Attualità
L’inesorabile declino dell’ospedale di Casarano
Al “Ferrari” la visita del consigliere regionale Paolo Pagliaro: «Benché ne sia stata scongiurata la chiusura, occorre rivedere i piani della Regione e della Asl, perché quest’ospedale di base ha tutte le caratteristiche per essere un presidio di primo livello». noi le crediamo caro consigliere Pagliaro, così come abbiamo creduto e sperato in tutti quelli che son venuti prima di lei ma sono che ci scontriamo con la prepotenza e la miopia di chi ci governa
È il secondo ospedale pubblico della provincia di Lecce e, nonostante tutto, è stato declassato da presidio di primo livello a ospedale di base. Ovviamente stiamo parlando del “Francesco Ferrari” di Casarano che, così come accade ad un vecchio mobile di legno buono, attaccato dai tarli, in maniera lenta ma inesorabile, subisce ormai da anni una spoliazione di personale, di Reparti trasferiti e servizi che, da un giorno all’altro non ci sono più.
I manager che si occupano di ottimizzare la Sanità pugliese, tutti di altissimo livello e con i curricula scritti direttamente da Re Emiliano I di tutte le Puglie, hanno valutato attentamente quanto il bacino di utenza di Casarano (proprio per questioni geografiche che chiunque potrebbe verificare) si aggiri intono alle 180mila persone, abbracciando l’intero basso Salento (e di conseguenza, d’estate arrivando sino a 600mila considerando le presenze turistiche) e dopo tutte le attente valutazioni, hanno quindi deciso, intelligentemente, di declassarlo (nonostante le mirabolanti promesse fatte da anni dal re barese che qui viene solo a prendere i voti e a stringere mani).
A nulla, sino ad ora, sono servite le iniziative popolari ed anche quelle politiche (anche da parte di qualcuno che del re è addirittura compagno di partito, come Donato Metallo che, pur senza ovviamente riuscirci, almeno ci ha provato a far capire l’ovvio a chi l’ovvio non lo vuol capire perché… altri interessi sono sicuramente predominanti).
In questi giorni invece un altro politico, il consigliere regionale Paolo Pagliaro, ha fatto visita al Ferrari (nelle foto). «Mi sono giunte numerose segnalazioni di disservizi e carenze, ed è per questo che oggi ho effettuato una visita ispettiva per andare a verificare – senza preavviso – lo stato dei luoghi e dei servizi erogati nelle strutture sanitarie dell’Asl di Lecce»: queste le sue dichiarazioni che chiariscono anche un po’ il perché di questa azione.
«Benché ne sia stata scongiurata la chiusura», prosegue, «occorre rivedere i piani della Regione e della Asl, perché quest’ospedale di base ha tutte le caratteristiche per essere un presidio di primo livello».
E noi lo sappiamo caro Pagliaro, ed è da anni che, a tutti i livelli, si cerca di alzare la voce per farci sentire, anche perché è in costruzione anche una nuova ala dell’ospedale (che forse riusciranno a vedere ultimata e funzionante solo i nostri nipoti) ma, nelle intenzioni dovrebbe servire a separare l’ala medica dall’area ortopedica.
Probabilmente le avranno anche detto che qui c’era un reparto di Chirurgia pediatrica, che era una struttura di eccellenza per tutto il sud Italia ma è stato trasferito al Fazzi di Lecce perché, in un periodo storico in cui tutto diventa network e diffuso, la Sanità (ma solo quella pugliese) va verso i mega contenitori, gli accentramenti enormi indipendentemente che gli abitanti del capo di Leuca si trovino poi a 70 Km dal proprio nosocomio di riferimento.
Avrà visto, caro Pagliaro, che al Pronto Soccorso la carenza cronica di personale, costringe i pazienti a lunghissime ed estenuanti attese al triage e attese lunghe una quaresima in barella, in attesa di ricovero. Avrà visto che la TAC funziona come gli sportelli della Posta: una volta sì e tre no e che mancano almeno un ecografo e un elettrocardiografo, e quanto sia necessario attrezzare una seconda sala rossa la cui strumentazione è stata già inserita nel piano acquisti in attesa della gara Asl.
