Alessano
Ritorno Al Sud, il Basso Salento di una volta
Il romanzo di Vincenzo Borlizzi (nato a Tricase, vive e insegna in Francia): le vicende si svolgono nei luoghi incantevoli di Marittima, Andrano, Tricase, Leuca, Castro, Acquaviva, il Ponte del Ciolo, Montesardo. Le recensioni di Marcello Buttazzo e Giuliana Coppola

Pubblicato da Congedo Editore il romanzo “Ritorno al Sud” di Vincenzo Borlizzi.
L’autore è un giovane salentino: nato a Tricase, insegna in Francia, ha già pubblicato un libro in francese (“Trois questions sur le modelage des films”, 2015), e diversi articoli per riviste scientifiche o testi collettivi, in Francia, Spagna e Italia.
Per presentare il nuovo libro di Borlizzi proponiamo di seguito due recensioni di eccezione, quella del poeta, opinionista e critico letterario Marcello Buttazzo e quella a firma di Giuliana Coppola, giornalista e critica letteraria.
Un lembo di Sud luminoso e incontaminato
“Ritorno al Sud” è un lungo racconto che si sviluppa in un futuro immaginario, dove lo Stato non esiste più. Non esistono più scuole, né ospedali, né ordine pubblico, né pensioni.
In questo scenario emergenziale e catastrofico, il Basso Salento è angariato da bande locali, alleate con truci pirati provenienti dall’Albania, che si stabiliscono nelle terre dell’estremo Meridione.
I telefoni non funzionano più, le varie bande si impossessano dei ripetitori per i loro traffici. Gli abitanti del posto, privati della pensione, si arrangiano e decidono di tornare al lavoro dei campi, d’una terra di zolle marroni sempre generosa.
Le vicende si svolgono nei paesi e/o luoghi incantevoli di Marittima, Andrano, Tricase, Leuca, Castro, Acquaviva, il Ponte del Ciolo, Montesardo.
Prevale, nel romanzo, l’eterna storia dei potenti e dei prepotenti contro i virtuosi, dei profittatori e dei carnefici contro le persone perbene e pulite.
Un giovane migrante, Damiano, rientra nel suo Salento natio ed imbastisce una lotta ad ampio spettro, senza quartiere, una vera e propria guerra contro i malfattori. Che sono, in particolare, il Lupo di Andrano, che vive nel suo castello dorato, e le bande di pirati albanesi.
Figure di spicco, che accompagnano Damiano nella sua paziente epopea di riscatto, sono un ragazzino, Arturo, un signore venuto dal Nord detto il Nero, e un pescatore di contrabbando detto Teto il bombarolo.
Si scatena una guerra furibonda fra i prevaricatori e le persone del posto, i contadini, che sono le anime adamantine, difensori e custodi di scrigni di terra munifica.
“Ritorno al Sud” è, tra le altre cose, una descrizione dettagliata, parcellizzata, precisa, di un lembo di Sud luminoso e incontaminato. Il lavoro dei campi viene tratteggiato con tutta l’alacrità dei contadini del Sud, che hanno un rapporto intimo e sacro con la terra.
Vincenzo Borlizzi, al cospetto della funesta bramosia di potere di certuni, per contrasto, narra la linearità e la bellezza umana dei rapporti fra i contadini, fra padri, madri, figli, fra generazioni diverse, protese a difendere la loro fulgida antropologia e i vissuti ricchi di valori.
I perdenti, in questa storia del Sud, sono i prevaricatori, le bande di mafiosi, che perpetrano i loro misfatti. Ma, alle fine, vengono sconfitti dal corso ineluttabile degli eventi. I vincitori sono i paladini del bene. Damiano e i suoi compagni fedeli, combattenti per una giusta causa e per principi di solido lignaggio.
