Attualità
Rovinati dal gioco
I nuovi poveri. Figli della ludopatia: anziani, padri di famiglia, casalinghe, giovani disoccupati e studenti che mandano in fumo i risparmi, lasciandosi sedurre dalle illusorie promesse di vincite facili e sicure

Gli ultimi dati della Caritas ci dicono che i “nuovi poveri” sono spesso figli della ludopatia: anziani, padri di famiglia, casalinghe, giovani disoccupati o anche studenti che mandano in fumo i risparmi, lasciandosi sedurre dalle illusorie promesse di vincite facili e sicure. Ecco perchè la III Commissione Sanità della Regione ha ritenuto opportuno approvare le “Modifiche ed integrazioni alla Legge regionale n. 43/2013 Contrasto alla diffusione del Gioco d’azzardo patologico”.
Il nuovo testo elenca una serie di divieti come quello relativo all’esposizione all’esterno dei locali e delle rivendite di cartelli, fotocopie o altro che pubblicizzino vincite passate o di giornata; al tempo stesso la Regione promuove accordi con le aziende di trasporto pubblico locale per l’adozione di un codice di autoregolamentazione che impedisca la concessione di spazi pubblicitari relativi al gioco a rischio. Un passaggio molto importante riguarda le distanze dai cosiddetti luoghi sensibili.
Secondo l’attuale legge regionale l’autorizzazione all’esercizio non viene concessa nel caso di ubicazioni in un raggio non inferiore a cinquecento metri, misurati per la distanza pedonale più breve, da: istituti scolastici di qualsiasi grado, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi e centri giovanili.
Inutile girarci intorno, quella del gioco è una vera e propria dipendenza al pari di altre: come accade per i tossicodipendenti e per gli alcolisti, i danni sono devastanti. Ed anche la diffusione è impressionante: “Dei miei pazienti, 4 su 10 sono caduti nel vortice della ludopatia!”.
Lo afferma la psico antropologa e psicoterapeuta di Tricase, Giuliana Cazzato che, anche con l’associazione SDV di Alessano, è in prima linea nella guerra al gioco d’azzardo. Chiunque avesse bisogno di aiuto o volesse solo rendere la sua testimonianza può contattarci ad info@ilgallo.it o su whatsapp al 371/ 37 37 310: provvederemo, garantendo ovviamente l’anonimato a metterlo in contatto con l’associazione.
Il gioco d’azzardo nella storia
L’atteggiamento nei confronti del gioco d’azzardo è sempre stato ambivalente, nella storia si sono alternati periodi di permissivismo e addirittura promozione, a periodi di forte proibizionismo. Ovviamente nei secoli anche la percezione del gioco d’azzardo è cambiata ed ha attraversato diverse “fasi” anche concomitanti. La Chiesa ha tacciato il gioco come peccato, lo Stato come reato e infine la medicina, le scienze dell’educazione e la psicologia l’hanno definito come malattia e dipendenza.
La storia antica e moderna ci racconta come l’uomo sia sempre stato affascinato dal tentare la sorte. C’è anche chi ci vede un riferimento nell’Antico Testamento con Dio che esortò Giosuè a tentare la sorte nella scelta della Terra Promessa.

Gli astragali
I primi riferimenti storici ai giochi d’azzardo vero e proprio risalgono alla Guerra di Troia, attorno al 1250 a.C. I primi dadi furono ideati da Palamede (personaggio mitologico esperto nell’arte bellica e valoroso guerriero noto per la sua anteposizione ad Odisseo): ognuno di essi si chiamava Astrogalo ed era una tavoletta composta da ossicine di capra o di montone, una sorta di antesignano dei nostri dadi (l’etimologia della parola “azzardo” rimanda proprio alla parola dado, deriva infatti dalla parola francese hazard, che a sua volta deriva dall’arabo az-zahr, cioè dado).
Gli egiziani avevano il corrispondente per il loro Senet gioco da tavolo considerato uno degli antenati del backgammon) che aveva dei bastoncini al posto delle ossa di capra. Nell’impero romano, nonostante il gioco fosse vietato, l’imperatore Augusto perdeva quasi 20mila sesterzi al giorno nel gioco. E non di meno fu Nerone. L’imperatore Claudio stilò un vero e proprio trattato sul gioco. Le carte da gioco, invece, furono diffuse sul pianeta dai cinesi nel 1300.
