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Attualità

Il sindaco Carlo Chiuri: “Tricase si è risvegliata”

La sorpresa. “C’è un’aria nuova. Voglia di fare tutti insieme”. Sinergia. Tra Comune e l’Associazione dei Commercianti

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ESCLUSIVA


È stata un’estate da maratoneta quella vissuta dal nuovo sindaco di Tricase Carlo Chiuri: “Una corsa continua per stare dietro alle impellenze. L’elezione al ballottaggio di fine giugno ci ha catapultato senza paracadute in una dimensione come quella del nostro paese già alle prese con tutte le necessità della stagione estiva. Nonostante i tempi tecnici per l’insediamento, la nuova giunta e la proclamazione dei consiglieri, credo di poter dire che abbiamo tenuto botta. Sin dall’insediamento ho dovuto lasciar perdere tutto il resto, dal lavoro alla famiglia, per immergermi 24 ore al giorno nelle emergenze che si presentavano. Anche perché nessuno aveva preventivato un così imponente flusso turistico che, a naso, è stato il più importante degli ultimi anni”.

Tante presenze vuol dire tanti rifiuti. “Quello della raccolta è stata una vera e propria emergenza che, fortunatamente, siamo riusciti a contenere. Tale afflusso avrebbe meritato più personale. Grazie all’abnegazione delle persone a disposizione e al nostro monitoraggio abbiamo evitato il peggio. I disagi, seppur lievi, si sono puntualmente presentati ma sono stati nulla rispetto a quanto sarebbe accaduto senza un continuo controllo. E meno male che, appena insediato, prima di discutere tutto il resto ho preteso la disinfestazione (“Non si poteva certo passeggiare per il centro del paese con le blatte che ti salivano sui piedi”), il lavaggio e la sistemazione del verde delle piazze”.


Un po’ di decoro…


Proprio quello del decoro resta un chiodo fisso del nuovo sindaco: “Un po’ di decenza! Non si può arrivare in paese ed essere accolti da quelle rotatorie abbandonate a se stesse: vanno sistemate e abbellite. Abbiamo dovuto correre dietro”, insiste il primo cittadino, “ad ogni cosa che impattava con la vita quotidiana del cittadino. Anche per la polizia locale avremmo avuto la necessità di effettuare assunzioni stagionali. Per farlo avremmo dovuto prima approvare il bilancio consuntivo ma, dall’insediamento, non ci sono stati i tempi tecnici per farlo. Così abbiamo dovuto affrontare l’estate con quello che passava il convento. Grazie allo spirito di collaborazione di alcuni agenti siamo riusciti a tamponare le emergenze, come quelle relative ai due incendi divampati lungo la litoranea. Si dovevano evacuare precauzionalmente alcune abitazioni ed era necessaria la presenza di almeno un vigile urbano: bene, c’è stato chi ha “rindossato” la divisa e ripreso servizio e, nel caso del secondo incendio, rimanendo col sottoscritto fino a notte inoltrata e pericolo scongiurato. Anche la notte dell’Alba in Jazz con il concerto di Noa, tre agenti della polizia locale hanno accettato di fare gli “straordinari” e lavorare per tutta la notte. E, vista la portata dell’evento, anche il sottoscritto è rimasto in loco e non certo per assistere al concerto, ma per appurare che tutto si svolgesse senza problemi, facendo la spola tra un presidio e l’altro delle forze dell’ordine. Se tutto è filato liscio, non solo in quella occasione ma in tutta la stagione, devo essere grato a Carabinieri, Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto che hanno presidiato in modo egregio il territorio, consentendo che anche di notte tutto fosse tranquillo. Per la prossima estate faremo le cose per bene e spero che il servizio di polizia locale possa essere garantito sia in paese che nelle marine anche nelle ore notturne e dopo le fatidiche 23”.

Tra le tante cose da fare subito anche il cartellone degli eventi estivi da adeguare alle norme antiterrorismo del cosiddetto Decreto Gabrieli. “Abbiamo organizzato e autorizzato gli eventi giorno per giorno, dovendo anche rivedere quelli già previsti proprio per il nuovo Decreto che ci imponeva un piano di sicurezza con delle vie di fuga per ogni manifestazione (“alla fine il cartellone si è rivelato valido grazie anche alla imprescindibile collaborazione delle attività commerciali e delle associazioni”). I fuochi dal Castello? Non si possono sparare dai monumenti storici. Si tenga anche conto che il Decreto è arrivato dopo la tragedia di Torino e la morte di quella donna travolta dalla folla in preda al panico. Fortunatamente da noi non è mai accaduto nulla, ma immaginate cosa sarebbe potuto succedere se, per un colpo di vento o qualcosa andato storto, un residuo acceso dei fuochi fosse finito tra la folla assiepata in piazza Pisanelli”.


Uffici da riorganizzare


Passata l’emergenza bisogna guardare oltre: “Continuo a pensare che un miglioramento dei servizi offerti debba passare per forza da una riorganizzazione degli uffici e della macchina amministrativa. È il motivo per cui ho deciso di ridurre temporalmente gli incarichi fiduciari ai dirigenti: c’è la necessità di una ottimizzazione della macchina amministrativa che oggi gira per quello che può dovendo fare i conti con carenza di personale e con molti dipendenti alle porte della pensione. Ho chiesto una relazione da ogni settore per conoscere criticità ed esigenze e dato l’input per una riorganizzazione dei compiti in modo da essere più funzionali possibile”. Il vero problema è però che “oggi abbiamo poco più di 70 dipendenti e, a disposizione, c’è solo un operaio. Quindi abbiamo anche seri problemi di manutenzione ordinaria. Vedremo come risolvere. Appena possibile penseremo anche al trasferimento degli uffici comunali perché, come più volte detto, riteniamo che Palazzo Gallone meriti un utilizzo ben diverso”.


