Attualità
Il mondo del lavoro visto dai nostri giovani
Riceviamo e pubblichiamo lo scritto di Janira, studente di classe quinta del Liceo Comi, risultato del percorso “Il mondo del lavoro”, tenuto nel corso di Educazione Civica con la docente Lorenza Marra.
Janira ha voluto farsi interprete di ciò che i giovani sanno e pensano di una sfera così complessa e in crisi quale oggi è il fragile e “labirintico” mondo del lavoro.
Giovani riflessioni sul mondo del lavoro
Il lavoro, a parer mio, costituisce il più delle volte una piacevole via di fuga. Mi piace
pensarla in questo modo, perché sono convinta del fatto che lavorando, e facendo
ogni giorno qualcosa che ci piace, evadiamo mentalmente dall’ordinarietà della vita,
dalla tortura costituita dalla noia, dalla dipendenza economica. È proprio per questo che ritengo il lavoro non solo necessario in ambito sociale, visto come un dovere al quale ognuno deve necessariamente sottoporsi, ma come una vera e propria necessità personale, intrinseca, che ha il potere di tenerci paradossalmente in vita, lontani dall’asetticità delle giornate vuote; che ha il potere di renderci persone realizzate che non devono sottomettersi a nessuno, proprio perché in grado di farcela da sole. Credo non ci sia sensazione più bella di questa: il sentirsi autonomi ed indipendenti da tutto, poter agire come si vuole perché ce lo si è meritati con le
fatiche personali. Vivere in maniera libera, senza dovere niente a nessuno. Quando
poi il lavoro più che ‘lavoro’ diventa ‘hobby’ o ‘passione’, credo sia qualcosa di
preziosissimo, in quanto si è ancora più motivati in quello che si fa ogni giorno, e lo
si fa con estrema leggerezza.
Lo smartworking: da comodità a impedimento
In secondo luogo, il lavoro detiene un valore immenso in quanto costituisce per molti anche l’unico modo per essere in contatto con altre persone, per stringere sempre più consolidati rapporti, per respirare un’aria diversa da quella abituale. E allora penso a chi, da un anno a questa parte, non ha nemmeno più quella possibilità, perché costretto a lavorare da casa, molte volte in completa solitudine. Penso a mia madre che ogni mattina, prima di recarsi in ufficio, si
svegliava già diversamente e con la giusta carica, si relazionava con tutte le sue
colleghe e trascorreva qualche ora di piacevole evasione dalla vita di madre e donna di casa; invece da un bel po’ passa le giornate in queste quattro mura, davanti lo
schermo di un computer. Da molti questa potrebbe essere percepita come un’enorme comodità, ma a lungo andare diventa un vero e proprio impedimento, che a mio parere prosciuga gradualmente le persone fino a far svanire la voglia di fare ciò che fanno.
Un diritto prima che un dovere
Alla luce di questo poi, la categoria di persone che proprio non riesco a comprendere, è invece costituita da quelle che cercano in ogni modo possibile di evitare qualsiasi forma di lavoro e di fatica, quelle che il lavoro lo rifiutano totalmente. Persone convinte di poter vivere sempre sulle spalle dei propri genitori, persone con più o meno gravi difficoltà economiche che non accettano determinati lavori perché si ritengono in qualche modo superiori tanto da concedersi il “privilegio” di essere smisuratamente pretenziose; uomini che non lavorano perché è la moglie a lavorare e trovano comodità in tale situazione, e
donne che non lavorano perché lavora l’uomo che ha per qualche strana ragione
l’obbligo morale di mantenerle, ed il più delle volte assecondare ogni loro capriccio
più frivolo. Secondo me vi è ancora una diffusa visione del lavoro essenzialmente
come ‘dovere’, e mai come ‘diritto’. Eppure, paradossalmente, il lavoro è prima di
tutto un diritto di tutti, così come il diritto all’istruzione o il diritto alla vita, e in
quanto tale dovrebbe essere garantito a tutti. Bisognerebbe percepire il lavoro tante volte come un’opportunità più che come un obbligo, e proprio in questo senso il
lavoro detiene un ruolo fondamentale nella vita di ognuno, in quanto contribuisce a
dare dignità all’individuo, offrendo molte volte la piacevole occasione di ‘mettersi in
gioco’, dimostrando quanto si vale. In secondo luogo poi è anche giustamente
‘dovere’, un dovere che ognuno di noi ha nei confronti dell’intera società, al quale
non può e non dovrebbe sottrarsi. Al giorno d’oggi risultano tantissimi i giovani che
hanno non solo la necessità, ma anche la profonda voglia di lavorare, e per questo
accetterebbero qualsiasi tipo di mansione o contratto lavorativo. Purtroppo però è
ampiamente diffusa la problematica del precariato, che nell’ottica comune destina –
o meglio, condanna- i giovani di oggi a divenire anziani poveri un domani; questo
perché, per poter beneficiare poi di una cospicua pensione, risulta necessario
accumulare un ingente numero di anni di lavoro e di contributi previdenziali. Si
pensa perciò a quella pensione che agli occhi di noi giovani -ma complessivamente
di tutti- sembra poter non arrivare mai, o quantomeno sempre più tardi, e ciò non fa
altro che andare a penalizzare le nuove generazioni irrimediabilmente. Si vive quindi un’angosciosa situazione esistenziale d’incertezza, data da questa sorta di flessibilità negativa che è il precariato, di cui la massima espressione è poi il “lavoro nero”.
