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Attualità

Nelle mani del Vescovo

Mons. Angiuli: “Coltivate il desiderio di amare”

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In occasione del nostro “Speciale Sposi”, abbiamo intervistato il Vescovo della diocesi di Ugento – S.M. di Leuca, Monsignor Vito Angiuli.


Vale la pena soffermarsi in apertura sull’importanza del Sacramento del matrimonio. Come prepararsi alla sua celebrazione? Che consiglio darebbe personalmente ai giovani che decidono di condividere la loro vita?


Considero in maniera molto positiva che vi sia un tempo di preparazione al matrimonio. Purtroppo, oggi, non si crede molto al valore del fidanzamento, ossia a un tempo di preparazione al matrimonio. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: i legami si spezzano con molta facilità. Le grandi scelte della vita devono essere ardentemente desiderate e adeguatamente preparate. Ai giovani consiglio di coltivare il desiderio di amare. Sant’Agostino dice che la vita è una “ginnastica del desiderio”. Massimo Recalcati, uno psicanalista del nostro tempo, nel suo libero La forza del desiderio scrive: «Il desiderio è questione di vita e di morte: se mi allontano troppo dal mio desiderio, se mi forzo a fare cose che non riguardano la mia vocazione, mi trovo inevitabilmente prigioniero del sogno di un altro e questo fa ammalare la vita» (p. 30).


Facendo riferimento alla sua esperienza pastorale come è cambiato negli anni l’approccio al matrimonio?


Il cambiamento culturale in atto spesso presenta modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana. Tuttavia, a quanto si apprende dai dati dell’ultimo “Rapporto Giovani” (Istituto Giuseppe Toniolo, La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani 2014, Il Mulino Bologna 2014) i giovani tra i 18 e i 29 anni hanno un forte desiderio di famiglia. Secondo l’indagine, quasi il 60% dei giovani intervistati afferma che la famiglia tiene, non rinuncia a pensare di poter formare una propria famiglia e la vede formata mediamente di due figli e oltre. Se i giovani fossero semplicemente aiutati a realizzare i propri progetti di vita la denatalità italiana diventerebbe un problema superato. Tale dato risulta rafforzato se si chiede agli intervistati qual è il numero di figli desiderati in assenza di impedimenti e costrizioni: la percentuale di coloro che rispondono 3 o più figli risulta superiore al 40%. In generale, il 60% degli intervistati asserisce di essere d’accordo con il fatto che la famiglia è la cellula fondamentale della nostra società e si fonda sul matrimonio, mentre solo l’11,6% la pensa diversamente.


Nell’era della tecnologia (internet, smartphone, mail, WhatsApp, ecc.), è cambiato il modo di svolgere il corso prematrimoniale o è sempre lo stesso?


Più che parlare di un “corso” bisognerebbe parlare di un “percorso prematrimoniale”. In altri termini, occorre non solo richiamare i “valori”, ma bisogna aiutare i giovani a comprendere e a sperimentare concretamente la bellezza della relazione d’amore. In questo senso, il vero punto di forza non è dato dai mezzi che si utilizzano, ma dall’intensità della rapporto personale. La nuova tecnologia informatica è uno strumento utile per velocizzare la comunicazione. La persona umana, però, ha sete di affetto e di vicinanza personale. Ciò che veramente dà gioia non è la realtà virtuale, ma l’incontro reale tra le persone. Talvolta, l’utilizzo eccessivo dei mezzi informatici crea più problemi di quanti ne risolva: Nel rapporto con i figli, è preferibile parlare con il telefonino e con l’email o non è più proficuo e più bello incontrarsi personalmente e parlare guardandosi negli occhi?


Come affrontare l’eventuale difficoltà di non poter avere figli?


Il desiderio di avere un figlio è nobile e grande; è come un lievito che fa fermentare la nostra società, e la invita a guardare con speranza al futuro. «Il desiderio del figlio ad ogni costo non ha portato a relazioni familiari più felici e solide, ma in molti casi ha aggravato di fatto la diseguaglianza fra donne e uomini» (Relatio Synodi, 27). ll desiderio di un figlio non può tramutarsi automaticamente in un diritto al figlio. A tal proposito San Giovanni Paolo II ha scritto:  «La tendenza a ricorrere a pratiche moralmente inaccettabili nella generazione tradisce l’assurda mentalità di un “diritto al figlio”, che ha preso il posto di un giusto riconoscimento del “diritto del figlio” a nascere e poi a crescere in modo pienamente umano. […] Quanto diversa e meritevole di incoraggiamento è invece la pratica dell’adozione! Un vero esercizio di carità, che guarda al bene dei bambini prima che alle esigenze dei genitori» (Giovanni Paolo II, Giubileo delle famiglie, 14 ottobre 2000, Roma).