Nel XVII secolo Papa Benedetto minacciò tutti i giocatori di scomunica, il suo successore, Innocenzo XIII li riabilitò. E ancora: Garibaldi bandì totalmente il gioco dal suo Regno ma la novella Italia lo reinserì. Più recente il gioco del Lotto, adottato da tanti Paesi in Europa e nel Mondo che ne hanno visto una possibilità di fare cassa. Senza dimenticare la Belle Époque, vero e proprio emblema della deleteria accoppiata gioco e sesso: i soldi e il potere esercitano un certo fascino e in tanti, attratti dalla chimera dei soldi facili, sono andati incontro alla rovina. L’attività ludica è una necessità innata per l’uomo e questo lo dimostra il fatto che il gioco per i più piccini sia una necessità. Il problema è che nei giochi dei bimbi non si corrono rischi, mentre in quelli degli adulti il giocatore deve sottostare a regole ben precise e molto rischiose ed è proprio il rischio il motivo per il quale si accinge al gioco”.
“Ci cascano tutti, anche persone di buona cultura”
Nei periodi di crisi economica e quindi forte disagio, le persone si affidano ancora di più al gioco?
“Si sogna di poter cambiare la propria vita con un colpo di fortuna, soprattutto, ma non solo, tra i minorenni provenienti da famiglie meno abbienti: è questa la forza motrice che alimenta la volontà di giocare”.
Indro Montanelli diceva che la cultura è un vaccino contro tutti i pericoli. Nel caso della ludopatia?

Giuliana Cazzato
“Da me vengono anche professionisti, persone di buona cultura ed alto ceto sociale che hanno questa problematica”.
Il ludopatico pur non avendo più soldi è disposto a tutto pur di giocare?
Qual è il campanello d’allarme che ti avverte di essere sulla soglia della ludopatia?
“Ognuno di noi dovrebbe esserne consapevole, confrontando quanto incide il gioco sulle proprie risorse. Il campanello d’allarme vero e proprio devono suonarlo i familiari o chi è vicino al ludopatico perché il giocatore non si rende conto della sua situazione. Vale lo stesso discorso degli alcolisti che hanno grande difficoltà ad ammettere innanzitutto a se stessi di esserlo. Purtroppo, il ludopatico si fa prendere la mano, come una mia paziente del Capo di Leuca che, dopo il primo gratta e vinci non riesce a fermarsi, magari vince una piccola cifra ma, poi, continua a giocare e, alla fine del giro, ha speso una cifra”.
“Solo la famiglia può salvarli”
Se il consiglio a chi ancora non si è fatto prendere la mano dal gioco è di andarci cauti, mi pare sia importante rivolgersi soprattutto ai familiari di chi invece è già nel vortice.
“Devono prendere la situazione in mano e rivolgersi a centri specializzati o a professionisti. Io faccio parte di un’associazione, Stile di Vita di Alessano, dove tratto queste problematiche, ovviamente nel pieno anonimato. Durante la terapia cerco di coinvolgere la famiglia e gli amici del paziente che dovranno vigilare attentamente perché il ludopatico sfugge come un’anguilla e, appena si ritrova 20 centesimi in tasca, se li gioca. Uno dei miei pazienti ha cominciato a giocare a 14 anni riducendo in povertà la famiglia: i genitori hanno dovuto vendere tutto perché non sono mai riusciti a frenare l’impulso di questo ragazzo che, pur di procurarsi il denaro, si è improntato anche spacciatore, indebitandosi sia con chi gli ha procurato la droga che con gli allibratori… Il suo è un loop pazzesco! Ricadere, poi, è molto semplice perché a queste persone non basta resistere all’impulso ma devono anche far fronte al bisogno di denaro, quindi sono ancora più attratti dalla chimera dei soldi facili”.
Eppure basta accendere la tv per guardare pubblicità che promettono ricchezza facile… “Si, anche se in maniera abbastanza ridicola lo spot finisce con la dicitura veloce che invita a giocare responsabilmente. Le slot-machine, poi, le puoi trovare ovunque, nei tabacchini, nei bar, nei ristoranti…”.
Qual è il gioco che secondo i dati in suo possesso crea maggiori disastri?
“Chi si rivolge a me si è inguaiato soprattutto con i gratta e vinci e le slot-machine, più raramente con il Lotto. Attenzione anche al gioco online, ti adescano con il bonus e poi non ne esci più. La piaga è molto diffusa tra le casalinghe che non avendo più la possibilità di lavorare cercano di arrotondare coi gratta e vinci o con altri giochi, finendo per mangiarsi tutte le entrate del marito. Sono tante le coppie in crisi a causa del gioco. In uno dei casi che seguo lei gioca in continuazione al Supernalotto, al 10 e Lotto e alle slot-machine: ha perso prima la dignità e poi anche il marito che ha chiesto la separazione. Allo stesso modo tante donne lasciano il marito proprio per la sua dipendenza dal gioco. Di situazioni simili nel Salento ce ne sono tantissime: tanti i casi di separazione, di squilibrio sociale e disagi che le famiglie vivono per colpa del gioco”.
