Attualità
La Chiesa Matrice senza campanile: cosa ne pensano i tricasini
Forum virtuale sul tema affrontato nel nostro scorso numero cartaceo

Dopo il nostro articolo sul campanile monco della chiesa Matrice di Tricase, abbiamo interpellato esperti e professionisti tricasini ed acceso un forum virtuale sulla questione.
HERVÈ CAVALLERA – vice presidente nazionale di Storia Patria

«Ricordo molto bene che quando ero ragazzo, avendo chiesto perché la Chiesa Madre di Tricase non avesse un campanile compiuto, mi fu risposto che nel passato i lavori erano stati interrotti non essendo saldo il basamento. La cosa mi convinse, anche perché ebbi, più avanti negli anni, modo di constatare che il sottosuolo presentava dei vuoti, e non ci pensai più. L’immagine del campanile incompiuto è diventato, del resto, un elemento caratterizzante una delle più belle piazze del Salento.
Quando poi nel 2021 pubblicammo I sogni pastorali, emerse tutta la documentazione che nel 1981 don Tonino, allora parroco della Chiesa Matrice, aveva presentato alla Curia, alla Regione e alla Sovrintendenza non solo per il consolidamento statico del campanile, ma anche per il suo completamento. Il progetto proponeva un campanile portato a termine nel rispetto di quello che era lo stile del tempo in cui la Chiesa fu eretta. Ma nulla si fece, anche perché la Sovrintendenza, non è favorevole a modificare il modo in cui si presenta un monumento del passato. Di rimando, mi è venuto in mente quando, in un caldo maggio romano del 1975, contemplando il Colosseo, un mio illustre collega statunitense mi disse, tra il serio e il faceto, che gli americani avrebbero completato il celeberrimo anfiteatro. Ora, intorno ad una questione generale, se sia opportuno il completamento della torre campanaria della Chiesa Madre di Tricase, di là dalle tutele di cui si fa carico e deve farsi carico la Sovrintendenza alle Belle Arti e di là dalla possibilità offerta dalla moderna tecnologia per un basamento sicuro, a me pare che ogni cosa in linea di principio sia lecita. È lecito lasciare il tutto com’è dal Settecento, in quanto così è sempre stato e ci si è abituati alla peculiarità del “non finito”, come per certe opere di Michelangelo. Pure è nel giusto chi sostiene sia opportuno completare, nel rispetto delle stile degli antichi artefici, il campanile in quanto la Chiesa Madre è immagine della realtà viva della comunità dei fedeli e quindi sempre in fieri. Tuttavia, constatato che tutte le opzioni hanno un loro senso e dovendo esprimere il mio punto di vista non essendo un astensionista, sarei ben lieto del completamento del campanile, sempre se effettuato nel rispetto del progetto originale (infatti non si può realizzare la metà mancante senza considerare la parte esistente) e tenuto conto della tenuta statica e geologica.
Il completamento del campanile è infatti un’opportunità affascinante per una città che è da troppo tempo succube dell’immobilismo e talvolta abbandonata all’incuria».
SALVATORE MUSIO – studioso di storia locale

«Sono passati quasi due secoli e mezzo e il campanile della matrice continua a far parlare di sé. Si è detto di tutto. C’è chi ha cercato il motivo della sua incompletezza nell’inflazionata cucuzza dei tricasini. In tanti ricordano il nobile tentativo di don Tonino Bello, quando negli anni in cui era parroco a Tricase, si spinse fino alla redazione di un progetto di completamento per la buona riuscita architettonica e pastorale. C’è anche chi pensa che la torre campanaria monca sia figlia dell’incapacità dei tricasini di fare squadra, di fare sistema, di agire con metodo.
Invece la Storia ci racconta… un’altra storia! Il campanile è incompleto proprio per la compattezza dei tricasini che, stanchi di vedere un cantiere fermo per quasi un trentennio, nel 1763 decisero che era conveniente remare tutti nella stessa direzione puntando dritti all’obiettivo comune della costruzione della nuova chiesa parrocchiale. A conti fatti quella della matrice e del suo campanile è stata una mera questione di soldi. Tricase si autotassò, impegnandosi in una raccolta fondi strutturata in diversi canali e a vari livelli. I contributi furono raccolti dalle confraternite, dalle famiglie facoltose, dai cittadini comuni, dalle casse comunali. Per la “fabbrica” della matrice furono dirottate somme che annualmente erano impiegate per altri scopi, si attinse perfino ai proventi avanzati, utilizzati dall’ospedale per i poveri. E quando, dopo altri venti lunghi anni circa (1781), si arrivò al termine dei lavori, gli stessi tricasini non ci pensarono su due volte e ritennero opportuno investire i pochi soldi rimasti nell’abbellimento dell’interno, piuttosto che al completamento dell’esterno. Un’immaginaria linea orizzontale ha tagliato quello che era stato pensato sopra il tetto della chiesa: il fastigio della facciata e, appunto, il famoso campanile. La situazione economica era talmente grave da indurre i prefetti della fabbrica a non investire nemmeno per completare il primo ordine sopra al basamento.
Non ho idea di come oggi gli uffici competenti si potrebbero porre di fronte alla questione, ma seppur orfani del disegno originario di Adriano Preite, credo che non sarebbe poi tanto complicato riuscire a completare l’ordine esistente, permettendo in tal modo a Tricase di avere una parvenza di torre campanaria, oltre a un adeguato alloggiamento delle campane».
ROCCO DE MATTEIS – architetto