Molte coppie oggi scelgono di convivere prima del grande passo. È un buon banco di prova per il matrimonio?


L’amore non ha bisogno di un “banco di prova”. Lo dimostra abbondantemente la situazione attuale nella quale la libertà nella vita affettiva, non porta necessariamente ad instaurare una relazione felice e stabile. L’amore è nello stesso tempo un sentimento, una decisione e un comandamento. L’amore interessa la dimensione affettiva della persona. Tuttavia  esso non è solo qualcosa che si sente, ma anche un impegno e una decisione. Non basta “sentire” un affetto, occorre anche “volerlo”. La decisione di amare dà stabilità al rapporto e alla relazione. Se ci si ferma solo al livello del “sentire” tutto diventa mutevole. In tal caso, si possono fare tutte le prove, ma l’amore sarà debole e fragile perché sottoposto al cambiamento dei sentimenti. Occorre “voler amare”, anche quando i sentimenti mutano. Infine, l’amore è un comandamento. A riprova, potrei citarle numerose espressioni del Vangelo. Mi consenta di richiamare laicamente la parole di una canzone di Gianni Morandi: “l’amore ha i suoi comandamenti”. I comandamenti non sono della catene, ma sono la base solida su cui è possibile fondare un amore duraturo, anzi eterno.


Cosa ne pensa delle cosiddette coppie di fatto? E del matrimonio gay?


Sui temi che toccano la fede e la morale cristiana non vi sono opinioni personali, ma orientamenti ecclesiali. Pertanto non posso che essere in piena sintonia con quanto la Chiesa sostiene circa le coppie di fatto e i matrimoni gay. La proposizione 76 della Relatio Synodi 2015 afferma testualmente: «Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4). Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso».


Si parla di discernimento: come si pone la Sua Diocesi nei confronti di chi ha interrotto con la separazione o il divorzio il proprio matrimonio? I parroci della Diocesi seguono una linea comune?


Il tema del discernimento è la via proposta dal Sinodo per affrontare la questione delle famiglie in difficoltà. Si tratta di una prospettiva di carattere generale che ha bisogno di essere ulteriormente chiarita con l’indicazione di criteri di riferimento che siano di guida della prassi pastorale. Attendiamo che il Santo Padre dia le indicazioni opportune per l’esercizio del discernimento e per la sua applicazione ai casi concreti.


Come affrontare, nel caso, il dolore, la malattia e la morte del coniuge e non perdere la fede in Dio?


La morte è il grande mistero della vita. Inevitabilmente essa genera sofferenza e dolore. In qualche caso anche disperazione. Questi sentimenti si acuiscono quando di tratta di una persona cara. Nella prospettiva cristiana bisogna innanzitutto ricordare una frase della Sacra Scrittura: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi […]. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo» (Sap 1,13; 2, 24). Il vero punto di forza del cristianesimo è la risurrezione di Gesù. Si tratta di un fatto realmente accaduto: Cristo è risorto e ha vinto la morte. La morte non ha più alcun potere. Pertanto chi crede in Cristo risorto trova la forza per accettare anche la morte. Essa non è più intesa come annientamento, ma come passaggio e come riposo. Una frase del prefazio dei morti recita: con la morte, «la vita non è tolta, ma è trasformata». I morti vivono in Cristo, perché sono morti in lui e sono risorti con lui.


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Il sindaco di Miggiano dal Papa

Udienza speciale per l’ANCI: Michele Sperti in udienza con Leone XIV

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Il primo cittadino miggianese Michele Sperti ha incontrato sua santità Leone XIV nel corso di un’udienza speciale per l’ANCI.

Di seguito le emozioni che il sindaco di Miggiano ha affidato ai social.

“Un’esperienza unica, un’emozione autentica e difficile da descrivere, destinata a rimanere per sempre nel mio cammino umano e istituzionale.

Nel suo sguardo ho colto vicinanza, ascolto e profonda umanità: l’autorevolezza e, insieme, la dolcezza di un grande pastore d’anime.