Mi commuovono, in “Ritorno al Sud”, tre figure in particolare, che, chi avrà la ventura di leggere il romanzo, incontrerà. Il padre di Damiano, un valoroso contadino. Alì, nativo del Burkina Faso, arrivato anni addietro in Italia, che si era stabilito fra la gente ospitale del Basso Salento come venditore ambulante fra le spiagge di Torre Vado e di Pescoluse. E, infine, Chiara, una giovane contadina, che si prende cura del campo di Damiano. E che sostanzia, con il suo sorriso morbido, la speranza d’una vita futura.
Vincenzo Borlizzi, in questo suo primo romanzo, ha donato uno spaccato interessante e fascinoso d’un Basso Salento immaginifico. Un romanzo di fantasia, ma non troppo. Dal momento che la perenne controversia fra buoni e cattivi, fra giusto ed ingiusto, avviene quotidianamente con modalità diversificate e, sovente, non ben definite.
Vincenzo Borlizzi è visceralmente legato al suo Sud, che è la sua clessidra d’anima, il suo caleidoscopio d’intenti.
Marcello Buttazzo
“Ritorno al sud” illumina la strada della speranza
“Damiano non era più là, era tra i suoi alberi, accanto al cipresso e ai pini e poi sotto il suo rigoglioso carrubo che diventava una casa verde d’estate, infine accanto all’antico arancio secco, a cui sentiva d’appartenere nell’eternità. Egli carezzava il tronco bianco, persa la corteccia, e chiudeva gli occhi. Non gli importava più nulla, se non di raggiungere le radici dei suoi alberi, nell’indifferente pace della terra”.
Vincenzo Borlizzi così scrive a pag. 87 del suo romanzo e il lettore si ferma un attimo e respira con Damiano il profumo buono della terra.
L’autore lo ha incalzato sin dalla prima pagina a non distogliere per un attimo l’attenzione dal racconto di Damiano, l’emigrante che torna a casa e terra sua è il Sud ed è “il Basso Salento di una volta”, quello dove un tempo “era bello vivere” perché “la natura era generosa e rigogliosa” e manteneva in sé, intatta, la voglia di germogliare, fiorire, fruttificare, pur essendo trascurata, abbandonata, distrutta dalla indifferenza ma, forse, anche e soprattutto, dalla stanchezza estrema di nonni e genitori, ormai così avanti negli anni da non avere neppure la forza di pensare, in attesa perenne del ritorno di un figlio.
Damiano ritorna e inizia la sua sfida; combatte contro tutto e tutti e il lettore che nel primo capitolo del romanzo si era già lasciato andare al rimpianto, alla nostalgia sull’onda di ricordi di un tempo che fu, si trova catapultato in una guerra infinita tra predoni, pirati, mafiosi, ladri; sono la violenza, il furto, il malessere, il malanimo e la diffidenza a governare; sembra anche morire la speranza, ingrigita come vecchi ulivi condannati ormai alla distruzione. Lo sguardo del lettore si ritira alla vista di paesi teatro di carneficine, alla vista del mare divenuto ormai cimitero, alla vista di una terra disperata.
Nel suo animo non può che essere d’accordo con lo scrittore. Poi, appare la comunità dolente che non rinunzia alla sua umanità e riscopre le sue radici, quelle che Damiano conserva intatte dentro di sé, ma quelle che lo attendono per proteggerlo ed essere protette, per soccorrerlo ed essere soccorse, per intervenire nel momento del bisogno.
La comunità ha intuito il perché di un ritorno a casa; perché ancora una volta, sia pur nella disperazione più disperata, se un emigrante torna lo fa perché sente dentro di sé che questo Sud così stanco, così solo, così veramente solo al di là delle apparenze, ha bisogno delle mani forti e giovani di figli e nipoti. Esse sapranno carezzare un cipresso stanco, guarire un albero bianco di vecchiaia e malattia, aiutare un padre a rialzarsi, una madre a continuare suo viaggio. Ma soprattutto sapranno diffondere cultura antica come il latino e giovane come solo cultura sa rimanere, nell’eterna declinazione di un sostantivo e della vita. Si declina la vita qui nel Basso Salento mentre si semina per un domani.
