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Finte pajare: il sindaco fa il punto

“Anziché ristrutturare, hanno iniziato a costruire. Invece di rimettere in sesto i terrazzamenti, li hanno distrutti per recuperare pietre da utilizzare nella realizzazione di nuove pajare”

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C’è chi le distrugge e chi se le inventa. Sono uno dei più genuini simboli della storia recente del Salento. Costruzioni agricole che popolano le nostre campagne e che, in alcuni casi, dopo qualche anno di abbandono tornano a vivere sotto una nuova luce. Sono le pajare, traccia indelebile del passato, bellezza inimitabile e, agli occhi dei salentini, inconfondibile. Per quelli poco allenati dei turisti, forse, un po’ meno. Dev’essere quello che hanno a pensato a Torino, in una società di informatica, quando gli è venuto in mente di partire alla volta di Tiggiano per investire un milione di euro in…tutt’altro campo.


Son venuti qui pensando di trovarci indietro di 30 anni e di poter fare quello che volevano. E ci è mancato poco che ce la facessero per davvero”. Commenta così la truffa delle pajare il sindaco di Tiggiano Ippazio Morciano. Armato di aerofotogrammetria, ci accoglie nel suo studio e ci aiuta a far luce sulla storia del presunto resort che, poco a poco, stava sorgendo di nascosto sui terrazzamenti a ridosso della scogliera tiggianese. “Di resort parlano i giornali, nessun documento né della Procura né di altri enti fa un simile riferimento”, ci tiene a precisare, ma poi ammette: “Tutto però lascia immaginare che l’obiettivo finale fosse quello”.


Siamo in pieno Parco naturale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase, qualche centinaio di metri a sud di Torre Nasparo, in una zona tanto meravigliosa quanto incontaminata, almeno fino a ieri. È il 2008 quando gli investitori piemontesi indirizzano i loro conti correnti verso il Salento. “Hanno comprato vari terreni in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, da diversi proprietari, mettendo insieme un’area di circa 5 ettari sul costone tra la litoranea e la scogliera del demanio”. Non potendo costruire in un’area tutelata, “hanno presentato al Comune di Tiggiano, alla precedente amministrazione (ndr. con Martella sindaco) un progetto di pulitura della zona e di recupero dei terrazzamenti, consistente in una sorta di ristrutturazione dei muretti a secco e di pulizia dei percorsi”, racconta il primo cittadino. “Mi parlavano di un progetto di recupero volto a creare dei centri di ricerca collegati alla loro azienda e pienamente in armonia col territorio. Insomma, un fiore all’occhiello per Tiggiano, sponsorizzato anche dal progettista, un docente universitario che aveva intrattenuto un rapporto di collaborazione col Comune garantendo degli stage a dei ragazzi del posto. Poi, anziché ristrutturare, hanno iniziato a costruire. Invece di rimettere in sesto i terrazzamenti, li hanno distrutti per recuperare pietre da utilizzare nella realizzazione di nuove pajare. Hanno, verrebbe da dire, presentato un progetto all’inverso”.


IMG_0984Ebbene sì, ottenuta dalla precedente amministrazione l’autorizzazione per il recupero della zona e forti dell’ok ad avviare i lavori, hanno iniziato la loro opera, quasi raddoppiando (arbitrariamente) il numero di costruzioni rurali esistenti. Ma prima, hanno provveduto ad accatastare, nel 2009, la quindicina di pajare che già insistevano sulla zona. Approfittando della vecchia normativa, differente da quella attuale che richiede la documentazione fotografica della struttura da registrare, gli investitori torinesi hanno fatto accatastare anche altre pajare inventate. All’epoca, del tutto inesistenti.


“Molti si chiedono dove fosse il Comune di Tiggiano in tutto ciò”, aggiunge il sindaco, “ma non sanno che i trulli sono stati accatastati come unità collabenti, quindi come ruderi, e non come unità immobiliari. In questo caso l’obbligo per gli Uffici comunali è di semplice notifica, non di controllo sul territorio”.