«Nel merito: nella storia di Tricase (i tricasini sono ospiti passeggeri) non vi è stata altra immagine della chiesa matrice oltre quella che è giunta fino a noi, monca! Sì, ci sono sempre stati nella storia interventi che hanno modificato il preesistente. Nell’800 ci si è spinti perfino a copiare il passato per completare l’inconcluso. Io credo che non sia più tempo di guardare indietro e copiare cose già fatte. A chi verrebbe in mente di completare il rivestimento di San Petronio a Bologna? «Se il progetto attinge esclusivamente alla tradizione e al preesistente, se ripete quello che il suo luogo prestabilisce, manca il confronto con il mondo, manca la presenza del contemporaneo». E la Sovrintendenza lo sa bene!
Il metodo: se mai dovesse essere accettata da tutti la necessità di concludere in qualche maniera il campanile, ciò dovrebbe svolgersi con procedure concorsuali, con giuria qualificata e tenendo a distanza le velleità di chi ha il progetto in tasca e lo offre generosamente al Parroco di turno».
ANTONIO ANDREA CIARDO – giornalista

Una doverosa premessa.
Il campanile, che ha assunto nel corso dei tempi una grande importanza, non è un elemento primitivo dell’architettura cristiana. Nelle più antiche chiese conosciute non si trova il campanile.
Negli autori medievali il simbolismo dei campanili si sviluppa secondo due direttrici. Talora, riprendendo un tema antichissimo (dal Pastore d’Erma a Melitone), si vide nelle torri un’immagine di Maria e della Chiesa, definite correntemente nella liturgia, prendendo in prestito le parole del Cantico dei Cantici (4,4), la «Torre di Davide».
In una corrispondenza di AgenSIR del 18 aprile 2018, in preparazione all’arrivo di Papa Francesco ad Alessano il 20 aprile seguente, intervistato da Maria Michela Nicolais, don Flavio Ferraro dichiarò che «Don Tonino era un prete che non parlava solo, ma faceva: non ha mai detto fate, ha fatto».
Amo pensare che se don Tonino si preoccupò non poco di portare a compimento l’antico campanile mozzato, fino a far redigere uno studio di fattibilità e un vero e proprio progetto, abbia pensato proprio al campanile della Sua Parrocchia come all’immagine di Maria della Chiesa “Torre di Davide”, e che quel “segno” fosse essenziale per una Comunità in ricostruzione.
Quindi, ricorrendo il 30° anniversario del Suo “dies natalis” il prossimo 23 aprile, grazie a “il Gallo” che ha riproposto all’attenzione di tutta Tricase quel progetto dimenticato a cui don Tonino aveva dato forma e sostanza.
TONINO MUSIO – imprenditore

«Personalmente, per la verità, non ho mai fatto caso che il Campanile della nostra Chiesa Matrice fosse un’opera incompiuta. Sinceramente ritengo inopportuno pensare a un suo completamento.
Un conto è il consolidamento e quindi la messa in sicurezza, altro è immaginare di mettere mano a un sito architettonico fermo a tre secoli fa.
Turisticamente è più di effetto raccontare perché il Campanile non è stato mai completato magari andando alla ricerca di qualche aneddoto che possa incuriosire e appassionare il visitatore. E non solo il visitatore ma anche noi tricasini: il mistero dell’incompiuto ha il suo fascino.
Nel mondo ci sono tante opere d’arte lasciate a metà o mancanti di qualche particolare per vari motivi. A volte è proprio quella incompletezza a renderle più interessanti e suggestive».
STEFANIA PALMIERI – commerciante

