Attualità
L’auto del futuro nasce nel Salento
Porsche Engineering e Vodafone Business realizzano nel Nardò Technical Center la prima rete privata 5G ibrida d’Europa – L’infrastruttura pensata per lo sviluppo dei veicoli intelligenti e connessi del futuro

Porsche Engineering e Vodafone Business hanno realizzato la prima rete privata 5G ibrida (Mobile Private Network – MPN) d’Europa al Nardò Technical Center (NTC).
Il Centro Prove pugliese, di proprietà di Porsche e gestito da Porsche Engineering, offre ora ai propri clienti i vantaggi della nuova infrastruttura di comunicazione, come la trasmissione di dati in tempo reale, la banda larga e la bassa latenza, oltre che una maggiore sicurezza e affidabilità. Attraverso questa iniziativa il Nardò Technical Center conferma ulteriormente il suo ruolo di partner tecnologico all’avanguardia nello sviluppo e nel collaudo di soluzioni per la mobilità del futuro.

Peter Schäfer, CEO di Porsche Engineering
«Lavoriamo costantemente al miglioramento delle tecnologie del nostro Centro Prove di Nardò in modo da rispondere efficacemente alle necessità dei clienti nell’ambito della mobilità del futuro, che sono sempre più sfidanti», osserva Peter Schäfer, CEO di Porsche Engineering e Chairman della Shareholder Committee di Nardò Technical Center. «Questa nuova rete 5G ci permetterà di offrire loro un’infrastruttura ancora più all’avanguardia per lo sviluppo e il testing dei veicoli intelligenti, connessi e a guida autonoma».
La nuova infrastruttura di rete mobile abilita la copertura 4G e 5G in tutto il centro salentino, che si estende su un’area di oltre 700 ettari e comprende più di 20 piste di test ad alte prestazioni, e si propone di consentire ai clienti del Centro lo sviluppo e il testing di un’ampia serie di applicazioni tecnologiche per la mobilità del futuro, come la connettività dei veicoli, i sistemi evoluti di guida assistita e di guida autonoma.
Come rete privata mobile di nuova generazione, il sistema sviluppato è dotato di un’infrastruttura ibrida che utilizza una rete privata completamente integrata nella rete mobile pubblica di Vodafone. Grazie al suo design innovativo, è fornita copertura veloce 5G sia alla popolazione locale attraverso la rete pubblica che, allo stesso tempo, ai clienti di NTC attraverso l’utilizzo della rete privata che garantisce i più elevati standard di sicurezza nella trasmissione dei dati.
Grazie alla nuova rete mobile, NTC offrirà una connessione ad alte prestazioni (1 Gbit/s) che consentirà di collegarsi direttamente e più velocemente anche al cloud, permettendo una maggiore capacità di collaborazione online a livello globale e più efficienza nel campo dell’ingegneria basata sui dati.
«Le reti private mobili 5G possono fare da trampolino di lancio per le aziende, consentendo loro di far evolvere il modello di business», aggiunge Vinod Kumar, CEO di Vodafone Business.
«A Nardò», evidenza Kumar, «la tecnologia MPN consente di realizzare una struttura che assomiglia a una vera e propria smart city, con una copertura perfetta dentro e fuori dal circuito per la prossima generazione di applicazioni che trasformeranno i trasporti e la mobilità. Siamo entusiasti del ruolo che stiamo svolgendo per aiutare il team di Nardò a pianificare il futuro e a realizzare il potenziale di business con alcune delle nostre ultime tecnologie».
La nuova rete segna un’altra tappa fondamentale nello sviluppo orientato al futuro del Centro Prove. Dall’acquisizione da parte di Porsche nel 2012, sono stati effettuati continui investimenti per l’ammodernamento e l’aggiornamento tecnologico dei circuiti di prova. Nel 2019, oltre agli investimenti nelle officine, nei sistemi di sicurezza e in altre piste, il celebre anello lungo 12,6 chilometri con un diametro di quattro è stato oggetto di un importante intervento di rinnovamento, inclusa la posa di cavi in fibra ottica per la trasmissione veloce di dati e l’installazione di un’adeguata segnaletica stradale per testare la guida automatizzata.
La nuova rete 5G di Nardò si inserisce in una più ampia collaborazione fra il Gruppo Porsche e Vodafone che, nell’agosto del 2021, ha permesso la realizzazione di una rete 5G nel centro di sviluppo Porsche di Weissach in Germania.
Nardò Technical Center
Gestito dal 2012 dal Porsche Engineering Group GmbH, sviluppa e testa i veicoli connessi e intelligenti del futuro. Fondato nel 1975, oggi gestisce oltre venti piste e impianti di prova distribuiti su una superficie di oltre 700 ettari e più di 160 dipendenti. Il Nardò Technical Center offre servizi di ingegneria all’avanguardia per il collaudo dei veicoli di oltre 90 case automobilistiche nel mondo. L’anello ad alta velocità del Nardò Technical Center in Salento è unico al mondo con una lunghezza di 12,6 chilometri, consentendo di testare i veicoli in condizioni estreme. Nel corso della sua storia, il Nardò Technical Center ha ospitato prove di notevole importanza, che in diversi casi hanno registrato record di rilevanza internazionale.
Porsche Engineering
Porsche Engineering Group GmbH è un partner tecnologico internazionale per l’industria automobilistica. La filiale della Dr. Ing. h.c. F. Porsche AG sta sviluppando per i suoi clienti il veicolo intelligente e connesso del futuro, comprese le funzioni e il software. Circa 1.600 ingegneri e sviluppatori di software si dedicano alle tecnologie di ultima generazione, per esempio nei campi delle funzioni di guida altamente automatizzate, della e-mobility e dei sistemi ad alta tensione, della connettività e dell’intelligenza artificiale. Proiettano la tradizione dell’ufficio di design di Ferdinand Porsche, fondato nel 1931, nel futuro e sviluppano le tecnologie digitali dei veicoli di domani. Così facendo, uniscono una profonda competenza sui veicoli con la competenza digitale e del software.

