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Attualità

Cumpare, me vinni ‘na scarpa?

Frammenti di vicende umane minute e, però, senza tempo. Era il 12 settembre 1935 quando Cosimo, contadino di Diso…

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di Rocco Boccadamo


Nell’ingranaggio di un moto misterioso e inconsapevole, fra le mani dello scrivente si è trovato a girare ripetutamente un documento antico e speciale, custodito con gelosa cura in mezzo alle… “carte che contano”.


“Esercito Italiano


Foglio matricolare e caratteristico


Boccadamo Silvio Celestino di Cosimo e di Boccadamo Consiglia nato il 3.11.1909 a Diso, statura m. 1,58, torace m. 0,83, capelli castani, forma ondulata, colorito roseo, occhi cerulei, naso regolare.


Professione o mestiere contadino, grado d’istruzione terza elementare, chiamato alle armi il primo ottobre 1930, richiamato il 10 giugno 1935 e arruolato nella M.V.S.N. Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, 252° Battaglione CC.NN., per esigenze Africa Orientale.


Imbarcatosi a Napoli per l’Africa Orientale il 12 settembre 1935, sbarcato a Massaua il 28 settembre 1935, reimbarcato a Massaua per rimpatrio il 4 settembre 1936.


Tale, sbarcato a Napoli il 13 novembre 1936 ecc. 


Ricollocato in congedo illimitato il 10.4.1944.


Collocato in congedo assoluto, legge 31.7 1954, il 2 gennaio 1970”.


Scorrendo gli eventi curriculari, l’attenzione si è appuntata sul passaggio “imbarcatosi a Napoli per l’Africa Orientale il 12 settembre 1935”, e ciò, per via di un piccolo, quanto incancellabile, particolare di cronaca collegato a quella missione.


Il partente per aree di guerra lontane, era stato accompagnato in treno, sino a Napoli, dal padre.


Completato il carico delle giovani leve con stellette, il piroscafo “Saturnia” alzò le ancore facendo rotta verso il Canale di Suez e il Mar Rosso, mentre, qualche ora dopo, il genitore del soldato ritornò in stazione, occupando posto sul treno per Lecce, carrozza di terza classe con sedili di legno, denominata “cento porte”, in quanto, in mezzo a ciascuna coppia di panche, si apriva uno sportello per la salita e la discesa dei viaggiatori.


Il buon uomo, di mezza età e già stanco per la notte precedente passata in viaggio, in quattro e quattr’otto si distese alla buona, magari accovacciandosi, se non completamente sdraiandosi, sul sedile, soprattutto dopo essersi tolte le scarpe alte di cuoio e dai lunghi lacci, che gli tenevano asserragliati e compressi gli arti.


Ci volle poco e Cosimo preso sonno, così pesante e incontenibile, nonostante lo scomodo giaciglio, da protrarsi fino al mattino successivo, col convoglio già sferragliante in piena Puglia.

Intanto, durante le numerose fermate dell’accelerato nelle stazioni intermedie, c’era stato, ovviamente, un nutrito via vai di utenti.


Sollevandosi e provando a ricomporsi, Cosimo, come prima azione, si mosse a rimettersi le scarpe, ma, con somma sorpresa, sotto il sedile trovò una calzatura soltanto.


Hai voglia a cercare di qua e di là, dell’altra scarpa neanche l’ombra, in occasione del transito dei passeggeri attraverso le panche per le discese era stata, verosimilmente, sospinta sui binari.


Sia come sia, il dilemma per il povero e malcapitato anziano si poneva grosso e pesante: “Io, adesso, come faccio?”.


Preoccupato, non già, una volta giunto a destinazione, di dover andare a piedi scalzi (allora, per la gente, soprattutto per i contadini, era la regola), ma della necessità di rimediare alla perdita di mezzo paio di calzature.


All’arrivo a Lecce, correva il mattino di un lunedì (o venerdì), giorno di mercato.


Non dovette, perciò, girare molto, Cosimo, per raggiungere l’infilata di baracche che esponevano e vendevano scarpe.