Un ludopatico si alza dal letto già col desiderio di andare a giocare?
“Direi che non dorme! Il suo è un pensiero fisso e, spesso e volentieri, si astiene anche dal lavoro. Uno dei miei pazienti non è andato a lavorare per mesi perché preferiva stare davanti ad una slot-machine dalla mattina alla sera. Sono situazioni che ti portano a perdere l’etica, la dignità ed anche la voglia di vivere”.
Come se ne può uscire?
“Per quanto mi riguarda seguo dei protocolli ben precisi così come si fa in tutte le associazioni impegnate nella riabilitazione dei ludopatici. Esistono anche delle cliniche preposte alla cura di questo tipo di dipendenza. Si mettono i pazienti davanti al fatto compiuto: evento, stimolo comportamento e conseguenza. Si cerca di far comprendere al paziente a cosa va incontro. Con la mindfulness cerchiamo invece di spostare il pensiero ossessivo del gioco verso qualcos’altro di costruttivo per il paziente stesso”.
Cosa si può dire a chi si lascia ammaliare da una vincita facile?
“Vince sempre il banco, mai il giocatore! E anche in caso di fortuna, la ricchezza sarà effimera e destinata a consumarsi in altre giocate”.
L’appello finale è ancora rivolto ai familiari: “Se vi accorgete che un componente della vostra famiglia si è fatto prendere la mano, intervenite subito e, se la situazione è già grave, rivolgetevi ad un centro specialistico, alle associazioni sul territorio o a professionisti in grado di rimettere il ludopatico sulla retta via”.
Giuseppe Cerfeda
Appuntamenti
#TAURISANOSVAPO, nuova apertura dopo Maglie e Tricase
“Abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore”…

Nuova apertura a Taurisano per Svapo già presente a Tricase e Maglie.
«Già presenti sul territorio leccese con due negozi», spiega Dario Surano, «abbiamo deciso di arricchire il sud Salento con un terzo punto vendita. Lo scopo cardine è di espandere la nostra rete di negozi per avvicinare sempre più persone alla nostra visione».
Infatti, prosegue, «operando nel settore svapo dal 2015, abbiamo affinato esperienza e coltivato la clientela con un rapporto che va oltre il mero aspetto lavorativo. Vogliamo mettere a disposizione, tutta l’esperienza maturata in questo tempo per creare luoghi dove passione e professionalità incontrano il meglio che il mercato della sigaretta elettronica possa offrire. Al centro dell’attenzione mettiamo sempre le esigenze e le richieste di tutti coloro che negli anni si sono approcciati o che si vogliono avvicinare alla sigaretta elettronica».
Come si è arrivati alla nuova apertura?
«Insieme a tutti i nostri collaboratori», premette Surano, «abbiamo sempre lavorato per fornire il miglior servizio possibile, anche esponendoci di persona per cercare di diventare trend setter in questo settore che amiamo e in cui mettiamo tutti noi stessi. Con l’apertura di #TAURISANOSVAPO ci rimettiamo in gioco ma siamo sicuri che riusciremo a vincere anche questa una sfida con l’aiuto e anche l’apprezzamento di tutti i consumatori che si affidano a noi con fiducia».
«Vogliamo che ogni cliente di senta parte del nostro progetto», insiste, «offrire il meglio nel mondo dello svapo, con prodotti di qualità e un servizio che faccia sentire ogni persona importante grazie alla professionalità dei nostri collaboratori.
Tutti insieme ci divertiamo, certamente, ma non dobbiamo mai dimenticare che lo svapo è prima di tutto salute, ovvero uno strumento per abbandonare il vizio del fumo. Se riusciremo a trasmettere questo messaggio in allegria e con il sorriso sulle labbra, secondo me, avremo ancora più successo».
Attualità
Maria Antonietta I di Puglia
È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà….

Unisalento, ecco la prima rettrice
Maria Antonietta Aiello: «Per me motivo di orgoglio diventare la prima rettrice: non ho dubbi che altre ce ne saranno, perché non c’è alternativa a un futuro di reali pari opportunità»
La professoressa sarà rettrice per il sessennio 2025-2031.