Ho raccontato al Santo Padre della nostra terra straordinaria che è il Salento e di Miggiano: del capo della direzione sanitaria del Vaticano, nostro concittadino, e che dal nostro paese sono arrivate le scarpe ortopediche per i suoi predecessori.

Un dettaglio semplice, ma ricco di significato, che ha reso ancora più forte il legame tra la nostra comunità e la Santa Sede.

É stato un grande onore, ma soprattutto un’esperienza personale e spirituale profonda che desidero condividere con voi, perché ogni traguardo vissuto da un sindaco appartiene, prima di tutto, alla sua comunità”.

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Tricase, nuove rotatorie e vecchi pasticci stradali

Non conosciamo quale sia la scelta operata, quale Genio della Lampada abbia pensato bene di ridurre un’arteria principale per il deflusso ordinato del traffico della città…

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di Luigi Zito

Si avvicina il periodo delle elezioni e, come sempre, si moltiplicano in città (a Tricase), le opere da completare o quelle da portare a termine: dalle strade da ri-asfaltare a quelle da finire; da quelle da ridisegnare (leggi via Stella d’Italia, i lavori sarebbero dovuti iniziare circa 2 anni fa), a quelle in fase di completamento come via Fratelli Allatini, per intenderci la strada che porta all’ACAIT e alla caserma dei Carabinieri, quella che volge a Caprarica (rione di Tricase), chiusa da ormai un mese, in pieno periodo di feste.

Non conosciamo quale sia la scelta operata, quale Genio della Lampada abbia pensato bene di ridurre un’arteria principale per il deflusso ordinato del traffico della città – quella è la via che accompagna verso il centro chiunque ritorni dalla zona delle scuole, in quella parte insistono tre Istituti scolastici molto frequentati: il liceo Stampacchia, il don Tonino Bello, e l’Istituto comprensivo di via Apulia, ad un budello, dove si circolerà a senso unico unico di marcia e costringerà i residenti delle vie adiacenti a indire un concorso a premi ed estrazione per trovare parcheggio, uscire di casa in sicurezza e poter anche solo lasciare sull’uscio un secchio dell’immondizia senza il rischio di venire asfaltati.

Già in quella parte della città La Politica di 50-60 anni fa aveva pensato bene di disegnare (e costruire) strade di 6-8 metri di larghezza – forse hanno avuto una premonizione del film Blade Runner, dove le auto volano e atterrano dove occorre – che traslate al mondo d’oggi si sono ridotte ad un parcheggio davanti l’uscio di casa e ad uno spazio asfittico che permette appena di entrare in casa in sicurezza prima che ti “stirino i pantaloni”, ci chiediamo: cosa succederà ora che la circolazione principale dovrà transitare per quei budelli di strade?

Dicevamo del Genio della Lampada e le scelte che ha partorito per la nuova via F.lli Allatini: sarà stato il voler agevolare chi, senza regole, parcheggia a sbafo davanti alle poche attività commerciali che sono in quella parte della città?

Il nuovo marciapiede allargato servirà a far arrivare in sicurezza i dipendenti comunali che, a piedi, transiteranno dal palazzo municipale fino ai nuovi uffici all’interno dell’Acait?

O forse, lo si è fatto per evitare ingorghi, attese e liti con chi si intestardisce a voler continuare a fumare e deve parcheggiare e scendere proprio davanti al tabaccaio per comprare le sigarette, alla faccia di chi rispetta le regole?

Ora che avranno un paio di parcheggi dedicati, la strada a senso unico, e un marciapiede allargato, liti e contese potranno trasferirsi sulle vie attigue, essere declassate a diverbi più amabili, e magari avverrà pure qualche scambio di fiori.

Ora anche i pruriti per il Centro di Gravità Permanente sono venuti a galla – partono i lavori per l’adeguamento dell’intersezione tra le via Pirandello, via Cattaneo e via Aldo Moro, una zona che indubbiamente aveva esigenza di essere messa in sicurezza e di restyling -, la sopita speranza è che lo stesso Genio di cui sopra abbia valutato attentamente quello che sta per fare per quello che è uno snodo centrale per Tricase. 

E poi ancora, ci associamo, a quanti nostri lettori ci segnalano da mesi, nel chiedere: chi è obbligato a transitare per quelle vie, quelle percorse e frequentate da decine di pullman che ogni giorno conducono centinaia di studenti (e auto) fino a scuola, via Peano, via Manin, e limitrofe, quando potranno vedere la luce, e viaggiare in sicurezza? 