Uno sguardo al futuro


Intanto ci sono novità importanti per il riutilizzo delle acque reflue. “A luglio la giunta regionale ci ha concesso un finanziamento di 620mila euro per la sistemazione dell’impianto delle vasche di raccolta, che verranno anche coperte per ridurre al minimo i cattivi odori. Presto verrà indetta la gara d’appalto e poi potranno cominciare i lavori. L’obiettivo è che l’acqua proveniente dalla fogna nera non sfoci più nel canale del Rio che andrà completamente recuperato e restituito ai tricasini in tutta la sua bellezza. Nel frattempo è partito anche il progetto delle vasche per la sedimentazione delle acque piovane”.

Sulla Zona Puzzu, “stiamo lavorando per ottenere un finanziamento che ci consenta la riqualificazione della zona per ampliare la fruibilità del centro storico”.

Chiuri poi si dice orgoglioso perché Tricase è divenuta “Autorità Urbana nel progetto di Rigenerazione Urbana insieme all’Unione dei Comuni Terre di Leuca. Questo dovrebbe portarci a cifre importanti per la rifunzionalizzazione degli stabili storici e, ovviamente, punteremo subito a rimettere in sesto quella che era l’Acait e che dovrà ospitare tutta una serie di attività importanti per diventare uno dei cuori pulsanti della città”.

Tricase è entrata nelle cosiddette “Aree Interne”: “Siamo stati inseriti nel progetto di sviluppo locale destinato ai paesi strutturalmente più disagiati come Comune che eroga servizi (“Area Strategia”). Sono previsti importantissimi finanziamenti che potrebbero aprire prospettive nuove ed importanti”.

Cos’è il Piano Regolatore del Porto? “Uno strumento al quale stiamo lavorando per razionalizzare tutto ciò che riguarda il porto e le acque antistanti”.

Intanto una sua ordinanza ha riguardato lo storico ecomostro che sovrasta il porto sin da fine anni ’60. “Ho ordinato ai proprietari di Villa Sauli la messa in sicurezza e la ritinteggiatura dello stabile. Oggi è un pugno nello stomaco”.

Zona industriale: bolle qualcosa in pentola? “Qualcosa si muove. Ci sono dei contatti. Entro un mese ne saprete di più”.

Tornando per un attimo alla sinergia tra Comune e attività commerciali, nel corso dell’estate lei ha detto “Tricase si è risvegliata”. Cosa intende? “C’è un’aria nuova. Voglia di fare tutti insieme e questo anche grazie all’Associazione Commercianti unita come mai e che forse ha trovato in noi i giusti interlocutori. Abbiamo avviato anche il DUC, il Distretto Urbano del Commercio e continueremo a coinvolgere i commercianti nelle decisioni che li riguardano. Del resto la loro attività dà linfa vitale all’economia del paese e non sarebbe giusto fare il contrario”.

A proposito di linfa vitale, Chiuri riconosce “il ruolo fondamentale dell’Ospedale Panico sia per il servizio erogato che per il personale occupato. Certamente è una delle eccellenze della sanità pugliese e da tricasini dovremo esserne orgogliosi”.


Giunta efficace e nessuna polemica


C’è chi l’ha accusata di aver tardato a nominare gli assessori perché ha avuto pressioni dall’Udc. Il sindaco qui si inalbera: “Chi dice che ho tardato dice il falso. I tempi sono stati quelli previsti e nessuno mi ha mai fatto pressioni. I rapporti sono ottimi tra tutte le componenti del gruppo”. Anche con Michele Dell’Abate? Qualcuno dice che non sia più così dopo la composizione della giunta. “Dell’Abate è un’ottima persona che ha a cuore Tricase e si spende per la sua città. Non ha mai accampato pretese e con lui continuo ad avere un ottimo rapporto”.

La nomina della giunta è stata condizionata dal numero dei voti presi dai singoli candidati? “No. Avevo bisogno di gente che avesse voglia di lavorare con entusiasmo e spendere il suo tempo per il bene comune. Non mi interessavano geni che dopo dieci minuti salutano e vanno a fare altro. Sono soddisfattissimo delle scelte fatte e la giunta, statene certi, si farà valere”. Gli assessori resteranno quattro? “Per il momento si. Anche perché abbiamo consiglieri validi e molti di loro avranno delle deleghe precise su cui lavorare”.


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Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

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Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)

A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.

Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.

La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.

Le foto

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Approfondimenti

Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli

Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

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di Hervé Cavallera

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.

Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.

Ma non basta.

A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.

Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.

Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.

Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.

Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.

L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.

E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.

Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.

Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.

SOCIETÀ DEI CONSUMI

È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.

L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.

Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.

Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.

Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.

LA LOGICA DEL MERCATO

Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.

E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.

La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.

E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.

Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.

COSA POSSIAMO FARE

Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.

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«La mafia salentina è sempre viva»

Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

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di Sefora Cucci

Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice).  Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.

Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.

Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.

Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?

«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».

Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?

«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».

Cosa possiamo fare?

«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».

Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?

«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».

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