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Emergenza incendi: la ricetta del Parco nelle parole di Francesco Minonne

L’intervista al biologo del comitato esecutivo del Parco Otranto-Tricase-Santa Maria di Leuca

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Il Parco naturale regionale Costa Otranto-Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase è un’area naturale protetta e  si estende sul territorio dei Comuni di Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del CapoOrtelleOtrantoSanta Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase.


Il parco comprende anche la zona dove sorge il faro di Punta Palascia, punto più orientale d’Italia e si estende fino al Capo di Leuca.


Una vasta fetta di Salento spesso e volentieri sfregiata da incendi devastanti per le specie di flora e fauna che la popolano mettendo sovente a rischio anche le abitazioni e l’incolumità delle persone che vi abitano.


Del fenomeno sempre più preoccupante che sul finire della primavera e nel primo scorcio di estate ha già fatto danni incalcolabili ne abbiamo parlato con Francesco Minonne, biologo del comitato esecutivo del Parco.


Non si può certo dare la colpa al caso, sarebbe ingenuo pensare che si tratti di incendi spontanei. Dietro c’è la mano criminale di alcuni irresponsabili: semplici irresponsabili, piromani, o persone che seguono un disegno ben preciso? Voi del Parco che idea vi siete fatta?


«Secondo noi è una combinazione di fattori. Cominciamo con l’escludere il tentativo speculativo di bruciare la macchia o la steppa (i vecchi pascoli) per ottenere una variazione della destinazione d’uso di quei suoli per poter poi costruire. Sia ben chiaro, laddove è parco, incendi o no, resta parco. Negli ultimi tempi, è molto probabile che molti incendi siano voluti per azzerare la devastazione della xylella. Un tempo le fiamme partivano dai pascoli e poi arrivavano agli oliveti ben curati e si fermavano ove il terreno era pulito. In quel caso c’era la mano di chi aveva interesse al rinnovo dell’erba da pascolo in tempi più stretti possibili. Oggi invece abbiamo appurato che nella maggior parte dei casi le fiamme son partite proprio dagli oliveti…».


La volontà di fare danni seri è acclarata dal fatto che il piromane di turno sceglie le giornate ben ventilate per appiccare il fuoco.


«Siamo di fronte a cambiamenti epocali. Il primo è il fenomeno del disseccamento degli ulivi che ha modificato il paesaggio e “facilita” il propagarsi delle fiamme. Se gli oliveti erano già in abbandono in zone di difficile coltivazione, figurarsi oggi dopo la xylella…».


Che tipo di controlli vengono effettuati nei confronti di chi non tiene puliti i terreni di proprietà?


«Noi non abbiamo compiti di vigilanza né tantomeno sanzionatori. Dal punto di vista degli incendi la legge istitutiva del Parco non pone differenze rispetto a ciò che prevedono la legge ed i regolamenti comunali. Vale comunque sempre la pena ricordare che tutti i proprietari hanno l’obbligo della “precesa”, cioè di creare al confine della loro terra quella fascia tagliafuoco che crea un “buco” di cinque metri dalle coltivazioni.  Il compito del Parco è quello di operare attivamente nella pulizia delle aree pubbliche come il Bosco delle Vallonee, e lungo quei percorsi, quei sentieri compresi nell’area protetta che vengono puntualmente tutti sfalciati. È ovvio che non basta perché, pur essendo un limite di sbarramento ad un eventuale incendio, restano pur sempre dei sentieri, quindi facilmente oltrepassabili dalle fiamme».


Come ne possiamo uscire?


