Attualità
Giudice di Pace: Casarano corre ai ripari
Promessa disattesa: i Comuni limitrofi dovevano metterci il personale ma non l’hanno mai fatto. L’assessore Parrotta: “Non possiamo permetterci la chiusura, sarebbe un danno per tutto il territorio”
C’è stato un tempo in cui Casarano ha vissuto i suoi fasti, in cui era di sicuro il punto di riferimento per tutti i paesi vicinii e sembrava addirittura lanciato verso ancor maggiori posizioni di prestigio.
Sfruttando anche la propria posizione geograficamente centrale, in quello stesso periodo una semplice Pretura si trasformò nell’unica sezione distaccata del tribunale di Lecce, divenendo garanzia della cosiddetta giustizia di prossimità che altro non è che dare la possibilità, anche a chi è di Tricase o di Gagliano, di avere il diritto alla giustizia senza ogni volta dover arrivare fino a Lecce. Ma quei tempi passarono… ad uno ad uno Casarano ha visto sparire tutte le peculiarità che lo rendevano “importante” ed anche in tema di giustizia le cose son cambiate molto. I sempre più impietosi tagli delle risorse avrebbero dovuto far perdere anche gli uffici del Giudice di Pace se nonché, con un’iniziativa… stranamente intelligente, attuata dai Sindaci di un certo numero di comuni limitrofi (Matino, Melissano, Racale, Ruffano, Supersano e Taviano) si prese reciprocamente l’impegno di fornire il personale necessario prelevandolo dal proprio personale dipendente; Casarano avrebbe messo i locali ed i costi a loro connessi. Sembrava la soluzione ad ogni problema ma in realtà (meno stranamente di prima) i Comuni non hanno mantenuto la promessa e non hanno inviato il proprio personale a garantire il funzionamento degli uffici di giustizia. Il risultato è che il Giudice di Pace coordinatore ha scritto svariate note, minacciando ovviamente la chiusura perché ormai non ha più collaboratori e tra un po’ sarà costretto a farsi da solo anche le fotocopie ed aprire il cancello al mattino. Da qui la decisione unilaterale dell’Amministrazione comunale di Casarano di bandire, tra il personale interno, una selezione per reperire le unità lavorative necessarie per garantire il funzionamento degli uffici giudiziari. A dire il vero i sindaci che son venuti meno alla promessa si sono nuovamente riuniti ma, oltre che prendere gioiosamente insieme un caffè, non hanno fatto altro e, evidentemente, non sono riusciti a trovare la quadratura del cerchio e quindi, ancorché la convenzione prevedesse, come detto, per Casarano l’assicurare la sola funzionalità degli uffici, si sta assicurando anche il personale. Sull’argomento è intervenuta l’assessora Laura Parrotta: “Siamo fiduciosi che i Comuni aderenti alla convenzione possano risolvere in tempi brevi i loro problemi organizzativi legati al personale da destinare, ma non possiamo permetterci di far chiudere l’Ufficio del Giudice di Pace lasciando provocare così un grave danno per tutto il territorio. Oltretutto il cosiddetto decreto “milleproroghe” ha esteso i termini per quelle sedi che non avevano ancora inoltrato domanda al Ministero”, conclude Parrotta, “e questo conferma l’essenzialità di questo servizio per il territorio; noi siamo stati tra i primi a presentare tale domanda e quindi sarebbe ancora più un peccato dover chiudere un servizio ormai storico per la città”.
Antonio Memmi
Attualità
Consorzio di bonifica e gli inutili sprechi
Pagliaro: “Ma intanto, veniamo a sapere che il Consorzio di bonifica spenderà quasi un milione e mezzo di euro in 48 mesi per noleggiare 98 Panda ibride. Una inutile flotta di auto gialle, ferme in un parcheggio a Nardò…”
Anche Paolo Pagliaro, consigliere regionale di FdI, si scaglia contro l’obolo del Consorzio di Bonifica: “Per gli agricoltori una brutta sorpresa sotto l’albero di Natale: le ingiunzioni di pagamento del famigerato tributo 630. Un chiaro tentativo di fare cassa a spese dei consorziati, nonostante le opere di bonifica continuino a restare ferme. E intanto, si allunga il bollettino degli sprechi del Consorzio, che ho piu volte denunciato nella passata legislatura.
