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Attualità

Autovelox Melpignano, altra multa annullata

Vittoria per un associato Adiconsum Lecce: «L’ennesima dimostrazione di come l’apparecchiatura utilizzata dal Comune di Melpignano non sia correttamente idonea per sanzionare gli automobilisti»

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Con una recente e motivata sentenza, pubblicata in data 19/07/2021, il Giudice di Pace di Lecce (avv. Silvano Trane) ha accolto le tesi dell’avv. Simona Ciriolo, legale convenzionato di Adiconsum Lecce.


Nel caso di specie, è stato annullato l’ennesimo verbale della Polizia Municipale del Comune di Melpignano per la violazione dell’art. 142 comma 8 del Codice della Strada. Ma questa volta, la sentenza è illuminante in tema di obbligatorietà della taratura, applicata nell’ambito della normativa sullo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19.


Nel merito, il Giudice ha stabilito: «Va rilevato che il certificato di taratura è stato rilasciato il 03/07/2019 con la conseguenza che la sua validità, giusta pronuncia n. 113/2015 della Corte Costituzionale, è scaduta il 02/07/2020, a nulla rilevando la circolare n. 300/A3743/20/14415/20/5 del 27/05/2020 emessa dal Ministero dell’Interno per mezzo della quale ha inteso prorogare la validità “per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza”, epidemiologica da Covid-19, oggi fissata dall’art. 10, comma 1, D.L. 52/2021 — salvo ulteriori proroghe — al 31/07/2021. Alla luce di tale circolare interpretativa dell’art. 103, comma 2, D.L. 18/2020, quindi, qualora non intervenissero ulteriori proroghe, lo strumento elettronico utilizzato per l’accertamento della -violazione impugnata nel presente giudizio scadrà il 29/10/2021, così estendendosi la sua validità annuale, maturatasi il 02/07/2020, di ulteriori quindici mesi. Tale interpretazione non è condivisibile, non solo perché il comma 2 dell’art. 103, D.L. 18/2020 è chiaramente emanato per consentire non alla P.A. ma — a quei cittadini, obbligati dalle norme anti Covid-19 alla permanenza domiciliare, nei cui confronti stava scadendo la validità di “certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articola 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”, oltre che “alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. […] al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di- emergenza” di non incorrere “per i novanta giorni. successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza” nelle relative sanzioni, ma, soprattutto, perché in netto contrasto, cosi eludendone l’intervento, con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza 29/04-18/06/2015, n. 113 (in Gazz. Uff. 24/06/2015, n. 25 — Prima serie speciale), che, a tutela della sicurezza pubblica, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 6 dell’art. 45, D.I,gs. 285/1992, nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e dì taratura, attività necessariamente dovute- ritenendo “evidente che qualsiasi strumento di misura specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza disfunzionale naturale direttamente proporzionata all’elemento temporale. L’esonero da verifiche periodiche, o successive ad eventi di manutenzione, appare per i suddetti motivi intrinsecamente irragionevole” e concludendo che “I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale”. Non ravvisandosi particolari problematiche che possano aver impedito al Comune di Melpignano — altri Enti lo hanno fatto — di sottoporre a taratura ex L. 273/1990 gli strumenti elettronici da utilizzare per la tutela della sicurezza pubblica, “settore ai significativa rilevanza sociale”, potendo essa, a tal fine, utilizzare corrieri, la cui attività non è stata inibita dalla normativa concernente l’emergenza epidemiologica, deve concludersi che lo strumento elettronico utilizzato dalla Polizia Locale di Melpignano sia mancante dell’obbligatoria taratura annuale sancita dalla Corte Costituzionale con sentenza 29/04-18/06/2015 n. 113 e la cui proroga non rientra nelle ipotesi disciplinate dall’art. 103, comma 2, D.L. 18/2020».


Per Adiconsum Lecce «si tratta dell’ennesima dimostrazione di come l’apparecchiatura utilizzata dal Comune di Melpignano non sia correttamente idonea per sanzionare gli automobilisti».

In ogni caso, si raccomanda agli automobilisti di «prestare la massima prudenza e di rispettare le norme del codice della strada per la propria e altrui sicurezza stradale».