Così come avrà visto che in rianimazione serve un elemento indispensabile: gli anestesisti (oltre a respiratori ed ecografo, che sono… le basi). Ma i medici servono anche in chirurgia generale dove fanno in 4 quel che dovrebbe esser fatto in 7 e, siccome abbiamo già detto quanto manchino gli anestesisti, sono spesso a rischio anche gli interventi chirurgici (e se le cose vanno avanti è solo per il senso professionale di primari e medici).
Tutti i reparti soffrono: da cardiologia a urologia (dove si spera non vada in pensione il medico) sino a neurologia (dove magari sarebbe utile una stroke unit per gli ictus, visto che ce n’è solo una a Lecce e, a occhio e croce, sembra un po’ poco per tutta la provincia); e poi Oncologia, reparto in prima linea se si guardano i numeri di pazienti che purtroppo sono sempre in aumento, finendo poi con nefrologia e dialisi, dove i medici in organico sono soltanto quattro, manca il tecnico della dialisi e medici ed infermieri si fanno in quattro per tamponare e fra ferie, malattie e consulenze in pronto soccorso, si rischia di non riuscire a far fronte alle esigenze.
«Su tutte le criticità emerse, chiederò risposte e impegni ai vertici della sanità regionale e locale, a cominciare dal ripristino della classificazione di primo livello», ha concluso il Consigliere Pagliaro, «scriveremo un libro bianco per fotografare la situazione della sanità pubblica nella provincia di Lecce, con spirito di osservazione partecipata e attiva».
Non so cosa ci scriverete su sto libro bianco e non so poi cosa se ne farà una volta scritto e quanto possa essere utile, Ma noi le crediamo caro consigliere Pagliaro, così come abbiamo creduto e sperato in tutti quelli che son venuti prima di lei.
Noi tutti abbiamo l’illusione che le evidenze dei fatti bastino per orientare le scelte ma poi sono anni ormai che ci scontriamo con la prepotenza e la miopia di chi ci governa e pian pianino vediamo questa eccellenza spegnersi come il fuoco nel camino che non viene più alimentato… perché manca legna, perché mancano le forze, perchè manca poi anche la voglia.
Antonio Memmi
Attualità
Santa Cesarea, 18 milioni di motivi per recuperare il Polo Termale Sportivo
Finanziamento destinato al recupero e al rilancio della più grande opera incompiuta del Salento, in stato di abbandono da quasi 25 anni
«Santa Cesarea è nelle mie radici e nel mio cuore: aiutarla a rinascere sarà il mio orgoglio più grande».
È con queste parole l’on. Andrea Caroppo, vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, ha annunciato nella conferenza stampa tenuta assieme al sindaco di Santa Cesarea Terme Pasquale Bleve, l’arrivo di 18 milioni di euro destinati al recupero e al rilancio del Polo Termale Sportivo di Santa Cesarea Terme, la più grande opera incompiuta del Salento, in stato di abbandono da quasi 25 anni.
Il finanziamento, reso possibile grazie al progetto “Turismo delle Radici” promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, rientra nell’Accordo di Coesione sottoscritto nei giorni scorsi tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nell’ambito della programmazione nazionale 2021-2027 per la coesione territoriale.
Con questi fondi si realizzerà un intervento di recupero che consentirà di restituire vita e funzione pubblica al complesso termale e sportivo, da anni abbandonato, trasformandolo in un polo di benessere, accoglienza e sviluppo economico al servizio dell’intero Salento.
«Un risultato concreto», sottolinea Caroppo, «reso possibile grazie alla straordinaria sensibilità del Ministro Antonio Tajani, che ringrazio per aver voluto destinare risorse così importanti a un territorio che da troppo tempo attende di poter rinascere
«Il Polo Termale Sportivo», ha aggiunto Caroppo, «è il simbolo di un’occasione perduta che oggi torna a essere una grande opportunità per tutto il territorio. È la prova che, con visione e collaborazione tra istituzioni, anche le pagine incompiute possono diventare storie di rinascita».
