche: a Taurisano la rabbia fa 90

Quasi cento famiglie si riuniscono in una class action per chiedere al Comune di recedere dal contratto con “La Fenice”, finita sotto inchiesta. Mentre un’assessora non è d’accordo con la decisione della maggioranza, il sindaco spiega: “Prendiamo decisioni oculate: e se la ditta fosse innocente?”

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di Lorenzo Zito

L’inchiesta che ha travolto la società La Fenice, con sede a Galatone, continua a scuotere il Salento. L’azienda gestisce da anni 25 centri di cottura su cui si struttura il servizio mensa per bambini e anziani in 38 Comuni, ma da mesi è al centro di un’indagine della Procura di Lecce che ipotizza una frode alimentare di vaste proporzioni: nei piatti sarebbero finiti migliaia di litri di olio non extravergine, in alcuni casi addirittura olio lampante, non idoneo al consumo umano. Un prodotto fornito da un’azienda calabrese, anch’essa finita nel mirino degli inquirenti.

Le accuse mosse dalla Guardia di Finanza e dall’Ispettorato centrale per la repressione delle frodi sono pesanti: frode nelle pubbliche forniture, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, violazioni delle denominazioni protette. Già nel luglio scorso erano stati sequestrati oltre 6mila litri di olio adulterato, mentre le indagini hanno stimato in almeno 38 tonnellate la quantità di prodotto non conforme utilizzata tra il 2023 e il 2024.

Le grandi domande che aleggiano attorno al caso sono principalemente due. La ditta La Fenice sapeva di utilizzare olio non conforme? Ed al netto di questo, oggi, i Comuni che con questa azienda hanno in essere un contratto d’appalto, come si devono comportare? Le risposte potrebbero sembrare scontate, ma non lo sono. La riprova è nelle scelte divergenti delle amministrazioni travolte dalla questione.

CHI HA DETTO ‘STOP’

Alla luce dello scandalo, sono diversi i Comuni che hanno deciso di tagliare i rapporti con La Fenice. Tra questi figurano Racale, Casarano, Castrignano del Capo e Presicce-Acquarica. La linea seguita da queste amministrazioni è netta: la perdita di fiducia verso la ditta è tale da non consentire una prosecuzione, indipendentemente dall’esito finale del procedimento penale. In altri casi invece, laddove la scadenza naturale dell’incarico era prossima, si è deciso di non agire, lasciando che fosse il tempo a fare il suo corso.

Una posizione che va nella direzione opposta è quella di chi ha scelto la prudenza giuridica. Ed è qui che entra in gioco il caso più controverso: Taurisano.

AUMENTATE LE ISCRIZIONI A MENSA”

A Taurisano la vicenda ha assunto toni particolarmente accesi. Il Comune ha infatti deciso di non recedere dal contratto con La Fenice, scatenando le proteste di decine di famiglie e la nascita di una class action che oggi conta circa 90 adesioni.

Nonostante questo fronte comune, il sindaco Luigi Guidano non ha cambiato idea. Lo abbiamo allora interpellato per approfondire le ragioni della scelta: “La decisione del Comune è dettata da un duplice compito: da un lato tutelare la salute dei cittadini, dall’altro salvaguardare gli interessi della città”, ha spiegato. “Per il primo aspetto abbiamo approvato all’unanimità in Consiglio un nuovo regolamento comunale che ci consente maggiori possibilità di controllo e di sollecito agli organi competenti, come NAS e ASL. Per il secondo aspetto, invece, non abbiamo receduto dal contratto perché questa procedura esporrebbe il Comune a rischi notevoli.”

Il riferimento è alla possibilità che un’eventuale rescissione comporti l’interdizione della ditta dalle gare pubbliche. “Esiste un sistema giudiziario che stabilirà se quanto sospettato è effettivamente accaduto. Noi non possiamo sostituirci alla legge, che presume l’innocenza fino a prova contraria. Se a fine procedimento la società dovesse risultare innocente, si rivarrebbe automaticamente sul Comune. Chi pagherebbe a quel punto i danni?

