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Specchia: la piscina che fa acqua

Cattedrale nel deserto. Lavori iniziati nel 1999, ripresi più volte ma mai portati a termine. Già spesi un milione e 150mila euro, per completarla ne occorrerebbero altri due milioni e 250mila

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Della  piscina comunale a Specchia se ne parla sin dalla fine degli anni ’80, quando cioè fu varata la legge sui finanziamenti di impianti sportivi in vista dei mondiali del 1990.


piscinaDapprima era prevista una piscina scoperta, poi, però, dopo una serie di mutui che il Comune di Specchia ha contratto, nel 2000 si è deciso di realizzarla con la copertura: una piscina semi-olimpionica più grande anche di quella di Tricase. Una serie di lotti, fino a 6, uno dopo l’altro sono stati utilizzati per cercare di completare l’impianto. Il tempo intercorso, però, tra un lotto e l’altro, è stato tale che, mentre si dovevano fare nuovi lavori, si era costretti ad intervenire sull’esistente perché già deteriorato; addirittura nel marzo del 2009 vi è stato anche il furto di un notevole quantitativo di rame: sono stati asportati i tubi degli impianti e altro materiale e distrutte varie parti delle pareti e delle strutture.

Sono stati spesi in tutto un milione e 550mila euro; attualmente nelle casse comunali restano disponibili 710mila euro per il completamento; ma non bastano, secondo i progettisti occorrerebbero addirittura oltre 2 milioni di euro. L’anno scorso l’Amministrazione comunale ha emanato un bando di gara per individuare un partner privato che si accollasse il completamento e prendesse in gestione la struttura per 30 anni: il bando è andato deserto. Quel che rimane è una mega struttura abbandonata, con impianti (quelli rimasti) e strutture che si deteriorano (pareti, infissi ecc), un debito contratto e tanti soldi allo stato attuale sprecati.  Fino ad ora la piscina è costata oltre 1,5 milioni di euro: debiti accollati sulle spalle dei cittadini di Specchia. Vista la situazione, ci siamo recati da colui che ha ereditato questa patata bollente, l’attuale sindaco Rocco Pagliara. Con il primo cittadino, carte alla mano, abbiamo ripercorso l’intero iter. L’idea della piscina è antecedente la legge dell’87, risale a due anni prima, quando l’allora candidato sindaco Antonio Lia, in occasione della campagna elettorale, illustrò per la prima volta l’idea. Il progetto fu elaborato nel 1988; nel maggio del 1990 l’Amministrazione ottenne il finanziamento per il primo lotto di 320 milioni delle vecchie lire (165.266,21 euro); nel 1992 il finanziamento per il secondo lotto per 346 milioni del vecchio conio (€ 178.694,09). In entrambi i casi si tratta di mutui contratti dal Comune con la Cassa di Depositi e Prestiti. Primo e secondo lotto vengono unificati in un unico bando per la realizzazione di una piscina scoperta grande ed un’altra più piccola con tutti i servizi annessi. I lavori sono stati affidati nel 1999. Dopo qualche mese dalla posa della prima pietra ci si rese conto che una piscina scoperta sarebbe stata ormai anacronistica, così si decise di realizzare un piscina semiolimpionica coperta che rispettasse tutte le normative intervenute in quegli ultimi 10 anni. I lavori sono proseguiti in questa direzione e, nel frattempo, il Comune ha contratto un mutuo con il credito sportivo di un miliardo e 13 milioni di lire (€ 523.170,84) per il completamento, la copertura e gli impianti a norma.

Quei soldi, neanche a dirlo, non sono bastati, quindi è stato progettato un quarto lotto di lavori pari a 281 mila euro (nel frattempo era cambiata pure la moneta) per il completamento di locali, pavimenti, intonaci e quant’altro. A quel punto i progettisti hanno stabilito che, per completare l’impianto sportivo si necessitava ancora di un milione e 100 mila euro. Ecco quindi il 5° lotto con un progettino di 390 mila euro ed un altro, il sesto, di 710 mila. I 390 mila euro sono stati spesi, gli altri no perché, prima di procedere, gli amministratori volevano essere sicuri che i 710mila in cassa sarebbero bastati. Fu chiesto ai progettisti di aggiornare i costi; questi, con la “calma” tipica degli uffici italiani, hanno fatto arrivare (nel 2010!) un progetto di completamento che, invece di 710 mila euro, prevedeva una spesa di 2 milioni e 300 mila!