L’ho fatto per evidenziare l’ingiustizia della pretesa del tributo 630, a fronte di interventi di bonifica fermi anche da anni. Dal governo regionale si è alzato un muro alle mie reiterate richieste di sospendere le cartelle, che continuano a piovere a raffica benché non dovute. Sono stati respinti i miei emendamenti, e sono stati umiliati gli agricoltori che nell’aula del Consiglio regionale hanno manifestato la loro rabbia per questo vero e proprio sopruso. Durante la campagna elettorale per le regionali il Pd, campione di testacoda, ha messo nero su bianco nel suo programma l’azzeramento del tributo 630. L’ennesimo inganno, l’ennesima bugia che ho smascherato fin da subito e di cui chiederò conto al neo presidente Antonio Decaro e al futuro assessore all’agricoltura, non appena partirà la nuova legislatura”.
E condanna alcune scelte del consorzio: “Ma intanto, veniamo a sapere che il Consorzio di bonifica spenderà quasi un milione e mezzo di euro in 48 mesi per noleggiare 98 Panda ibride. Una inutile flotta di auto gialle, ferme in un parcheggio a Nardò. Questo è solo l’ultimo spreco di una lunga serie: continuano le consulenze pagate a peso d’oro, gli affidamenti di incarichi legali per contenziosi spesso perdenti, le nomine illegittime come quella di un biologo marino come responsabile dell’area agraria,.senza le necessarie competenze, guarda caso ex consulente Arif.
E qui tornano le storture dei vasi comunicanti tra Arif e Consorzio, figlie del conflitto d’interessi del commissario Francesco Ferraro, al tempo stesso direttore Arif. Due ruoli dirigenziali accentrati nelle mani di una sola persona, cosa che abbiamo denunciato senza mai ricevere risposta. Intanto, però, Ferraro viene condannato per una consulenza inutile all’ex sub commissario, e dovrà risarcire per 140mila euro”.
E chiude con: “Sugli sprechi e sulla mala gestione del Consorzio di bonifica faremo un’opposizione ancora più dura, perché questo bubbone venga finalmente affrontato, e si riparta con le bonifiche del territorio agricolo in abbandono. Solo allora, a fronte di benefici effettivi, ad agricoltori e cittadini potrà essere richiesto il tributo 630. Su questo continueremo a batterci“.
Attualità
Il sindaco di Maglie revoca la nomina di assessore ad Antonio Fitto
Rottura storica con l’ex primo cittadino magliese con cui Toma ha avuto un rapporto amministrativo e politico durato complessivamente oltre vent’anni
Il sindaco di Maglio Ernesto Toma comunica di aver disposto, con proprio decreto, la revoca della nomina di assessore ad Antonio Fitto, ponendo fine a un rapporto amministrativo e politico durato complessivamente oltre vent’anni.
La spiegazione nelle parole del primo cittadino: “Antonio Fitto ha guidato la città come Sindaco per dieci anni con questa maggioranza e, successivamente, ha ricoperto il ruolo di Assessore nelle Giunte da me presiedute. In questo lungo arco temporale ha partecipato in modo diretto e continuativo a tutte le principali scelte politiche, amministrative e finanziarie del Comune, assumendosene pienamente la responsabilità.
Appare pertanto doveroso ristabilire la verità dei fatti di fronte ai cittadini: le recenti dichiarazioni con cui Antonio Fitto invoca oggi un “rilancio dell’attività amministrativa” risultano politicamente contraddittorie e poco credibili, poiché rivolte contro un’azione di governo che egli stesso ha contribuito a costruire, sostenere e approvare per due decenni. Non più tardi di pochi giorni fa, lo stesso Assessore ha votato in Giunta il Bilancio comunale, condividendone senza riserve contenuti, scelte e indirizzi strategici.
La scelta di candidarsi, senza nemmeno discuterlo con la propria maggioranza, alla carica di Sindaco di Maglie, con un progetto politico alternativo e dichiaratamente in contrapposizione all’attuale Amministrazione rappresenta una legittima ambizione personale, ma segna una rottura politica netta e non più compatibile con il ruolo di Assessore. Non è possibile, soprattutto in una fase pre-elettorale, amministrare una città e al contempo condurre una campagna politica contro l’Amministrazione di cui si fa parte. La revoca del decreto di nomina è quindi un atto di chiarezza politica, di rispetto istituzionale e di correttezza nei confronti dei cittadini, chiamati a scegliere tra progetti alternativi senza ambiguità, doppiezze o operazioni di scarico di responsabilità.
L’Amministrazione comunale continuerà il proprio lavoro fino alla conclusione naturale del mandato con coerenza, serietà e senso delle istituzioni, rivendicando con orgoglio il percorso compiuto e rimettendo, come è giusto che sia, il giudizio finale agli elettori”.
Attualità
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