L’anello circolare del Nardò Technical Center
Attualità
Via alle ispezioni della cavità in zona Puzzu a Tricase

Sono iniziate stamani le ispezioni del pozzo rinvenuta nel borgo antico di Tricase, in zona Puzzu, la scorsa settimana (leggi qui)
A calarsi sono i componenti del Gruppo Speleologico Tricase. Restituiranno tutte le informazioni utili che emergeranno sulla cavità, a partire anche dall’esatta profondità, stimata in circa 25 metri al momento del ritrovamento, avvenuto durante i lavori di riqualificazione del centro storico.
Per le vie del centro cittadino intanto stamattina è rimbalzata la falsa notizia secondo cui qualcuno sarebbe caduto accidentalmente nel pozzo. Nulla di vero: trattasi appunto delle operazioni ispettive avviate nella giornata odierna.
La locale Protezione Civile ed una ambulanza sono sul posto preventivamente, pronte a intervenire in caso di necessità.
Le foto




Approfondimenti
Sotto un cumulo di rifiuti e pannelli
Con la Civiltà dei consumi si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione

È da anni ormai che da più parti si lamenta che nel Salento sta crescendo il cumulo di rifiuti industriali con grave inquinamento per l’ambiente.
Né meno semplici sono i problemi connessi alle discariche dei rifiuti comunali, a prescindere dalle discariche illecite che non mancano.
Ma non basta.
A tutto questo si deve aggiungere la consistente presenza di pannelli solari e pannelli fotovoltaici in tutto il territorio, sul cui smaltimento è difficile prevedere; una presenza peraltro favorita dalla debole strategia nell’affrontare la Xylella fastidiosa.
Gli effetti della diffusione del batterio insieme alla decrescita della coltivazione delle campagne hanno condotto alla desertificazione di gran parte del Salento con la conseguenza che la distesa di olivi secolari è stata sostituita da quella di pannelli fotovoltaici, mentre nella incantevole striscia di mare che va da Otranto a Santa Maria di Leuca si propone con forza la realizzazione di un gigantesco parco eolico offshore.
Senza entrare nei dettagli, è chiaro che va manifestandosi uno scenario che una volta si sarebbe definito apocalittico e che in fondo è tale. Si tratta allora di cercare di comprendere cosa sta affettivamente accadendo.
Il punto chiarificatore da tenere in massimo conto è lo sviluppo della tecnologia.
Chi è anziano sa molto bene cosa è accaduto a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso con la fascinosa affermazione della società dei consumi, la quale, però, ha fatto venir meno ogni sostenibilità.
L’usa e getta è divenuta una realtà sempre più frequente e la diffusione del materiale in plastica, in particolare, è diventata inarrestabile con tutti i problemi che nel tempo si sono manifestati, rivelandosi una fonte di inquinamento drammatico nelle acque (dai laghi agli oceani) e negli stessi viventi, poiché frammenti di plastica di dimensioni di pochissimi millimetri si trovano ormai nei corpi dei viventi.
E il discorso si potrebbe ampliare estendendolo ai pannelli solari e fotovoltaici dismessi, ai tanti oggetti che quotidianamente buttiamo via.
Si può e si deve essere diligenti nella gestione dei rifiuti attraverso la raccolta differenziata, ma il problema dello smaltimento permane.
Per dirla in breve, si è passati da comunità che tendevano a conservare e utilizzare la gran parte degli oggetti (si pensi alle vecchie brocche e agli utensili di terracotta) ad una collettività in cui gli oggetti si rinnovano in continuazione.
SOCIETÀ DEI CONSUMI
