Attualità
Cannabis e sport: il potenziale inesplorato del CBD
Il cannabidiolo come strumento per l’ottimizzazione delle prestazioni sportive…

Cannabis e sport: a prima vista, sembrano due concetti diametralmente opposti. L’immagine classica dell’atleta, figura di disciplina, energia e salute impeccabile, sembra distante anni luce dall’idea generalmente accettata di un utilizzatore di cannabis. Tuttavia, quando si sfuma la linea del pregiudizio e si osserva più da vicino, emerge un legame sorprendentemente robusto e potenzialmente rivoluzionario.
La chiave di questa connessione risiede non tanto nella cannabis stessa, ma in uno dei suoi componenti principali: il CBD o cannabidiolo.
Questa sostanza, estratta dalla pianta ma priva degli effetti psicotropi generalmente associati alla marijuana, sta guadagnando popolarità tra gli atleti di ogni livello, dalla palestra del quartiere alle Olimpiadi.
A dispetto delle controversie, la ricerca scientifica sta lentamente disvelando il potenziale del CBD per migliorare le prestazioni sportive, sia sotto forma di aiuto per il recupero post-allenamento che come strumento per affrontare l’ansia e lo stress competitivo.
Tanto è vero che gli stessi organi internazionali, in riferimento alla regolamentazione della cannabis legale, sembrano ormai diretti a permetterne l’utilizzo agli atleti.
Questo nuovo approccio ha il potere non solo di cambiare il modo in cui percepiamo la cannabis stessa, ma anche di ridefinire ciò che significa ottimizzare le prestazioni sportive.
Ecco il punto cruciale: l’innovazione si nutre di mente aperta e curiosità.
In questo articolo, andremo oltre i pregiudizi e le semplificazioni, esplorando in profondità il legame tra cannabis, CBD e sport. Scopriremo insieme le opportunità, i vantaggi, ma anche le sfide e le precauzioni da considerare. Perché quando si tratta di salute e prestazioni, la conoscenza è la nostra più grande alleata.
Effetti ergolitici della cannabis nello sport: quali rischi per gli atleti?
Gli effetti della cannabis sulle prestazioni sportive dipendono da vari fattori, come la quantità e la qualità della sostanza assunta, il metodo di consumo, la tolleranza individuale, lo stato psicofisico dell’atleta e il tipo di attività fisica praticata.
In generale, si può dire che questa sostanza eserciti degli effetti ergolitici, cioè che riducono le prestazioni sportive, soprattutto se consumata prima o durante l’esercizio fisico. Alcuni degli effetti negativi della cannabis sono:
- aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, che possono aumentare il rischio di problemi cardiovascolari e ridurre la capacità di ossigenazione dei muscoli;
- alterazione della coordinazione motoria, dei riflessi e dell’equilibrio, potenzialmente in grado di diminuire la precisione e l’agilità dei movimenti;
- riduzione della concentrazione, della motivazione e della determinazione a raggiungere un obiettivo, fattore che può influire negativamente sull’aspetto mentale della performance;
- alterazione della percezione del tempo, dello spazio e del dolore, con la possibilità di arrivare a sovrastimare le proprie capacità o sottostimare i propri limiti;
- alterazione della memoria a breve termine e dell’apprendimento motorio.
CBD nel mondo dello sport: una soluzione naturale per prestazioni migliori e un recupero rapido
Al contrario della cannabis propriamente detta, caratterizzata da un alto contenuto di THC, quella legale, ovvero contenente principalmente CBD, sembra poter essere un valido alleato per chi pratica sport a qualsiasi livello, sia agonistico che amatoriale.
Il cannabidiolo, infatti, possiede effetti antinfiammatori, analgesici, antiossidanti e neuroprotettivi che possono aiutare a migliorare le prestazioni e a prevenire o ridurre gli infortuni. In aggiunta, può favorire il rilassamento muscolare e mentale, la concentrazione, la motivazione e il recupero energetico dopo lo sforzo fisico.
Per questi motivi, il CBD non è considerato una sostanza pericolosa, né dopante, dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) e quindi può essere usato in sicurezza dagli atleti professionisti. E come conseguenza diretta di questo molti atleti negli ultimi anni hanno iniziato ad assumere cannabidiolo, specialmente nel mondo del rugby, in modo da sfruttare i suoi effetti benefici.
Uno degli aspetti più importanti per chi pratica sport è il recupero post-allenamento o post-gara. Un buon recupero permette infatti di ripristinare le condizioni ottimali del corpo e della mente per affrontare la prossima sfida sportiva.
Il CBD può essere di grande aiuto in questa fase grazie alle sue proprietà anti-infiammatorie, analgesiche e antiossidanti, contribuendo a ridurre il dolore e l’infiammazione causati dalle microlesioni muscolari e articolari che si verificano durante l’attività fisica intensa.
Ma i benefici del cannabidiolo per lo sport non si fermano qui: sembra infatti che possa anche contrastare lo stress ossidativo e i danni cellulari provocati dai radicali liberi che si formano durante l’esercizio fisico e favorire il sonno e il rilassamento, due fattori essenziali per il recupero muscolare e mentale degli atleti.
Studi e ricerche sul CBD e lo Sport
Il CBD è una sostanza relativamente nuova nel campo dello sport e quindi sono ancora pochi gli studi scientifici che ne dimostrano gli effetti e i meccanismi d’azione. Tuttavia, esistono alcune evidenze preliminari che supportano quanto affermato nel precedente paragrafo sul suo ruolo positivo nello sport e nel fitness.
Ad esempio, uno studio pubblicato su Sports Medicine-Open nel 2020 ha esaminato gli effetti del CBD sulle prestazioni sportive, sul recupero muscolare e sulla salute generale degli atleti.
La ricerca ha concluso che il cannabidiolo potrebbe avere benefici potenziali per gli atleti grazie alle sue proprietà antinfiammatorie, analgesiche, neuroprotettive e antiossidanti.
Un altro studio pubblicato su Frontiers in Neurology nel 2018 ha valutato gli effetti del CBD sulla qualità della vita di pazienti affetti da sclerosi multipla che praticavano attività fisica regolare, rilevando un miglioramento significativo rispetto alla spasticità muscolare, alla fatica, all’equilibrio e alla mobilità dei pazienti.
In conclusione
Gli effetti ergolitici della cannabis nello sport possono rappresentare rischi significativi per gli atleti. I suoi effetti negativi sulla frequenza cardiaca, la coordinazione motoria, la concentrazione e la memoria possono compromettere le prestazioni sportive e l’aspetto mentale della performance.
Tuttavia, è importante sottolineare che la canapa legale contenente principalmente CBD può essere un valido alleato per gli atleti a tutti i livelli.
Il cannabidiolo offre numerosi benefici nel mondo dello sport, come proprietà antinfiammatorie, analgesiche, antiossidanti e neuroprotettive. Queste possono contribuire a migliorare le prestazioni sportive, prevenire o ridurre gli infortuni e favorire un rapido recupero muscolare e mentale dopo lo sforzo fisico.
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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