Il sindaco riconosce la delicatezza della questione:“Senz’altro non è una decisione semplice. Allo stesso tempo, però, devo dire che quest’anno gli iscritti al servizio mensa sono più dell’anno scorso. Motivo per cui forse la scelta dell’amministrazione non è così azzardata.”

L’ASSESSORA CONTROCORRENTE

Durante l’ultimo consiglio comunale, però, non tutto è filato liscio. L’assessora Valeria Carolì, delegata tra le altre cose ad asili nido ed edilizia scolastica, pur appartenendo alla maggioranza, ha scelto di non allinearsi del tutto alla linea del sindaco. Mentre il primo cittadino, seduto alle sue spalle, le ricordava che il suo intervento esulava dall’ordine del giorno, tra gli applausi scroscianti di quanti erano accorsi a seguire di persona il consiglio comunale, ha affermato:“Ben venga il regolamento, ma potrebbe non bastare. Se è vero quanto emerso dalle ultime indagini, la ditta La Fenice sapeva. Questo rappresenterebbe un grave inadempimento, sufficiente ad una risoluzione contrattuale ai sensi della legge”.

Un gesto percepito da molti cittadini come un atto di coscienza e di onestà, che ha messo in evidenza come il dibattito non divida soltanto le famiglie e l’amministrazione, ma anche la stessa maggioranza.

Il sindaco tuttavia, interpellato sulla divergenza, ha minimizzato: “L’assessora ha esposto liberamente il suo punto di vista, come è giusto che sia, anche se non era quello l’oggetto del dibattimento. Non c’è nessuna frattura all’interno della maggioranza.”

GLI ULTIMI SVILUPPI

Le ultime rivelazioni cui fa riferimento l’assessora aggravano il quadro. Da quanto emerso, già nel 2019 un’analisi chimica segnalava come l’olio fornito non rispettasse i requisiti dell’extravergine. Nonostante ciò, la ditta avrebbe continuato a impiegarlo nei pasti destinati a bambini e anziani.

Dagli atti emergerebbe inoltre il ruolo di un dipendente di La Fenice, stretto collaboratore del legale rappresentante, già gravato da precedenti per frode nelle pubbliche forniture. Sarebbe stato lui a gestire i rapporti con il fornitore calabrese, ricevendo in cambio regalie alimentari — salumi, formaggi, vino — a testimonianza di un legame consolidato e di una consapevolezza interna alla ditta. Questi elementi spostano l’asse della responsabilità: non solo i fornitori calabresi, dunque, ma anche chi in La Fenice avrebbe dovuto vigilare sulla qualità dei prodotti distribuiti.

Mentre le indagini proseguono, le famiglie sono preoccupate e cresce la tensione. Attraverso gli avvocati Luca Puce e Davide Micaletto, hanno annunciato nuove iniziative. La richiesta è chiara: rescindere il contratto. Nelle parole di alcuni genitori, che preferiscono restare anonimi, tutta la preoccupazione:“Non c’è più fiducia nella ditta. L’unica forma di garanzia è la rescissione. Il regolamento non è sufficiente. Gli ultimi sviluppi emersi, il sapere che sapevano, ci ha ulteriormente sconcertato”.

In queste ore, le famiglie sarebbero pronte a reiterare ufficialmente la richiesta al Comune e a rendere pubblica una nuova comunicazione nei prossimi giorni.

UNA PARTITA ANCORA APERTA

La vicenda delle mense non si chiude qui e tra divergenze, nuovi regolamenti (in più Comuni) ed indagini in corso, la partita è tutt’altro che conclusa. Tra diritto alla salute, presunzione di innocenza, conti pubblici da salvaguardare e fiducia ormai compromessa, il caso continua a rimanere un banco di prova delicato per l’intero territorio salentino.

L’esame delle responsabilità, a prescindere dall’esito giudiziario, fa scattare un campanello d’allarme. Possono trascorrere così tanti anni prima che le autorità approfondiscano a dovere cosa c’è dietro a dozzine di bandi pubblici vinti (su tutto il territorio provinciale e nello stesso settore) dallo stesso interlocutore?