È chiaro che tutto questo corrisponde all’affermazione di una società del consumo sotto la spinta della scienza e della tecnica; è la società del capitalismo avanzato con tutti i suoi indubbi vantaggi, ma con la conseguente produzione di rifiuti che sono ormai difficilmente smaltibili.
L’artificiale non si dissolve nella natura come invece avveniva per l’antica spazzatura e ciò genera la diffusione non solo delle grandi discariche, ma di un inquinamento sempre più pericoloso. Ed è un fenomeno che ovviamente non riguarda solo il Salento, ma si estende in tutte le parti del mondo, soprattutto in quelle più industrializzate.
Così il 5 giugno è stata dichiarata dall’ONU “Giornata mondiale dell’ambiente” e quest’anno tale giornata è dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica.
Sotto tale profilo, essendo un processo legato alla funzionalità e alla comodità – espressioni appunto della tecnologia – esso appare invincibile in quanto è difficile qualunque ritorno al passato, a società che possono essere giudicate arcaiche. Certo, è lecito e doveroso cercare di ricorrere a dei rimedi. Non si può rimanere inerti di fronte a dei guasti che mettono discussione la salute e la stessa continuità della vita.
Per poter porre rimedio ai pericoli in corso sarebbe auspicabile la produzione di oggetti smaltibili e inoltre di maggior durata.
LA LOGICA DEL MERCATO
Gli strumenti di cui ci serviamo dovrebbero essere più durevoli.
E ciò è sicuramente fattibile, anche se va contro la logica del profitto propria della realtà industriale, la quale richiede invece il rapido consumo di ogni prodotto e un continuo rilancio in un mercato che continuamente si rinnova.
La logica del mercato, insomma, impone una produzione sempre nuova e di breve durata. Una produzione apparentemente o realmente più funzionale, ma che va oltre la tutela dell’ambiente.
E qui il discorso si potrebbe estendere al processo di cementizzazione che diventa sempre più esteso a discapito della permanenza della flora e della fauna, con palazzi destinati peraltro ad avere una minore durata nel tempo.
Come si vede, quello che deve essere messo in primo luogo in discussione non è tanto il problema della discarica in una determinata località o di un hub energetico, quanto quello della natura del “progresso” ossia di uno sviluppo della vita quotidiana connesso ai frutti della tecnologia e ad un numero considerevole di lavoratori che vive producendo (e utilizzando) tali frutti. È, per ricordare un’immagine classica, il serpente che si mangia la coda: siamo asserviti a ciò che produciamo e di cui non sappiamo fare a meno, nonostante la consapevolezza che rischiamo di autodistruggerci.
COSA POSSIAMO FARE
Quello che al momento possiamo fare è prendere consapevolezza di tale situazione e richiedere la produzione di materiali sostenibili e di lunga durata. Non è un andare controcorrente, perché è in gioco la qualità e la possibilità stessa della vita. È realistico che non si possa bloccare o modificare tutto da un momento all’altro, ma l’intelligenza umana deve indirizzare con serenità e decisione verso tale cammino e il compito della classe dirigente dell’immediato futuro è farsi carico di tutto questo, mentre la diffusione di tale messaggio deve essere fatta propria, senza nessun impeto che sarebbe controproducente ed inutile, da tutti coloro che sono addetti alla promozione della cultura.
Attualità
«La mafia salentina è sempre viva»
Intervista a Francesco Mandoi, ex magistrato salentino già Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia: «Vi spiego tutto»