Contrapposto ad esso troviamo invece la flessibilità positiva, quella buona, perché
tutelata in qualche modo dalla legge e che proietta l’individuo verso un complessivo
miglioramento. In ogni caso, è bene lavorare per vivere, ma non vivere per lavorare,
ed è fondamentale cogliere questa differenza sostanziale. Non bisogna mai lasciare che il lavoro diventi la sola cosa importante, per la quale si trascura poi tutto il resto, talvolta persino la salute. A tal proposito subentra un’ampia sfera di coscienza, quella inerente la parte ‘oscura’ del lavoro. Molto spesso -purtroppo- s’incombe nella degenerazione di potere, del quale a volte si abusa, e si mettono in atto
determinati gesti che vanno poi a sfociare nelle diverse forme di sfruttamento. A
questo si è risposto con l’istituzione dello “Statuto dei lavoratori”, mediante il quale
si è voluto in qualche modo tutelare i lavoratori e regolamentare il rapporto tra
questi e i rispettivi datori di lavoro. Nonostante questo però, si verificano continui fatti di cronaca che testimoniano le diverse situazioni di sfruttamento che hanno luogo proprio sotto i nostri occhi. Personalmente mi ha toccata molto la condizione delle molte donne e madri che ritornate a lavoro dopo il parto vengono considerate
“improduttive” e sono talvolta sottoposte ad una pressione psicologica tale –
attraverso vessazioni, demansionamenti, ingiustizie- da provocarne le dimissioni,
incombendo quindi nell’infelice fenomeno del “mobbing post partum”. Si pensi
inoltre alle cosiddette “morti bianche”, quelle avvenute sul posto di lavoro e per le
quali vi è l’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente. Secondo il mio -forse ingenuo- pensiero, però, non sono da considerarsi “morti bianche” in questo senso: non vi trovo nulla di candido o immacolato, e soprattutto non ritengo che non vi sia davvero alcun responsabile, in quanto percepisco dietro a tali terribili
eventi talvolta avidità e menefreghismo nei confronti delle regole, atte proprio alla sicurezza dei lavoratori. Pertanto, percepisco tale termine come un velo
apparentemente puro dietro al quale nascondersi, e nascondere molte volte la
troppa indifferenza e l’egoismo, che fa della nostra società una società fortemente
individualizzata.
In conclusione, è indubbio l’immenso valore detenuto dal lavoro, ma ci si deve
ricordare che prima che lavoratori si è persone, individui che detengono una dignità personale e non esiste cosa più importante del rispettare prima di tutto sé stessi, e poi gradualmente anche tutti gli altri. Solo entrando in quest’ottica si potrà forse pensare alla realizzazione di una società migliore, fondata su sani principi e valori che occorre mettere in atto, e non più solo idealizzare.
Attualità
“Maratona della Salute”, protagonisti i medici con 50 anni di laurea
La cerimonia in programma domani, 15 dicembre, alle 20.30, al Teatro Apollo di Lecce…
Gli eventi 2025 legati alla “Maratona della Salute” giungono al culmine con la cerimonia in programma domani, 15 dicembre, alle 20.30, al Teatro Apollo di Lecce, che vedrà protagonisti i medici che hanno raggiunto i 50 anni dalla laurea, i nuovi iscritti all’Ordine, le scuole e le istituzioni che hanno condiviso un percorso di sensibilizzazione collettiva sui temi della prevenzione, della salute e dei corretti stili di vita.
