Attualità
Tricase: oneri retroattivi sospesi!
La Corte dei Conti chiede ai tecnici comunali oltre 900mila euro per mancato adeguamento delle tariffe dal 2007 al 2011. L’Ufficio vuole quei soldi dai cittadini che si infuriano. Il Sindaco sospende tutto

di Giuseppe Cerfeda
Immaginate di aver acquistato un’auto nel 2007 quando, dopo aver fatto mille conti, avete comprato quella più adatta alle vostre esigenze e più confacente, come costo, alle vostre tasche. Avete scelto quel modello e fatto un bel prestito per pagarla. Cinque anni dopo vi chiama la concessionaria e vi dice “scusateci ci eravamo sbagliati, quell’auto costava 5mila euro in più ed ora dovete darceli”… Non vi sembra assurdo? A Tricase, invece, succede anche questo. Non centrano nulla i poveri concessionari d’auto, ma quello che è successo al Comune è davvero straordinario, nel senso di fuori dal… comune e, forse, anche dalla (scusateci la ripetizione) comune logica. A distanza di anni e senza che nessuno si sia preso la briga di informare preventivamentela cittadinanza, tantissime persone già alle prese con i mille problemi di un periodo economicamente difficile, sono state terrorizzate da informative con le quali si invitano a pagare somme più o meno ingenti per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione relativi al periodo 2007-2011. Salvato il sacrosanto diritto di conoscere prima le tariffe per le quali si affronta una spesa, mettetevi nei panni di chi oggi si sente richiedere 10, 15, 20 ed in alcuni casi anche 45mila euro, senza aver potuto prevedere tale aggravio. Ovviamente la cosa non è piaciuta e in tanti si sono già rivolti ad un legale per salvaguardare i loro diritti. Ma riassumiamo i fatti: in data 15 ottobre 2012 la Corte dei Conti notifica al Sindaco ed al Segretario Generale un’istruttoria avente in oggetto il “Mancato aggiornamento e riscossione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione relativamente alle annualità 2007/2011. Costituzione in mora”. La Corte dei Conti evidenzia come in seguito ad indagini della Guardia di Finanza sia emersa “un’ipotesi di danno erariale scaturente dal mancato aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione”. In pratica al Comune non hanno adeguato le tariffe o come dice la Corte dei Conti: “Le aliquote a titolo di Oneri di Urbanizzazione applicate fino al 2010 sono le stesse in vigore dall’anno 1993 e pertanto non risultano mai aggiornate. […] Pertanto le somme accertate a titolo di costo di costruzione successive al 1 gennaio 2007 (quelle precedenti sono cadute in prescrizione, Ndr) non risultano corrette e gli importi comunicati non sono comprensivi della somma addizionale dovuta a seguito dell’applicazione della variazione Istat”. La Corte dei Conti poi indica come mancati introiti € 144.439,49 per il mancato aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e € 806.843,36 per il mancato aggiornamento del costo di costruzione per un complessivo importo di € 951.282,85. La Corte dei Conti rivolgendosi a Sindaco e Segretario Generale li invita anche “alla urgente costituzione in mora dei presunti responsabili”. L’Ente di controllo, definendo gli introiti mancati “non più accertabili”, specifica anche i nomi dei responsabili del Settore Assetto e Territorio, ognuno per periodo in cui ha ricoperto tale carica: la dott.ssa Maria Celeste Conte, dal 26 gennaio al 17 maggio 2007; l’ing. Luisella Guerrieri, dal 18 maggio al 31 dicembre 2007; il geom. Emanuele Sparasci, dal 12 giugno al 23 novembre 2008; l’arch. Cosimo Pizzileo, dal 24 novembre al 2008 al 31 marzo 2010; l’ing. Vito Ferramosca, dal 2 al 28 aprile 2010; l’arch. Biagio Martella, dal 29 aprile 2010 all’11 febbraio 2011; l’ing. Donato Cesari dal 21 febbraio al 30 giugno 2011. Il 6 novembre, come richiesto dalla Corte dei Conti il sindaco Antonio Coppola e il Segretario generale notificano la messa in mora. Il 4 dicembre il colpo di scena: dal Settore Assetto del Territorio viene fuori una “Determinazione del Responsabile del Servizio” avente ad oggetto il “recupero oneri concessori per interventi edilizi autorizzati nel periodo 2007-2011”. Fatti quattro calcoli e “ritenuta propria la competenza per il recupero delle somme inerenti gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione delle pratiche edilizie nell’arco temporale 2007/2011”, dal Settore Assetto del Territorio partono delle notifiche con le quali si richiede a chi ha costruito nel periodo citato, “per quanto di rispettiva competenza, l’importo dovuto”. Appunto: scusate, (noi) ci eravamo sbagliati ed ora (voi) dovete pagare.