Penso che il campanile completato possa essere un riscatto per il tricasino. Io sono tricasina, tanto ho fatto, faccio e farò per questa città, ma non mi riconosco nella figura incompleta del campanile. La storia non deve essere solo studiata, ricordata e ammirata; penso si possa anche scrivere. Per scriverla bisogna ribellarsi ai vari blocchi burocratici e, a furor di popolo, completare questa bellissima opera che cambierebbe il volto di Tricase. Non solo di una delle piazze più belle del Salento ma dell’intero skyline della città, visibile a tutti i turisti che passano dalla Cosimina. Un vento nuovo soffierebbe a Tricase. Finalmente. Non dimenticherei però anche la facciata della chiesa che è anch’essa incompleta
LEONARDO NUCCIO – commerciante

Se ci sono fondi destinati a questo tipo d’intervento sulla chiesa madre, ben venga. Segnerebbe una tappa nella storia di un monumento secolare. Tuttavia credo che ci siano tanti altri interventi da fare a Tricase ed in particolare nel centro storico. Sono 5 anni che abbiamo messo su il nostro negozio, son passate due amministrazioni ma non vedo cambiamenti concreti che migliorino lo stato delle cose. Forse come scritto su “il Gallo”, sono proprio i tricasini che non hanno voluto, in passato, impegnarsi fino in fondo per il campanile. Così come per tutto il resto che riguarda la nostra tanto contraddittoria cittadina, piena di iniziative mancate e problemi irrisolti. Peccato
ANTONIO NEGRO – commerciante

Potrebbe essere una bella iniziativa. Purtroppo bisogna fare i conti con la sovraintendenza che decide autonomamente come per gli alberi di piazza Pisanelli che fanno parte della storicità e quindi non si toccano.
Attualità
Il Mezzogiorno inizia a Tricase
Presentato il nuovo libro di Uli Weber, fotografo internazionale che firma con questo volume un intenso omaggio al Sud Italia. Accompagnano le immagini, i testi della Premio Oscar e salentina d’adozione, Helen Mirren. e di Denis Curti, storico e critico della fotografia. Parte del ricavato del volume sarà destinato a sostenere le attività di Save the Olives

Un viaggio per immagini che si snoda dalla Sicilia alla Sardegna, dalla Puglia all’Abruzzo, restituendo la forza dei contrasti che rendono unico il Mezzogiorno.
Scorci di armonia assoluta convivono con segni di disarmonia e abbandono; paesaggi naturali incontaminati si alternano a tracce antropiche e urbane.
È in questo equilibrio precario e affascinante che Weber trova la sua cifra poetica, capace di trasformare il paesaggio in emozione e di rivelarne la dimensione simbolica.
La sua fotografia si muove al di là dei cliché turistici per restituire un Grand Tour contemporaneo, un racconto iconografico che invita a guardare oltre la superficie, a cogliere il legame profondo fra l’uomo e il suo ambiente. Protagonista assoluta è la luce, che ora incide la realtà con precisione chirurgica, ora avvolge i luoghi in atmosfere sognanti.
«Questo libro vuole essere il mio omaggio all’Italia, Paese che amo e in cui vivo per buona parte dell’anno, e in particolare a quel Mezzogiorno che mi ha fatto innamorare 20 anni fa quando ho comprato la mia casa pugliese dove tutt’ora risiedo nella stagione estiva», spiega Uli Weber, «un Sud al cui fascino concorrono egualmente “pregi e difetti”, l’armonia assoluta di alcuni scorci e altresì la totale disarmonia di altri, in un contrasto che a mio modo di vedere ne caratterizza l’Unicità. Attraverso le migliaia di chilometri percorse, ho cercato di cogliere con la mia macchina fotografica un Mezzogiorno inedito, e al contempo familiare, in cui ciascuno di noi ritrova tracce di esperienze personali, o visioni inconsuete di posti conosciuti».
Ad accompagnare le immagini, i testi di Helen Mirren, attrice Premio Oscar e impegnata con l’associazione Save the Olives, che in Puglia combatte la devastazione degli ulivi secolari causata dalla Xylella, e di Denis Curti, storico e critico della fotografia, che offre le chiavi di lettura di un’opera sospesa fra poesia e testimonianza.
Parte del ricavato del volume sarà destinato a sostenere proprio le attività di Save the Olives, contribuendo concretamente alla salvaguardia di un patrimonio naturale e culturale unico.
Queste le parole di Helen Mirren, presente al lancio del libro: «Credo che nessuno possa dimenticare il primo incontro con i monumentali alberi secolari della Puglia. La loro presenza è travolgente. La loro forza immobile nasce dal movimento costante di centinaia, a volte migliaia di anni. Le loro intricate forme scultoree, opera della terra, del vento, del sole, della pioggia e delle mani dell’uomo che si è preso cura di loro nel corso dei secoli, fanno di ciascuno di essi un individuo, una testimonianza del legame tra uomo e natura. E ora questi testimoni della nostra storia sono sotto una terribile minaccia. Un batterio chiamato Xylella si sta diffondendo da circa dieci anni: partito da un piccolo angolo della punta più meridionale della Puglia, prosegue la sua marcia distruggendo tutti gli ulivi sul suo cammino, giovani e antichi. Dobbiamo fare appello alla nostra grande immaginazione umana, alle nostre conoscenze e alla nostra esperienza per salvare questo patrimonio».
«Il mio sentito ringraziamento a Uli Weber», conclude The Queen, «il cui straordinario libro cattura il fascino dell’Italia meridionale attraverso le sue fotografie, portando ulteriore attenzione internazionale alla piaga degli ulivi del Salento».
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Attualità
Tartarughe curate e rimesse in mare
Erano state ripescate lungo la costa di Leuca con problemi di galleggiamento che le mettevano a serio rischio. La reimmissione in natura importante per la conservazione della biodiversità marina