«In tutte le aree di vecchi pascoli che sono anche di 20-30 ettari, come nella zona otrantina, la “precesa” non è sufficiente perché quelle sono aree che hanno una loro vulnerabilità all’incendio molto spiccata. Così come diventa difficile imporre con la forza le fasce tagliafuoco ai proprietari di 20-30 are di uliveto disseccato dalla xylella. Un’area così parcellizzata dove la superficie media non supera le 40 are e diventa problematico pensare di risolvere la questione con la repressione ai danni di centinaia di proprietari di terreni che non hanno più alcun valore e che pagano lo scotto di non avere più neanche quegli ulivi che una volta permettevano la produzione di olio almeno ad uso familiare».

Quindi?


«Restando impossibile eliminare tutti i piromani dalla faccia della terra l’obiettivo è quello di riuscire a frammentare le superficie per evitare che l’incendio diventi di vaste dimensioni e crei danni incalcolabili. La difficoltà del Parco oggi è quella di non avere a disposizione aree pubbliche significative su cui tracciare delle zone in maniera stabile e significativa per porre un limite ad eventuali incendi. Per questo, su più tavoli, stiamo proponendo che tutti i nuovi bandi prevedano l’acquisizione dei terreni. Riteniamo assurdo che in questa fase storica davanti a questa situazione di sfacelo e all’inconsistenza economica di questi pezzi di terreno ente pubblico (il Comune o chi per esso), debba prendersi la possibilità, acquisire quei terreni, accorpare il più possibile favorendone la rinaturalizzazione o, come nel caso 


della Serra del Calino a Marina Serra, che presenta delle aree con delle architetture rupestri bellissime, pulendole a tappeto. In questo modo oltre a valorizzarne i manufatti, si trasformerebbero quelle zone in vere e proprie barriere al propagarsi delle fiamme».


Acquisizioni in vista?


«A Tricase il Parco ha acquisito un piccolo appezzamento adiacente al Sentiero del Nemico, subito dopo Marina Serra in direzione Tiggiano. Si tratta di un terreno di 50 are anticamente coltivato a patate ed ortaggi in genere ed oggi fitta boscaglia. La proprietaria consapevole della pressoché nulla utilità di quell’appezzamento lo ha donato al Parco chiedendo in cambio solo una targa che ricordi la sua donazione. Chiaramente non pretendiamo che tutti donino la loro proprietà; la Regione, però, attraverso i bandi europei con le misure per la rinaturalizzazione dovrebbe prevedere la possibilità di farci acquisire dei terreni risarcendo i proprietari con un equo compenso. Per noi sarebbe un’ulteriore responsabilità ma forse è davvero l’unico modo per salvaguardare tutta la zona dagli incendi».


Nessun esproprio comunque…


«Non è un’ipotesi che abbiamo Preso in considerazione. Per i beni di interesse collettivo sarebbero anche previsti ma non è nelle nostre intenzioni. Abbiamo il massimo rispetto per i proprietari che hanno già avuto l’onere di ritrovarsi all’interno del parco con tutti i vincoli che ne conseguono…».


Intanto alcuni maligni sostengono che gli incarichi che il parco affida per la pulizia siano sempre al di sotto di un ammontare minimo per favorire sempre gli stessi soggetti…


«Giusto per non dare adito a stupidi sospetti, chiarisco che si tratta di pulizia non dopo gli incendi e preventiva sui sentieri e le aree pubbliche, non certo sulle proprietà private. Riguardo agli incarichi non abbiamo mai detto no ad una ditta che si è proposta come fornitore del Parco. È vero che sotto i ventimila euro si può fare l’incarico diretto ma non si può darle sempre alla stessa ditta. Infatti noi accogliamo sempre le proposte delle ditte che hanno i requisiti e per tutto il parco abbiamo sei ditte. Ed ogni anno a turno ne esce una e entra un altro secondo il criterio della turnazione. Abbiamo fatto questa scelta che ci risolve tutti i problemi perché fare gli appalti per somme non cospicue è un problema perché non si ha la possibilità di creare un rapporto continuativo con le ditte che invece dovrebbero conoscere a menadito i sentieri, cosa tagliare e cosa no. In qualche modo la devi formare. Infatti noi abbiamo affiancato a quelle ditte le associazioni che fanno trekking, ecc.»


