Attualità
“Adelchi, vogliamo tornare a lavorare!”
Nella nostra Redazione alcuni dei lavoratori del gruppo Adelchi in cassintegrazione, che dal 21 settembre protestano in Piazza Pisanelli e addirittura dal cornicione di Palazzo Gallone. Alcune delle “vittime” di questa drammatica situazione che rischia di lasciare sul lastrico centinaia di persone, con figli a carico e mutui da onorare.
Tommaso Nuccio, 45 anni, di Tricase, operaio dal 1994 e sindacalista della Conflavoratori: “I lavoratori hanno assunto questa posizione innanzitutto per la disperazione, ma in modo particolare per il continuo non rispetto, da parte di Adelchi Sergio, degli accordi assunti con i Sindacati. Il patto era che entro il 15 giugno si doveva rientrare a lavorare e questo termine non è stato rispettato. Poi si è sottoscritto un verbale di cassintegrazione con la clausola che entro metà settembre, 576 lavoratori sarebbero rientrati in fabbrica. Clausola che non si sta rispettando”. E il famoso piano industriale? “Quando il 6 luglio scorso è stata concordata la cassintegrazione, nessuno ha parlato di progetto. Quando abbiamo parlato di ripresa del lavoro, invece, si è parlato di progetto… mah!”. E i 15 milioni di euro di aiuti che l’imprenditore avrebbe chiesto al Governo? “Sinceramente sarei anche contrario a questa ulteriore erogazione perché se l’imprenditore investe in Albania, in Bangladesh e chi più ne ha più ne metta, non è più credibile. Se paga un operaio in India 19 euro al mese (!), come può essere credibile una sua richiesta di accesso al credito? L’azienda dovrebbe dare un segnale forte di inversione di tendenza. Anche perché tutti noi operai di sacrifici ne abbiamo fatti, lavorando a ritmi assurdi, con poche ferie e in spazi angusti, pur di mantenere in auge la fabbrica e non mettere a rischio il posto di lavoro”. La crisi del manifatturiero, però, non ha coinvolto solo Adelchi. “Ok la crisi. Che ti può anche fare perdere il 30-40% della forza lavoro, ma il 50-60% lo devi mantenere. Non è possibile che un’azienda che ha prodotto milioni di paia di scarpe all’anno, da un momento all’altro non produca più una scarpa. Troppo comodo delocalizzare tutto dove il costo del lavoro è bassissimo, per non dire di peggio. Adelchi dovrebbe mantenere le sue promesse e ricordarsi che quando si presentava a noi operai, si rivolgeva a noi chiamandoci figli miei”. Cosa chiedete? “Che l’imprenditore mantenga le promesse e un impegno da parte delle istituzioni comunali: non è possibile, non è pensabile che 31 Comuni interessati direttamente dalla crisi Adelchi non siano riusciti a far assumere neanche una persona su oltre 2mila che hanno perso il posto di lavoro. Chiediamo che i Sindaci trovino il modo almeno di iniziare un percorso per cercare una soluzione che porti al famoso ricollocamento”.
Nel settore manifatturiero gli effetti della recessione colpiscono soprattutto gli operai, oggi cassintegrati alle prese con ammortizzatori in ritardo e lotte per il diritto di sopravvivere. E soprattutto a fare i conti con un presente di rinunce ed un futuro carico di incertezze.
Daniela è di Alessano, ha 39 anni ed è entrata a far parte dei dipendenti Adelchi nel 1989: “Lavoravo in una fabbrichetta di pantaloni, guadagnavo poco, la mia famiglia era numerosa e c’era l’esigenza di avere un’occupazione che mi garantisse un reddito maggiore. Era il periodo in cui Adelchi aveva bisogno di operai ed io sono entrata prima in orlatura e poi sono stata spostata nel montaggio”. Che ricordo hai del tuo primo impatto in fabbrica? “Bello, lavorare a contatto con tanta gente mi faceva stare bene. E poi Adelchi mi sembrava quasi un Re, perfino buono, arrivato anche a preoccuparsi di dirci di mandare i nostri figli a scuola che il mondo stava cambiando, che c’era Internet e i nostri figli dovevano avere una cultura per avere un futuro che la fabbrica non poteva garantirgli. Ci diceva che per noi lui era come un papà e che si sarebbe occupato sempre di tutti noi”. Invece? “Invece nel 2002 è cominciata la discesa con la prima cassintegrazione arrivata con un mutuo già contratto. Prima qualche settimana, poi per un mese, poi i licenziamenti per farci passare da una ditta all’altra… E poi ansia, stress e problemi di salute tutti legati all’incertezza per il futuro. Per fortuna questo tipo di problemi, grazie alla forza di volontà, sono riuscita a superarli. Ma la cassintegrazione e le incertezze restano. E con due bambini non è proprio semplice”. Oggi cosa provi? “Rabbia. Vorrei affrontare Adelchi, che è anche un padre di famiglia e dovrebbe sapere cosa vuol dire. Mi ha deluso, anche se devo riconoscere che grazie a lui ho cominciato a realizzarmi. Però mi ha portato dalle stelle alle stalle!”.