Via, dunque, al rosario di domande: “Cumpare, me vinni ‘na scarpa?”.


Di primo acchito, l’ambulante sembrava divertirsi e indulgere a un sorriso, ma poi tranciava subito il discorso: “Sì, e dell’altra, che me ne faccio?”.


Risultati vani i ripetuti pazienti tentativi come sopra, a Cosimo non restò che rientrare a casa, con la scarpa superstite appesa sulle spalle grazie alle smisurate stringhe e, in aggiunta allo smacco, sorbirsi anche i rimbrotti della moglie.


Quanto all’epilogo della vicenda, non è dato di sapere se le mani dell’amico calzolaio del paese potettero intervenire a sistemare le cose in regime di economia, con tutela, cioè, delle povere finanze famigliari di Cosimo.


Non c’è che dire, frammenti di vicende umane minute e, però, senza tempo.


Il soldato Silvio Celestino Boccadamo, da circa sette lustri, si trova arruolato nell’esercito più alto che esista, mentre, da parte sua, il genitore Cosimo, rimasto con una scarpa su quella tradotta Napoli – Lecce, ebbe la ventura di continuare il suo cammino a piedi sino all’età di centodue anni e mezzo.



Alessano

Lavori e disagi per l’acqua ad Alessano, Torre Pali e Porto Cesareo

Lavori in corso per l’installazione di nuove opere acquedottistiche ed il miglioramento del servizio

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Acquedotto Pugliese sta effettuando interventi per il miglioramento del servizio e quindi l’installazione di nuove opere acquedottistiche.

Nell’abitato di Alessano, per consentire l’esecuzione dei lavori, oggi è stato necessario sospendere temporaneamente la normale erogazione in via Brescia (tra il civico 61 e il fine tronco su contrada Armino).

La sospensione avrà la durata di 8 ore, fino alle 17.

A Torre Pali (Salve) normale erogazione idrica sospesa per 9 ore, con ripristino alle ore 17.

A Porto Cesareo sarà necessario sospendere temporaneamente la normale erogazione idrica: lunedì 13 maggio in via Scipione Ammirato, via Masseria Bellanova, via De Simone e via Bodini; mercoledì 15 maggio in via 151.

La sospensione, entrambi i giorni, avrà la durata di 8 ore, a partire dalle ore 8 con ripristino alle ore 16.

Disagi saranno avvertiti esclusivamente negli stabili sprovvisti di autoclave e riserva idrica o con insufficiente capacità di accumulo.

Acquedotto Pugliese raccomanda i residenti dell’area interessata di razionalizzare i consumi, evitando gli usi non prioritari dell’acqua nelle ore interessate dall’interruzione idrica. I consumi, infatti, costituiscono una variabile fondamentale per evitare eventuali disagi.

 

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Attualità

Da Marittima, figure senza tempo

Storie che resistono allo scorrere di almanacchi e lustri, si confermano alla stregua di fonte inesauribile di piccole storie di vita e di costume – compresi i relativi personaggi – intrecciatesi e succedutesi, in tempi lontani, entro i confini del nostro paesello

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di Rocco Boccadamo 

La mia amica marittimese A., la quale, già in passato, mi ha gentilmente fatto dono dello spunto ispiratore per una narrazione, dedicatale e poi raccolta in un volume che ne ha ripreso il titolo, dimostrando in certo qual modo di resistere allo scorrere di almanacchi e lustri, si conferma alla stregua di fonte inesauribile di piccole storie di vita e di costume – compresi i relativi personaggi – intrecciatesi e succedutesi, in tempi lontani, entro i confini del nostro paesello.

Vicende e azioni comportamentali che non sono scivolate, progressivamente, lungo i solchi dell’oblio e dell’indifferenza, ma hanno, al contrario, lasciato tracce e segni.

A., sin da ragazzina e da giovinetta, si distingueva e, comunque, non passava inosservata, in seno alla comunità paesana; ciò, per un insieme di ragioni, vale a dire la sommatoria fra la sua prestanza fisica e il suo carattere estroverso, gioviale e allegro.