IMG_0998IMG_0998Cosi, tra il 2010 ed il 2012, sono state tirate su dal nulla altre 14 pajare, senza alcuna autorizzazione e, in più, (è bene ripeterlo) in pieno Parco Otranto-Santa Maria di Leuca. A onor del vero, alcuni dei trulli realizzati ex novo sono delle vere e proprie d’arte. Forse non solo un turista, ma anche noi del posto, non avremmo saputo distinguerli da quelli originali. Invecchiati ad arte con il cemento e costruiti letteralmente intorno ad alberi (come da foto) per mascherarne la fresca creazione, non sono stati ultimati. Non per mancanza di tempo o di denaro, ma per poter presentare poi un nuovo piano di recupero al Comune, come si trattasse, appunto, di semplici ruderi da ristrutturare.


“Hanno bussato alle porte del Comune nel 2013 con la fretta di chi deve intervenire per salvare il salvabile. Hanno provato ad accelerare i tempi per ottenere la nostra autorizzazione, forti del parere favorevole degli altri enti competenti: soprintendenza, Corpo Forestale, ed Ente Parco”.

Il sindaco fa un passo indietro e spiega come già in precedenza gli Uffici comunali avessero sentito…puzza di bruciato: “Nell’estate 2012, in seguito all’incendio che bruciò quasi 30 ettari di macchia mediterranea, da Marina Serra alla marina di Corsano, gli imprenditori piemontesi fecero richiesta per realizzare delle vasche antincendio sui loro terreni. A insospettirci fu il fatto che l’area di loro proprietà era stata solo sfiorata dall’incendio. Per questo oggi, col senno di poi, viene facile immaginare che ne avrebbero fatto delle piscine. E da qui nasce l’ipotesi resort, seppur mai confermata. Fortuna (nella sfortuna) volle comunque che”, continua il primo cittadino, “un’altra disgrazia ambientale, la morìa dei lecci, iniziò a sfoltire la boscaglia che di fatto nascondeva tanto i lavori quanto le nuove pajare”.


Infatti più in là, nel marzo 2013, quando davanti al parere favorevole degli enti preposti il Comune di Tiggiano stava temporeggiando annusando qualcosa di sospetto nelle pajare da “salvare” tempestivamente, è intervenuta la polizia provinciale. “Ci ha chiesto l’acquisizione della pratica del primo permesso, quello rilasciato nel 2008. E nel frattempo ha sorvolato l’area con dei droni. Due giorni dopo, davanti all’evidenza emersa dal raffronto tra aerofotogrammetria e nuove immagini dei droni, quei 5 ettari sono stati sequestrati”.


Notizia di oggi è che, mentre sarebbe iniziato uno scaricabarile tra i possibili indagati, la società torinese avrebbe già riconosciuto i propri errori e spinto per una sorta di patteggiamento con un ripristino dei luoghi a sue spese (come li ripristinano non si sa, visto che già prima nessuno aveva ben chiaro come fossero). Il resto è storia futura. Ora rimane da capire di chi siano le colpe. Resta da comprendere come sia possibile che enti posti a tutela del territorio rilascino determinati nullaosta con la leggerezza di bere un bicchier d’acqua. Resta da capire chi fosse l’aggancio e quali i punti di riferimento sul posto per una società piemontese magicamente in grado di muoversi in un angolo di Salento così nascosto e inesplorato. Vanno messi insieme i pezzi e nominati i responsabili di questo teatrino dell’emancipato nord e del Mezzogiorno indietro di 30 anni.


IMG_1275Di incontrovertibile resta la truffa, architettata a tavolino, ai danni dello Stato e della comunità intera, oltre al palese danno al territorio, resosi al contempo vittima e complice con la sua conformazione. Perché se per anni nessuno ha messo il naso in quel cantiere, è anche grazie alla sua ubicazione. “Dalla strada non si vede nulla, ma anche da dentro la vegetazione la fa da padrona”, spiega il sindaco. Non a caso le nuove pajare si concentrano tutte nell’area in cui la boscaglia si fa più fitta. Ma nonostante ciò, come in ogni storia di paese che si rispetti, non può mancare un tentativo di collegamento personale tra il primo cittadino ed il misfatto di turno. “Qualcuno dice che dovevo accorgermene di persona, perché ho una piccola casa a mare, a circa 600 metri da quella zona. Ma non sanno che lì, con tutto quel verde, c’è davvero poco da vedere, anche da due passi”.