Per ogni approfondimento, analisi e valutazione è possibile rivolgersi al Presidente della sede Territoriale di Lecce o alla sede Cisl Adiconsum di Santa Cesarea Terme, previo appuntamento o inviando una segnalazione tramite il sito www.adiconsumlecce.it o www.sedeguida.it


Attualità

Domenica mattina al mare? Raffica di multe sulla litoranea di Tricase

In una zona priva di parcheggi “leciti” e, per questo motivo sempre soggetta a una certa tolleranza. Appello al sindaco: è possibile annullare quelle contravvenzioni con buona pace di tutti? Restano irrisolti, intanto, i “veri” problemi: mancanza di parcheggi, vegetazione che invade le carreggiate impedendo la visuale in curva e limite di 50 km orari pressoché ignorato

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di Giuseppe Cerfeda

Domenica mattina, gran caldo e, dopo una settimana di lavoro, finalmente la possibilità di godere del refrigerio del mare.

Fino all’incavolatura (eufemismo) finale.

Perché quel bagno è costato a molti tricasini una bella multa sul parabrezza della loro auto, parcheggiata sulla litoranea tra Tricase Porto e Marina di Andrano, in località Isola.

Doverosa una premessa.

In quella zona c’è sempre stata, negli anni, una certa tolleranza per un semplice motivo: non ci sono parcheggi per chilometri, quindi non c’è scelta!

Detto che può anche accadere che si esageri ma, sinceramente, avendo potuto appurare personalmente chi scrive, non ci sembra che la situazione fosse peggiore di altre volte (negli altri anni, tra luglio e agosto è accaduto decisamente di peggio), tant’è che poco prima dei contravventori è transitata in zona un’ambulanza in direzione Andrano, senza incontrare alcun tipo di problema.

Stamani mi è capitato di leggere su una testata che, per colpa delle auto in sosta, aumenta il rischio incidenti su un’arteria purtroppo già segnata più volte da gravi sinistri, come quello costato la vita ad un uomo di 62 anni di Taurisano qualche settimana fa.

Inconfutabile: la carreggiata con le vetture parcheggiate si restringe.

Ma siamo sicuri che sia quello il problema più grande?

Giusto per sgombrare il campo da equivoci: quell’incidente è avvenuto intorno alle 9 del mattino, quando al mare non c’è ancora praticamente nessuno, e ben lontano da dove ieri sono state multate le auto in sosta; gli inquirenti stanno indagando per stabilire le esatte cause e, quanto avvenuto quel triste mattino, nulla ha a che vedere con quanto abbiamo scritto e scriveremo ancora.

Uscendo, quindi, dai casi specifici e dai possibili equivoci, più in generale andrebbe sottolineato che Anas, Provincia o chi per esse, non dovrebbero aspettare luglio per ripulire i bordi delle strade dalla vegetazione (le canne, soprattutto in curva, impediscono la visuale e costringono, in questo caso si, i mezzi a invadere la corsia opposta).

E poi, sempre in generale, senza fare riferimento ad alcun caso specifico, non sarebbe il caso di ricordare che sulla litoranea il limite è di 50km orari?

Ma avete visto come transitano su quella via?

Provate a verificare cosa succede il sabato e la domenica pomeriggio (e non solo): motociclette e auto che sfrecciano a velocità inimmaginabili e che costringono a trattenere il fiato, nella speranza di non sentire il botto!

Ecco questi sono i problemi che eventualmente i residenti hanno segnalato (e non certo ieri, ma in tempi non sospetti), non quello delle auto in sosta.

Tricase sembra sempre più essere il paese delle contraddizioni: si fa il bagno nell’area portuale dove vige il divieto di balneazione (ma è bello, si può tollerare per carità, nonostante possa anche essere pericoloso), a Tricase Porto si parcheggia vicino al Bolina e si guarda il mare fumando una sigaretta, mentre gli automobilisti restano in fila sotto al sole come se nulla fosse, perché non si passa.

Tricase ha otto chilometri di costa bellissimi e, giustamente, se ne vanta.

Ma se non permettiamo alle persone di parcheggiare, trovando una soluzione, che si fa?

Si chiude tutto?

Conoscendo personalmente il sindaco Antonio De Donno e la sua sensibilità in merito a certi argomenti, ci permettiamo di rivolgergli un appello: non è forse il caso di chiedere di annullare tutte quelle multe?

Possiamo evitare che (ad esempio) ad un operaio possa costare una cifra il bagno a mare la domenica mattina dopo una dura settimana di lavoro, solo per aver parcheggiato dove lo ha fatto per anni? Esattamente come chi fa il bagno nel porto e lo fa da anni, né più né meno…

Quello che chiediamo è un po’ di buon senso e, appena possibile, una soluzione per poter parcheggiare in sicurezza.

Raccomandando, infine, sempre prudenza e il rispetto del limite di velocità che, lo ricordiamo, per i duri di comprendonio, sulla litoranea è di 50 km orari!

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Attualità

Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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