Attualità
Copertino in stand by
Tutto tace a Palazzo Briganti. A più di un mese dal ritiro delle deleghe assessorili da parte del sindaco Giuseppe Rosafio, la situazione amministrativa

Tutto tace a Palazzo Briganti. A più di un mese dal ritiro delle deleghe assessorili da parte del sindaco Giuseppe Rosafio, la situazione amministrativa versa ancora in una fase di stallo. Ciò che ancora i cittadini non riescono a spiegarsi è il perché di questa forte scelta da parte del Sindaco e il perché di tutto questo immobilismo. Ci sarebbe piaciuto che il Sindaco – bontà sua – spiegasse non tanto a noi quanto alla comunità le ragioni del suo comportamento. Invece, il primo cittadino si è trincerato dietro il silenzio, evitando di rispondere al telefono, alle mail e persino agli sms, anteponendo non meglio specificate esigenze istituzionali alle nostre richieste di colloquio. Per carità, nulla di personale, ma quando si occupa un così importante ruolo sarebbe quantomeno doveroso rendere conto del proprio operato ai cittadini che gli hanno espresso la loro fiducia durante la consultazione elettorale. “Governare comporta responsabilità, scelte e qualche volta sacrifici, che abbiamo già spiegato ai cittadini verso cui abbiamo l’obbligo di giustificare le nostre azioni”: questo disse Rosafio qualche mese fa, quando gli chiedemmo lumi sull’aumento della Tarsu (“il Gallo” del 31 luglio 2010). E ora che succede? Non si ha più l’obbligo di giustificare le proprie azioni? L’aria si sta facendo pesante, molto pesante. Ci sono diverse cose che ai cittadini proprio non vanno giù. Prima fra tutte proprio la scelta operata dal Sindaco del ritiro delle deleghe, in assoluta segretezza, senza informare né i cittadini né tantomeno gli stessi Consiglieri comunali. Forse il Sindaco sarà rimasto deluso dal comportamento di alcuni dei suoi Assessori. Forse sarà stata la latitanza di qualcuno, la scarsa competenza o il comportamento poco chiaro di qualcun altro. È vero, l’albo pretorio comunale rappresenta la forma ufficiale di pubblicità degli atti amministrativi, ma in questi casi un po’ di buon senso politicamente corretto non sarebbe guastato. A titolo di cronaca, a tutt’oggi le deleghe non sono ancora state riassegnate agli Assessori, che stranamente continuano a ricevere con assoluta regolarità l’indennità di funzione. Ma passiamo ad un’altra spinosa questione. Qualche tempo fa l’Asl, in applicazione del Piano sanitario nazionale che prevede nella provincia di Lecce la costruzione di quattro nuovi ospedali da 450 posti letto tali da avere un bacino di utenza di circa 200mila abitanti, ha chiesto al Comune di Copertino di individuare un lotto insistente sul territorio comunale da destinare all’edificazione del nuovo ospedale intercomunale. Di fronte a questa opportunità di crescita e di sviluppo per il territorio, ci si sarebbe aspettato una risposta diversa dal secco rifiuto, anche qui apparentemente inspiegabile, opposto dall’Amministrazione copertinese. Il mistero si infittisce. In ultimo, la questione legata all’istituzione dell’Ufficio di staff del Sindaco. Nel novembre del 2009 la Giunta comunale deliberò l’istituzione da parte del Sindaco di un suo ufficio di staff per facilitare e assistere il primo cittadino nell’esercizio delle funzioni di direzione politica, programmazione, indirizzo controllo e coordinamento delle funzioni attribuite per legge. E fin qui nulla da eccepire, anche perché nei decreti di nomina è riportata la dicitura che l’incarico non comporta oneri finanziari per l’Ente. Nulla contro la professionalità dei componenti dell’Ufficio staff nominati, ma è forse un caso che due di loro siano rispettivamente moglie e cognato di un Consigliere comunale nonché Assessore provinciale? Chi può dirlo… Il maltempo che ultimamente ha flagellato il Salento, allagando buona parte delle strade e delle campagne copertinesi, ha simbolicamente rappresentato il naufragio della politica cittadina. Di tutto questo si fa portavoce la coordinatrice provinciale di Sinistra Ecologia Libertà, Anna Cordella, che in una lettera aperta ai cittadini di Copertino ha criticato pesantemente la gestione amministrativa della Giunta Rosafio: “La tracotanza con cui questi amministratori tiranneggiano sulla nostra città è ormai divenuta insostenibile, non solo a causa della vessazione democratica con cui percepiscono le istituzioni ma soprattutto per la noncuranza e la negligenza con cui affrontano i problemi della nostra comunità”. Nel mirino della Cordella ci sono tutte le questioni di cui sopra. L’esponente di SEL ha parlato apertamente di “malapolitica”: “Amministrare un paese vuol dire prendersene cura in maniera costante e tutelarlo dai tentativi di speculazione; rispondere ai problemi dei cittadini; custodire il territorio; salvaguardarne la bellezza e battersi quotidianamente per garantirne la crescita. Oggi più che mai mi sento di chiedere al centrodestra di fare i conti con la propria inefficienza e staccare la spina a questa Amministrazione asfittica ed a questa politica svigorita e lontana dalle esigenze di ognuna e ognuno di noi”.
Massimo Alligri
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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