Attualità
“Ecco dove si… annida il lavoro”
Loredana Capone: “Dalla Regione un bando per i soggetti svantaggiati: giovani, donne, cassintegrati, persone in mobilità e disoccupati. Finanziati 3.956 progetti di cui 130 nel Salento”

“In un momento di crisi uno deve decidere come regolarsi rispetto alla crisi: o prendersela con tutto il mondo, con gli altri e poi alla fine subirla, oppure combatterla”.
Così esordisce l’assessore regionale allo sviluppo economico Loredana Capone, intervenuta presso l’Auditorium comunale di Corsano per parlare del bando NIDI, istituito dalla regione Puglia per garantire ai giovani pieni di inventiva un futuro al di fuori della crisi, dall’anonimato finanziario. Per l’assessore Capone se la tempesta è imminente non bisogna aspettare che ci travolga e ci distrugga, ma attrezzarsi per affrontarla. E così sta facendo la Regione: si sta, si è attrezzata per affrontare la burrasca, armandosi di bandi di salvataggio contro la crisi. Nel Paese in cui i beni culturali sono al top, i fondi europei sono stati restituiti al mittente; non c’è un’altra nazione con un patrimonio UNESCO come il nostro, e che nonostante ciò sia al XIX posto per flussi turistici. Come si può dare lavoro ai ragazzi che escono da Beni Culturali, da Scienze della Comunicazione se non si crea una rete che sviluppi queste attività? Gli altri Paesi europei usano le piattaforme internet per vendere i loro prodotti, i loro itinerari; da noi questo semplicemente non accade, non investiamo sul progresso. Negli ultimi 10 anni la Puglia ha fatto passi da gigante, ma adesso vuole di più e l’obiettivo è, diciamo, ad una fermata di traghetto. Il punto è capire cosa vogliamo dal nostro territorio e poi lavorarci su. Per avere un collegamento della Puglia con il resto del mondo bisogna scegliere i Paesi target: i Paesi dell’est, gli Emirati Arabi, l’India e la Cina, ma che rapporti può costruire la nostra regione con questi Paesi? “Sono Paesi che crescono molto più dei paesi europei e occidentali, quindi spendono. Ed è per questa ragione che con loro e con tutta la Green Economy noi abbiamo fatto, dice la Capone, una importante Business Convention con le imprese della pietra, del farmaceutico, dell’abbigliamento, del design, dell’arredo. Oggi non si può vivere nel perimetro di Corsano, del Salento e della Puglia: occorre guardare a chi si può vendere. Abbiamo invitato esclusivamente quei paesi perché in Kazakistan nel 2017 ci sarà l’EXPO, che avrà come titolo la Green Economy, ad Abu Dhabi nel 2022 ci saranno le Olimpiadi e gli investimenti previsti sono di svariati miliardi di dollari, nel 2020 anche a Dubai ci sarà l’EXPO e l’obbiettivo è il design. Sono tutte cose collegate a noi, quei Paesi ci guardano con una attenzione incredibile, e tra noi e loro c’è una grande vicinanza. Le nostre imprese possono continuare a guadagnare, esportando prodotti e servizi, senza la delocalizzazione che ci distrugge e ci fa licenziare lavoratori. La delocalizzazione non è per noi, la fa chi non vuole investire su ricerca e innovazione e vuole risparmiare sul costo del lavoro in luoghi dove non sono rispettati i diritti dei lavoratori”.
Il made in Italy è amatissimo nel mondo, i Paesi dell’est e dell’Euroasia spendono, investono, comprano i nostri prodotti. I B&B hanno vinto sugli alberghi per innovazione: sono stati i primi a fare i siti internet con cui hanno venduto i loro prodotti. “A Spongano c’è uno dei più famosi B&B di Puglia: nonostante non sia un paese di mare, nè una città rinomata, hanno avuto la capacità di capire come gira il mondo”. Fare una piattaforma commerciale diventa fondamentale. Comprare merce via internet è all’ordine del giorno, i costi sono più bassi e la vendita diventa internazionale, non più chiusa al cliente occasionale. Il bando NIDI (Nuove Iniziative d’Impresa) nasce dalla considerazione di voler finanziare i giovani e le persone che hanno perso il lavoro, per creare un’opportunità d’impresa: “Nel 2010 abbiamo fatto un bando che rispondesse a queste caratteristiche: vogliamo finanziare i giovani nell’apertura di nuove attività d’impresa o comunque le persone che vogliono dedicarsi ad una nuova attività. Startup d’impresa”. Inizialmente il bando NIDI non è stato accolto come si sperava, i criteri erano molto lontani per gli standard di un giovane laureato o disoccupato: cofinanziamento da parte del giovane all’attività di startup e fideiussione. Sembrava che questo progetto volesse finanziare i giovani che possono già fare impresa; infatti la Regione concedeva il 30%, ma il restante 70% un disoccupato dove lo trova? Continua poi l’assessore: “Dopo i primi incontri ho capito che bisognava fare qualcosa. Ma era difficile, perché l’Unione Europea metteva queste due regole che, a guardarle da un altro punto di vista, sono giuste: se non ci metti qualcosa di tuo, non può l’Unione finanziarti, altrimenti sciupi quei soldi che ti dà, e non ci credi; se ci credi, invece, devi trovare qualcosa di tuo, quindi cofinanziamento obbligatorio e fideiussione. Parlando con il nostro referente in Europa, abbiamo trovato una soluzione: uscire dalle regole dell’impresa e fare un bando solo per i soggetti svantaggiati: giovani, donne, cassintegrati, persone in mobilità e disoccupati, tutti quelli a cui volevamo arrivare, quelli che non riescono ad aprire un’attività d’impresa, nonostante abbiano buoni progetti. Se investi in ricerca, ti aiutiamo. Abbiamo finanziato 3.596 piccole imprese: pasticceri, gelatai che hanno fatto dei bellissimi progetti di innovazione in virtù dei quali adesso esportano le loro torte gelato; le cioccolaterie, gli imbianchini, le parrucchiere, le estetiste hanno trovato nei nostri bandi un’opportunità”.
Paola Tarantino
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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