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Attualità

Turismo 2015: Puglia al top

La nostra regione ai vertici per performance turistiche e capacità attrattive. Ad attirare i turisti sono principalmente l’area del Gargano, Isole Tremiti e Daunia e Lecce e il Salento

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La Puglia è la meta top per le vacanze 2015. È la regione in testa, tra i turisti italiani, tra le mete appetibili per le vacanze, sorpassando Toscana, Sicilia e Sardegna.


mareAnche tra i turisti europei la Puglia dimostra buona vitalità e capacità attrattiva, risultando coinvolgente per oltre il 50% dei turisti tedeschi, svizzeri e austriaci e per oltre il 40% dei turisti francesi, britannici, belgi e olandesi. La regione tacco d’Italia è, per gli italiani, tra le mete turistiche a maggior appeal: con un indice di 3,9 su 5 punti, la Puglia, insieme a Sicilia, Sardegna e Spagna (che fanno registrare un indice di attrazione di 4,1) e alla Grecia e Toscana (4 punti) guida la classifica dell’offerta turistica più accattivante e appetibile. Un posizionamento che colloca l’offerta turistica pugliese sopra a Croazia (3,5 punti), Emilia Romagna, Veneto e Calabria, rispettivamente con 3,4 la prima e 3,3 le altre due.


È quanto emerge dall’indagine realizzata da SWG, nell’ambito della seconda ricerca sulla notorietà e attrattività turistica del brand Puglia. Lo studio, svolto a due anni di distanza dal precedente, ha fotografato le performance della destinazione Puglia e del suo brand, permettendo alla stesso tempo di monitorarne l’andamento.


Migliorano le performance pugliesi anche sul mercato turistico europeo. Dal 2013 a oggi cresce la quota di turisti europei che dichiara di essere altamente interessata a fare una vacanza in Puglia nei prossimi tre anni e, soprattutto, diminuisce seccamente la quota dei disinteressati e distaccati. Sono in crescita soprattutto i turisti tedeschi (gli interessati a fare una vacanza in Puglia nei prossimi tre anni passano dal 33% del 2013 al 39% del 2015), francesi (dal 35% al 39%), svizzeri (dal 27 al 37%).


Particolarmente significativo è il ranking dei fattori di appeal della Puglia per il turista contemporaneo. Questa regione, infatti, si colloca ai vertici dell’offerta su alcuni importanti vettori attrattivi: è al primo posto per l’offerta di momenti ed eventi tradizionali e folkloristici, nonché spirituali; è al secondo posto per l’offerta enogastronomica, e per la varietà delle proposte di soggiorno, valutate adatte alle famiglie e capaci di unire qualità e convenienza.


L’offerta turistica pugliese, inoltre, risulta al terzo posto, per la proposta culturale e di eventi musicali, per la qualità del clima, del mare e della spiaggia e, soprattutto, si posiziona sul podio per tutti i vettori esperenziali quali: l’autenticità dei luoghi, la possibilità di fare esperienze uniche e di vivere l’emozione della scoperta. Su questi ultimi importanti driver l’offerta pugliese trova competitor solo nella Sardegna e nella Sicilia.


La Puglia compete ormai anche con l’Emilia Romagna e la Sardegna sul piano dello svago, dell’intrattenimento e della possibilità di  divertirsi e fare incontri.


Un altro elemento di analisi, utile a tracciare il quadro delle performance dell’offerta turistica pugliese, è il livello di soddisfazione delle persone che l’hanno visitata o che la conoscono e che, per tale motivo, la consiglierebbero come meta turistica. La Puglia si colloca, per i turisti italiani, tra le prime quattro regioni, con Toscana, Sardegna e Sicilia, realizzando performance migliori dell’Emilia Romagna, del Veneto, della Campania, della Calabria, ma anche di Croazia, Grecia e Turchia. Anche in Europa la Puglia riesce a ottenere un buon posizionamento: la quota di inglesi che la consiglierebbero passa dal 45% del 2013 al 55% del 2015; tra i francesi la quota sale dal 39% al 46%, mentre tra gli svizzeri sale dal 46% al 51%. Rimane stabile tra i tedeschi, intorno al 37%, ed è buona tra austriaci e belgi (rispettivamente al 41% e al 47%).


A fare da volano alla notorietà e alle performance turistiche della Puglia, non ci sono solo i dati oggettivi della qualità dell’offerta, ma anche il suo potenziale narrativo ed esperenziale. Questa regione viene giudicata “ospitale” dal 54% degli italiani, “bella” dal 48% delle persone e “folkloristica” dal 38% della platea dei turisti italiani. Una regione i cui contorni narrativi si delineano lungo termini quali “genuina” (34%), “autentica” (30%) e “gustosa” (29%).


Le persone che non hanno ancora visitato questa regione si dicono attratti dal mare cristallino, dalla bellezza delle spiagge, dall’offerta enogastronomica, dal clima, ma anche dalle tradizioni, dai borghi dall’offerta storico-culturale.

Ad attirare i turisti sono principalmente l’area del Gargano, Isole Tremiti e Daunia con un indice di performance che coinvolge il 51% del mercato turistico nazionale; Lecce e Salento (50%); la Costiera Jonica, Taranto e la Murgia Tarantina (30%).


A generare e sostenere la notorietà e l’immagine turistica della Puglia è anche l’attività di comunicazione svolta in questi ultimi anni, che ha toccato circa il 30% dell’opinione pubblica nazionale, con un bacino pari a oltre 14 milioni di contatti e il 10% dell’opinione pubblica europea, con un bacino tra i 26 e i 28 milioni di contatti.


 







[1] L’indagine, realizzata per conto dell’Agenzia Regionale del Turismo Pugliapromozione, è stata svolta nel mese di gennaio 2015, su un campione di 2.000 cittadini italiani, che intendono realizzare almeno una vacanza nel 2015 e su un campione di 7.000 turisti europei residenti in Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria, Belgio, Paesi Bassi




Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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