Il sindaco di Specchia Rocco Pagliara

Il sindaco di Specchia Rocco Pagliara


A questo punto”, dice Pagliara, “si è deciso di stoppare tutto perché quella cifra non ce l’abbiamo e, se anche la potessimo avere, non vogliamo più spendere tanto e soprattutto non vogliamo gravare ulteriormente sulle spalle dei cittadini”. Per uscirne, si è tentata la via del project financing, mettendo la piscina, così com’è, a disposizione di un privato che volesse completarla e poi gestirla per 30 anni. “Abbiamo avuto delle manifestazioni di interesse, tra le quali quella di un impresa napoletana con a capo il campione olimpico Massimiliano Rosolino”, ricorda sconsolato il Sindaco, “ma non se ne è fatto nulla tanto che il bando è andato deserto”.


Quel che è resta è la più classica delle cattedrali nel deserto che, però, torna buona in ogni campagna elettorale. Così Pagliara: “Abbiamo rilanciato l’idea del project financing, valutando l’opportunità di realizzare qualcosa di diverso, ad esempio, un impianto di pattinaggio sul ghiaccio che sarebbe unico da Bari a Santa Maria di Leuca e che potrebbe ingolosire qualche gruppo privato”.


Lei ha anche scritto a Matteo Renzi. “Per il Decreto “Sblocca Italia”, il Premier ha chiesto a tutti i Comuni di indicare eventuali opere incomplete da inserire nel Decreto. Ci ho provato, chiedendo i 2 milioni e 300mila euro per completare la piscina. Mai ricevuto risposta…”.


Si potrebbe pensare ad una destinazione diversa da quella sportiva? A Specchia non esiste un posto di aggregazione, sarebbe molto utile, ad esempio, un teatro. “Purtroppo il mutuo col credito sportivo (cofinanziato dalla Regione e dalla Provincia) ci obbliga a realizzare un impianto sportivo. Tuttavia, stiamo valutando se ci si possa svincolare da quest’obbligo: per noi sarebbe la soluzione migliore. L’idea, per dirla tutta, è quella di lanciare un referendum prima delle “regionali” e chiedere ai cittadini cosa vorrebbero farne di quella struttura. Stiamo pensando anche ad un concorso di idee a carattere nazionale, di invitare architetti, ingegneri designer, ecc. e chiedere loro: abbiamo una struttura che col passare del tempo rischia di deteriorasi definitivamente, voi cosa ci fareste?”.


Quello su cui Pagliara non ha il minimo dubbio è che “non chiederemo più sacrifici ai cittadini per quella piscina. Troveremo qualche soluzione che parta dallo stato dei luoghi, per trovare grossi imprenditori interessati, puntando anche sull’eccellente immagine che Specchia si è costruita negli anni. Se dovessero arrivare risorse statali senza alcun onere per Specchia, il discorso sarebbe diverso. Ma non mi pare proprio il caso di illudersi”.


Giuseppe Cerfeda






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Certezze ed incertezze del presente

Lo spettro della guerra, malavita, femminicidi, violenza dilagante nel mondo adolescenziale e giovanile. E il Salento? Terra di anziani residenti o fugaci vacanzieri…

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di Hervé Cavallera

di Hervé Cavallera

La Pasqua da poco trascorsa dovrebbe aver ricordato ai Cristiani che essa, per il tramite della passione, morte e resurrezione di Gesù, è l’invito al passaggio ad una vita migliore.

Le feste del Cristianesimo, infatti, possono essere considerate come una sollecitazione per un futuro che sia, per i singoli e per la collettività, più buono e sereno rispetto al passato.

Ma l’immagine del presente non è così.

In campo internazionale permangono almeno due conflitti e i rischi che i campi di battaglia si allarghino non sono da sottovalutare.

E non è un problema dappoco.

Poi, per quanto riguarda l’Italia (ma il fenomeno non è solo italiano) si può constatare un aumento della violenza.

E non ci si riferisce solo ai casi più eclatanti, ossia ai delitti legati al mondo della malavita e alla crisi delle relazioni sentimentali (basti ricordare i femminicidi).

Ci si riferisce particolarmente alla violenza diffusa nel mondo adolescenziale e giovanile con i tumulti nelle università volti ad impedire la libertà di parola a conferenzieri non graditi, alle dimostrazioni pacifiste che generano saccheggi e vandalismi di vario genere, alle conflittualità che serpeggiano in certe scuole in una contrapposizione tra docenti ed allievi, con la partecipazione talvolta dei genitori.

Si ha l’impressione di trovarci in un mondo in cui non si riesce più a controllare gli impulsi.

Così accade che le frustrazioni, che sicuramente la maggior parte di noi ha pure conosciuto nel corso della propria esistenza, non vengano superate rafforzando il carattere e abituando a saper affrontare le difficoltà, ma producano comportamenti aggressivi che si propagano con facilità.

Ciò significa che gli adulti, i genitori in particolar modo, devono ben essere attenti oggi più che mai alle dinamiche dell’età evolutiva dei giovani.

Per fortuna sembrerebbe un fenomeno che non riguarda in modo preoccupante il nostro Salento.

