Approfondimenti
Un mare di like per il Salento
La salentoterapia fa sempre più adepti, il Salento sempre più vetrina nazionale ed internazionale macina like sui social
Il Salento, sempre più vetrina nazionale ed internazionale, macina like a go go e continua la sua scalata verso la visibilità, l’approvazione ed il successo. Negli ultimi 10 anni le visite si sono moltiplicate vertiginosamente, con turisti provenienti da ogni parte del Bel Paese ma non solo. Le sue spiagge, i litorali, le tradizioni, i sapori, il vivere slow, lu sule lu mare lu jentu, sono finiti sulla stampa di tutto mondo, la salentoterapia funziona e fa sempre più adepti.
Da “Cosmopolitan” a “Elle”, a Dove del “Corriere della Sera”, il Salento è ormai sulla bocca di tutti.
Facendo un giro sul web, infatti, è facile imbattersi in guide dettagliate che spiegano cosa visitare, dove mangiare e dove alloggiare, ma illustrano soprattutto le bellezze storiche ed artistiche della nostra terra. “Cosmopolitan”, (nota rivista femminile, nata negli Stati Uniti e sbarcata in Italia nel 1973), ad esempio, racconta sul web i segreti della “Grotta Zinzulusa”a Castro, una delle testimonianze più suggestive di carsismo nel Salento e spiega il perché di questo nome così particolare. Non tutti probabilmente sanno che il nome “Zinzulusa” deriva dal termine dialettale “zinzuli”, con cui si suole indicare le numerose stalattiti e stalagmiti di cui è composta la grotta, in particolare la traduzione letterale di “zinzuli” sarebbe quella di “stracci”.
“Uno dei primi riferimenti storici alla grotta Zinzulusa”, spiega la famosa rivista “ è in una lettera del vescovo di Castro, Monsignor Del Duca, che nel 1793 scrisse a Ferdinando IV, fornendo una descrizione dettagliata della cavità carsica. Il prelato si interessò molto all’origine della grotta ma, a quei tempi, era particolarmente arduo scoprirne i misteri. Solo nel ventesimo secolo, più precisamente nel 1922, venne effettuato un vero studio scientifico quando iniziò un intenso lavoro di raccolta e catalogazione delle specie di piante e animali presenti nelle parti più profonde della grotta.
Particolare interesse è stato subito suscitato dalla presenza di specie di crostacei di origine molto antica, che esistono solo in questa cavità”.
Il Salento ha saputo farsi apprezzare anche a livello culturale. Ha infatti avuto ampia eco l’evento partito alcuni giorni fa, presso l’Università del Salento: la Summer School in Archeologia Aerea. Il laboratorio, unico nel suo genere a livello nazionale e internazionale, ha avuto tra i suoi 19 partecipanti anche due newyorchesi.
Lo scopo del laboratorio è in particolare quello di utilizzare tecnologie avanzate, come quelle dei droni per effettuare indagini archeologiche e monitorare il territorio per evitare che vengano eseguiti scavi clandestini e collaborare, così, con le forze dell’ordine.
L’utilizzo dei droni ha permesso di immortalare immagini mozzafiato del nostro territorio, che non potrebbero essere catturate con l’ausilio di elicotteri o altri mezzi aerei.
Abbiamo, inoltre, incassato riconoscimenti per le bellezze naturali ed ancora selvagge delle nostre coste.
Ad esempio, nella classifica stilata di recente dal noto motore di ricerca di voli, Skyscanner, delle spiagge più belle d’Italia, la Puglia è risultata seconda solo alla Sardegna.
In particolare a ricevere la medaglia d’argento è stata la località salentina “Grotta della Poesia” a Roca Vecchia (tra San Foca e Torre dell’Orso).
“ Fatevi largo tra la folla per buttare un occhio sulle acque celestiali di una piscina naturale tra le più belle del mondo”, recita Skyscanner, “e con un pizzico di coraggio, tuffatevi tra gli applausi dei presenti. Si narra che una principessa amasse bagnarsi nelle acque trasparenti della grotta e che i poeti di tutto il Sud arrivassero fin qui per cantare la bellezza della fanciulla, in un luogo che, ancora oggi, tutti chiamano La Poesia”.
è attualmente tra le dieci piscine naturali più belle al mondo: siamo a Tricase, Marina Serra, e non è la prima volta che questo luogo riceve apprezzamenti, like, e commenti sulla stampa e sui social.
La rivista “Elle” illustra l’incanto delle spiagge di Pescoluse e prova a spiegare il perché sono definite Maldive del Salento. La sabbia finissima, le dune e il mare cristallino incorniciano un paesaggio unico nel suo genere, le acque trasparenti si intersecano tra le numerose falde acquifere sotterranee ed il tripudio di colori e di gradazioni di azzurro è uno spettacolo senza precedenti.