Il lettore non sa quale sarà la scelta definitiva di Damiano; se deciderà di allontanarsi per sempre o di rimanere per sempre; sa che c’è un abbraccio nel primo capitolo del romanzo; sa che c’è “un sorriso morbido” in una silenziosa preghiera all’ultima pagina della storia e c’è il vecchio cipresso anche lui in attesa di una carezza prima che il vento lo sradichi del tutto.
Vincenzo Borlizzi di questa terra sua ben conosce le vicende e sa che per un futuro diverso non si potrà fare a meno di nessuno, di un giovane senza nome, di un ragazzino senza paura, di un pescatore e della gente tutta che sfida il buio della notte e accende di lanterne la via della salvezza, mentre si allontana il rumore della guerra. Anche a questo serve “Ritorno al sud”, a illuminare la strada della speranza.
Giuliana Coppola
Alessano
Sea & Rivers, Puglia e Salento Plastic Free
Sabato 27 e domenica 28 settembre volontari in azione per la tutela di mari, fiumi e corsi d’acqua. Oltre 260 eventi in tutta Italia. In Salento appuntamenti ad Alessano, Campi Salentina, Casarano, Cutrofiano, Guagnano, Taurisano e Castro

Torna l’onda blu dei volontari Plastic Free: sabato 27 e domenica 28 settembresi svolgerà in tutta Italia “Sea & Rivers”, il grande evento dedicato alla tutela di mari, fiumi e corsi d’acqua,promosso da Plastic Free Onlus, con il patrocinio morale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e in collaborazione con MINI Italia.
Saranno ben 28 gli appuntamenti in Puglia, uno dei numeri più alti a livello nazionale, distribuiti tra sabato e domenica, grazie all’impegno della rete capillare di referenti territoriali e all’entusiasmo dei volontari.
«Il nostro è ormai un appuntamento ricorrente e siamo felici di vedere coinvolti un numero sempre maggiore di referenti», dichiara Luigi Schifano, referente regionale Plastic Free Puglia (è di Castro, NdR), «ancora più importante è poter contare sulla collaborazione di amministrazioni comunali, associazioni locali e volontari: un segnale concreto della crescente sensibilità ambientale del nostro territorio. Il nostro obiettivo resta quello di non dover più intervenire, perché significherà che non ce ne sarà più bisogno. La strada è ancora lunga, ma il percorso che stiamo seguendo è quello giusto.
Sabato 27 settembre si terranno iniziative di clean up ad Alessano, Bisceglie, Francavilla Fontana, Campi Salentina, Putignano, Fasano, Bitonto, Laterza, Gravina in Puglia, e in Castellana Grotte, dove è prevista una passeggiata ecologica.
A Monopoli si svolgerà invece una raccolta mozziconi.
Domenica 28 sarà una giornata di mobilitazione ancora più ampia.
Nella provincia di Lecce sono previste attività a Casarano, Cutrofiano, Guagnano, Taurisano e Castro (passeggiata ecologica).
«In un momento storico in cui i mari stanno soffocando sotto il peso dei nostri scarti, Sea & Rivers rappresenta un grido collettivo di speranza e di azione», dichiara Luca De Gaetano, fondatore e presidente di Plastic Free Onlus, «le nostre iniziative dimostrano che invertire la rotta è ancora possibile. In appena sei anni, abbiamo organizzato più di 8.800 appuntamenti in Italia, rimuovendo oltre 4,6 milioni di chili di plastica e rifiuti. Ora è il momento di fare ancora di più».
Al centro dell’azione di Plastic Free c’è la lotta alla plastica: secondo le previsioni, entro il 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesci, con conseguenze devastanti per la biodiversità marina e per la stessa catena alimentare umana.