Di carnagione color bruno intenso, alta, formosa, grandi occhi scuri e lunghi capelli neri, intorno ai diciassette anni ebbe il suo primo fidanzato (zitu, in dialetto), un giovanotto di Spongano.

Per il genetliaco, questi pensò di regalare, alla sua amata, un vestito, da intendersi non come abito già pronto da indossare, bensì come spezzone, taglio, di un tessuto adatto.

Al che, A., particolarmente su di giri per l’inaspettato e gradito dono, non volle perdere tempo e si recò, lesta, nella vicina abitazione di alcune sue amiche. Le medesime facevano parte di un nucleo famigliare considerevole, anche se non eccezionale per gli anni trenta/quaranta, comprendente, oltre ai genitori, ben otto figli, di cui sei femmine e due maschi.

Particolare degno di rilievo è che le ragazze – Ass., S., Ann., M., Ant. e T., i loro nomi di battesimo -, per lo meno le più grandi, avevano imparato un mestiere: una era sarta, un’altra magliaia e un’altra parrucchiera. A quell’indirizzo, quindi, A. avrebbe potuto farsi sia consigliare, sia materialmente cucire l’abito ricevuto dal fidanzato.

Sennonché, le anzidette amiche, dopo aver discusso del progetto sartoriale, strinsero in mezzo, circondandola letteralmente, la povera A. e, con la motivazione che la bellezza del suo, confezionando, vestito ne sarebbe uscita ulteriormente valorizzata, la convinsero a sottoporsi a un trattamento speciale dei capelli, la permanente, un’assoluta novità nel paese.

Detto fatto, pinze metalliche manovrate dalle abili mani di S. addentarono diffusamente la lunga, liscia e ondulata chioma di A., dopo di che seguì una sosta prolungata con il capo sotto un coperchio tondeggiante (casco) mai visto prima e, l’operazione, si compì.

Da un rapido sguardo nello specchio, l’acconciatura venuta fuori, pur stravolta in una foresta d’inediti ricci, non dovette dispiacere ad A., che, accommiatatasi dalle amiche, fece ritorno a casa.

Lì, purtroppo, accolta di botto da un accorato: «Figlia mia, come diavolo ti sei conciata?», per voce della madre e, ancora peggio, una volta questi rientrato, da una severa reprimenda, non solo verbale, per opera del padre, capo assoluto vecchio stampo, se non addirittura padrone, della famiglia, dal carattere impulsivo e irruento, che esigeva che tutti i membri del nucleo chiedessero il suo preventivo assenso avanti di compiere qualsiasi azione o passo.

L’uomo ebbe a prorompere, urlando, in una serie di: «Disgraziata, che hai fatto, ti sei ridotta a nu pecuru rizzu» (un agnellino con la sua lanuggine arricciata).

Ebbe paura, A., di fronte a quella violenta reazione, tanto che, nelle more che le acque si calmassero, preferì scappare fuori e andare a chiedere momentanea accoglienza e rifugio a una vicina di casa, la quale, per fortuna, la trattenne di buon grado e amorevolmente presso di sé, anche per dormire.

Tuttavia, A., a parte l’iniziale sgomento per lo sbotto del severo padre, non si ricredette riguardo alla nuova foggia dei suoi capelli, se li tenne così, ricci, convinta di star bene nel cambiamento, in ogni caso senza aver posto in atto niente di sconveniente. In breve, trovò l’occasione, riservatamente, per un ritratto dal fotografo, che consegnò al fidanzato per ricambiare il suo regalo del vestito; inoltre, nel volgere di poco tempo, riuscì a prendersi la rivincita nei confronti dello stesso genitore, il quale, non soltanto finì col perdonare e accettare il cambiamento a “pecuru rizzu” cui A. si era sottoposta, ma si prestò, finanche, ad accompagnare, con la sua bicicletta, la figlia, sistemata alla meglio sulla canna o sul sedile porta oggetti posteriore del velocipede, a Poggiardo, per periodici passaggi dal parrucchiere e la ripresa della permanente.