Dello stesso avviso anche il sindaco di Santa Cesarea Terme, Pasquale Bleve, che ha espresso profonda soddisfazione per il risultato conseguito: «Quella di oggi è una giornata storica che consente alla nostra Santa Cesarea Terme di guardare al futuro con fiducia e rinnovato ottimismo. Non è un punto di arrivo, ma neppure un punto di partenza: rappresenta una tappa fondamentale di un percorso iniziato oltre dieci anni fa, che sta restituendo alla nostra città la possibilità di rinascere in tutti i sensi».
Il sindaco ha anche ricordato il lungo cammino che ha interessato il complesso del Nuovo Centro Termale e dell’area degli impianti sportivi P.I.M., evidenziando come si tratti di «un passato da superare che oggi diventa occasione di nuova ricchezza, di crescita turistica e di opportunità di lavoro per le nostre famiglie. È doveroso ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo: dai colleghi amministratori agli uffici comunali, fino a chi, come l’onorevole Andrea Caroppo, si è impegnato in prima persona per il futuro e il benessere del nostro territorio. Senza impegno, dedizione e gioco di squadra», ha concluso Bleve, «questi risultati non sarebbero possibili».
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Appuntamenti
Santa Cesarea: 18 milioni per il Polo Termale Sportivo
Finanziamento stanziato dal Ministero degli esteri nell’ambito de il “Turismo delle Radici”. Domattina la conferenza stampa di presentazione
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Una conferenza stampa per illustrare il finanziamento di 18 milioni di euro stanziato dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, rientrante nella strategia nazionale per promuovere il “Turismo delle Radici”.
Il finanziamento è destinato al recupero e alla riqualificazione del Polo Termale Sportivo di Santa Cesarea Terme.
Alla Conferenza, in programma domani, a partire dalle ore 10,30, presso la sala consiliare del Comune di Santa Cesarea Terme (via Roma, 159), interverranno il sindaco di Santa Cesarea Terme Pasquale Bleve e l’on. Andrea Caroppo.
Attualità
Natale di disagi in 20 uffici postali
Comunità senza sportelli e Atm, lavoratori sotto stress. Tra novembre e aprile si succederanno ben 14 chiusure nel Salento: ma le difficoltà saranno ben più diffuse. La Cgil chiede l’intervento del Prefetto. Ristrutturazioni in contemporanea per il progetto Polis, alle quali si sommano le chiusure per eventi criminosi. Cgil, Slc e Spi chiedono un tavolo prefettizio e fanno appello ai sindaci per pretendere l’apertura di uffici mobili.
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Si preannuncia un Natale… di passione per utenti e lavoratori degli uffici postali salentini.
Nel periodo festivo e in quello prenatalizio Poste Italiane chiuderà undici uffici postali, il cui carico di lavoro sarà riversato su sei sedi extra comunali (oltre che in due container ed in altri uffici nel medesimo Comune).
La nuova organizzazione riguarderà complessivamente 20 uffici postali.
I disagi si avvertiranno in 18 centri abitati.
Le chiusure sono disposte quasi tutte nell’ambito di “Polis”, progetto finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che ha come obiettivi ammodernamento e digitalizzazione degli uffici postali nei piccoli centri abitati d’Italia.
In provincia di Lecce i disagi provocati da questi lavori di ristrutturazione vanno però a sommarsi a quelli prodotti dagli assalti ai postamat degli ultimi mesi, che hanno causato lunghi lavori di ristrutturazione e l’attivazione degli Atm solo nell’orario di apertura degli uffici.
Cgil, Slc e Spi chiedono la convocazione di un tavolo al Prefetto e fanno appello ai sindaci affinché pretendano l’apertura di uffici mobili nei comuni interessati dalle chiusure.