La paternità del famoso appellativo Maldive del Salento sarebbe dovuta alla scelta del nome di un noto stabilimento balneare della zona, che ha riacceso ancor di più i riflettori sul litorale salentino, attirando l’attenzione di moltissimi turisti ed anche vip.
“La spiaggia libera delle Maldive del Salento, ovvero di Marina di Pescoluse, è senz’altro la più facile da visitare”, consiglia sul web la nota rivista di moda. “Senza dover entrare in lidi privati avrete la possibilità di ammirare la bellezza del luogo senza spendere un euro. Ovviamente nei fine settimana e nei periodi di alta stagione saranno le più affollate, ma negli altri periodi dell’anno qui troverete la pura essenza delle Maldive del Salento. In alternativa esistono tantissime spiagge meravigliose che vi regaleranno attimi di pura beatitudine (…) dove potrete perdere lo sguardo verso l’infinito in un contorno tutto costellato di ombrelloni di paglia e baretti pronti a soddisfare ogni vostra esigenza”.
Insomma il turismo nel tacco d’Italia sta crescendo sempre di più e come ha ricordato di recente in un’intervista rilasciata in esclusiva a “il Gallo”, l’assessore regionale Loredana Capone, “le premesse ci sono tutte perché si possa prevedere una stagione straordinaria e lo dimostra proprio la crescita dei primi mesi dell’anno, che sono normalmente ancora i più “tiepidi” dal punto di vista dell’incoming turistico. E di questi giorni la notizia della Puglia protagonista dell’estate italiana secondo Trip Advisor che, a seguito della sua consueta Summer Vacations Value Report, elegge nel 2018 la Puglia prima destinazione in Italia con ben tre località fra le top ten italiane. Due di queste sono leccesi: Ugento (seconda posizione), Porto Cesareo (settima)”.
Apprezzamenti anche per i prodotti della nostra terra: un’altra medaglia d’argento è toccata all’olio salentino che ha conquistato la giuria di esperti dell’International Olive Oil Competitions 2018, tenutosi lo scorso maggio.
L’Olio extravergine di Oliva – DOP Terra d’Otranto 100%, monovarietà ogliarola leccese, prodotto dall’azienda agricola Alèa di Alessandro Coricciati ha sbaragliato la concorrenza di Spagna, Turchia, Grecia, Portogallo, Tunisia e Giappone.
Una giuria di 20 esperti, specializzati nell’assaggio dell’olio, ne ha testato la qualità, valutandone tutte le caratteristiche organolettiche, soffermandosi in particolare su sapore, colore, odore, ed aspetto.
“è motivo di grande orgoglio, ha spiegato Alessandro Coricciati, aver raggiunto questo importante traguardo in un periodo così difficile e complesso per l’olivicoltura pugliese. La medaglia d’argento in un contest internazionale certifica come la produzione di qualità nel Salento, anche se sofferente, è tutt’altro che finita. Un primo passo per la nostra azienda verso la conquista del mercato internazionale”.
Valentina MASTRIA
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Vittoria annunciata e confermata per Decaro. Affluenza al ribasso: e ora?
Credo sia arrivato il momento che qualcuno si ponga il problema: come mai tanta gente non va più a votare. E allora non sarebbe opportuno, in questa centrifuga tecnologica del nuovo millennio, che si cominciasse a pensare ad una votazione elettronica?
di Luigi Zito
Si sono da poco chiuse le urne per le elezioni Regionali in Puglia, l’affluenza in picchiata, come tutte le stime lasciavamo intendere, si è attestata al 41,85%, cinque anni fa al voto partecipò il 56,4 per cento degli elettori.
In Puglia si è registrata la più bassa affluenza di sempre, anche meno delle stesse Regioni dove ieri e oggi si è votato: Campania e Veneto.
La provincia dove si è votato di più è stata Lecce, con una affluenza del 44%; Taranto con 40,60%, Bari 41,31%, Brindisi 41,94%, BAT 41,22, la peggiore Foggia con poco più del 38%.
Le proiezioni non lasciano spazio a “ribaltoni” di sorta.
Antonio Decaro è dato al 70% non raggiungerebbe il 30% Lobuono che ha già ammesso la sconfitta.
Secondo l’instant poll YouTrendper Sky TG24, nel campo progressista guidato da Antonio Decaro Partito Democratico si attesterebbe tra il 25% e il 29%, seguito dalla lista «Decaro Presidente» stimata tra 11,5% e 15,5%.