Si stima che l’80% della plastica presente nei mari provenga da fonti terrestri, in particolare dai fiumi, che ogni anno riversano tra 1,15 e 2,41 milioni di tonnellate di rifiuti plastici.
In Italia, un monitoraggio condotto su 12 fiumi ha rivelato che l’87% dei rifiuti fluviali contiene plastica, di cui oltre il 38% è plastica monouso.
Non si tratta solo di un problema visibile e ambientale. Studi scientifici recenti hanno rilevato la presenza di microplastiche e nanoplastiche nel sangue, nei polmoni, nel latte materno e nei tessuti umani, a conferma della pervasività di un’emergenza che riguarda non solo l’ambiente ma anche la salute pubblica.
Anche quest’anno MINI Italia rinnova il suo supporto all’iniziativa con il progetto “MINI for the Planet”, che esprime l’impegno concreto del brand per la salvaguardia dell’ambiente, condividendo con Plastic Free i valori di responsabilità e partecipazione attiva.
«Invitiamo tutti i cittadini, le famiglie, le associazioni, le scuole e le imprese a unirsi a noi», aggiunge De Gaetano, «basta andare su www.plasticfreeonlus.it/eventi, scegliere l’appuntamento più vicino e iscriversi gratuitamente. Ogni singola azione conta, ogni persona può fare la differenza. Il nostro Pianeta ci sta chiedendo aiuto: è tempo di rispondere».
Plastic Free Onlus è un’associazione di volontariato nata nel 2019 con l’obiettivo di informare e sensibilizzare cittadini e istituzioni sul pericolo dell’inquinamento da plastica. In pochi anni è diventata una delle realtà più attive in Italia in ambito ambientale, grazie a una rete capillare di referenti territoriali, progetti educativi nelle scuole, collaborazioni istituzionali e campagne di pulizia in tutto il Paese.
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Alessano
Parte da Alessano la carovana della Pace che attraversa la Puglia
Domani, 11 settembre, un momento di preghiera sulla tomba di Don Tonino Bello e poi la tappa a Tricase

Peace at Work – “L’Italia del lavoro costruisce la pace”, la nuova campagna delle ACLI per promuovere la pace, il disarmo e la giustizia sociale a partire dal mondo del lavoro con la sua carovana arriverà con il Presidente Nazionale Emiliano Manfredonia in Puglia, nelle province di Lecce, Brindisi, Taranto e Foggia rispettivamente l’11, 12, 13 e 15 Settembre.
La carovana passerà per i luoghi simbolo della questione sociale e del lavoro, con un percorso a tappe, invocando fiducia e coraggio in risposta alle guerre. La carovana della pace è partita da Palermo il giorno 2 Settembre, attraverserà circa 60 città italiane e si concluderà il 10 dicembre a Milano.
Obiettivo del tour sarà quello di agire nei luoghi della quotidianità: scuole, fabbriche, cooperative, cantieri, campi agricoli, università, ospedali. Sono i contesti del lavoro dove ogni giorno si costruiscono dignità, coesione, cura, sapere e comunità. Luoghi in cui si vive direttamente l’impatto delle scelte economiche, che oggi più che mai devono rimettere al centro la persona, contrastando l’idea tossica secondo cui “la guerra fa bene all’economia”.
“Per la Puglia è una grande opportunità accogliere la carovana della pace – dichiara Vincenzo Purgatorio, presidente Acli Puglia – nella Terra di Don Tonino Bello e luogo di pace e di incontro tra oriente ed occidente. Vogliamo rimettere al centro il lavoro, la dignità, la legalità e la comunità come strumenti per disarmare i cuori e costruire il futuro. Sarà un’esperienza unica con il coinvolgimento di amministratori pubblici, espressioni del mondo lavoro, cittadini e intere comunità. Sarà un momento di festa ma anche di grande riflessione e attenzione con al centro la pace ed il lavoro”.