Noi a ridosso di quella boscaglia ci siamo stati. Abbiamo intravisto qualche tetto spuntare tra i tanti alberi e nulla più. E alla fine, anche noi, come il sindaco in precedenza, ci siamo chiesti come facessero a scendere laggiù. Ma non ce ne siamo stupiti. Lui, con un sorriso, ce l’aveva anticipato: “Addai…è roba de Tarzan”.


Lorenzo Zito


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Aumenta la produzione dell’olio nostrano, ma la qualità come è?

I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno…

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Confermato il previsto aumento della produzione di olio a livello nazionale di circa il 30% rispetto all’annata precedente. La nuova annata sembrerebbe buona per qualità, con il novello già disponibile.

Buona qualità anche in Salento

La resa è influenzata dalla diminuzione della produzione (-30/40% in Puglia e circa il 20% in provincia di Lecce)  ma con un aumento della qualità (e anche dei prezzi). La resa media in olio da olive varia dal 13% al 20%, ma il dato complessivo della produzione è in calo rispetto alle annate precedenti, in linea con quanto previsto da Confagricoltura.

Nel panorama complessivo, bisogna considerare che l’andamento climatico sfavorevole ha inciso in modo pesante sulla produzione di olive. Nei primi giorni di aprile, infatti, una serie di gelate improvvise ha colpito molte aree olivicole, compromettendo gran parte dei bottoni fiorali (mignole) e vanificando in buona parte le potenzialità produttive. Secondo le prime valutazioni tecniche, la flessione produttiva potrebbe essere legata anche a fattori varietali.

In particolare, la cultivar FS-17 (la “Favolosa”), che inizialmente presentava una buona prospettiva di raccolto, ha subito un crollo quasi totale della produzione a causa della cascola dei fiori non ancora aperti, verificatasi subito dopo le gelate.

I numeri, però, non sempre bastano ad un’analisi esaustiva. Ecco perché abbiamo coinvolto alcune aziende del territorio per comprendere i contorni della campagna olivicola di quest’anno.

Giacomo Palese, amministratore de L’Olivicola di Presicce–Acquarica, precisa: «La nostra è un’azienda produttrice di olive da mensa e stiamo riscontrando un’ottima qualità». Riguardo alle differenze, «le ritroviamo in termini di quantità, quest’anno abbiamo meno frutto». Gli operatori del settore salentini hanno dovuto fare i conti con le conseguenze della Xylella che «ha avuto un impatto significativo sulla nostra azienda, ha rappresentato una svolta difficile e ha messo a dura prova la sostenibilità economica, obbligandoci a ripensare completamente il modello di business. Abbiamo dovuto reinventarci e diversificare la produzione. Non potendo più contare sulle nostre olive abbiamo iniziato ad acquistare da altri produttori, mossa che ci ha permesso di mantenere una produzione continua e ci ha anche spinto a esplorare nuove strade. Un cambiamento rilevante e significativo è stata l’introduzione di nuovi prodotti come i sott’oli che in passato non trattavamo. Tale diversificazione ci ha aperto nuovi canali di mercato, diversi da quelli che conoscevamo, e ha comportato costi aggiuntivi e la necessità di finanziare nuove attività: importanti investimenti, la necessità di accedere a nuovi finanziamenti esterni e un maggiore impegno nella gestione del credito, parliamo di un accesso al credito più mirato per finanziare questi investimenti iniziali. Un percorso impegnativo che ci ha permesso di trattare prodotti che diversamente forse non avremmo trattato. Sebbene le sfide siano state tante, siamo riusciti a trovare opportunità che, a lungo termine, potrebbero rivelarsi vantaggiose per la sostenibilità economica dell’azienda. Oggi, dopo anni, siamo tornati alla lavorazione delle olive grazie ai vari reimpianti effettuati. Abbiamo reimpiantato olive leccino, perché lavorando olive da tavola riteniamo che tale cultivar sia un ottimo prodotto da mensa. Nonostante le difficoltà», conclude Palese, «questo percorso di trasformazione ci ha reso più resilienti e pronti ad affrontare sfide future».