Le altre liste della coalizione oscillano tutte tra il 6% e l’8% per «Per la Puglia» e Movimento 5 Stelle, tra il 4% e il 6% per Verdi-Sinistra e tra l’1% e il 3% per i Popolari.
Sul fronte del centrodestra, Luigi Lobuono registra Fratelli d’Italia tra il 18% e il 22%, Forza Italia tra l’8% e l’11% e la Lega tra il 3,5% e il 5,5%.
Le liste minori della coalizione – Noi Moderati, Civici e Sud al Centro – sono tutte comprese tra 0% e 2%.
Ora che la frittata è stata fatta, sarebbe opportuno che qualcuno dei nostri politici ci spiegasse come mai meno di un pugliese su due non si è sentito ispirato nell’andare a votare.
Quali sono i veri motivi: disaffezione alla vita pubblica; poca pubblicità; istituzioni lontane dai cittadini; politici ibernati nelle torri d’avorio; consiglieri regionali poco attenti al territorio ed ai veri problemi dei pugliesi, sanità alla stremo (nella puntata di ieri di Report, la Puglia è ultima nella classifica nazionale per i tempi di attesa delle prenotazioni mediche)?
Ora credo sia arrivato il momento che qualcuno si ponga il problema, la nostra non è una di quelle Regioni democraticamente avanzate (come la Svizzera ad esempio), dove ogni 3 x2 ogni quesito viene posto al popolo che, incalzato da tanta sollecitazione, non va più a votare.
E allora non sarebbe opportuno, in questa centrifuga tecnologica del nuovo millennio, che si cominciasse a pensare ad una votazione elettronica?
Sembra, ormai, che l’unico compagno che mai ci abbandona e ci delude nella nostra vita sia il disprezzato cellulare che monitora ogni respiro della nostra giornata: non sarebbe meglio (forse) iniziare a pensare ad un sistema di voto elettronico, in cui ogni votazione, registrazione e conteggio dei voti avviene tramite strumenti digitali?
I vantaggi sarebbero tanti: la velocità del conteggio, la comodità di votare ovunque, si risieda in città o meno, all’estero o in qualsiasi altra parte del mondo; una maggiore possibilità e facilità di far votare persone con disabilità; il risparmio di carta e varie.
Certo le criticità viaggiano alla stessa velocità del web: il rischio di attacchi hacker; la poca affidabilità di molti aggeggi elettronici; garantire la Privacy per tutti (sappiamo bene cosa succede con le fastidiose telefonate dei call che tutti riceviamo sul telefono), e poi la sicurezza.
Ogni innovazione ha pregi e difetti, leggi i Paesi dove hanno già sperimentato il voting, come l’Estonia, il Brasile o l’India che hanno fatto di necessità virtù utilizzando questa novità tecnologica.
Se non iniziamo a pensarci da subito si rischia che, alle prossime elezioni (qualsiasi esse siano), oltre alla penuria di votanti ci ritroveremo anche con Candidati consiglieri e Presidenti eletti che non rappresentano (di fatto) la maggioranza delle volontà dei pugliesi e, se tanto mi dà tanto, tanto vale affidarci alla Dea bendata e sceglierli dal mazzo con una estrazione, risparmieremmo tempo e salute.
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Pompeo Maritati, “Quando i numeri si innamorano (e io ci casco)”
Oggi che sono in pensione, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo, ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”…
L’idea di questo libro nasce in un luogo che, a prima vista, sembrerebbe il meno romantico del mondo: una sala corsi di una grande banca italiana, illuminata da neon impietosi, con pile di dispense, calcolatrici scientifiche e tazzine di caffè che avevano visto giorni migliori.
Era verso la fine degli anni 90, e io, in giacca e cravatta, stavo tenendo un corso di matematica finanziaria a un gruppo di operatori bancari. L’argomento del giorno? Il calcolo delle rate di mutuo con il sistema cosiddetto “alla francese”.
Un nome che evoca baguette, bistrot e chanson d’amour, ma che in realtà nasconde una formula che farebbe piangere anche un ingegnere.
Eravamo immersi in coefficienti, tassi d’interesse, progressioni geometriche e quel misterioso “ammortamento” che, più che un piano di rimborso, sembrava una lenta agonia numerica. E proprio mentre stavo spiegando la logica dietro la distribuzione degli interessi nel tempo, uno degli uditori – un tipo sveglio, con l’aria di chi aveva già capito tutto, ma voleva vedere se anche io lo avevo capito se ne uscì con una frase che mi colpì come una freccia di Cupido: “È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”
Silenzio. Sorrisi. Qualche risatina. Io, ovviamente, feci il classico gesto da docente navigato: annuii con un mezzo sorriso, come a dire “bella battuta, ma torniamo seri”. E così fu. Riprendemmo la lezione, tornai a parlare di rate, di formule, di Excel. Ma quella sera, solo in albergo, mentre il minibar mi offriva una bottiglietta d’acqua a prezzo da champagne e la TV trasmetteva repliche di quiz dimenticati, quella frase tornò a bussare alla mia mente.
