Attualità
Lecce per tre giorni capitale mondiale dell’architettura
Dedicata al tema dell’Hyperregionalism la tredicesima edizione di “Architects Meet”, ideata dall’Associazione italiana di Architettura e Critica, realizzata in collaborazione con Comune di Lecce, Polo Biblio-Museale, Ordine degli Architetti PPC provincia di Lecce. Tra gli ospiti l’architetto portoghese di fama internazionale Manuel Aires Mateus che venerdì 25 riceverà il Premio Internazionale Architects meet in Lecce

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Si terrà a Lecce da domani e fino al 26 ottobre la tredicesima edizione dell’Evento Architects Meet, ideato e promosso dall’AIAC, Associazione Italiana di Architettura e Critica, in collaborazione con il Comune di Lecce, il Polo Biblio-Museale di Lecce, l’Ordine degli Architetti P.P.C. di Lecce.
Interamente declinato sul tema “HyperRegionalism, materialità e immaterialità dell’Architettura”, l’appuntamento vuole concentrarsi su quella particolare e rilevante tendenza che a un’architettura senza anima, uguale in tutti i luoghi, cerca di contrapporre spazi radicati e riconoscibili.
Opere in cui la materia gioca un ruolo di primo piano, recuperando alla costruzione frammenti il più possibile ampi e significativi delle preesistenze.
Una nuova architettura che trae senso e valore dall’intreccio tra complessità delle stratificazioni, recupero dei materiali originali, ferma distanza dalle derive retoriche e vernacolari, grande attenzione e ai “flussi immateriali della contemporaneità”, a partire dalla consapevolezza che le nuove costruzioni devono rispettare standard elevati di comfort e di efficienza energetica.
«Il nostro obiettivo», afferma Luigi Prestinenza Puglisi, saggista, critico e storico dell’architettura italiana, presidente dell’Associazione Italiana di Architettura e Critica, «è esaminare, attraverso le opere di architettura recentemente progettate e realizzate in Italia, come in questi ultimi anni si stia profilando un modo di costruire in cui l’obiettivo è ottenere un nuovo equilibrio tra tecnologie diverse che vanno dalle più arcaiche alle più innovative, un HyperRegionalismo in cui si alternano, si contrappongono e si completano vecchie materialità e nuove immaterialità. HyperRegionalismo perché l’architettura oggi è attenta ai luoghi, al contesto e alla natura, cioè alla sua dimensione regionale. Ma al tempo stesso aspira a standard internazionali e a confrontarsi a tutto campo con le richieste della contemporaneità».
LA SCELTA DEL SALENTO
«La del Salento, di portare la tredicesima edizione di Architects Meet a Lecce, non è casuale», prosegue Prestinenza Puglisi, «Lecce è una città bellissima e situata in una regione che sta investendo molto in architettura, con in atto interessanti esperienza e sperimentazioni».
«Abbiamo voluto con grande determinazione promuovere a Lecce la tredicesima edizione di Architects Meet”», dice Tommaso Marcucci, presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Lecce, «perché siamo convinti della necessità di riflettere, insieme a colleghe e colleghi che arrivano da altre regioni italiane e dall’estero sullo stato dell’arte dell’architettura contemporanea e sulla necessità che l’architettura, proprio come ci invita a pensare Manuel Aires Mateus, rifuggendo dai capricci e dalle mode, debba avere un rapporto molto stretto con la realtà e con la vita e con gli spazi entro cui la vita si svolge. E questo vale sia per le nuove costruzioni che per il recupero e la rigenerazione del costruito, sia esso antico, moderno o molto spesso rurale. Si tratta», prosegue Marcucci, «di assumere fino in fondo e con particolare sensibilità la grande responsabilità che investe le architetture e ognuno di noi nel pensare e progettare gli spazi e i luoghi della vita in relazione a chi poi concretamente li abiterà. Una responsabilità che sposa anche l’asse, e pone la relazione: con il luogo, la memoria, i viventi, lo spazio intorno, le funzioni, a fondamento del progetto. Declinato in questo modo, il tema di quest’anno è uno straordinario invito a pensarsi e ripensarsi ma anche un invito a rinnovare la cassetta degli attrezzi e il nostro ruolo nelle vorticose trasformazioni in cui siamo immersi».