La tappa leccese
Giovedì 11 settembre
Ore 11.00 Cimitero di Alessano: preghiera sulla tomba di Don Tonino Bello
Ore 12.00 Fondazione Don Tonino Bello
Ore 12.30 Comune di Tricase
Ore 13.00 Pranzo solidale c/o la mensa della Caritas diocesana
Ore 17.30 Hospice Casa di Betania – Processione giubilare dall’Hospice all’ospedale Card. Panico.
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Alessano
Osare la Pace
In preghiera sulla tomba di don Tonino Bello ad Alessano. Domani dalle 20 quando, alla presenza del vescovo mons. Vito Angiuli, il prefetto Nicolino Manno leggerà la “Preghiera sul molo”

In Preghiera per la Pace sulla tomba di don Tonino Bello che ha lottato fino all’ultimo proprio per la Pace.
Per domani (mercoledì 10 settembre), alle 20, nel cimitero di Alessano, la Prefettura di Lecce e la Diocesi di Santa Maria di Leuca organizzano un “Incontro di preghiera per la Pace”.
Dopo l’introduzione di mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento e Santa Maria di Leuca, il prefetto di Lecce Natalino Manno, leggerà la “Preghiera sul molo” di don Tonino Bello.
Seguiranno un canto mariano del giovanissimo Salvatore De Giorgi e la Recita del Santo Rosario a cura di Giuseppe Afrune e don Domenico Carenza.
Don Tonino Bello è passato alla storia non solo per le sue piccole grandi azioni quotidiane, a sostegno degli ultimi, che curava e faceva alloggiare nel Vescovado di Molfetta, ma anche perché il 7 dicembre del 1992, quattro mesi prima di morire, salpò assieme ad altri 500 da Ancona alla volta di Sarajevo, per chiedere una tregua anche solo di poche ore, facendo scudo con il proprio corpo.
La nave venne colta da una tempesta e arrivò con diverse ore di ritardo.
Le trattative con i capi militari furono lunghe ed estenuanti.
Ma lungo il cammino per Sarajevo, don Tonino Bello raccontò “l’inizio di un miracolo umano”.
Gli autisti croati dei pullman malandati su cui viaggiavano i 500 volontari, vennero invitati a casa dai serbi per essere rifocillati.
Lo stesso don Tonino venne invitato da un uomo che stava dando il pranzo funebre per la morte di suo padre.
«Sono entrato e mi ha detto: “Io sono serbo, mia moglie è croata, queste mie cognate sono musulmane, eppure viviamo insieme da sempre e ci vogliamo bene. Perché questa guerra? Chi la vuole?».
I 500 entrarono a Sarajevo l’11 dicembre ad un orario impossibile: quello più pericoloso a causa dei cecchini.
Ma nessuno sparò contro di loro.
Il girono dopo don Tonino tenne un discorso memorabile in un cinema buio e gelido davanti a vari capi religiosi e don Renato Sacco, consigliere di Pax Cristi, riuscì a registrarlo di nascosto consegnandolo alla storia.
Come San Francesco 800 anni prima, aveva fatto scudo con il suo corpo per arginare la guerra tra Crociati e Musulmani.
«Questa è la realizzazione di un sogno», disse il vescovo col grembiule, «di una grande utopia che abbiamo tutti portato nel cuore, probabilmente sospettando che non si sarebbe realizzata. Ma ringrazio il Signore che, attraverso il nostro gesto folle, ha realizzato l’utopia. Queste forme di utopia dobbiamo promuoverle, altrimenti le nostre comunità che cosa sono? Sono solo le notaie dello status quo, non le sentinelle profetiche che annunciano tempi nuovi. Siamo abituati a pensare che “osare” sia il verbo del combattere, quando per morire e ammazzare ci vuole coraggio, invece è la pace che va osata e che davvero richiede coraggio».
Osare la Pace, appunto.
Partendo dalla preghiera sulla tomba di don Tonino e chiedendo la fine di tutti i conflitti di questa guerra mondiale a pezzi.
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