L’iniziativa è promossa dall’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Lecce, che attraverso la “Maratona della Salute” ha costruito una rete territoriale capace di coinvolgere enti, università, istituzioni sanitarie, associazioni di volontariato e realtà culturali. Tra i partner del progetto figurano UniSalento, Asl Lecce, OPI Lecce, Comune e Provincia di Lecce, Accademia di Belle Arti di Lecce, Croce Rossa Italiana – Comitato di Lecce, Cittadinanzattiva Gallipoli e Casarano.
Nel corso della serata saranno premiati i licei Banzi e Palmieri di Lecce, che hanno realizzato video dedicati agli eventi e ai messaggi della Maratona della Salute, contribuendo a diffondere tra i giovani la cultura della prevenzione. Un riconoscimento speciale sarà inoltre conferito all’Unione Sportiva Lecce per la sensibilità dimostrata nell’aderire alla campagna dell’Ordine contro la violenza nei confronti dei medici e degli operatori sanitari.
La cerimonia sarà arricchita da momenti di spettacolo con Andrea Baccassino, I Cantori di Ippocrate e il Jab Quartet, e sarà condotta dalla giornalista Daniela Panzera.
«Questo appuntamento – dichiara il presidente dell’Ordine dei Medici di Lecce, Antonio Giovanni De Maria – rappresenta un momento di grande valore simbolico e umano. Celebriamo i colleghi che hanno dedicato una vita intera alla professione medica, accogliamo i giovani che oggi scelgono di intraprendere questo percorso e ribadiamo il ruolo sociale del medico come presidio di fiducia e prossimità. La “Maratona della Salute”, che si concluderà a ottobre 2026 ha dimostrato che la tutela della salute deve diventare un obiettivo condiviso, costruito insieme alle istituzioni, al mondo della scuola, dello sport e del volontariato».
Il presidente conclude: «In un momento storico complesso, in cui i medici sono sempre più esposti a tensioni e aggressioni, riaffermiamo il valore della relazione medico-paziente e del rispetto reciproco come fondamento del sistema sanitario. La risposta del territorio ci incoraggia a proseguire su questa strada, investendo nella prevenzione, nella cultura della salute e nella partecipazione attiva dei cittadini».
La cerimonia conclusiva della “Maratona della Salute” vuole essere anche un momento di restituzione alla comunità di quanto realizzato nel corso dei mesi, attraverso incontri pubblici, attività divulgative, iniziative sportive e culturali. Un percorso che ha rafforzato il dialogo tra professionisti sanitari e cittadini, promuovendo consapevolezza, responsabilità e partecipazione, con l’obiettivo di rendere la prevenzione un valore quotidiano e condiviso.
L’evento al Teatro Apollo intende così celebrare non solo l’eccellenza professionale, ma anche il senso di comunità e la collaborazione tra istituzioni, scuola e società civile, elementi indispensabili per una sanità più vicina alle persone e attenta ai bisogni emergenti del territorio salentino. Oggi e domani. Sempre.
Attualità
Luca Abete: “Il figlio di Capitan Findus è a Tricase Porto”
Pubblicato da Luca Abete (inviato di Striscia la notizia) sui suoi canali social, fa il giro del web un video che giunge da Tricase Porto.
Un uomo, dalla banchina, pesca un pesce con un’asta fiocinata. Il gesto è sorprendente, le immagini scatenano subito i commenti che si dividono tra stupore e critiche.
Il video
Attualità
Donate letto e pittura che umanizza al Vito Fazzi
“Dicembre è quel periodo dell’anno che si riveste di luci, profumi e colori che parlano di vita, amore e famiglia, è la ricerca di un alloggio che possa accogliere e proteggere, un racconto che parla di una nascita e quindi della vita” – sono queste le parole con cui don Gianni Mattia…”
Donato un letto da parto e l’umanizzazione pittorica di tre sale parto all’U.O. di Ostetricia e Ginecologia del Vito Fazzi. Un investimento concreto per il benessere delle mamme.
Sono stati presentati e donati un letto da parto e l’umanizzazione pittorica di tre sale parto ispirate ai fiori narciso, viola e peonia per l’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia del presidio ospedaliero “Vito Fazzi” di Lecce.
E’ un gesto di solidarietà che acquista un significato ancora più profondo perché compiuto in prossimità delle festività natalizie, periodo simbolo di nascita e rinascita.
In questo clima di rinnovamento, l’Organizzazione di Volontariato Cuore e mani aperte ODV ha presentato queste due importanti donazioni, inserendosi pienamente nella missione dell’associazione: umanizzare le cure e gli spazi ospedalieri affinché ogni persona si senta accolta, rispettata e accompagnata.