Anche Pierangelo Tommasi di Olio Biologico Moruse di Calimera, conferma «un prodotto dalla qualità eccellente anche perché siamo stati risparmiati dall’attacco della “Mosca”». Le differenze rispetto all’anno scorso «sono notevoli ma le piante crescono di anno in anno e iniziano a produrre un po’ di più. Parliamo, però, di numeri minimi rispetto a dieci anni fa: da allora la sostenibilità economica è completamente cambiata. Prima si poteva vivere di agricoltura, adesso sono soprattutto spese. Nella speranzosa attesa di tornare ad avere i profitti di una decina di anni fa».

Nel frattempo, anche nella azienda di Calimera hanno «impiantato le varietà di Leccino e Favolosa, per la precisione 80% della prima e 20% della seconda». Colta al volo l’occasione per variegare la produzione: «Già da 4-5 anni stiamo curando una cultura di avocado. Per ora solo un piccolo appezzamento ma stiamo provvedendo ad estendere la produzione su un altro ettaro e mezzo».

Quintino Palma del Frantoio Palma di Cursi ricorda che «la raccolta 2025 è stata colpita da una gelata durante il periodo della fioritura, provocando un calo nella produzione che resta, comunque, sufficiente per un raccolto di buona qualità».

Rispetto all’ annata scorsa Palma rileva «un leggero calo di produzione sufficiente, però, a garantire il prodotto fino alla prossima campagna olearia».

Poi aggiunge: «Al momento abbiamo quasi completato i reimpianti mettendo a dimora varietà Favolosa, Leccina e Leccio del Corno (avevamo già olivi di Leccino di circa 30 anni). Purtroppo, la Xylella ha causato un crollo della redditività dell’azienda. Anche se sono stati erogati degli aiuti per i reimpianti, bisogna considerare che occorrono diversi anni prima che le piante raggiungano un target accettabile di produzione, di conseguenza siamo ancora in piena crisi. Fortunatamente», conclude Palma, «l’azienda si occupa anche di effettuare reimpianti olivicoli “chiavi in mano” per sopperire al calo di reddito post Xylella».

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Alliste

Diamo i voti ai cimiteri del Salento: criticità, sufficienze ed eccellenze

Con l’avvicinarsi della Festa dei Morti abbiamo voluto verificare la situazione dei luoghi sacri dove tutti ci rechiamo in visita ai nostri cari defunti. Spesso, per come sono tenuti, nonostante la sacralità del luogo, i cimiteri sono stati oggetto di (giuste) critiche….

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Con l’avvicinarsi della Festa dei Morti abbiamo voluto verificare la situazione dei luoghi sacri dove tutti ci rechiamo in visita ai nostri cari defunti.
Spesso, per come sono tenuti, nonostante la sacralità del luogo, i cimiteri sono stati oggetto di (giuste) critiche.

Per questo a ridosso del 2 novembre abbiamo fatto un giro (random) in alcuni camposanti della provincia.

Sarà per l’avvicinarsi della ricorrenza, ma la situazione è (quasi) dappertutto decisamente confortante.

Nessun problema ad Alliste, Felline, Matino e Racale.

Negli ultimi due centri abbiamo assistito personalmente ai lavori in corso per la tosatura delle siepi e la sistemazione degli arredi a verde.

A Matino abbiamo anche incontrato il consigliere comunale Aldo De Donatis che ci ha spiegato come da tre anni sia cambiata la gestione dei servizi e la situazione oggi sia decisamente buona.

Stesso discorso per Patù, Castrignano del Capo, Leuca, Giuliano di Lecce, Salignano.