Luigi Prestinenza Puglisi
Tommaso Marcucci
I LUOGHI
Architects Meet in Lecce toccherà diversi luoghi della cultura di Lecce come il Teatro Paisiello, la Biblioteca Bernardini – Convitto Palmieri e la Chiesa Santa Maria di Ogni Bene.
Vi parteciperanno centinaia di architetti, studiosi e critici di architettura che arrivano a Lecce da tutta Italia e dall’estero per mostrare – in una maratona di interventi ogni giorno – il loro contributo al mondo costruito, condividendo visioni per il futuro della progettazione.
I PREMI
Venerdì 25 ottobre verrà conferito il Premio Internazionale Architects meet in Lecce al progettista portoghese di fama internazionale Manuel Aires Mateus.
Sabato 26 verranno conferiti i Premi Nazionali Architects meet in Lecce, a progettisti che si sono distinti, all’interno dell’evento, per la propria architettura.
LE MOSTRE
Oltre alle conferenze e al conferimento dei Premi, durante la tre giorni leccese saranno inaugurate due mostre.
HyperRegionalism, presso la Chiesa Santa Maria di Ogni Bene, racconta, con l’esposizione di decine di book d’autore diversi, oltre 100 progetti e realizzazioni innovativi ad opera di Studi di architettura italiani, con l’allestimento curato da Riat Archidecor.
Supermostra 24, presso la Biblioteca Bernardini – Convitto Palmieri, a cura di Ilaria Olivieri e Lpp, è un osservatorio e una mostra itinerante che, attraverso l’opera di 33 progettisti e progettiste, ha lo scopo di verificare quanto di interessante avviene, nel campo dell’architettura, nelle diverse aree regionali della penisola.
In questa occasione verrà inaugurato per la prima volta il Sistema espositivo “STELO” del Polo Biblio-Museale di Lecce e Regione Puglia, progetto degli Architetti Federica Russo e Nicolò Lewanski di Valari Architecture, realizzato da Scaffsystem, vincitore dell’Avviso pubblico “Architetture sostenibili per i luoghi della cultura italiana” contributo Ministero della Cultura Direzione Generale Creatività Contemporanea.
IL PROGRAMMA COMPLETO
Giovedì 24 ottobre
Biblioteca Bernardini ex Convitto Palmieri
– ore 14,30 – 18
Apertura Architects Meet in Lecce: architetti, designer, urbanisti ed esperti si alterneranno sul palco per confrontarsi sui temi dell’HyperRegionalism
Giovedì 24 ottobre
Chiesta Santa Maria di Ogni Bene
– ore 18
Inaugurazione mostra HyperRegionalism
Venerdì 25
Biblioteca Bernardini ex Convitto Palmieri
– ore 10 – 13
Intelligenza artificiale in architettura: implicazioni etiche ed estetiche
– ore 14,30 – 18
Architetti, designer, urbanisti ed esperti si alternano sul palco per confrontarsi sui temi dell’HyperRegionalism
– ore 18
Inaugurazione Supermostra 24
Venerdì 25
Teatro Paisiello
- ore 19
Lectio magistralis del premio internazionale Architects Meet in Lecce 2024 Manuel Aires Mateus
Sabato 26
Biblioteca Bernardini ex Convitto Palmieri
– ore 11 – 13
Presentazione libri-temi di attualità
– ore 14,30 – 19
Architetti, designer, urbanisti ed esperti si alternano sul palco per confrontarsi sui temi dell’HyperRegionalism
– ore 19
Premiazioni Premio Nazionale Architects Meet in Lecce 2024
MANUEL AIRES MATEUS E IL SALENTO
Manuel Aires Mateus nasce a Lisbona nel 1963.
Si laurea alla Faculdade de Arquitetura de Lisboa (1986) e collabora con il fratello Francisco Aires Mateus, fondando nel 1988 lo studio Aires Mateus.
