Sport
“Mai più allo stadio a Lecce”: la denuncia di un tifoso interista

Non proprio una novità, non certo una bella pagina di sport.
Andare in trasferta, in quasi tutti gli stadi d’Italia, è risaputo essere una scelta da non fare a cuor leggero. Il tifoso ospite, a quasi tutte le latitudini, è trattato ben poco da ospite e molto da nemico.
Lo attestano la necessità, tutta italiana, di aprire i settori riservati a chi in trasferta molte ore prima del match e il bisogno di tenervi i supporter chiusi all’interno per mezz’ore (talvolta ore) per scongiurare il contatto coi locali all’uscita.
Lecce non è da meno
Sfortunatamente Lecce non è da meno. Lo raccontano e lo confermano gli episodi di ieri, prima e durante Lecce-Inter.
Croce Rossa, steward e forze dell’ordine sono dovuti intervenire in più momenti ed in più punti, sugli spalti, per sedare liti e principi di rissa, scatenati il più delle volte dall’intolleranza dei locali all’esultanza altrui.
Una testimonianza diretta di insofferenza al tifoso ospite arriva da Antonio Roselli, dalla sua bacheca Facebook. Un interista, di origini baresi, che in un video (che troverete a margine) ha riportato l’infelice esperienza vissuta nell’area antistante il Via del Mare nel pre match.
“Sono stato accerchiato e costretto a togliere sciarpa e cappello, davanti anche ai bambini, mentre mangiavo un panino. Ho avuto paura”.
Se questo è sport
Questo non è sport. Portare i bambini allo stadio per insegnargli che a casa propria gli altri tacciono, non è sport.
E il fatto che sia una prassi, un malcostume comune, non lava le coscienze.
Anche perché in definitiva così comune, questo male, non è: ci sono tanti, notissimi, gettonatissimi e famosissimi stadi d’Italia (non serve nominarli per seguirne il buon esempio) dove l’ospite siede in tribuna accanto al locale. Senza se e senza ma.
Il pretesto dell’esultanza contenuta, si derubrica al tema più generico del rispetto e della decenza: non sia scusante stavolta, chi mangia un panino non sta esultando/insultando nessuno.
Poter esibire i propri colori e la propria fede è, e deve essere, la base primaria del calcio.
Altrimenti, assieme allo sport, si scioglie anche il senso di splendide iniziative di solidarietà e commemorazione, come quelle che tutto lo stadio ha celebrato anche ieri.
Lor. Zito
Ruffano
Volley femminile: Ruffano sogna la Serie C
A margine di una stagione da incorniciare, anche con la finale di Coppa Italia, domani la sfida al Matera che può valere la promozione

di Lorenzo Zito
Il Volley Ruffano femminile scrive una delle pagine più belle della sua storia sportiva. Un gruppo che, negli anni, è rimasto unito e coeso, trasformandosi da squadra di adolescenti appassionate a collettivo maturo e vincente.

Una crescita lenta ma costante, alimentata da una passione incrollabile per la pallavolo e da una determinazione che non è mai venuta meno, neanche nei momenti più difficili.
«Siamo una squadra che non si è mai modificata negli anni – racconta Michela Nuzzo, capitana della MB Volley – e questo è il nostro punto di forza. Anche quando sembrava tutto perduto, ci siamo sempre rialzate, sorprendendo gli avversari e spesso anche noi stesse».
La stagione appena conclusa ha superato ogni aspettativa: il Ruffano ha chiuso il campionato al primo posto, conquistando l’accesso ai playoff per la promozione in Serie C. Un traguardo importante, ma non l’unico. Le ragazze hanno infatti raggiunto per la prima volta nella loro storia la finale della Coppa Puglia, portando a casa un sorprendente secondo posto che ha lasciato il segno.
«È stato un anno duro, pieno di ostacoli – prosegue la capitana – ma ci siamo sempre rialzate, affrontando a testa alta ogni sfida».

Ora l’attenzione è tutta rivolta ai playoff, dove il Ruffano vuole giocarsi al meglio le sue carte: «Affronteremo questi playoff con concentrazione e determinazione, consapevoli del percorso fatto. Il duro lavoro ci ha portate fin qui, e continueremo a guardare in alto».
La prima dei play off sarà domani alle ore 18:30 in via dello Sport a Ruffano, nel locale palazzetto, contro il Matera. Il paese, da decenni grande amante del volley, sarà al loro fianco.
Casarano
Passerella d’onore per il Casarano
Sconfitta indolore a Gravina per i rossoazzurri già promossi. All’ingresso in campo “pasillo de honor” dei baresi che hanno reso omaggio ai vincitori del campionato. Domenica prossima festa al “Capozza” e poi la poule scudetto