Annarita è di Acquarica del Capo, ha 40 anni ed ha cominciato a lavorare da Adelchi nel 1997: “Lavoravo in una fabbrica di calzini ad Acquarica e nella speranza di un miglioramento ho seguito mio marito, che già allora lavorava per Adelchi. Ero contenta. Premetto che nel dicembre 2001, in un incontro prenatalizio, disse a tutti noi: “Tranquilli, questa azienda non vi manderà mai in cassintegrazione. Se dovete fare un mutuo per la casa, fatelo senza problemi”. Infatti… a maggio 2002 sia io che mio marito ci siamo trovati in cassintegrazione! Prima saltuaria e poi nel 2003 tutti e due a casa senza stipendio per sei mesi (all’epoca la cassintegrazione straordinaria era erogata ogni sei mesi), con il mutuo da pagare e due figli da mantenere. Nel 2005 mio marito è stato messo in mobilità mentre io sono tornata a lavorare, fino agli ultimi eventi”. Cosa le è rimasto? “La separazione da mio marito, e tanta rabbia in corpo”.
Deborah è di Specchia ed ha 37 anni: “Sono stata assunta insieme al mio ragazzo, che poi sarebbe diventato mio marito nel 1997. Ed ho un grande cruccio: quello di non aver proseguito gli studi preferendo una sistemazione immediata. L’atmosfera non era il massimo, bastava un nulla perché fossimo presi di mira, abbiamo sopportato anche delle angherie. Nel 2003, mentre affrontavo la separazione da mio marito ed una forma di depressione che mi impediva di recarmi sul posto di lavoro, mi sono trovata in cassintegrazione. Ero da sola, con un bambino e una casa in affitto. Da allora tutto è andato a rotoli. L’unica fortuna è che in quella fabbrica ho conosciuto quello che sarebbe diventato il mio attuale compagno ed è l’unica cosa di cui sono grata al signor Adelchi. La situazione economica invece non è per nulla migliorata: dopo un anno di convivenza anche il mio compagno ha avuto la cassintegrazione. Con tre figli, il mutuo e l’affitto”. Il futuro? “La speranza è l’unica cosa che non ci possono togliere. Siamo disposti anche a fare i turni, a sottoporci ad altri sacrifici pur di tornare a lavorare”.
Donato ha 45 anni ed è di Castiglione: “Sono entrato in azienda nel ‘97 e mia moglie lavorava lì dal 1982. Fino al 2002 stavamo bene, poi si è cominciato a parlare di cassintegrazione per chi aveva due persone in famiglia che lavoravano. E sono stato uno dei primi ad accettare la situazione facendo restare a casa mia moglie. Poi anche per me cassintegrazione e contratto di solidarietà (i famosi turni di settimane). Mi piacerebbe sottolineare che noi dipendenti mai abbiamo messo i bastoni tra le ruote ad Adelchi, anzi: gli scatti di anzianità non li abbiamo mai chiesti, siamo stati licenziati da un’azienda e assunti in un’altra, abbiamo fatto ricorso agli ammortizzatori sociali… Siamo arrivati al punto che oggi ho moglie e tre figli a carico e anche se non ho un mutuo da pagare, non ce la faccio a vivere con 700 euro al mese! Chiedo all’imprenditore di farsi un esame di coscienza. Non si può arrivare alla fine e dire che non ci sono commesse quando poi tutti sanno che le scarpe le producono altrove. Le istituzioni gli hanno chiesto un piano industriale serio per poter erogare i fondi; lui non ha fatto nemmeno questo!”.