In queste ultime 4 località il servizio è (ben) curato dalla stessa cooperativa che fa capo al 31nne Thomas Chiffi.

Decoro salvo anche a Maglie, dove, in vista delle celebrazioni dei defunti, tutto appare pulito e ordinato. Sembra tutto in ordine anche a Ruffano, sia nella parte “vecchia” che nella nuova ala, sorta all’alba del millennio in corso per accogliere i nuovi defunti.

L’area va via via popolandosi e ha subìto aggiornamenti di anno in anno a seconda delle necessità.

A Tricase resta critica e indecorosa la situazione del vecchio cimitero.

Sebbene non preveda più tumulazioni sin dal 1984, il Monumentale resta comunque meta di tante persone.

La situazione strutturale e di manutenzione degli arredi non è conciliabile con la sacralità del luogo e con il rispetto che si deve a chi va a far visita ai propri cari trapassati.

Non ci sono particolari problemi, invece, al cimitero nuovo anche se, almeno dal punto di vista del decoro si può e si deve fare meglio. Tanti viali non sono protetti dall’asfalto o dal cemento come quello principale e pochi altri e, spesso, si è costretti a mettere i piedi nel fango.

La vegetazione, poco o per nulla curata, invade gli stessi viali, costringendo i visitatori a farsi spazio tra le fronde.

Per evitare che ci siano defunti di serie A e B sarebbe opportuno intervenire presto.

Questa la situazione in provincia,  almeno fino a qualche giorno prima del 2 novembre…

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“Per grazia ricevuta”: Piemontese, assessore sanità Puglia, crea d’emblée 2mila posti di lavoro

Nonostante cinque aziende sanitarie da 17 giorni siano senza direttore generale e non si veda alba, la Regione si prepara a lanciare tre concorsoni: due dei quali saranno gestiti proprio da Asl senza un manager…

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di Luigi Zito

Quello che non succede in 5 anni, a volte, si sa, può accadere a pochi giorni dalle elezioni: siano esse comunali (alzi la mano chi non si fatto dare “una liccata di asfalto”, davanti casa poco prima del voto); provinciali, quando Presidente o Assessori, come la Madonna, si appalesano in città e chiedono una “citazione” nelle urne: e giù a concedere, promettere, santificare e beatificare, tutta Grazia sprecata o mal riposta, perché sanno che non è deificata, ma solo vanagloria.

E fin qui siamo nell’ordine naturale delle elezioni.

Quello che supera il livello di indignazione e tracima nella vergogna assoluta, ai limiti della sconcezza, e chiede vendetta, è quanto sta accadendo per le nostre elezioni regionali.

Nonostante cinque aziende sanitarie da 17 giorni siano senza direttore generale e non si veda alba, la Regione si prepara a lanciare tre concorsoni: due dei quali saranno gestiti proprio da Asl senza un manager.

Mille posti ciascuno per infermieri e Oss, mentre la terza procedura darà il via alla mobilità intraregionale per permettere spostamenti tra le varie aziende.

Ricapitolando: 2mila posti di lavoro creati d’emblée, come infermieri e Oss, dei quali un terzo (circa 700) saranno su Foggia, città del Vicepresidente e assessore alla Sanità e Benessere animale, Sport per tutti, Raffaele Piemontese, prodigo di carità e col vizio delle buone azioni.

Questi concorsi erano attesi almeno da maggio, ora una circolare del dipartimento Salute conferma che la pubblicazione è «imminente», e dunque la scadenza delle domande potrebbe arrivare proprio a ridosso della tornata elettorale del 23 e 24 novembre prossimi, anche se le prove si svolgeranno non prima di aprile-maggio.

Quando si dice avere una “faccia di tolla”, ma qualcun altro asserirà che “in politica la menzogna è una componente imprescindibile”.

Come possiamo difenderci: quando nel segreto dell’urna dovremo apporre quella “citazione”, per non ricevere un’altra villania del genere, dobbiamo saper distinguere il “grano dalla pula”, il bianco dal nero, le “facce di tolla” da quelle linde, correte, sincere e leali.

Ricordiamocene.

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