Dal 1986 collabora dal 1986 con diverse università, come la Harvard Graduate School of Design, il College of Architecture, Art and Planning della Cornell University, la Oslo Architecture School, la Facoltà di Architettura dell’Università di Lubiana o la Facoltà di Architettura dell’Università di Navarra, a Pamplona. Dal 1998 è professore dell’Universidade Autónoma de Lisboa e, dal 2001, dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, Svizzera.
Il lavoro dello studio, che ha come punto fermo la sede di Lisbona, è presente in diversi paesi, Portogallo e molti dei progetti sono pubblicati in monografie, tra cui A+A Architecture Guide, El Croquis, Arquitectura Viva, GA, A+U, 2G, C3, d’Arco, TC Cuadernos, DOMUS e AMAG, tra gli altri.
Intensa la partecipazione di Aires Mateus a numerose mostre, come dimostra la sua costante presenza alla Biennale di Architettura di Venezia (Italia, 2010, 2012, 2016, 2018 e 2021). Suoi lavori sono stati esposti inoltre alla Biennale di Architettura Villa et Culture di Rabat (Marocco, 2018), al Centre de Création Contemporaine Olivier Debré (CCCOD) di Tours (Francia, 2015), alla Milano Design Week, con l’installazione White in the City (Italia, 2017), alla Biennale di Architettura di Chicago con il pezzo Ruins in Time e, recentemente, alla Biennale di Architettura e Urbanistica di Seoul (Corea del Sud, 2021) con il progetto TO INHABIT.
Nel tempo Aires Mateus è stato insignito di numerosi premi, sia nazionali che internazionali, tra cui il Premio AIT (2012, 2020), Premio Valmor (2002, 2002, 2018), Premio Secil (2020), FAD Awards (2001, 2008, 2010), Premio Ecola (2019), Premio ENOR (2006), nonché il premio della Biennale Iberoamericana di Urbanistica e Architettura (2001, 2012, 2019) e la selezione per il Premio Mies van der Rohe (2007, 2017). Nel 2017, Manuel Aires Mateus è stato insignito del Premio Pessoa.
Il lavoro dello studio si concentra da sempre del ruolo della memoria e della conoscenza, del rapporto tra il mondo fisico e quello culturale, con una ricerca tesa a riflettere sullo stato perenne delle forme e della materialità nella continuità del tempo, scandagliando i palinsesti del tempo e delle forme in cui siamo immersi. «Io credo molto spesso», ha affermato, «che gli architetti rischino di uscire dal loro ruolo, che è fare architettura, e tentare di diventare altro: poiché sono architetti, pensano di poter diventare politici, e io credo che questo sia un errore. Un architetto è un architetto, fa architettura, discute di architettura, insegna architettura. L’architettura è un lavoro molto vasto e ciascun ruolo ha lo stesso valore. Il problema è che, da quando l’architettura è diventata una professione molto riconosciuta, diverse persone pretendono di avere la capacità di fare altre cose. Non è che se uno è un buon politico allora diventerà un buon architetto, o viceversa. Una cosa non implica l’altra ma nemmeno la esclude. … La nostra ragione è fare diventare il mondo migliore con la trasformazione che l’architettura comporta. È una responsabilità, enorme! Il nostro lavoro consiste nel riflettere sul rapporto tra la migliore condizione fisica e culturale che un uomo vive con il suo intorno».
Nel corso di una intervista rilasciata nel 2022, alla giornalista che gli chiedeva le tre parole chiave del suo percorso, ha risposto: «Sistematico, perché lavoriamo in modo molto organizzato; Insistente, perché riusciamo a fare lo stesso progetto molte volte fino ad ottenere il risultato che vogliamo; Dialogo, perché crediamo nel mettersi in discussione e nel dialogare con ogni partecipante al progetto per raggiungere un risultato».
Tra i suoi più recenti lavori, figura anche nel Salento il restauro filologico di una antica torre nelle campagne di Alezio.
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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