Giuseppe Cerfeda


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A Tricase la collezione Scolozzi apre le porte a Cimeetrincee

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Significativo incontro in questi giorni in quel di Tricase.

Il consigliere dell’Associazione Storica Cimeetrincee, Daniele Lissoni, ha fatto visita alla collezione di militaria curata dal tricasino Paolo Scolozzi, rimanendo particolarmente colpito dalla varietà della raccolta di cimeli.

“Ci auguriamo che all’orizzonte si profili un’interessante collaborazione tra le due realtà – Cimeetrincee è un’associazione di ricerca storica, con sede a Venezia e con soci distribuiti su tutto il territorio nazionale, che si occupa di conservare la memoria in relazione ai fatti accaduti durante la Grande Guerra -, che dia risalto anche alla storia passata del nostro territorio salentino”, ha commentato Scolozzi.

Nelle foto alcuni momenti dell’incontro.

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Attualità

Bollette di gas e luce salate: procedimento istruttorio contro Enel Energia

Dopo i reclami di Adiconsum Lecce, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato vuole accertare l’eventuale pratica commerciale scorretta in merito alle modalità di comunicazione delle variazioni contrattuali

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Tutto aveva avuto inizio nel 2022 quando molti consumatori decisero di passare dal prezzo variabile al prezzo fisso con l’obiettivo di mettersi al riparo da repentine impennate delle tariffe.

I contratti erano a tempo indeterminato ma l’offerta era a tempo determinato e raramente superava i 12 mesi.

Già questa differenza, poco nota ai molti, ha contribuito ad ingenerare confusione e disattenzione.

Alla scadenza dell’offerta concordata, il consumatore doveva ricevere dal proprio gestore, una comunicazione di variazione della tariffa – se meno favorevole – almeno tre mesi prima dell’entrata in vigore della nuova tariffa informandolo della possibilità di poter recedere dal contratto.

Questa comunicazione, separata dalla bolletta, può essere inviata per posta ordinaria o per email qualora l’utente abbia scelto tale modalità in fase contrattuale e non sono previste altre modalità di invio.

La comunicazione è molto importante perché oltre a informare l’utente del cambio tariffario, contiene anche l’informazione che, qualora l’utente non sia d’accordo con la tariffa proposta, potrà recedere dal contratto e cambiare gestore.

Ed è qui che nel mese di gennaio molti utenti si sono visti recapitare bollette del gas esagerate e si sono rivolti ad Adiconsum LecceAssociazione per la difesa dei consumatori per contestare la bolletta, visto che l’unica risposta fornita dagli operatori di Enel energia è stata quella che la tariffa era variata.

L’analisi delle bollette attenzionate ha evidenziato che molte tariffe del gas erano variate a partire da luglio 2023 e che, con l’avvento della stagione estiva, gli utenti non hanno potuto rendersi conto dell’aumento subito.

La sorpresa si è avuta solo quando con l’inverno sono stati accesi i riscaldamenti ma le bollette sono arrivate quando ormai erano trascorsi i periodi per porvi rimedio.

La beffa maggiore è stata poi quella che a fronte delle lamentele avanzate dagli utenti, Enel energia si è dichiarata disponibile a variare il prezzo del gas per il futuro (all’arrivo della bella stagione) ma lasciando invariati i prezzi dell’inverno pregresso.

Moltissimi consumatori lamentano di non aver mai ricevuto una comunicazione di variazione tariffaria per cui si è provveduto a contestarlo a Enel energia.

«Purtroppo», fanno sapere da Adiconsum Lecce, «il codice di condotta commerciale approvato da Arera scarica sui clienti l’onere di dimostrare di non aver mai ricevuto la comunicazione. In pratica l’onere della prova ricade sulle spalle della parte più debole. Questo anche quando la nuova tariffa viene di fatto scoperta solo alla ricezione della bolletta. Inoltre il gestore gode di una presunzione di ricezione della comunicazione, trascorsi 10 giorni dall’invio, anche se il consumatore sostiene di non aver mai ricevuto nulla!».