Antonio è di Tricase ed ha 43 anni: “E’ questo è il danno maggiore. Chi mi assume a quest’età? Abbiamo investito la nostra giovinezza in quest’azienda, credendoci fino in fondo e lasciandoci ernie, polsi e tendini rovinati e quant’altro. Ho cominciato a lavorare nell’89 e la delusione più grossa è stata vedere, con il passare del tempo, svuotarsi pian piano l’azienda. Ho messo su famiglia e contratto un mutuo per la casa e tutt’ora ne sono impelagato. Adelchi amava ripeterci “fatevi il mutuo tanto ci penso io”. Il mutuo lo abbiamo fatto ed ora siamo tutti col sedere per terra. Ora spero si possa riaccendere una piccola luce. Con l’aiuto degli ammortizzatori sociali e con un po’ di impegno di Adelchi, spero che almeno una buona parte di noi possa tornare a lavorare”.
Giuseppe Cerfeda
Attualità
“Campagna pubblicitaria…stonata”: la segnalazione da Ruffano
Un nostro lettore commenta un manifesto apparso in queste settimane in paese: “Uso improprio del volto femminile, per di più estrapolato da un film drammatico che narra di una patologia”
Riceviamo e pubblichiamo la lettera giunta in Redazione da un nostro lettore di Ruffano che segnala un uso improprio del volto femminile su una campagna pubblicitaria che solleva, quantomeno, delle perplessità.
Segnalo la comparsa, più o meno dal 10 novembre scorso, di un manifesto pubblicitario affisso nei pressi del parco di via Torino, sulla strada che collega Ruffano a Montesano.
Tale manifesto pubblicitario dovrebbe riguardare la vista con conseguente controllo e acquisto di occhiali ma il claim, “vedere è un piacere”, viene associato ad un’immagine di una donna in evidente stato di godimento sessuale quindi l’associazione con il vedere e la vista in generale viene messo in secondo piano.
A parte l’azzardo di tale associazione, la donna presente sul manifesto fa parte a sua volta di un manifesto cinematografico, relativo al film “Nymphomaniac” del regista Lars von Trier, ed è l’attrice anglo-francese Charlotte Gainsbourg.
Si tratta di un film dal taglio drammatico che tratta di una patologia seria di cui soffre la protagonista. Non so se l’agenzia pubblicitaria si è resa conto dell’accostamento di tale immagine ma rimane il fatto che si è fatto un uso improprio del volto femminile in questione con un’espressione intima e chiaramente sessuale.
Si sarebbero potute usare molte altre metafore per esprimere l’importanza della vista e dei controlli periodici.
Inoltre, vorrei sottolineare la scorrettezza dell’allusione, escludendo dall’ipotetico piacere ad esempio i non vedenti. Il responsabile della ditta pubblicizzata (che non è di Ruffano, NdR), cui ho personalmente rivolto le mie perplessità, ha affermato, udite udite, che la “modella” non è uguale all’attrice del film. Giudicate voi (seguono foto).


Attualità
Olio d’oliva: «Servono strumenti di regolamentazione di mercato»
Italia Olivicola e CIA, appello al Governo per interventi che garantiscano un funzionamento ordinato e trasparente del mercato. Plauso alla GdF, all’ICQRF Puglia e Basilicata e all’Agenzia delle Dogane per maxi operazione antifrode
Italia Olivicola e CIA Agricoltori Italiani, a pochi giorni dai positivi riscontri del tavolo olivicolo nazionale, tornano sulla questione olio d’oliva e lo fanno a 360 gradi, partendo da una questione basilare.
«Abbiamo espresso apprezzamento per gli impegni assunti dal Governo riguardo al potenziamento dei controlli», sottolinea Gennaro Sicolo, presidente di Italia Olivicola e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani, «occorre che, tuttavia, come previsto dai regolamenti comunitari, si possa procedere allo stoccaggio privato dell’olio».
Il mondo dell’olio di oliva italiano ha bisogno di stabilità e tranquillità durante la campagna olearia: Italia Olivicola e CIA, dunque, chiedono al governo di valutare l’attivazione di strumenti di regolamentazione di mercato.