Non che manchino i fatti di cronaca nera, ma fenomeni di scontri di piazza da parte di minorenni sono assai pochi.

E qui allora emerge un’altra considerazione: quello dello spopolamento.

Le nascite sono da tempo in netto calo nella Penisola.

Secondo i dati dell’ISTAT in Italia nascono 6 bambini ogni mille abitanti.

Nel Salento al calo demografico si aggiunge poi il fatto che molti giovani compiono gli studi universitari in altre regioni d’Italia e non tornano più nel paese nativo.

Certo, vi sono anche coloro che tornano e con coraggio, come si è scritto su questo giornale, ma sono pochi.

Il Salento diventa la terra di anziani residenti o di fugaci vacanzieri.

E allora l’invito alla gioia che proviene dal suono delle campane pasquali si spegne in una triste rassegna.

Conflitti sempre più minacciosi tanto da spingere qualcuno a sostenere il ritorno alla leva obbligatoria, sviluppo della criminalità organizzata, violenze e tragedie domestiche, violenza giovanile, fragilità nell’affrontare le difficoltà connesse al quotidiano, spopolamento, stagnazione produttiva…

Occorre precisare che non si nega che esistano casi positivi, anzi di eccellenza nella imprenditoria, nei giovani, nella vita coniugale e così via, ma l’ombra del negativo è sempre più visibile e preoccupante.

LA COMUNICAZIONE DELL’EFFIMERO

Vi è poi la sensazione di una crescita dell’individua- lismo accentuato dai social, dalla facilità di esprimere pareri su tutto e su tutti.

Al tempo stesso la comunicazione digitale isola fisicamente l’utente pur avendo egli un contatto online con centinaia se non migliaia di persone.

È la comunicazione dell’effimero, mentre si continua a rimanere soli.

Come diceva l’antico filosofo, l’uomo è un animale sociale; ha bisogno di vivere concretamente, fisicamente col prossimo, non di limitarsi a parole diffuse con mezzi artificiali.

Ed è questo l’aspetto che è il lascito ideale delle recenti celebrazioni pasquali: quello di tornare ad essere una comunità.

Una comunità di persone che si incontrano e dialogano ed elaborano progetti che permettano una crescita economica e spirituale.

Tutto questo richiede buona volontà e competenza, richiede il mettere da parte l’attrazione per il proprio tornaconto, per il proprio particulare come diceva Guicciardini.

È un compito che devono tornare ad assumere quelle istituzioni ad esso preposte quali la famiglia e la scuola.

In un momento storico in cui i legami familiari diventano sempre più fluidi, bisogna che la scuola diventi davvero un centro di formazione di responsabilità oltre che di conoscenze e competenze.

Un futuro migliore è affidato da sempre ad una buona educazione e di ciò dobbiamo tornare a prendere consapevolezza.

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Il fallimento della democrazia

Astensionismo: nelle regionali del 2023 raggiunse il 60% in Lombardia e Lazio; nel 2014 in Emilia-Romagna votò solo il 37,7%. Nel 2020 l’affluenza alle regionali pugliesi è stata del 56,43%…

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di Hervé Cavallera

Il prof. Hervé Cavallera

Il 25 febbraio si è votato per la Regione in Sardegna.

I candidati alla Presidenza della Regione erano 4 e le liste presenti 25.

Ora, quello che particolarmente colpisce, a prescindere da vinti e vincitori e dalle stesse modalità di votazione (voto disgiunto, ad esempio), è l’affluenza degli elettori.

Poco al di sopra del 52%, quindi ancor meno dell’affluenza avuta nelle precedenti elezioni regionali.

Né si tratta di un fenomeno meramente sardo.

L’affluenza elettorale è effettivamente bassa e, come si suole dire, l’astensionismo è in assoluto il maggior partito in Italia (ma la situazione non è dissimile anche in altri Paesi europei).

Nelle regionali del 2023 l’astensionismo raggiunse il 60% in Lombardia e nel Lazio e nel 2014 in Emilia-Romagna per l’elezione del presidente della Regione votò solo il 37,7% degli elettori.

Nel 2020 l’affluenza alle regionali in Puglia è stata del 56,43%. Ciò non può lasciare indifferenti in quanto, se democrazia significa partecipazione, il “successo” dell’astensionismo significa fallimento della democrazia.

Esiste ormai nella realtà uno scollamento tra cittadini e politica.

È un dato inequivocabile che non può essere risolto con la diffusione del cosiddetto “civismo” ossia con la nascita di movimenti localistici.

Invero nel 1946 l’Assemblea Costituente introdusse il principio della obbligatorietà del voto che però all’art. 48 della Costituzione italiana risulta solo un dovere civico.

Nel 1957, col D. P. R. n.361, si rendeva obbligatorio il voto nelle elezioni politiche, dichiarando che occorreva fare un elenco degli astenuti.

