Attualità
“Quel lavaggio non s’ha da fare!”
Non posso fare a meno di segnalarvi un caso assai grave: il 5 settembre scorso, il primario di Oncologia degli ospedali di Casarano e Gallipoli (è lo stesso primario
Non posso fare a meno di segnalarvi un caso assai grave: il 5 settembre scorso, il primario di Oncologia degli ospedali di Casarano e Gallipoli (è lo stesso primario per le due strutture) ha reso impossibile una semplicissima prestazione infermieristica ambulatoria mensile, quale la pulizia del Port, perché la paziente (mia moglie) non era da lui seguita. Ecco nei dettagli la vicenda. (Carmelo De Matteis – Taviano)
“Lunedì 5 settembre 2011, verso le ore 9,00 circa mi reco, accompagnata da mio marito De Matteis Carmelo, presso l’ambulatorio di Oncologia dell’ospedale di Casarano, ove ci trovavamo per altri motivi, munita di regolare impegnativa del medico curante per richiedere una semplice prestazione ambulatoriale: il lavaggio periodico del Port (o C.V.C. – Catetere Venoso Centrale) di cui sono portatrice da oltre 2 anni. Il primario dott. Giuseppe Serravezza, presente nella stanza della capo-sala ove ci siamo recati per richiedere tale prestazione, mi ha chiesto dapprima se sono una sua paziente, quindi alla mia risposta negativa si è rifiutato di far eseguire tale prestazione. Alla mia richiesta di chiarimenti sulle motivazioni, mi risponde sgarbatamente che tale prestazione è riservata esclusivamente ai pazienti da lui seguiti, e che quindi è necessaria una preventiva visita oncologica completa che valuti il mio stato di salute generale con l’apertura di una cartella clinica e una valutazione complessiva della situazione. Fattogli presente che la mia richiesta era di un semplice lavaggio del Port e non di una visita oncologica, lavaggio che consiste nell’iniettare con una siringa una piccola quantità di soluzione fisiologica mista ad eparina, operazione a cui tutti i portatori di Port devono necessariamente sottoporsi ad intervalli massimi di circa 3/4 settimane al fine di evitare che un coagulo di sangue otturi il tubicino che termina nella vena giugulare, con conseguenze in tal caso catastrofiche, la sua risposta è stata breve e concisa: “no, non si può fare”. Fattogli ancora presente che da 2 anni esatti effettuo mensilmente la stessa prestazione presso il reparto di Oncologia dell’ospedale di Gallipoli, dove lo stesso dott. Serravezza è primario, mi risponde testualmente: “bene, vuol dire che darò disposizione ai miei collaboratori di Gallipoli affinché non la faccia più neanche lì”. Per fare il lavaggio mi invita quindi a recarmi presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale, dove mi reco subito poiché dal lavaggio precedente erano ormai passati oltre 35 giorni, quindi ero già a rischio di otturazione. Ovviamente il medico e l’infermiera di turno, seppur mortificati dal nostro racconto, non hanno potuto aiutarmi in quanto la prestazione richiesta è di esclusiva competenza oncologica. Lasciato l’ospedale di Casarano ci rechiamo nella stessa mattinata presso l’ospedale di Gallipoli, reparto Oncologia, dove tutti gli altri lavaggi sono stati eseguiti finora. Arrivata in reparto, dove oramai sono conosciuta dal personale, vengo prima fatta accomodare nella saletta infermieristica e poi fatta uscire dopo pochi minuti perché erano giunte nel frattempo nuove disposizioni dal primario dott. Giuseppe Serravezza riguardo le prestazioni di lavaggio Port. Mi reco assieme a mio marito dal medico di turno dott.ssa Paolelli, la quale ammette di aver ricevuto in mattinata nuove disposizioni dal dott. Serravezza secondo le quali il lavaggio del Port deve essere preceduto da visita specialistica dietro presentazione di tutta la documentazione clinica pregressa. Alle nostre rimostranze che la modalità di lavaggio non cambia a seconda della patologia del paziente, e che comunque con me viaggia il tesserino di accompagnamento ed identificazione del Port, da esibire in caso di