Due tartarughe marine affette da gravi problemi di galleggiamento, curate presso il Centro di Recupero delle Tartarughe Marine del Museo di Storia Naturale del Salento, sono state liberate in località Rivabella, a Gallipoli.
I due esemplari erano stati recuperati lo scorso agosto lungo la costa di Leuca, da un’unità navale del Corpo impegnata in un ordinario servizio di vigilanza e controllo del litorale.
Entrambi gli animali presentavano anomalie nel galleggiamento, che li esponevano a un elevato rischio di collisione con le imbarcazioni in transito.
Il recupero e la gestione delle operazioni sono stati resi possibili anche grazie al prezioso supporto logistico e operativo fornito dalla Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza di Gallipoli, che ha messo a disposizione uomini e mezzi per facilitare le fasi di intervento in mare e garantire il trasporto in sicurezza degli esemplari fino al Centro di Recupero.
Dopo il soccorso, le tartarughe sono state sottoposte a esami diagnostici approfonditi presso il Centro, tra cui indagini radiologiche ed ecografiche, per escludere la presenza di corpi estranei e per valutare lo stato dell’apparato respiratorio.
La reimmissione in natura rappresenta un risultato significativo per la conservazione della biodiversità marina e testimonia l’efficacia della sinergia tra enti scientifici, forze dell’ordine e istituzioni pubbliche, impegnati in prima linea nella difesa dell’ambiente.
L’operazione conferma inoltre il ruolo attivo della Guardia di Finanza nella protezione degli ecosistemi marini, un impegno che si affianca ai compiti di polizia del mare, contribuendo in modo concreto alla tutela della fauna e della flora del nostro territorio costiero.
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Attualità
Consigliere supplente, Blasi non ci sta
Il consigliere regionale salentino: «Sono contrario all’introduzione. Non è in linea con il ridimensionamento dei costi e tentare di portare il numero degli eletti a 58 non sarebbe opportuno»

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Il Consigliere regionale del Partito Democratico Sergio Blasi si schiera contro l’introduzione nell’ordinamento regionale della figura del consigliere supplente:
«Non sosterrò alcuna ipotesi di introduzione del consigliere supplente. Abbiamo trascorso l’ultimo decennio a ridimensionare i costi di funzionamento degli organi politici, raggiungendo un equilibrio sostenibile. Andare ad alterare nuovamente questo equilibrio, con un aumento dei costi della politica non mi pare sia un’urgenza dei pugliesi», sottolinea il consigliere di Melpignano.
«Secondo la norma nazionale, modificata appena un mese fa», prosegue, «saremmo dovuti passare a 40 consiglieri. Restare a 50 è stata, a mio avviso, una scelta positiva, per ragioni di rappresentanza territoriale. Tentare però, oggi, di portare il numero degli eletti a 58 non è opportuno».
«Inoltre», insiste il consigliere regionale salentino, «il fatto che gli assessori regionali conservino le funzioni di consigliere garantisce la loro presenza in Aula e preserva un più solido collegamento tra Giunta, Consiglio e gruppi consiliari di maggioranza. Un distacco, in questo senso, non è auspicabile».
«Dunque», conclude Sergio Blasi, «se dovesse palesarsi in Consiglio un provvedimento per l’introduzione del Consigliere supplente, il mio voto sarà contrario».
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