“È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”
Ma certo! Perché no? Perché non pensare che dietro le formule ci siano storie? Storie di attrazione, di repulsione, di corteggiamenti matematici, di triangoli amorosi (non solo geometrici), di numeri che si cercano, si sfuggono, si fondono. Un’idea folle, certo.
Accostare l’innamoramento, quel sentimento poetico, irrazionale, profondo, all’aridità dei numeri, che per definizione sono freddi, impersonali, astratti. Ma forse proprio per questo l’idea mi sembrava irresistibile.
Così iniziai a scrivere. A spizzichi e bocconi, tra una riunione e una trasferta, tra un bilancio e un report. Annotavo storielle, dialoghi, immagini. Immaginavo lo Zero e l’Uno in crisi di coppia, il Due che cerca equilibrio, il Pi greco che seduce tutti ma non si concede a nessuno. Poi, come spesso accade, la vita prese il sopravvento.
Gli impegni si moltiplicarono, le cartelle si accumularono, e quei fogli finirono in fondo a un cassetto. Lì rimasero, silenziosi, per anni. Fino a oggi.
Oggi che sono in pensione, e che ho tempo per ascoltare le idee che bussano piano, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo. Ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”
E così è nato questo libro. Un libro che non pretende di insegnare matematica, ma di farla sorridere. Un libro che non vuole dimostrare teoremi, ma raccontare storie. Un libro che, se tutto va bene, vi farà guardare i numeri con occhi nuovi.
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Luglio 1931: “Quando a Tricase, sul Quadrano, c’erano le Colonie”
Una storia intrigante di un secolo fa: nasce su uno sperone roccioso, su uno dei più bei scorci di Tricase Porto. Da opificio per tabacchine a colonia, durante il fascismo; da casa al mare a discoteca nei anni 70…
di Ercole Morciano
La costruzione conosciuta col nome di “colonie” nasce a Tricase-Porto, sul promontorio del “Quadrano”, tra fine Ottocento e primi del Novecento, come magazzino per la prima lavorazione del tabacco in foglie per conto della ditta greca Hartog & C., proveniente da Salonicco, come quella dei f.lli Allatini.
Costruire un magazzino per la lavorazione del tabacco al porto, mentre comportava indubbi benefici per la ditta proprietaria, costringeva le operaie tabacchine a portarsi da Tricase alla marina per lavorare in ogni condizione metereologica e ne siamo certi a piedi nudi, come purtroppo imponevano i tempi.
Costruire un magazzino per la lavorazione del tabacco al porto, mentre comportava indubbi benefici per la ditta proprietaria, costringeva le operaie tabacchine a portarsi da Tricase alla marina per lavorare in ogni condizione metereologica e ne siamo certi a piedi nudi, come purtroppo imponevano i tempi.
Proprio da Tricase, dove le tabacchine erano le meno pagate della provincia e oberate dal cottimo, nel 1905 partì la protesta che infiammò tutta la Terra d’Otranto con uno sciopero che portò ad un lieve miglioramento delle paghe e all’abolizione del famigerato cottimo.

Le tabacchine di Tricase erano “toste” e il loro vessillo scarlatto, recuperato per merito del consigliere comunale socialista Luigi Cavalieri, è ora esposto nella sala consiliare di palazzo Gallone.Tutte le donne del popolo di Tricase erano all’epoca coraggiose e determinate: nel 1917, in piena prima guerra mondiale, sfidarono le dure leggi di guerra che punivano gli assembramenti e scesero in piazza per reclamare pane, pace, lavoro e il rientro dal fronte dei loro uomini, figli-mariti-fratelli-fidanzati.
Le ditte greche Allatini e Hartog, verosimilmente in seguito agli scioperi di cui sopra, decisero di vendere i loro stabilimenti tricasini mettendo fine ad un periodo che, pur foriero di benefici, si caratterizzava per la durezza con cui le lavoratrici venivano trattate e per lo sfruttamento cui erano sottoposte.
Quello dei F.lli Allatini fu acquistato nel 1909 dal neonato consorzio cooperativo, poi Acait, di cui diventò la sede, mentre quello della ditta Hartog, in Tricase-Porto, passò in proprietà della famiglia del direttore dell’Acait, dott. Filippo Nardi.