problemi al personale medico, ma non certo la documentazione clinica, la dott.ssa Paolelli rifiuta di visionare il tesserino definendolo non importante, e compila una cartella chiedendomi di sottoscrivere una sua personale annotazione circa il mio presunto “rifiuto” a esibire la documentazione medica. Questa cartella, ovviamente non sottoscritta perché non veritiera, è stata poi ritirata senza rilasciarmene copia quando mio marito ha iniziato a scriverci le nostre contro-deduzioni. Infine la dott.ssa Paolelli si è rifiutata di far eseguire il lavaggio e, alla presenza del Direttore Sanitario dott. Falsea intervenuto nel frattempo e che può testimoniare, si è anche rifiutata di rilasciarmi dichiarazione scritta contenenti le motivazioni per le quali rifiuta la prestazione e con l’assunzione diretta di tutte le responsabilità cui andavo incontro in assenza di tale lavaggio. Il lavaggio è stato poi eseguito in maniera encomiabile e senza alcun problema presso l’ambulatorio di Oncologia dell’Ospedale di Nardò. Per quanto su esposto, chiedo che venga fatta chiarezza sull’atteggiamento tenuto dai reparti di oncologia degli ospedali di Casarano e di Gallipoli e sul disservizio arrecato al servizio pubblico sanitario con la negazione di una prestazione infermieristica ambulatoriale ad un paziente oncologico”.
Anna Maria Rainò – Taviano
Attualità
Genitore si scusa con la dirigente del Liceo Comi: “Rivolsi parole gratuitamente ingiuriose”
“Fu solo il frutto di un momento di forte tensione personale”: nella lettera pubblica inviata alla Redazione, l’intento di chiudere bonariamente una vicenda incresciosa risalente al 2024
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di scuse giunta in Redazione dal signor Grazio De Paoli, genitore di uno studente del Liceo Comi. La lettera pubblica è indirizzata alla Dirigente del medesimo istituto. Come si evince dalla stessa comunicazione, inviata alla Redazione per tramite dell’avvocato Francesco Accoto, la presente vale quale presa di coscienza dell’errore commesso e come manifestazione della volontà di chiudere bonariamente una spiacevole vicenda, risalente al 2024. All’epoca, nel mese di settembre, lo scrivente avrebbe rivolto pubblicamente delle parole ingiuriose all’indirizzo della Dirigente e del Liceo.
“In riferimento a quanto accaduto nel settembre 2024, durante l’accoglienza nell’auditorium delle classi prime del Liceo “G. Comi” di Tricase, desidero esprimere alla Dirigente scolastica, Prof.ssa Antonella Cazzato, e all’intera comunità scolastica, le mie più sincere scuse per le parole e i toni inappropriati usati. Riconosco che il mio intervento è stato inopportuno, errato, offensivo e non riflette il rispetto e la stima che invece avrebbe dovuto avere la Dirigente e dell’Istituto e tutti gli altri addetti, che si sono distinti per serietà, attenzione e professionalità nelle numerose attività scolastiche ed extracurriculari svolte.
Le mie parole, gratuitamente offensive, pronunciate in quella circostanza nell’auditorium del Liceo “G. Comi”, sono state solo il frutto di un momento di forte tensione personale, senza alcuna responsabilità da parte della Dirigente scolastica, Prof.ssa Antonella Cazzato né di tutta la scuola. Per quanto ho potuto constatare il Liceo “G. Comi” ha sempre garantito un percorso formativo di elevata qualità, e il personale docente e non docente, insieme alla Dirigente, si è sempre mostrato all’altezza del proprio compito educativo verso mio figlio assicurandogli un ottimo percorso scolastico quinquennale”.
Attualità
Alessano-Specchia: fronte comune a scuola contro il bullismo
Questa mattina l’incontro, nei due plessi, con l’Associazione Nazionale Carabinieri Sezione Tricase
Coinvolgimento e partecipazione attiva degli studenti e delle studentesse del Comprensivo di Alessano e Specchia che oggi hanno incontrato l’Associazione Nazionale Carabinieri Sezione Tricase, in un incontro sul delicato tema del bullismo e cyberbullismo.
