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Attualità

Casinò in Germania vs. casinò in Italia: differenze normative e operative

Nel 2021 la Germania ha messo mano al proprio ordinamento attraverso la pubblicazione di una legge sui giochi da casinò online. Fino a quel momento, i giocatori erano poco tutelati…

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di Elena Giulia Manzoni


Il mondo del gioco d’azzardo sta crescendo molto rapidamente e la Germania non fa eccezione. La popolarità del gioco d’azzardo digitale in Germania è cresciuta ed ha portato il mercato tedesco ad un nuovo livello. Questo è avvenuto a partire dalla entrata in vigore della legge sul gioco in Germania. 


In questo breve articolo vi parleremo della differenza tra i casinò tedeschi e quelli italiani. Per farlo, vedremo assieme quali sono le differenze normative e quelle operative tra i due paesi, partendo dall’analisi fatta da casinohex.it sui casinò online tedeschi. 


La regolamentazione del gioco d’azzardo online in Germania


Nel 2021 la Germania ha messo mano al proprio ordinamento attraverso la pubblicazione di una legge sui giochi da casinò online. Fino a quel momento, i giocatori erano poco tutelati (agli occhi dell’opinione pubblica specialmente) e con tale legge si è tentato di introdurre una maggiore sicurezza per l’utente e un dispositivo normativo volto a migliorare la prevenzione del gioco d’azzardo compulsivo. 


La licenza di gioco in Germania


Analizzando le principali analogie con la normativa italiana vigente in materia, è possibile sottolineare che la Germania, al pari dell’Italia, ha istituito una licenza di gioco necessaria al corretto e legale svolgimento delle attività concernenti il gioco d’azzardo. Tale licenza, secondo il Trattato sul Gioco, viene rilasciata dalla GGL che, al pari dell’italiana AAMS, gestisce il settore del gioco rilasciando o meno licenze. 


Limiti di gioco e differenze con l’Italia


La necessità tedesca di regolare il fenomeno è emersa in concomitanza con il Covid che, improvvisamente, ha minato la solidità del settore, fino a quel momento completamente dipendente dai tanti casinò tedeschi terrestri. 


Con il duplice fine di tutelare i consumatori e le case fisiche, la legge ha posto dei limiti al gioco digitale, normando però il settore. Vediamo quali sono le più importanti differenze legali tra quanto previsto dalle norme italiane e quanto, invece, applicato in Germania. 


Le restrizioni sulla pubblicità


Iniziamo con il dire che in Germania è presente un limite di gioco. Ciò significa che un giocatore tedesco può spendere al massimo 1.000 euro al mese, indipendentemente dal numero di casinò in cui è iscritto. Diversamente, in Italia l’utente non ha un limite massimo di spesa mensile. 


Ancora, un’ulteriore differenza tra i due paesi sta nella pubblicità del gioco d’azzardo. In Italia – dopo la pubblicazione della legge n. 96 del 9 agosto 2018, la pubblicità del gambling è vietata in ogni sua formula, ad eccezione delle lotterie nazionali. In Germania, al contrario, non è presente questo oscurantismo ma vi è solo un divieto nella fascia oraria 6:00 – 21:00. 


Tipologie di giochi nei casinò online tedeschi


Un ulteriore esempio di restrizione in Germania lo abbiamo invece per quel che riguarda i giochi d’azzardo. In Italia è libero il gioco su qualsiasi tipologia: dalle slot machine al poker passando per roulette, baccarat, punto banco, lotto, bingo, dadi e tanto altro. 


Nei casinò online in Germania, al contrario, è possibile giocare solamente a slot machine, poker e scommesse sportive. Questa fattispecie porta un’evidente discrepanza tra il gioco italiano e quello tedesco, depotenziando il possibile successo dei giochi di carte online e rendendo sicuramente meno efficaci i casinò live in Germania.  


La separazione grafica delle aree di gioco

Sulla falsariga della precedente affermazione, i portali tedeschi devono obbligatoriamente dividere in modo graficamente netto ed inequivocabile i siti di gioco sulla base delle diverse tipologie di intrattenimento offerte. 


Questo significa che l’area dedicata al betting deve essere chiaramente distinta da quella dedicata al casinò classico che sarà ancora diversa da quella pensata per il poker online. Tutte queste distinzioni sono ovviamente assenti in Italia e, nel caso tedesco, sono state pensate per dare respiro al giocatore e consentire che prenda delle decisioni meno affrettate. 


Ancora, con riferimento alla distinzione tra aree precisamente delimitate, in Germania è fatto divieto di utilizzare la pubblicità incrociata all’interno dei diversi settori. Questo significa, in parole povere, che se si sta giocando sul casinò non si riceverà un banner pubblicitario in materia di scommesse.


Sicurezza e protezione degli utenti: Germania vs Italia


Quindi, ad eccezione di quanto sinora esposto, i casinò in germania operano – per quel che riguarda il mondo del gambling digitale, in osservanza di una norma nazionale simile a quella italiana. Tranne per le poche differenze di cui sopra, i casinò tedeschi attuano un sistema di protezione e garanzia della privacy dell’utente simile a quanto avviene in Italia. 


Ne sono un esempio i dispositivi di protezione SSL (Secure Socket Layer) o la disponibilità di metodi di pagamento all’avanguardia come nel caso degli e-wallet o portafogli digitali. Ciò avviene nell’esclusivo interesse dell’utente che è protetto in tutte le fasi di gioco, un po’ come avviene già in Italia. 


In ultimo, così come avviene già in Italia, la sicurezza del giocatore è garantita anche da un ottimo servizio di assistenza clienti che, come tale, rappresenta un requisito di gioco necessario per poter aprire un portale digitale. A questo segue la presenza prevista per norma della sezione dedicata al gioco responsabile nella quale l’utente può ottenere informazioni preziose su come limitare la propria dipendenza dal gioco. 


Conclusione


Principali differenze tra la normativa italiana e tedesca:



  • Limite di spesa mensile in Germania: 1.000 euro, nessun limite in Italia.

  • Restrizioni sulla pubblicità: Vietata in Italia, limitata dalle 6:00 alle 21:00 in Germania.

  • Tipologie di giochi: In Germania, solo slot, poker e scommesse sportive; in Italia, giochi più vari.

  • Separazione grafica delle aree di gioco richiesta in Germania, non in Italia.

  • Divieto di pubblicità incrociata in Germania, assente in Italia.


Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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