In seguito, invero, maturarono nuove situazioni, apparentemente e pure sostanzialmente del tutto normali, in cui la cara A. si trovò a incappare sotto pesanti rilievi e/o secche inibizioni e diffide, provenienti, sistematicamente, dal padre.

Ad esempio, si scatenò il putiferio quella volta in cui la giovane, poco meno che ventenne, trovandosi temporaneamente emigrata insieme con la famiglia a Nova Siri, nel Materano, per la coltivazione del tabacco e altre attività agricole, in una giornata di grande calura e sudore, costretta, a un certo punto, a cambiarsi la veste che si attaccava sul corpo, decise d’indossare una sottana di color rosa, confezionatale dalla madre, a giro maniche, fresca, adatta proprio all’estate. Scorgendo la figlia mentre si dirigeva a riunirsi ai compagni di lavoro in tale tenuta (da notare che, all’epoca, le donne contadine, specialmente le giovani, non mettevano il reggiseno), il padre la bloccò in malo modo, dicendogliene di tutti colori, e ancora di più.

***

Vi era un’altra famiglia, a Marittima, pure in questo caso formata da sei o sette figlie di sesso femminile e da due maschi. La minore delle donne, di nome M., fisicamente di bella presenza, incline a mettersi in mostra, da essere considerata amica un po’ di tutti i compaesani, a un certo punto, si era messa a frequentare un “signorino” del posto, a voler dire uno scapolo di ceto abbiente, dal nome di battesimo R., preceduto, ovviamente, da tanto di “don”.

La circostanza era gradualmente divenuta di dominio pubblico in seno alla minuscola comunità. Sulla scia di tale relazione, M. venne a trovarsi in dolce attesa e diede alla luce una creatura. Di primo acchito, ci fu in giro qualche moto di scompiglio, ma poi, l’evento, anche se non insignificante, andò a evolversi per suo conto, semmai in clima di riservatezza e con qualche mistero circa l’epilogo.

Il fatto di cronaca, se si vuole sul fronte del costume, non sfuggì, però, alla vulgata spicciola da parte dei paesani, trasformandosi in estro per le strofette di una canzoncina che le donne, specialmente, si mettevano a intonare durante la raccolta, in gruppo, delle olive: “M. e don R. “hannu fattu na criatureddra (hanno generato una creatura). “M., poi, l’ha misa ‘ntra na spurteddra (M., poi, l’ha sistemata in una piccola sporta) “e l’ha ‘infilata a l’ucculeddra (e l’ha infilata alla maniglia – sottinteso, del portone di don R.).

***

Altra storia di vita, intorno alla metà del secolo scorso, due giovani ziti (fidanzati) marittimesi, V. e Ch., fecero notizia, per modo di dire, tenendo anche conto della mentalità dell’epoca, non per un caso di fuitina pro matrimonio (ogni tanto, ne capitavano), ma per la circostanza dell’intervenuta gravidanza della donna prima delle nozze. Niente di particolare, in fondo, solo un’accelerazione dei tempi rispetto al passo ufficiale, volto a mettere su famiglia, che la coppia era comunque intenzionata a compiere, come poi celermente avvenuto.

Nacque, dunque, il primogenito L., nome di battesimo rigorosamente basato su quello del padre dello sposo e, dopo, anche una figlia, M.

Giunto, a sua volta, in età adulta, il predetto L. si sposò ed ebbe un figlio, chiamato come il nonno paterno, in altre parole V. Corso delle cose che si ripete e si rinnova, sia L., sia l’ultimo V., per avere un lavoro stabile e duraturo, contrariamente alla loro volontà, hanno entrambi dovuto lasciare il paese natio e trasferirsi nel Nord dell’Italia.