Un momento di dialogo autentico, che ha contribuito a sviluppare consapevolezza e responsabilità tra le giovani generazioni, grazie anche al prezioso intervento della psicologa Marinella Martella, che ha offerto spunti concreti per riconoscere e contrastare questi fenomeni.

A impreziosire l’iniziativa, la presenza dei Sindaci dei rispettivi Comuni, segno tangibile di un’attenzione condivisa e di una comunità che sceglie di fare rete per proteggere e sostenere i propri ragazzi e le proprie ragazze.
Approfondimenti
Pompeo Maritati, “Quando i numeri si innamorano (e io ci casco)”
Oggi che sono in pensione, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo, ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”…
L’idea di questo libro nasce in un luogo che, a prima vista, sembrerebbe il meno romantico del mondo: una sala corsi di una grande banca italiana, illuminata da neon impietosi, con pile di dispense, calcolatrici scientifiche e tazzine di caffè che avevano visto giorni migliori.
Era verso la fine degli anni 90, e io, in giacca e cravatta, stavo tenendo un corso di matematica finanziaria a un gruppo di operatori bancari. L’argomento del giorno? Il calcolo delle rate di mutuo con il sistema cosiddetto “alla francese”.
Un nome che evoca baguette, bistrot e chanson d’amour, ma che in realtà nasconde una formula che farebbe piangere anche un ingegnere.
Eravamo immersi in coefficienti, tassi d’interesse, progressioni geometriche e quel misterioso “ammortamento” che, più che un piano di rimborso, sembrava una lenta agonia numerica. E proprio mentre stavo spiegando la logica dietro la distribuzione degli interessi nel tempo, uno degli uditori – un tipo sveglio, con l’aria di chi aveva già capito tutto, ma voleva vedere se anche io lo avevo capito se ne uscì con una frase che mi colpì come una freccia di Cupido: “È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”
Silenzio. Sorrisi. Qualche risatina. Io, ovviamente, feci il classico gesto da docente navigato: annuii con un mezzo sorriso, come a dire “bella battuta, ma torniamo seri”. E così fu. Riprendemmo la lezione, tornai a parlare di rate, di formule, di Excel. Ma quella sera, solo in albergo, mentre il minibar mi offriva una bottiglietta d’acqua a prezzo da champagne e la TV trasmetteva repliche di quiz dimenticati, quella frase tornò a bussare alla mia mente.
“È come se alcuni numeri si fossero innamorati.”
Ma certo! Perché no? Perché non pensare che dietro le formule ci siano storie? Storie di attrazione, di repulsione, di corteggiamenti matematici, di triangoli amorosi (non solo geometrici), di numeri che si cercano, si sfuggono, si fondono. Un’idea folle, certo.
Accostare l’innamoramento, quel sentimento poetico, irrazionale, profondo, all’aridità dei numeri, che per definizione sono freddi, impersonali, astratti. Ma forse proprio per questo l’idea mi sembrava irresistibile.
Così iniziai a scrivere. A spizzichi e bocconi, tra una riunione e una trasferta, tra un bilancio e un report. Annotavo storielle, dialoghi, immagini. Immaginavo lo Zero e l’Uno in crisi di coppia, il Due che cerca equilibrio, il Pi greco che seduce tutti ma non si concede a nessuno. Poi, come spesso accade, la vita prese il sopravvento.
Gli impegni si moltiplicarono, le cartelle si accumularono, e quei fogli finirono in fondo a un cassetto. Lì rimasero, silenziosi, per anni. Fino a oggi.
Oggi che sono in pensione, e che ho tempo per ascoltare le idee che bussano piano, che posso permettermi di scrivere senza Excel aperto in sottofondo. Ho ritrovato quei fogli, li ho riletti, e mi sono detto: “Perché non completarlo? Perché non dare voce a quei numeri innamorati?”
E così è nato questo libro. Un libro che non pretende di insegnare matematica, ma di farla sorridere. Un libro che non vuole dimostrare teoremi, ma raccontare storie. Un libro che, se tutto va bene, vi farà guardare i numeri con occhi nuovi.
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