«Le tensioni che si stanno registrando nelle ultime settimane nuocciono al settore», aggiunge Sicolo, «il comparto ha bisogno di calma e prospettive economico-finanziarie certe nel momento del massimo sforzo produttivo. Gli strumenti normativi per garantire una stagione ordinata dell’olio esistono e vanno messi in campo”.
L’articolo 167 bis del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1308/2013 stabilisce che, al fine di migliorare e stabilizzare il funzionamento del mercato comune degli oli d’oliva, nonché delle olive da cui provengono, gli Stati membri produttori possono stabilire norme di commercializzazione per la regolamentazione dell’approvvigionamento.
«Il ritiro temporaneo dal mercato di quantitativi di extravergine nazionale», continua Sicolo, «può prevenire fibrillazioni e garantire che i flussi commerciali siano mantenuti ordinati e senza scossoni, a beneficio dei produttori e dei consumatori».
Da tempo Italia Olivicola chiede che, oltre a misure emergenziali, il comparto possa avere strumenti che garantiscano che il mondo della produzione non venga finanziariamente strozzato durante la campagna olearia, perturbando il mercato, disorientando i consumatori nazionali e internazionali.
«A questo proposito, voglio esprimere il mio plauso e ringraziamento alla ICQRF Puglia-Basilicata, alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle Dogane per la maxi operazione tra il porto di Bari e la provincia di Lecce col sequestro di 14mila litri di olio extravergine non tracciato», conclude Sicolo, «oggi dobbiamo pensare a misure di emergenza ma guardando avanti, già pensiamo a come tutelare il reddito dei nostri agricoltori da forti oscillazioni del mercato e dei prezzi, proteggendo così la stessa immagine dell’oro verde, bandiera del Made in Italy».
Attualità
Tricase, è ufficiale: Vincenzo Chiuri candidato sindaco
Giovedì 11 dicembre la presentazione del candidato di Partito Democratico, Cantiere cvico e Sinistra italiana alle elezioni amministrative della primavera del 2026
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Partito Democratico, Cantiere civico e Sinistra italiana mettono fine alla ridda di voci, ipotesi e congetture, comunicando «con soddisfazione» la candidatura di Vincenzo Chiuri a sindaco di Tricase per le prossime elezioni amministrative della primavera 2026.
«La candidatura del dott. Chiuri», fanno sapere dalla coalizione dei tre movimenti politici, «è il frutto di un lungo percorso partecipato che ha visto coinvolti partiti, movimenti, associazioni politiche e civiche che si riconoscono nei valori e nelle idee del centrosinistra. Un processo di confronto approfondito, che ha permesso di giungere ad una sintesi ampia e credibile attorno a un progetto politico condiviso con lealtà e senso di responsabilità, non solo in grado di superare le divisioni del passato, ma anche di offrire una visione chiara ed unitaria per il futuro della nostra Città».
Congiuntamente alla sintesi sulla figura del candidato sindaco, proseguono «saranno fondamentali l’elaborazione del programma e la formazione delle liste, sollecitando la partecipazione di tutte le componenti che costituiscono il tessuto sociale cittadino».
L’APPELLO
C’è spazio anche per un appello «alle realtà che hanno scelto di attendere o di non aderire ancora alla proposta comune, ribadiamo la necessità di unirsi e fare fronte comune, contribuendo alla costruzione di un progetto collettivo, lontano dalle frammentazioni e personalismi del passato».
«Il nostro obiettivo», spiegano, «è ricevere la fiducia dei cittadini di Tricase e, soprattutto, restituire loro quella centralità e protagonismo di cui da tempo sono stati privati, nonostante le ormai famose e vane promesse di “palazzi trasparenti” e “tavoli delle Responsabilità” degli ultimi anni».
«CANDIDATO AUTOREVOLE»
La scelta di sostenere Vincenzo Chiuri «nasce proprio da questa volontà: offrire a Tricase un candidato autorevole, competente e capace di rappresentare una coalizione larga, fondata sul dialogo, sulla partecipazione e sul rispetto, oltreché su una visione moderna e inclusiva di Città».
LA PRESENTAZIONE
Di tutto questo e altro ancora Partito Democratico, Cantiere civico e Sinistra italiana parleranno in assemblea pubblica giovedì 11 dicembre, dalle ore 19, presso le Scuderie di Palazzo Gallone.
L’incontro è aperto alla cittadinanza.
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