di Sefora Cucci
“Né eroe né guerriero. Ricordi e sfide di un magistrato” (Besa editrice). Questo il titolo del libro di Francesco Mandoi, ex magistrato salentino che è stato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo presso la Direzione Nazionale Antimafia, in libreria dal 25 aprile.
Da allora, il suo autore è coinvolto in un tour di presentazione e divulgazione che sta facendo il giro dell’intera Puglia, toccando moltissimi paesi, ad esempio Molfetta, Castellaneta, Cutrofiano, Manduria, Lecce, Novoli, Nardò, Trepuzzi e Ugento.
Una vita spesa al servizio dello Stato. «Il destino ha voluto che potessi fare il mestiere che amavo e grazie al mio lavoro posso dire di aver raggiunto, come sosteneva Primo Levi, “la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”», dichiara il dott. Mandoi, che abbiamo intervistato.
Lei rifiuta l’etichetta di magistrato antimafia. Perchè?
«Non amo quella definizione perché la magistratura, nella sua essenza, non è mai stata né pro né contro qualcosa. La giustizia non dovrebbe essere partigiana e un magistrato non è e non deve essere un militante. Aggiungere l’aggettivo “antimafia” rischia di creare una grande confusione, perché il più delle volte viene utilizzato quasi per fini retorici, politici o mediatici. Sembra quasi indicare implicitamente che esista una categoria di magistrati “speciali” che svolgono un lavoro più nobile o significativo rispetto ad altri. Chi combatte la mafia non lo fa per vanità, ma per dovere. Etichettare qualcuno come “antimafia” non solo isola quel magistrato dal contesto più ampio della giustizia, ma sminuisce il valore del lavoro degli altri. Sono sempre più convinto che la lotta alla mafia non ha bisogno di eroi solitari, ma di una società consapevole e unita».
Dalla recente relazione DIA relativa al 2024 emerge che i clan storici del Salento continuano ad esercitare il controllo sul territorio. Quali armi allora?
«Ho letto con sincera preoccupazione i dati emersi i quali, non fanno altro che raffermare la mia idea che la SCU non è mai finita nel nostro territorio. Anzi, molto più correttamente dovremmo parlare di mafia salentina perché nel corso del tempo ha assunto vari nomi; perché sa, la mafia è camaleontica ed è in grado di adattarsi a qualunque scenario, mantenendo sempre gli stessi obiettivi. Alle attività tipiche (estorsione, spaccio, riciclaggio, ecc.) se ne aggiunge un’altra, altrettanto preoccupante: quella relativa al controllo delle attività turistiche».
Cosa possiamo fare?
«Denunciare e sensibilizzare. Questi non sono due verbi vuoti ma si caricano del significato che diamo loro: mettere la pulce nell’orecchio delle forze dell’ordine è possibile, purché ci sia fiducia nelle istituzioni. Dobbiamo stimolare alla collaborazione. Cosa serve? Uomini, mezzi, collaborazione, credibilità nello Stato e soprattutto recuperare la fiducia nei confronti delle Istituzioni che in questo momento storico va via via perdendosi. Occorre recuperare quella fiducia perché si sta diffondendo una cultura del ‘chi me lo fa fare?’ che è l’anticamera della cultura dell’omertà».
Le recenti riforme sulla giustizia e i disegni di legge qualificano una situazione in cui, da più parti, è stato lanciato un allarme al pericolo di lesione dello stato di diritto. Lei cosa ne pensa?
«Il pericolo è estremamente reale. Sono molto preoccupato. Il rapporto tra cittadino e Stato si deve basare sulla fiducia. Se questa viene a poco a poco minata, quanta credibilità rimane? Il rischio è di mettere in crisi lo stato di diritto perché la gente non crede. É scettica. E scetticismo si riscontra verso i recenti atti, pensiamo al decreto sicurezza, ormai legge. Al di là di possibili profili di illegittimità costituzionale, mi sembra fatto solo per ragioni demagogiche. E se si è scelta questa strada, significa che l’80% della legge serve solo a livello demagogico».
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