“Villa Nardi”, nel primo lustro degli anni ’30”, è denominato l’ex tabacchificio Hartog, costruito sullo sperone roccioso sovrastante la baia del “Quadrano” e caratterizzato da una vasta costruzione a piano terra, con vari ambienti adibiti alla lavorazione, al deposito, agli uffici e alle abitazioni.
Edificato con conci di carparo, volte a stella, vaste aree di pertinenza, su un sito tra i più panoramici di Tricase-Porto, l’ex tabacchificio, detto ufficialmente “Villa Nardi”, fu sede di colonie elio-talasso-terapiche durante il fascismo nel triennio 1932-34.
PERCHE’ LE COLONIE
Il regime fascista sosteneva il sorgere delle colonie estive per due ragioni: una di carattere socio-sanitario per prevenire e contrastare malattie dell’infanzia molto diffuse nelle classi popolari (rachitismo, tubercolosi, avitaminosi…) e l’altra di carattere propagandistico attinente l’educazione e la formazione dei cosiddetti coloni, “Balilla e Piccole Italiane”, ovviamente in gruppi separati, di forte impronta nazionalista, bellicista, con particolare riguardo al culto della personalità verso il dittatore Mussolini, in analogia con quanto avveniva già nella scuola di stato.
Nasce così nell’ispettore Valletta l’idea di impiantare una colonia estiva in provincia quale filiazione di quella laziale, molto lontana per mandarvi i ragazzi/e delle famiglie salentine.
Il 3 agosto 1932 egli riceve l’approvazione prefettizia che autorizza la Federazione Provinciale M.S. ad “aprire una colonia estiva per bambini/e di 7-12 anni, nella marina porto di Tricase, presso ‘Villa Nardi’ che sarà intitolata ad Achille Starace”.
Valletta nomina direttrice l’insegnante leccese, Giovanna Astore che il 15 agosto 1932, alle 8.15, prende in carico i “coloni” dalla stazione di Lecce per “rilevare gli altri lungo le fermate della linea Lecce-Zollino-Maglie-Tricase”.
COME FUNZIONAVANO LE COLONIE
Nell’Archivio di Stato di Lecce, tra le carte riguardanti la colonia di Tricase, si conservano l’elenco dei capi del corredo necessario, l’orario delle attività e la “vittizzazione”.
Orario: 6, sveglia; 6-7 pulizia personale; 7-7.30, primo pasto; 8-12, alla spiaggia; 12.30-13.30, secondo pasto; 13.30-16, ricreazione o riposo; 16-19, passeggiata e merenda; 19.30-20.00, terzo pasto; 20.15, silenzio.
Ai piccoli coloni verrà somministrata: la mattina, caffè-latte, marmellata e pane; a pranzo, minestra, pietanza, frutta e pane; per merenda, pane, marmellata, od altro; a cena, pietanza, formaggio od altro, frutta e pane.
Le carte d’archivio ci dicono che l’anno seguente la direzione passò al neo-presidente della Federazione di Lecce Michelangelo Sansonetti, che confermò il personale dell’anno precedente con i relativi incarichi.
Risulta anche che l’assistenza medica era prestata dal dott. Alessandro Caputo, mentre quella religiosa era assicurata dal parroco di Tricase Porto, don Michele Nuccio.
Dalla relazione finale del presidente, densa della reboante e pomposa retorica di regime, di cui si trascrivono alcuni stralci, si apprendono i particolari sulla vita della colonia: “educare i fascisti di domani come li vuole il DUCE [sic], sani, forti, disciplinati e pronti a tutto osare”; durante l’alzabandiera: “Gli occhietti [dei bambini] si levano, il braccio si alza nel saluto romano, e un nome vibra nel coro argentino; DUCE.
Mentre una folla di passanti sosta commossa, più che incuriosita, e riverente si scopre il capo” e si ferma finché non vede di bambini rientrare in colonia “marzialmente cantando Giovinezza”.
Le parole più altisonanti le troviamo nella esaltazione della figura di Benito Mussolini: “Finita la funzione religiosa, di ritorno [dalla chiesa] in colonia, i nostri bambini, dal canto sacro all’inno Giovinezza, passano tra due fitte ali di popolo, suscitando un delirio di entusiasmo per Colui che con tanto interesse e amore attende alla sanità della stirpe… il cui nome resta scolpito nel cuore di tutti…”.
GLI ABUSI
Non è possibile scrivere tutto per motivi di spazio, ma si apprende dalle relazioni archiviate che non mancavano gli abusi.
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