GRAVINA- CASARANO 4-2
Reti: pt 5′ Stauciuc (G), 11′ e 32′ Santoro (G); st 28′ Perez (C), 32′ Santoro (G), 41′ rig. Malcore (C)
Accoglienza d’eccezione per il Casarano, fresco vincitore del girone H e promosso nei professionisti: i calciatori rossoazzurri fanno il loro ingresso in campo fra gli applausi dei gravinesi schierati in due file all’uscita dallo spogliatoio.
Ma, iniziato l’incontro le cose cambiano decisamente: nessun timore reverenziale e pronto e servito un sonoro tre a zero già poco dopo la mezz’ora.
Si spreca l’ironia: Casarano già in vacanza, in ciabatte, reduce dallo champagne.
In realtà, accade che Di Bari, per coerenza con quanto sostenuto circa la vittoria di tutto il gruppo-squadra e per alcune assenze rilevanti, schiera una formazione del tutto inedita e per questo di scarsa intesa.
Poi vengono anche l’ardore e la decisa volontà del Gravina di assicurarsi la salvezza anticipata, traguardo meritato e conseguito.
Mister Di Bari ammette in sala-stampa che “le motivazioni del Gravina erano superiori, avevano più fame”.
Ordunque, non resta altro che prepararsi per bene alla domenica finale del prestigioso percorso, con una prestazione consona alla festa attesa al Capozza, gremito come non mai.
Da non dimenticare, inoltre, le successive fasi della poule scudetto tra le vincitrici dei nove gironi di serie D, cui la Società tiene molto.
Giuseppe Lagna
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Cronaca
Lecce da applausi. Lezione all’Italia pallonara
Sulle linee guida dettate dal presidente Saverio Sticchi Damiani giallorossi campioni di comportamento e stile. Anche nella difficoltà estrema, tra il devastante dolore per l’improvvisa e tragica scomparsa del fisioterapista Graziano Fiorita e l’imbarazzo di dover andare a giocare una partita con la morte nel cuore…

Il lunedì è costume molto italiano discutere delle partite del fine settimana, celebrare la vittoria della propria squadra, sfottere chi tifa per una squadra diversa dalla tua o prendersela con l’arbitro di turno.
Oggi ci accodiamo anche noi, ma l’argomento seppur sempre calcistico, è molto diverso.
Vogliamo rendere onore al Lecce del presidente Saverio Sticchi Damiani.
Il presidente, un Signore, che sicuramente ha poco a che vedere con certi personaggi che gravitano (e comandano) nel mondo del calcio, ha sempre detto che il suo Lecce deve essere portabandiera dell’intero Salento anche nel comportamento e nello stile.
Ed è stato di parola!
Anche nella difficoltà estrema, tra il lutto che devasta per l’improvvisa e tragica scomparsa del fisioterapista Graziano Fiorita e l’imbarazzo di dover andare a giocare una partita con la morte nel cuore.
Morte non certo sportiva, perché anche salvezza e retrocessione sono termini che, davanti alla vita umana, perdono di significato.
Pur nelle difficoltà di cui sopra, il presidente, la società e la squadra hanno messo in piedi un capolavoro.
E non ci riferiamo certo al pareggio di Bergamo, che pure rimane un risultato straordinario.
Ci riferiamo alla protesta civile messa in atto senza violare le regole, senza sceneggiate ed isterie.
Il Lecce ieri sera ha indossato una maglia bianca senza loghi e con la scritta “Nessun valore. Nessun colore“.
Decisione preannunciata da un comunicato stampa della società che dovrebbe far riflettere tanta gente: «Ad una grave ingiustizia non si risponde violando platealmente le regole, come se per onorare Graziano si debba intraprendere una gara, tra noi e la Lega, a chi fa peggio. Giocheremo la partita “dei valori calpestati”», annunciava il Lecce, «ma lo faremo indossando una anonima casacca bianca, che non ci rappresenta, senza colori, stemmi e loghi. Torneremo a vestire la nostra maglia quando Graziano ritornerà a casa e sarà omaggiato, come merita, dalla sua gente».
I ragazzi in campo hanno mostrato orgoglio e umanità, così come anche il pubblico presente, gli ultrà bergamaschi, hanno applaudito a lungo i giallorossi all’arrivo allo stadio, durante la partita e alla fine.
Non hanno esposto striscioni e, per usare un termine in voga in questo periodo, hanno tifato in modo sobrio, per rispetto della vita umana e di chi tutto avrebbe voluto fare tranne che giocare una partita di pallone.
Ieri il calcio doveva fermarsi, doveva chinare la testa, farsi piccolo davanti alla vita vera.
Non si gioca sopra le lacrime, non si corre sopra il cuore spezzato di una squadra che aveva solo voglia di piangere.
Invece, la Lega ha deciso: si è giocato.
Come se il dolore si potesse mettere da parte.
Come se un uomo fosse solo un numero da sostituire.
Ne possono bastare un minuto di silenzio o una fascia nera al braccio.
La gente comune, le tifoserie, gli appassionati di calcio di tutta Italia si sono schierati senza esitazioni al fianco dei giallorossi e contro chi non conosce più il significato di rispetto, di umanità.
La Lega ha mostrato di avere interesse solo per sponsor e televisioni.
Ha perso l’ultimo briciolo di dignità ed ha tradito chi ama il calcio con il cuore.
Attenzione, però!
Anche un amore incondizionato, come quello di noi italiani per il calcio, potrebbe improvvisamente finire.
Giuseppe Cerfeda
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