LE CHIUSURE
Nelle prossime settimane Poste Italiane, nel solco del completamento del progetto Polis, procederà, dunque, alla totale chiusura dei seguenti uffici postali (tra parentesi il periodo di chiusura e l’ufficio postale che prenderà in carico l’attività): Acquarica del Capo (dal 20 novembre al 7 aprile, con appoggio su Presicce), Castro (fino al 7 aprile, su Vignacastrisi), Galatina 1 (fino al 10 dicembre, su Galatina), Leverano (fino al 29 dicembre per evento criminoso, su container), Melendugno (dal 17 novembre al 7 gennaio, su Calimera), Sanarica (dal 26 novembre al 13 aprile, su Minervino), Spongano (dal 4 novembre al 15 dicembre, su Diso), Squinzano (dal 9 dicembre al 28 gennaio, su Campi Salentina), Surbo (fino all’11 dicembre, su un container nella stessa Surbo in piazza Aldo Moro), Trepuzzi (dal 24 novembre al 13 gennaio, su Novoli), Vernole (dal 25 novembre al 13 aprile, su Castrì di Lecce).
A queste chiusure, che attraversano il periodo natalizio o lo sfiorano, si aggiungono anche quelle di Tiggiano (fino al 17 novembre, su Alessano), Sogliano (fino al 26 novembre, su Cutrofiano).
DANNI A COMUNITÀ, ANZIANI E LAVORATORI
Le comunità servite dagli uffici chiusi (tranne dove è stato attivato l’ufficio mobile nel container) per utilizzare i servizi postali e per i prelievi dagli Atm dovranno spostarsi, perciò, in altri comuni.
Dal canto loro le comunità che ospiteranno il carico derivante dalle chiusure dovranno sicuramente fronteggiare rallentamenti ed attese finora sconosciute.
Come evidenziano i segretari generali Tommaso Moscara (Cgil Lecce), Monia Rosato (Slc Cgil Lecce) e Fernanda Cosi (Spi Cgil Lecce), «L’impatto sarà forte soprattutto sulla popolazione più anziana, a lungo sensibilizzata a rivolgersi agli sportelli per evitare scippi e furti, e che ora devono fare i conti con un’oggettiva difficoltà a spostarsi da un comune all’altro. Il tutto avviene nell’ambito dell’accordo Polis, firmato da Slp Cisl, ConfsalCom, UglCom e Failp Cisal, ma non sottoscritto da Slc Cgil e UilPost. Soprattutto avviene senza tenere in alcuna considerazione i disagi causati a cittadini e dipendenti, quando di norma Poste Italiane dovrebbe prevedere l’installazione di appositi container che suppliscono alla chiusura temporanea dell’ufficio».
«Siamo consapevoli che il completamento del progetto Polis serva a migliorare i servizi nelle piccole comunità», spiegano i segretari generali territoriali di Cgil, Slc e Spi. «esprimiamo, però, dissenso su una programmazione dei lavori calata piramidalmente dalla Direzione Lavori di Poste Italiane. Un modus operandi che viola la normativa e che non tiene il polso della situazione locale, soprattutto in un periodo di per sé critico come quello prenatalizio, in cui è facilmente prevedibile un vero e proprio assalto dei cittadini per le scadenze di fine anno, per gli invii dei pacchi postali o ancora per il pagamento delle mensilità e delle tredicesime ai pensionati. Il tutto aggravato dalle limitazioni sull’uso degli Atm per disposizioni di ordine pubblico. Chiediamo al prefetto l’apertura di un tavolo alla presenza delle organizzazioni sindacali e si fa appello ai sindaci di pretendere l’installazione di un ufficio mobile».
CONSEGUENZE SUL LAVORO
«Da non sottovalutare inoltre le ripercussioni sul benessere del personale, come sottolinea Monia Rosato: «La nuova organizzazione del lavoro crea una serie di conseguenze di carattere logistico e di trasporto. Questa situazione rende precaria la condizione lavorativa dei lavoratori postali interessati. Oltre a subire le crescenti pressioni commerciali dall’azienda, nelle prossime settimane saranno sottoposti anche ad un evidente e pesante carico di lavoro aggiuntivo, allo stress lavorativo costante, alla mobilità sul territorio e ad una flessibilità operativa dovuta alla mancanza di spazi»
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