Ciò, rimanendo molto legati a Marittima, ai luoghi, ai parenti, agli amici, in particolar modo V. Il suo ultimo ritorno è avvenuto agli inizi della corrente estate; oltre a prendere i bagni e a intrattenersi in sana allegria con gli amici, egli non saltava un giorno per passare da casa dei nonni, fermandosi a parlare specie col suo ascendente omonimo.

Ho appreso, fra l’altro, che tenendosi informato sullo stato delle proprie piccole proprietà agricole ed essendo intenzionato a dare una mano, nel corso delle recenti vacanze ha anche imbracciato una grossa scopa di saggina e dedicato non poco tempo a ripulire le aie (zone di terra rossa) sottostanti agli alberi di ulivo, nell’imminenza del prossimo raccolto dei preziosi frutti.

Purtroppo, una settimana fa, V., non ancora trentenne, è rimasto vittima di un tragico incidente sul lavoro, nella fabbrica piemontese in cui era riuscito a entrare. Ovviamente, le sue spoglie sono state riportate nella nostra Marittima ed io, come accade in tutte le circostanze del genere che riguardano i compaesani, sono andato a stringere la mano, e a manifestare la mia vicinanza, ai genitori dello sfortunato e, con spirito particolare, ai nonni V., ultra novantenne, e Ch., rievocando, dentro di me, il loro lietissimo evento di coppia, antico di circa sessantacinque anni.

 

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Attualità

La Puglia resta la più amata dello Stivale

Da un sondaggio di un noto tour operator: la nostra regione punta di diamante del Bel Paese. La Città più bella è Lecce, nota di merito anche per Gallipoli, Leuca ed Otranto. La Notte della Taranta l’evento più noto…

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Oggetto del desiderio per 3 vacanzieri su 4, la Puglia è stata eletta ancora una volta destinazione numero uno nella wish-list della community di Vamonos.

«L’82% degli intervistati l’ha già visitata, ma per il 65% di essi la Puglia rimane ancora in cima alla wish-list, probabile destinazione di viaggio anche per le prossime vacanze» spiegano gli analisti del tour operator italiano specializzato in viaggi di gruppo.

Terra di colori e di immagini intense, che per il 52% degli intervistati rievoca nella mente il profumo inconfondibile del mare, ma anche gli scorci pittoreschi delle campagne contornate dai trulli o, scendendo verso sud, dalle masserie (33%).

La città più bella ù

Il sondaggio di vede primeggiare Lecce, Alberobello e Gallipoli, come in ordine sul podio.

Seguono OstuniViesteSanta Maria di Leuca, Otranto, Castel del Monte e Peschici.

Il personaggio più rappresentativo

La maggior parte lo identifica nell’attore oggi ottantaseienne Lino Banfi, originario di Andria e cresciuto a Canosa, o con il quarantaseienne Checco Zalone, nato a Capurso, comune della città metropolitana di Bari.

Molti ricordano ancora il celebre cantautore Domenico Modugno che era originario di Polignano a Mare.

Gli eventi più attesi

L’appuntamento tipico per eccellenza è la Notte della Taranta (il concertone del 26 agosto a Melpignano) che scavalca per popolarità appuntamenti di primo piano come il Carnevale di Putignano, la Festa di San Nicola e la Fiera del Levante.

I luoghi preferiti

Da un punto di vista più turistico, al primo posto delle preferenze dei viaggiatori troviamo i trulli di Alberobello, riconosciuti tra i siti Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, le Grotte di Castellana, il Duomo di Lecce e Castel del Monte, anche questo patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, fatto costruire nel XIII secolo da Federico II di Svevia sull’altopiano pugliese delle Murge occidentali.

A tavola

Last but not least, sono l’olio extra-vergine di oliva, le orecchiette alle cime di rapa ed i taralli a conquistare i viaggiatori. Anche le altre prelibatezze enogastronomiche della Puglia conquistano un riconoscimento: orecchiette e pane di Altamura sono tra i prodotti al top della buona tavola made in Italy, da apprezzare centellinando un buon calice di vinoPrimitivo o Negramaro.

Concludendo… il pasto con dolci alle mandorle, carteddate pugliesi e strufoli.

 

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