Al primo turno il voto pesato per ciascuno dei tre candidati ammessi alla procedura elettorale era stato: Maria Antonietta Aiello, 338,269; Luigi Melica, 278,944; Salvatore Rizzello, 138,239.
Dopo il ritiro degli altri due candidati, ovvero il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche Luigi Melica e il direttore della Scuola superiore ISUFI Salvatore Rizzello, i voti della comunità accademica si sono indirizzati in blocco, infatti, sull’attuale prorettrice vicaria e ordinaria di Tecnica delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione. Di Marzi (Cosenza), sarà dal prossimo 1° novembre, a prendere il testimone dal rettore Fabio Pollice.
La vera sfida del futuro
di Hervé Cavallera
Il 2025 è un anno importante per l’Università del Salento. Da non molto sono trascorsi i festeggiamenti per il suo 70° anno di vita ed è stato appena eletto, nella persona della prof.ssa Maria Antonietta Aiello, il suo 11° rettore, anzi la prima Rettrice di Unisalento.
Il primo rettore, e inoltre fondatore dell’Università, fu Giuseppe-Codacci-Pisanelli (nel 1955 rettore del Consorzio Universitario Salentino, dal 1956 al 1976 rettore dell’Università di Lecce), quindi Saverio Mongelli (1976-1979), Mario Marti (1979-1981), Alberto Sobrero (1981-1983), Donato Valli (1983-1992), Angelo Rizzo (1992-2001), Oronzo Limone (2001-2007) che mutò (2007) il nome da Università di Lecce in Università del Salento, Domenico Laforgia (2007-2013), Vincenzo Zara (2013-2019), Fabio Pollice (2019-2025).
In 70 anni, ovviamente, non solo è cresciuta l’offerta formativa dell’Università salentina (sorta con la Facoltà di Magistero a cui seguì quella di Lettere e Filosofia), ma è cambiato l’intero panorama nazionale.
L’Università di Lecce fu la terza ad esistere, dopo Napoli e Bari, nell’Italia meridionale continentale.
Oggi numerose sono le università statali nelle diverse regioni del Sud, a cui devono aggiungersi quelle non statali legalmente riconosciute e quelle telematiche. Il che, si capisce, comporta una serie di problemi di natura economica, che crescono ulteriormente pensando al numero consistente di studenti del Sud che preferiscono recarsi in università del Centro-Nord e, non ultimo, alla denatalità che riduce il numero dei giovani.
Mantenere al meglio l’esistente è ciò che diventa immediatamente evidente per chi assurge alla carica rettorale.
Ma “mantenere”, in una realtà sempre più complessa, concorrenziale e globalizzata, non è invero sufficiente. Nel mondo della flessibilità, non si mantiene: si sviluppa. Occorre crescere ulteriormente e divenire sempre più concorrenziali.
Sotto tale profilo il compito che attende la Rettrice, non è affatto facile.
È in primo luogo necessario elaborare una strategia di massima che riguarda, per così dire, una più profonda capacità di comprendere, anticipare e soddisfare le attese e le potenzialità del territorio e un aumento del numero dei corsi di laurea e dei dipartimenti, ossia di quelle che una volta (sino al 2010) si chiamavano facoltà.
Al tempo stesso è opportuno migliorare la qualità dell’assistenza studentesca, dei servizi che si offrono.
Basti pensare agli alloggi, ai collegamenti, alla viabilità, alle mense universitarie.
Si tratta di una serie di obiettivi che – una volta raggiunti – farebbero risaltare l’immagine di una università dinamica, accorta ai bisogni del presente e del territorio, volta all’innovazione.
E’ opportuno che per raggiungere tutto questo la Rettrice sia coadiuvata da uno staff efficiente e coeso.
Certo, quello che si è indicato pare necessario e tuttavia non facile da conseguire in quanto comporta in primo luogo una serie di interazioni con il mondo politico ed economico abbastanza complesse. Soprattutto non sono trascurabili, ad avviso di chi scrive, i dati già rilevati connessi alla denatalità e alla volontà giovanile di spostarsi altrove, anche fuori d’Italia, in vista di una più proficua occupazione dopo aver conseguito la laurea.
Alla luce di quanto sopra il problema diventa allora quello di rendere appetibile – mi si passi il termine – Unisalento.
Affinché questo sia, bisogna tornare ad essere quello che l’università ha voluto essere nel suo significato pieno, come del resto è attestato dalla storia.
Certo, è il luogo ove studiare le discipline che consentono di acquisire le conoscenze e le competenze di base della propria professione per il bene personale e del prossimo, ma in primo luogo è un centro di ricerca di alta cultura.