Soprattutto dopo le piogge dei giorni scorsi, strade fuse come emmental d’asfalto,  parcheggi a fantasia e guida spericolata sono divenuti il giusto mix per incidenti e rotture di assi.

In tutto questo, dopo aver formulato i miei auguri per l’anno nuovo, nella certezza che qualcuno mi risponderà, lasciatemi spendere una sola parola sulla nuova truppa di Vigili Urbani  che lavorano a Tricase: dove sono? Quanti sono? Vivono anche loro la città? Che orari fanno? Come regolano il traffico cittadino? Transitano sulle stesse vie di noi comuni mortali o come in Blade Runner, volano alto?

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La Caritas esprime preoccupazione per il nuovo gioco d’azzardo “Win for Italian Team”

Quando lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale, i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini economici, psicologici e sociali…

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riceviamo e pubblichiamo

Le quattro Fondazioni Antiusura della Puglia, – Fondazione San  Nicola e Santi Medici di Bari, Fondazione Buon Samaritano di Foggia, Fondazione San Giuseppe Lavoratore di Lecce e Fondazione Mons. Vito De Grisantis di Tricase –  e le 19 Caritas della Puglia, condividono la grande preoccupazione della Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II per l’ennesima scelta di introdurre un nuovo gioco d’azzardo “Win for Italia Team”, trasformando ancora una volta la fragilità dei cittadini in una fonte di entrate. È inaccettabile che, di fronte a un’emergenza sociale ormai conclamata, le istituzioni continuino a considerare l’azzardo come una leva fiscale, ignorando deliberatamente le conseguenze devastanti che questo sistema produce nelle famiglie italiane.

Ancora più grave è associare un nuovo gioco d’azzardo all’evento sportivo per eccellenza come le Olimpiadi. Lo sport dovrebbe rappresentare vero divertimento e svago che mette al centro l’impegno individuale e di squadra nel rispetto delle regole e dell’altro, per una crescita personale e collettiva. L’azzardo non ha nulla di tutto questo. Legare il mondo olimpico a un meccanismo che genera povertà significa macchiare un ambito che dovrebbe invece educare, ispirare e dare speranza.

In Italia il gioco d’azzardo ha raggiunto dimensioni allarmanti: la raccolta nazionale ha superato i 157 miliardi di euro, con perdite per i cittadini vicine ai 23 miliardi. Numeri che raccontano un fenomeno trasversale, che compromette anziani, giovani (anche molti minori di età), studenti e le loro famiglie. L’azzardo è oggi una delle principali cause di indebitamento, e troppo spesso l’indebitamento sfocia nell’usura, come dimostrano gli ascolti in costante aumento presso le Fondazioni antiusura, dove ogni giorno arrivano persone che hanno perso tutto: risparmi, relazioni, fiducia, dignità.

Quando lo Stato continua a utilizzare l’azzardo come leva fiscale, i cittadini pagano un prezzo altissimo in termini economici, psicologici e sociali. È una contraddizione che non può più essere ignorata: da un lato si parla di prevenzione dell’azzardopatia o si promuove il cosiddetto gioco responsabile, dall’altro si moltiplicano le offerte di giochi che alimentano dipendenza, povertà e disperazione.

In un momento in cui migliaia di famiglie sono in difficoltà, il Paese avrebbe bisogno di tutt’altro: educazione finanziaria, percorsi di prevenzione dell’indebitamento, strumenti per un accesso al credito più efficaci, politiche di tutela dei più vulnerabili. Non di un nuovo gioco che rischia di diventare l’ennesima porta d’ingresso verso la rovina economica e psicologica.

Le quattro Fondazioni della Puglia condividono, insieme alla Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II l’ennesimo appello chiaro al Governo: faccia un gesto che risponda al vero spirito delle Olimpiadi rispettando la tregua olimpica, ritirando questa misura. Fermare l’ennesimo gioco d’azzardo significa proteggere le famiglie, difendere la dignità delle persone, restituire allo sport il valore che merita.

La Puglia nel 2024 ha speso quasi 12 miliardi  di euro per il gioco d’azzardo, più di 3mila euro per abitante compresi bambini.

Fondazione Mons. Vito De Grisantis

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