A fronte delle «inaccettabili risposte fornite da Enel energia» ed ai reclami effettuati da Adiconsum Lecce, l’associazione ha provveduto a inviare le segnalazioni all’Autorità Garante della Concorrente e del Mercato e ad Arera «per i profili di comportamento commerciale che le stesse vorranno rilevare a salvaguardia dei consumatori» e invocando il recesso contrattuale ai sensi dell’art. 52 e 53 del Codice del consumo «non essendogli stato consentito preliminarmente di conoscere le condizioni economiche che sarebbero state applicate, né posto nelle condizioni di poter valutarne gli effetti e le decisioni da assumere consapevolmente e decidere se avvalersi del garantito diritto di recesso».

Ora, grazie alle segnalazioni effettuate anche da Adiconsum Lecce, l’autorità ha formalmente aperto un’istruttoria che potrebbe portare gli utenti a vedersi riconosciute le proprie ragioni ed ottenere qunato contestato da Adconusm Lecce.

 

 

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«Mi vien da ridere». Rimpasto in Regione, Maraschio amara

L’ex assessora: «Non accetterò l’incarico all’interno dello staff del presidente Emiliano, ipotesi che mi è stata prospettata e per la cui offerta ringrazio.  Tra galleggiare e navigare ho sempre scelto la seconda opzione nella mia vita, con il vento in poppa e libera da condizionamenti»

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«Quindi l’operazione moralità e legalità della giunta regionale pugliese si esaurisce, in sostanza, con la fuoriuscita della sottoscritta. Questo è il segnale di discontinuità che si vuole far passare. Rispondo con un sorriso».

Lo afferma l’ex assessora Anna Grazia Maraschio, riguardo il rimpasto della giunta regionale annunciato ieri sera.

«Ringrazio le centinaia di persone, di amministratori, di cittadini che mi stanno scrivendo attestati di solidarietà, messaggi di indignazione e puro sconcerto», prosegue Maraschio, «non accetterò l’incarico all’interno dello staff del presidente Emiliano, ipotesi che mi è stata prospettata e per la cui offerta ringrazio.  Tra galleggiare e navigare ho sempre scelto la seconda opzione nella mia vita, con il vento in poppa e libera da condizionamenti. Tutto quello che ho ottenuto è stato grazie alla cultura del lavoro, l’unica che mi permea e alla quale rispondo. La stessa cultura che ho portato all’interno dell’assessorato che mi sono onorata di guidare, formato da professioniste e professionisti che sento di ringraziare, insieme al mio staff tecnico sempre al mio fianco e ai dirigenti, ai funzionari che hanno seguito la mia visione politica. Non rinnego nulla e non nascondo che sono stati anni belli, intensi, ricchi di soddisfazioni ma anche duri. Spesso ho dovuto lottare in solitudine, sentendomi come una mosca bianca».

«In tutta questa vicenda, c’è solo un aspetto che mi lascia l’amaro in bocca», aggiunge, «la brusca interruzione di un percorso di programmazione e pianificazione dell’assessorato, che andava dalle misure di tutela dell’ambiente e del clima fino all’impostazione di una nuova politica abitativa che non considerasse solo le case ma anche le persone e il loro benessere. Una mole impressionante di provvedimenti, di politiche rivoluzionarie, che non basterebbero queste righe per essere elencate. Quando si interrompe un percorso così, il rischio è che il beneficio possa essere per pochissimi e il danno per molti, moltissimi cittadini pugliesi».

«Avverto anche un’altra convinzione», conclude Anna Grazia Maraschio, «chi semina bene raccoglie il giusto e i germogli non tarderanno ad arrivare».

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