Solo puntando alla realizzazione di uno stimolante centro di ricerca è possibile dare veramente vita ad una università.
Si tratta, insomma, di mettere totalmente da parte sia l’idea di un mero titolificio sia quella di un’azienda che offre pure velleitarie illusioni.
Un centro di ricerca, con docenti scientificamente qualificati, sarebbe certamente in grado di diventare punto di riferimento dell’utenza studentesca e quindi motore di crescita territoriale proprio perché in sé garante della serietà e della qualità degli studi.
In un momento storico in cui prevale l’innovazione è evidente che solo un serio approfondimento nei diversi campi dello scibile umano può diventare forza attrattiva e positivamente propulsiva.
Come scrive Dante nel Canto VI del Paradiso, grande merito dell’imperatore Giustiniano fu quello di aver tolto dalle leggi, nel suo Corpus iuris, «il troppo e ‘l vano».
Ecco: il compito della Rettrice Maria Antonietta Aiello (e ciò in realtà vale per ogni università) è di snellire le lungaggini burocratiche e di puntare sull’essenziale, ossia sull’apporto di docenti veramente all’altezza del presente, che siano in grado di contribuire, ognuno per il proprio settore scientifico-disciplinare, allo sviluppo della ricerca nazionale e internazionale. Infatti, solamente rendendo ancor di più l’Università del Salento un polo di eccellenza scientifica non soltanto i giovani sarebbero indotti ad iscriversi, ma essa diventerebbe un notevole centro di promozione dell’intero territorio.
Tutto questo, si comprende bene, non si realizza in un batter d’ali e richiede lungimiranza e capacità di costituire un corpo docente di rilievo. È ciò che si augura alla Rettrice neoeletta in un momento storico in cui l’Occidente sembra scivolare nei vaniloqui e nell’asservimento alla tecnologia.
Attualità
Albaservice: Risanamento e tutela dell’occupazione le parole d’ordine
Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’Ente….

Dopo oltre un decennio segnato da difficoltà economiche, ammortizzatori sociali e incertezza occupazionale, Albaservice spa, società interamente partecipata dalla Provincia di Lecce, volta finalmente pagina.
Grazie a un lavoro sinergico e determinato, guidato dal presidente della Provincia Stefano Minerva e dall’amministratore unico Marco Miceli, è stato raggiunto un risultato straordinario: dal 2025 nessun lavoratore sarà lasciato indietro. Tutti i dipendenti torneranno all’orario pieno di 40 ore settimanali, senza più ricorso alla cassa integrazione o altri strumenti di sostegno al reddito.
Un traguardo impensabile fino a pochi mesi fa, ottenuto attraverso un’azione politica e amministrativa forte, che ha visto la rimodulazione delle convenzioni quadro tra Provincia e partecipata, relative alla gestione degli edifici scolastici e alla manutenzione della rete viaria, e l’affidamento di nuovi servizi strategici per garantire la sostenibilità dell’azienda.
Il percorso di rilancio è stato reso possibile grazie all’impegno del Consiglio Provinciale e alla piena collaborazione dei dirigenti e funzionari dell’Ente. In soli sei mesi, la nuova amministrazione ha saputo imprimere una svolta concreta, restituendo ad Albaservice un’identità operativa, una prospettiva industriale e una dignità occupazionale.
“Non parliamo solo di un risultato economico, ma di un atto di responsabilità istituzionale e di giustizia sociale. Albaservice torna a essere una risorsa per il territorio, per le scuole, per le strade, per i cittadini, e questo è stato possibile anche grazie alla disponibilità dei lavoratori e al lavoro infaticabile dei sindacati, che ringrazio per il proficuo confronto e la piena convergenza per il raggiungimento di questo importante traguardo”, ha dichiarato il presidente Minerva.
Albaservice rappresenta oggi un modello di servizio pubblico efficiente e vicino alle comunità, con operatori che garantiscono quotidianamente la sicurezza e il decoro del patrimonio scolastico e stradale provinciale. Un ruolo che torna a essere valorizzato, anche grazie alla stabilità lavorativa finalmente restituita a tutte le maestranze.
Anche l’amministratore unico Marco Miceli ha espresso la propria soddisfazione: “Abbiamo lavorato con rigore, visione e rispetto per ogni lavoratore. Questo risultato è la dimostrazione che le partecipate pubbliche, se ben governate, possono essere centri di eccellenza e coesione sociale.”
Il futuro di Albaservice riparte dunque da basi solide: un piano industriale sostenibile, una squadra di lavoro motivata e un ente pubblico che ha saputo credere e investire nel cambiamento.
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