Grazie alla collaborazione con Deghi S.p.A., l’associazione ha donato un letto da parto modello AVE2, una dotazione tecnologica di alto livello e dal valore economico rilevante.
Il letto, progettato per migliorare comfort, sicurezza ed ergonomia, contribuisce a rendere l’esperienza del parto più serena e centrata sulle esigenze della donna.
Al valore tecnologico si aggiunge un investimento dall’impatto psicologico profondo: l’umanizzazione pittorica di tre sale parto, resa possibile grazie ai contribuenti che hanno scelto di destinare il 5×1000 a Cuore e mani aperte ODV. Le sale, ispirate ai fiori narciso, viola e peonia, sono state trasformate in luoghi più accoglienti, distensivi e armoniosi, capaci di ridurre ansia e stress, favorire il benessere emotivo e offrire alle future mamme un ambiente che parla di delicatezza, cura e speranza.
Un intervento che sottolinea come la qualità dell’assistenza non dipenda solo dai dispositivi clinici, ma anche dagli spazi e dall’atmosfera che circondano le persone in un momento intenso come quello del parto. E proprio nel periodo dell’anno che celebra la nascita, questa iniziativa vuole essere un segno tangibile di vicinanza, bellezza e umanità.
“Dicembre è quel periodo dell’anno che si riveste di luci, profumi e colori che parlano di vita, amore e famiglia, è la ricerca di un alloggio che possa accogliere e proteggere, un racconto che parla di una nascita e quindi della vita” – sono queste le parole con cui don Gianni Mattia, presidente di Cuore e mani aperte OdV, ha presentato l’iniziativa – “Quando una nuova vita inizia il nostro mondo cambia e ci rendiamo conto di essere protagonisti di un miracolo, del senso più profondo del nostro essere. Poco meno di un mese fa abbiamo fatto una donazione pensando ai bambini che nascono prematuri, ma innegabilmente anche le gravidanze che arrivano al termine portano con loro ansie e paure e l’umanizzazione pittorica diventa una carezza silenziosa che allevia la tensione. Con questa donazione speriamo di riuscire ad accompagnare le donne che stanno dando la vita in un’esperienza che possano ricordare in assenza della paura. Vogliamo che nel momento in cui sentiranno sul seno il corpicino dei loro piccoli possano ricordarsi del Narciso, simbolo di rinascita e nuovi inizi o della Viola che simboleggia la modestia e l’umiltà o ancora della Peonia che nel significato dei fiori richiama la prosperità, l’amore e la felicità. E forse loro insegneranno a questi bambini e bambine a coltivare questa bellezza.
Ancora una volta la nostra Associazione ha camminato insieme ad altri, perché lì dove la solidarietà unisce più cuori che amano e mani che aiutano, non c’è nulla di impossibile. Ed è così che in collaborazione con Deghi s.p.a. abbiamo realizzato la donazione del letto da parto. Deghi è una realtà consolidata nel nostro territorio e non è nuova ai gesti di solidarietà e noi siamo lieti di condividere un tratto di strada insieme.
E visto che la solidarietà è il riflesso dell’amore e che esso più è forte più sono le persone che si uniscono, l’umanizzazione pittorica delle tre sale parto è stata resa possibile da tutte le donazioni ricevute dal 5 per mille, un gesto semplice d’amore che racchiude in se tutto l’amore di Dio.”
“Ringrazio l’Associazione Cuore e mani aperte ODV, sempre attenta ai bisogni dei pazienti, delle donne in questo caso, al loro benessere psicofisico e all’accoglienza nei nostri reparti. La donazione della decorazione pittorica di tre sale parto e il letto da parto si inseriscono nel percorso di umanizzazione delle cure e dei luoghi di cura che da tempo sosteniamo e supportiamo con convinzione. Le associazioni arrivano con efficacia dove noi a volte, per le ragioni più diverse, non riusciamo a intervenire. Motivo in più per dire loro Grazie di cuore” ha commentato il Direttore generale di ASL Lecce Stefano Rossi.
L’Associazione Cuore e mani aperte OdV è un ente del Terzo Settore che opera all’interno del nosocomio leccese da più di venti anni, grazie al sogno e vocazione del cappellano, Don Gianni Mattia, che ne è fondatore e presidente. L’Associazione ha saputo rendersi luogo di cura e rifugio per chi sta affrontando una sfida per la vita e crede nella potenza di un sorriso, attraverso la clownterapia, la Bimbulanza, la Casa di accoglienza e tanti altri progetti.
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