Il tutto poi venne meno nel 1993 (D. L. 20 dicembre 1993, n . 534).

Il che è anche corretto poiché il concetto di liberta implica anche l’astensione. E tuttavia quando l’astensione raggiunge livelli elevatissimi sì da quasi superare il numero dei votanti, è chiaro che è in atto una crisi della sensibilità politica dei cittadini.

Si tratta di un processo che in Italia si può far risalire alla cosiddetta fine della prima Repubblica (1994) ossia con la fine dei partiti che esistevano nella Penisola dal 1946.

In realtà, il fenomeno rientra nel collo delle grandi ideologie e, di conseguenza, in una semplificazione della vita politica tra due schieramenti, etichettati come moderati o conservatori da una parte e progressisti dall’altra.

Non per nulla negli Stati Uniti d’America dove esistono praticamente solo due partiti, il repubblicano e il democratico, l’astensionismo tocca spesso punte del 70% a cui peraltro ci si è abituati.

Di qui un altro aspetto che va considerato: il ruolo decisivo del candidato alla presidenza.

Sostanzialmente si vota la persona più che le idee.

D’altronde tutti possiamo constatare che nei nostri Comuni sono pressoché inesistenti le tradizionali sezioni dei partiti, ove una volta i tesserati potevano discutere vari temi politici.

Di qui un ulteriore paradosso. Si ritiene che in una società democratica chi “comanda” o, per essere più corretti, chi ha la gestione della cosa pubblica sia la maggioranza.

Nei fatti, invece, proprio grazie all’astensionismo, la gestione del potere è comunque affidata ad una minoranza, mentre la maggioranza dei cittadini assiste con apatia, rassegnazione o altro, a quello che la minoranza decide.

Negli anni ’80 del secolo scorso il sottoscritto scrisse un libro sull’importanza dell’educazione politica, intesa non come educazione partitica, ma come educazione alla partecipazione responsabile alla vita pubblica.

Al presente, di fronte a fenomeni come l’astensionismo, la cancel culture, l’improvvisazione demagogica che talvolta si fa sentire per il tramite dei social, una riflessione articolata, ponderata e di largo respiro sulla necessità di una rifondazione della vita civile, in modo che non sia soggetta alle pulsioni del momento, sarebbe opportuna.

Naturalmente tutto riesce difficile ed è inutile evocare il ricordo della vecchia Educazione civica, anche se dal settembre del 2020 l’Educazione civica è considerata una disciplina trasversale che riguarda tutti i gradi scolastici.

In una società ove predomina il relativismo individualistico, mancano i grandi valori che danno davvero lo slancio vitale all’impegno civile che investa la collettività e tutto si risolve nel gioco degli interessi di piccoli gruppi o dei singoli.

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Galatina, il Liceo Vallone si mobilita “fa rumore” per le Donne

Sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

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In occasione dell’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti della donna, il Liceo A. Vallone, di Galatina, sceglie di “far rumore” al fine di sensibilizzare i giovani, e la cittadinanza tutta, sul significato intrinseco di questa ricorrenza.

Previsto in mattinata, alle ore 11.45, un corteo che partirà dalla sede centrale del Liceo, in viale don Tonino Bello, e si muoverà verso Piazza San Pietro dove si terrà un flash mob di riflessione chiuso con la lettura di Knocking on Heaven’s door, profondo monologo in voce maschile tratto da Ferite a morte, di Serena Dandini. 

“L’ignominia continua da Giulia…1,2,3…12 vittime” è il messaggio che gli studenti e le studentesse del Liceo porteranno in corteo, ribadendo che “Nessun delitto ha una giustificazione”!

Tutti gli studenti e le studentesse del Liceo, accompagnati dal personale scolastico, attraverseranno le strade principali della città (viale don Tonino Bello – via Ugo Lisi – C.so porta Luce – Piazza San Pietro) con l’obiettivo di fare un silenzioso rumore sull’inefficacia di questa ricorrenza, dipanando un drappo rosso lungo 30 metri, simbolo del dolore e delle violenze che le donne ancora subiscono, visto il perdurante divario di genere.

“Non si ha nulla da celebrare se non vi è uguaglianza. Non si celebra la Donna se non La si rispetta” Queste le parole della Dirigente Scolastica, prof.ssa Angela Venneri, che ha fortemente promosso e sostenuto l’iniziativa, in un’ottica di sensibilizzazione e condivisione d’intenti.

Non un’occasione per festeggiare, dunque, ma solo per riflettere e tenere alta l’attenzione, con l’auspicio che l’educazione culturale possa riaffermare un ineludibile principio di civiltà.

Da qui l’augurio conclusivo dei nostri studenti e studentesse a tutte le donne con i dolcissimi versi della poesia di Alda Merini, Sorridi donna.

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