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Attualità

Lettera senza…risposta: la “questione tempo pieno” a Racale

Niente sezione a 40 ore a Racale ed 8 bambini vanno ad Alliste. Le mamme non le mandano a dire: “La scuola non è solo abbecedario”. Ma la dirigente fa scena muta

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di Lorenzo Zito

Quest’anno otto bambini di Racale hanno iniziato la prima elementare fuori dal loro paese, ad Alliste. Una scelta non programmata, né desiderata dalle famiglie, ma resa necessaria dall’impossibilità di attivare una sezione a tempo pieno nella scuola primaria di via Mazzini.

Le mamme coinvolte hanno affidato il loro sfogo a una lettera indirizzata alla dirigente scolastica. Un testo appassionato, denso di delusione e di richiami al senso di comunità: «I nostri bambini, figli di Racale, frequenteranno la prima elementare ad Alliste, in una scuola dove ci hanno accolto felici e non ci hanno trattato come un problema da risolvere».

Il racconto parte da gennaio, quando le famiglie avevano regolarmente iscritto i figli al tempo pieno. Nessuna comunicazione ufficiale è arrivata fino a fine giugno, quando — “da voci di corridoio” — si è diffusa la notizia che la classe non sarebbe partita e che i bambini erano stati spostati d’ufficio sul tempo normale. «Pensavamo di poter trovare una soluzione condivisa — scrivono — ma ci è stato detto che non c’erano possibilità e che l’unica strada era coinvolgere la politica».

Dopo un incontro con la dirigente e successivi contatti con l’Ufficio scolastico provinciale e il sindaco, la situazione non si è sbloccata. In una frase riportata dalle famiglie, rimasta particolarmente impressa, si legge: «Il nostro incontro si è concluso con lei che, inopportunamente, ci ha detto che in fondo lei non piangeva se otto bambini andavano via dalla sua scuola». Da quel momento è maturata la decisione di rivolgersi al comprensivo di Alliste, dove — raccontano — «ci hanno spalancato le porte, accogliendo i nostri bambini con entusiasmo».

Nei giorni seguenti è arrivata una nuova proposta da Racale: il tempo pieno sul plesso di via Siena. Ma ormai il dado era tratto. «Ci eravamo già sentiti accolti ad Alliste e sicuri di poter affidare loro i nostri bambini», scrivono le mamme. Una decisione che, spiegano, non è stata presa a cuor leggero: «La scuola non è solo abbecedario e operazioni matematiche: la scuola è sogno ed esempio».

IL SINDACO: «NON È GIUSTO»

Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco di Racale, Antonio Salsetti, che rivendica l’impegno dell’amministrazione sul fronte scolastico e annuncia l’apertura di un confronto pubblico.

«In questi anni di impegno civile e istituzionale molto è stato fatto, sicuramente molto altro si potrà fare. Ma una cosa posso dirla senza timore di smentita: abbiamo investito sulla scuola da subito e continueremo a farlo», ha dichiarato.

Il primo cittadino, appreso del caso, ha convocato «un tavolo di comunità per analizzare e capire le ragioni di una serie di criticità che hanno portato alla lettera da parte di alcune mamme di Racale. I bambini sono il nostro futuro, la nostra priorità. Non è giusto che vadano via».

SCENA MUTA

Abbiamo contattato la dirigente scolastica del Comprensivo “Angelo Vassallo” di Racale, Stefania Manzo, per potervi illustrare con chiarezza e completezza quanto accaduto. Per indagare appieno le ragioni che hanno portato a questa situazione. Per offrire (a lei) l’opportunità di far sentire la propria versione dei fatti, anche in risposta ad una lettera (densa di comprensibile livore) che non le manda a dire. Ma non abbiamo trovato terreno fertile. La dirigente ha preferito non entrare nel merito: non ha colto il nostro invito. “Chiarirò nelle sedi opportune. E se lo riterrò, interverrò quando sarà il caso“, ha affermato, certamente con le sue ragioni. La risposta, a scanso di equivoci, non la deve a noi, ma ai veri protagonisti di questa vicenda. Quegli otto bambini, quei “figli di Racale” che, da oggi, sono un po’ anche figli di Alliste. Chissà loro, tra qualche anno, come racconteranno al mondo questa vicenda.

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