Nunzio Dell’Abate: “È il solito scarica barile”
Parla senza mezzi termini di scaricabarile, il consigliere d’opposizione Nunzio Dell’Abate: “Il fatto ha dell’assurdo”, premette, “e si inserisce a pieno titolo nel repertorio dei “classici all’italiana”! Con nota n. 8014 del 15.10.12, la Procura Regionale presso la Corte dei Conti, in relazione ad una possibile ipotesi di danno erariale, invita il Sindaco ed il Segretario Generale alla “costituzione in mora dei presunti responsabili che si identificano nel personale che nel periodo, che va dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2012, ha svolto funzioni Dirigenziali o di concetto nell’ambito del Settore o Ufficio Comunale preposto alla gestione di tutte le pratiche edilizie ed alla quantificazione del contributo di concessione”. Secondo la Procura, i Tecnici comunali, nel periodo indicato, non avrebbero aggiornato gli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione all’atto del rilascio dei permessi di costruire, cagionando un danno alle casse comunali per € 951.282,25. “Ma lo scarica barile è uno sport molto praticato”, ironizza Dell’Abate, “ed allora “l’Ufficio nell’ambito delle proprie competenze ha ripreso l’istruttoria delle pratiche edilizie nel lasso di tempo suindicato al fine di verificare e adeguare il valore degli oneri”. Risultato: i presunti responsabili scaricano sui cittadini il costo del danno erariale che arriva a superare, pro capite, financo la decina di migliaia di euro. Ma c’è di più. “La nota della Procura Regionale presso la Corte dei Conti”, insiste il Consigliere di opposizione, “descrive gli introiti come “non più definitivamente accertabili”, invece l’Ufficio richiede, in via retroattiva, le somme dovute per l’adeguamento dei detti oneri. D’altro canto, nel permesso edilizio rilasciato al richiedente, che ha corrisposto quanto quantificato dal Tecnico Comunale, non vi è alcuna clausola che riservi la facoltà al Comune di determinare ulteriori somme a conguaglio con efficacia retroattiva!”. Il Consigliere poi sottolinea come “secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, fondato sullo stesso tenore letterale dell’art. 16 DPR 380/2001 “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all’atto del rilascio del permesso di costruire” e “la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio”. I contributi concessori devono essere stabiliti al momento del rilascio del permesso edilizio; a tale momento occorre dunque avere riguardo per la determinazione della entità dell’onere, facendo applicazione della normativa vigente al momento del rilascio del titolo edilizio. Insomma”, conclude Dell’Abate, “le colpe sono degli altri ma a pagare sono sempre i cittadini!”.
Coppola: “Non si chieda al cittadino niente che non sia indiscutibilmente dovuto”
Il sindaco Antonio Coppola spiega: “Come richiestomi ho immediatamente notificato a tutti i tecnici comunali la decisione della Procura della Corte dei Conti. Una procedura che l’ufficio ha ritenuto di avviare è stata quella di chiedere per ciascun concessionario, partendo dal 2007, il rientro delle somme, calcolate con gli adeguamenti Istat. L’ufficio”, secondo il Sindaco, “ha ritenuto legittimo seguire questa procedura, ma la nota inviata agli interessati non è una cartella esattoriale con obbligo di pagamento immediato, ma solo un’indicazione. I destinatari possono tranquillamente fare le loro controdeduzioni, cosa che del resto mi pare sia accaduta e stia accadendo. Nel frattempo sono già intervenuti dei pronunciamenti del Tar che, su un caso analogo, in un altro Comune, ha deciso di ritenere la procedura non applicabile”. Vale a dire che il Comune non può chiedere retroattivamente soldi ai cittadini. “Approfitto dell’ospitalità concessami da “il Gallo”, tranquillizza il primo cittadino, “per dire a tutti che la procedura, in attesa che tutta la vicenda sia definitivamente chiarita sotto il profilo giuridico, verrà sospesa dal responsabile dell’Ufficio anche alla luce della sentenza del Tar citata”.
Cosa ne pensa personalmente Coppola di tutta la vicenda? “L’intera procedura mi lascia molto perplesso a partire dalla decisione così pesante della Corte dei Conti. I tecnici comunali hanno agito in perfetta buona fede e non mi sembra giusto addebitare loro somme, che per alcuni superano i 300mila euro, solo per aver interpretato in un modo piuttosto che in un altro… Ritengo, poi, che si debbano distinguere i due aspetti. Gli oneri concessori si dividono in costi di costruzione ed oneri di urbanizzazione e per ognuno dei casi si dovrebbero seguire procedure diverse. Andrebbe anche verificato se le deliberazioni nel frattempo intraprese, sono ammissibili o devono in qualche modo essere modificate. Vista la prescrizione decennale e non quinquennale, la mia opinione personale è che sia doveroso, in un periodo come questo, andare con i piedi di piombo. Cioè non si chieda al cittadino niente che non sia indiscutibilmente dovuto. Il Sindaco non può imporre al tecnico comunale di non seguire una procedura di cui è convinto della legittimità (“tra l’altro chi ha avviato tale procedura non lo ha fatto certo per motivi personali visto che è interessato molto a margine dato il periodo irrisorio in cui ha ricoperto la carica” – l’ing. Vito Ferramosca, Ndr). Però, se da un lato mi sembra eccessivo infierire su tecnici comunali che hanno solo fatto il loro lavoro, non credo che i cittadini, in questo periodo allo stremo delle forze, possano essere sottoposti ad ulteriori prelievi. Anche se persiste il minimo dubbio nessuno chiederà a loro esborsi. Ora abbiamo cinque anni di tempo per approfondire. Se ci fossero novità“, conclude il sindaco Coppola, “provvederemo immediatamente ad avvertire la cittadinanza”.
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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